ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2  del  decreto
 legge  12  settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre
 1983, n. 638 (Misure urgenti in materia previdenziale e  sanitaria  e
 per  il  contenimento  della  spesa  pubblica) promosso con ordinanza
 emessa  il  21  dicembre  1991  dal  Pretore   di   Alessandria   nel
 procedimento  penale  a carico di Uboldi Angelino, iscritta al n. 413
 del registro ordinanze 1993 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre  1993  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto  che nel corso del procedimento penale a carico di Uboldi
 Angelino, imputato del reato previsto dall'art. 2 del  decreto  legge
 12  settembre 1983 n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983 n.
 638,  per  aver  omesso  di  versare  le  ritenute  previdenziali  ed
 assistenziali  operate  quale datore di lavoro sulle retribuzioni dei
 lavoratori dipendenti per il periodo  dal  maggio  1989  al  febbraio
 1990, il Pretore di Alessandria con ordinanza del 21 dicembre 1991 ha
 sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost. - questione di
 legittimita' costituzionale in via incidentale dell'art. 2 citato che
 prevede l'estinzione del reato ove il versamento delle ritenute venga
 effettuato  entro sei mesi dalla scadenza della data stabilita per lo
 stesso e, comunque, ove sia fissato il  dibattimento  prima  di  tale
 termine, non oltre le formalita' di apertura del dibattimento stesso;
      che  nella  specie di tale disposizione di favore l'imputato non
 puo' beneficiare in quanto, essendo stato dichiarato  fallito  quando
 non  era ancora scaduto il termine suddetto si trova nella condizione
 di non poter piu' effettuare  il  pagamento  delle  ritenute,  avendo
 perso la disponibilita' dei beni;
      che  in  tal modo - ritiene il pretore rimettente - da una parte
 la posizione del fallito e' ingiustamente discriminata, dipendendo la
 responsabilita'  penale  dal  momento  in  cui  viene  dichiarato  il
 fallimento,  nel  senso  che  il beneficio del termine di grazia puo'
 essere fruito, o meno, secondo che  la  dichiarazione  di  fallimento
 intervenga  prima  o  dopo  il  suo  decorso;  d'altra  parte risulta
 compresso il diritto di difesa  (art.  24  Cost.),  nonche'  leso  il
 principio  della  personalita'  della responsabilita' penale (art. 27
 Cost.),  in  ragione  dell'impossibilita'  di  porre  in  essere   il
 comportamento avente effetti estintivi del reato;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale di Stato,  sostenendo
 la non fondatezza della questione;
    Considerato  che  a  seguito  di  analoga  ordinanza  del medesimo
 pretore rimettente questa Corte con sentenza n. 267 del 1992 ha  gia'
 dichiarato  inammissibile la stessa questione di costituzionalita' in
 relazione agli stessi parametri, atteso  che  la  soluzione  additiva
 prospettata  dal  giudice  rimettente  (che  ritiene che il lamentato
 vizio di incostituzionalita' della norma possa essere rimosso ove  il
 decorso del termine di grazia sia sospeso dalla sentenza dichiarativa
 di fallimento fino alla conclusione della procedura fallimentare) non
 si  presenta  come  l'unica  obbligata,  ma  e'  soltanto  una  delle
 possibili sicche' essa attiene all'area  della  discrezionalita'  del
 legislatore;
      che  nessun  argomento  nuovo  e  diverso  viene prospettato dal
 giudice rimettente rispetto a  quelli  gia'  scrutinati  dalla  Corte
 nella citata pronuncia;
      che  pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.