IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale nei confronti di Dorigato Giacomino, imputato dei reati di cui all'art. 734 del c.p., nonche' agli artt. 1-sexies della legge n. 431/1985 e 20, lett. c) della legge n. 47/1985. O S S E R V A Dorigato Giacomino veniva tratto a giudizio per rispondere degli epigrafati reati, per aver seguito le opere dettagliatamente individuate nei capi di imputazione senza essere in possesso di concessione edilizia (e della autorizzazione ambientale di cui agli artt. 7 della legge n. 1497/1939 e 1 della legge n. 431/1985), alterando altresi', a mezzo delle eseguite opere, una zona di bosco ceduo di castagno sottoposto a vincolo paesaggistico e idrogeologico. Nel corso del dipartimento - che veniva peraltro anche momentaneamente sospeso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla censura di incostituzionalita' dell'art. 1-sexies della legge n. 431/1985 - la difesa dell'imputato dimetteva, tra l'altro, copia della concessione in sanatoria ottenuta dall'imputato per le opere in oggetto, nonche' copia del provvedimento n. 532/92/BA emesso in data 29 ottobre 1992 dall'amministrazione provinciale di Vicenza, dipartimento del territorio. Con tale ultimo provvedimento, l'amministrazione provinciale di Vicenza - competente (per "delega" regionale) agli effetti dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 431/1985 - si determinava ad irrogare al Dorigato mera indennita' pecuniaria, ai sensi dello art. 15 della legge n. 1497/1939, senza ordinare la rimessione in pristino a mezzo demolizione delle opere eseguite in carenza di previa autorizzazione. All'odierna udienza la difesa dimetteva copia del successivo atto dell'amministrazione provinciale, di determinazione in concreto della pena pecuniaria, con allegato - a prova dello avvenuto pagamento - bollettino di versamento su conto corrente postale. All'esito della discussione finale, le parti concludevano come da verbale. Orbene, reputa questo pretore che sussista piu' di una ragione per debitare della legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies, secondo comma, della legge n. 431/1985, che fa obbligo al Giudice, in caso di sentenza di condanna per riscontrata violazione alla cosiddetta legge Galasso, di ordinare la rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi a spese del condannato. Invero, l'automatismo normativo, articolato indubbiamente in termini di assoluta inderogabilita' dell'ordine demolitorio e di ripristino, esclude qualsiasi valutazione delle determinazioni che, in ordine alla medesima vicenda, hanno legittimamente adottato le autorita' amministrative territoriali - nel caso di specie, comunali, provinciali e regionali - che, a vario titolo competenti, sono anche quelle alle quali la legge commette un complesso articolato di poteri - sia di programmazione/pianificazione, sia di concreta gestione - del territorio e del contesto ambientale. Nel caso a giudizio, la regione ha concesso nulla-osta - sia pur in sanatoria - per gli interventi sul terreno sottoposto a vincolo idrogeologico; l'amministrazione provinciale - evidentemente valutato positivamente l'impatto ambientale delle opere eseguite - ha ritenuto che l'aspetto paesaggistico non fosse stato in modo sostanziale leso (che' altrimenti - partendo da una presunzione di legittimita' e di ragionevolezza dell'operato amministrativo - avrebbe ben diversamente dovuto ordinare l'ablazione demolitoria delle opere realizzate); il comune ha rilasciato concessione in sanatoria. Che non vi sia lesione sostanziale dell'ambiente, e quindi alterazione sostanziale di zona sottoposta dalla legge a speciali vincoli e protezione, si evince chiaramente dal complesso dei provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione, ragion per cui va ritenuta anche l'insussistenza del reato di "danneggiamento" - per carenza di reale alterazione - per il quale lo stesso pubblico ministero ha richiesto pronunzia assolutoria. Laddove questo giudice, peraltro, pronunciasse sentenza di condanna ai sensi dell'art. 1-sexies della legge n. 431/1985 (in concorso formale con la violazione edilizia, questa invece sanata), come detto, sarebbe tenuto inderogabilmente ad ordinare al contravvettore la rimessione in pristino dello stato dei luoghi. Ma cio' farebbe non a seguito di un ponderato esercizio di quella (limitata) discrezionalita' normalmente sottesa all'esercizio della giurisdizionie penale, ma solo per ossequio ad un automatismo di legge che, cosi' come consegnato, si sospetta sia contrario ai principi costituzionali. Invero - all'imputato che, amministrativamente, e' stato consentito dalle competenti autorita' di mantenere in loco le opere eseguite, per l'avvenuto rilascio in sanatoria di concessione edilizia e di nulla osta idrogeologico, e per il mancato esercizio della potesta' provinciale di ordinare la demolizione delle opere (avendo, appunto, l'amministrazione competente optato per la mera irrogazione della indennita' pecuniaria) - dovrebbe ora, in ipotesi di condanna per il reato di cui alla legge n. 431/1985, essere irrimediabilmente ordinato la distruzione di quanto eseguito. E' interessante osservare, altresi', che - per conservare (recte, acquisire) il diritto a mantenere quanto costruito nella formale carenza dei necessari provvedimenti autorizzatori e concessori - l'imputato e' stato assoggettato alle sanzioni previste per il rilascio della concessione in sanatoria, nonche' all'indennita' pecuniaria contemplata dalla normativa "ambientale". Rimettere al giudice l'obbligo della pronuncia del ripristino, - indipendentemente da qualsiasi possibilita' di vagliare l'assetto conferito, ai pubblici interessi coinvolti, dalle pubbliche amministrazioni detentrici di potesta' di sostanziale cura e tutela degli interessi all'ambiente ed all'ordinato sviluppo urbanistico - significa, ad avviso di chi scrive, introdurre nel concreto esercizio della giurisdizione penale elementi che sviliscono e mortificano una ragionata ed equa possibilita' di esercitare la stessa, nonche' sottoporre ad un ingiustificato regime punitivo l'imputato che, prima viene (beninteso per proprie precedenti "colpe") costretto a versare contributi e pagare sanzioni pecuniarie per l'ottenimento di una sanatoria, e poi vede tutto frustrato per l'intervento ordinatorio del giudice penale. Pertanto, si reputa necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies, secondo comma della legge n. 431/1985, nella parte in cui prevede l'obbligo anziche' la facolta' di ordinare il ripristino dello stato orginario dei luoghi. Non ignora, per altro verso, questo giudice che la Corte costituzionale - con sentenza n. 376 del 6-14 ottobre 1993 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 20 ottobre 1993, prima serie speciale, n. 43) - ha dichiarato infondata altra questione di incostituzionalita' della medesima norma, sollevata con ordinanza 8 ottobre 1992 del pretore di Verona, sezione distacccata di Soave. Va pero' detto che l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte afferiva al parametro costituzionale di cui all'art. 97 della Costituzione. Scrive la Corte: "Peraltro, tanto detto principio (del buon andamento della pubblica amministrazione, n.d.r.) quanto il correlativo sindacato di legittimita' costituzionale attengono, come ben risulta dalle richiamate decisioni, alle leggi concernenti l'organizzazione della giustizia; quindi a quelle che definiscono l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo. Ambito del tutto diverso, ed estraneo per definizione alla tematica del buon andamento della pubblica amministrazione, e' l'esercizio della funzione giurisdizionale, nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che nel contesto di tale esercizio possono o devono essere adottati. La questione sollevata dal pretore di Verona, sezione distaccata di Soave, attenendo per l'appunto a provvedimenti da adottarsi dal giudice nell'esercizio della funzione giurisdizionale, va quindi dichiarata infondata, in riferimento allo invocato parametro dell'art. 97 della Costituzione". Orbene, questo giudice invoca, a sostegno del proprio dubbio di incostituzionialita' della norma, altri referenti costituzionali, ossia il generale principio di necessaria ragionevolezza delle norme ed il principio di uguaglianza, sotto il profilo del divieto di assegnare medesimo trattamento (nella specie, demolizione delle opere) a situazioni disomogenee e tra loro profondamente differenti. Principi che attengono a "provvedimenti, da adottarsi dal giudice nell'esercizio della funzione giurisdizionale", e che appaiono lesi, laddove si ponga mente al fatto che la condanna accessoria e necessaria di rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi dovrebbe, a mente del rigido dettato legislativo, intervenire anche laddove nessuna lesione sostanziale degli interessi ambientali e' dato in concreto individuare, ed anzi le pubbliche autorita' amministrative - rappresentative ed esponenziali degli interessi pubblici, collettivi e diffusi - hanno espresso un giudizio (nella loro veste di enti di pianificazione, vigilanza e concreta gestione del tessuto urbanistico ed ambientale) di sostanziale positivita' delle opere e di inidoneita' delle stesse a ledere esigenze ed interessi di carattere primario, come la cura ed il mantenimento dell'equilibrio ambientale. Inoltre, non pare a questo pretore che a sottrarre la norma denunziata al sospetto di incostituzionalita' sia sufficiente un riferimento alla congruita' e ragionevolezza della disciplina complessiva della cosidetta legge Galasso (in relazione alla norma sanzionatoria di cui all'art. 1-sexies) per il suo palese carattere interinale - come dalla Corte costituzioniale sottolineato in precedenti pronunzie -, atteso che invece la stessa normativa - sia pur introdotta nel sistema con decretazione d'urgenza - e' ormai consolidata, nella originaria e immodificata formulazione sanzionatoria, nel sistema normativo e, comunque, nel caso di specie, l'ordine demolitorio verrebbe subito a colpire l'odierno imputato, che nessun giovamento potrebbe trarre da un tardivo intervento del legislatore, teso ad armonizzare la normativa, e in particolare i suoi aspetti - principali ed accessori - punitivi, con il complessivo sistema normativo e le differenziate possibilita' provvedimentali rimesse alla pubblica amministrazione.