IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
   Sull'eccezione di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  primo
 comma, del d.P.R. n. 448/1983, 438 e 442 del c.p.p., per la parte che
 non  consentono al minorenne imputato di reato astrattamente punibile
 con la pena dell'ergastolo di potersi giovare  del  rito  abbreviato,
 sollevata  dal  difensore  di p.g. imputato di omicidio aggravato per
 essere stato commesso il fatto in  danno  di  un  ascendente  nonche'
 sulla  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 69 e 70
 del c.p. nella parte in cui, consentono che la diminuente ex art.  98
 del  c.p.  entri  nella  valutazione che fa il giudice in presenza di
 circostanze aggravanti ed attenuanti, sollevata dal procuratore della
 Repubblica;
                             O S S E R V A
    Del   tutto   irrilevante   e'   l'eccezione    di    legittimita'
 costituzionale  avanzata dal difensore dell'imputato posto che l'art.
 438 del c.p.p. circoscrive la possibilita' per l'imputato di chiedere
 il giudizio abbreviato nell'ambito  dell'udienza  preliminare  e  che
 l'unico  caso  in  cui  sia  consentito  di  applicare la diminuzione
 prevista da tale rito nel  corso  del  giudizio  riguarda  un'ipotesi
 diversa  e precisamente quella in cui il g.u.p. abbia ritenuto di non
 poter definire il procedimento  allo  stato  degli  atti  laddove  il
 giudice  del  dibattimento  ritenga  che, a suo giudizio, il processo
 poteva essere definito, allo stato degli atti,  dal  giudice  per  le
 indagini preliminari.
    A giudizio del collegio, anche l'eccezione sollevata dal p.m. deve
 essere  dichiarata  inammissibile,  sia  pure  per  motivi diversi da
 quelli addotti per respingere l'eccezione avanzata dal difensore.  Il
 tribunale, infatti, pur condividendo nella sostanza le argomentazioni
 svolte  dal  procuratore della Repubblica, non ignora che il problema
 e' stato di  recente  affrontato  dalla  Corte  costituzionale  (cfr.
 sentenza   n.   140  del  1  aprile  1993)  e  dalla  stessa  risolto
 negativamente,  pur   nella   riconosciuta   esigenza   di   adeguare
 l'ordinamento  positivo  a quella linea, piu' volte messa in evidenza
 dalla stessa Corte (cfr. sentenza n. 125/1992  e  128/1987),  "di  un
 sistema  punitivo che per il minore risulti sempre piu' diversificato
 sia sul piano sostanziale che su quello  processuale".  Senonche'  la
 Corte  ha  in  proposito  espressamente  affermato  che "una sentenza
 meramente caducatoria  sarebbe  inadeguata,  occorrendo  all'uopo  un
 intervento  normativo  selettivo  che  definisca  le  ipotesi  in cui
 l'esonero dal bilanciamento di circostanze  possa  avvenire"  e  che,
 pertanto,  il  risultato  che  si  intende  raggiungere sul piano del
 diritto sostanziale "rende necessario un intervento  sostitutivo  del
 legislatore  che  definisca, nell'ambito di una pluralita' di scelte,
 la portata e l'ampiezza della modifica".
    Si  ritiene,  invece,  che  debba  sollevarsi  d'ufficio   diversa
 questione di costituzionalita' e precisamente quella degli artt. 17 e
 22 del c.p., nella parte in cui non prevedono l'esclusione dalla pena
 perpetua  dell'imputato  minorenne, in relazione agli artt. 10, primo
 comma (per non essersi l'ordinamento giuridico italiano conformato  a
 numerose   norme  pattizie  del  diritto  internazionale  vigente  in
 materia),  27,  terzo  comma  (perche'   l'irrogazione   della   pena
 dell'ergastolo   ad  imputato  minorenne  ne  compromette  l'esigenza
 rieducativa, ostacolando il trattamento  pedagogico)  e  31,  secondo
 comma,   della  Costituzione  (perche'  si  viene  meno  al  precetto
 costituzionale che, imponendo la  protezione  dell'infanzia  e  della
 gioventu', intende favorire gli istituti necessari a tale scopo).
    Sul   punto,   a   giudizio   del  tribunale,  non  e'  risolutiva
 l'osservazione della Corte costituzionale contenuta nella sentenza n.
 140/1993,  secondo  cui  il  concreto   atteggiarsi   nella   realta'
 giudiziaria delle norme di diritto sostanziale relative all'ergastolo
 applicato  ai  minori "e' indicativo di una sostanziale diversita' di
 trattamento del minore adeguata alla sua condizione, anche  per  quel
 che  riguarda l'irrogazione della massima pena". Infatti, una cosa e'
 che in  concreto,  con  molto  buon  senso,  i  giudici  minorili  si
 astengano  da  molti anni dall'irrogare tale pena ad un minore, altra
 cosa  e'  che,  comunque,  il  giudice   abbia   in   astratto   tale
 possibilita'. Proprio la riconosciuta esigenza di un sistema punitivo
 che  per  il  minore  risulti sempre piu' diversificato sia sul piano
 sostanziale che su  quello  processuale  inducono  a  dubitare  della
 legittimita'  della norma che prevede l'ergastolo, nella parte in cui
 essa non prevede un'esplicita esclusione  per  l'imputato  minorenne.
 Non  si  comprende, infatti, quale significato possa attribuirsi alla
 promulgazione di  disposizioni  a  se'  stanti  sul  processo  penale
 minorile,  che  prevede  istituti  del tutto particolari quali quello
 della "messa alla prova", istituito al  solo  scopo  di  valutare  la
 personalita'  del  minore  e  di  consentirne  l'uscita dal "circuito
 penale" in tempi ragionevolmente brevi qualora essa prova abbia  dato
 esito   positivo,  ne'  si  comprende  quale  senso  possa  avere  il
 prevedere,  per  gli  imputati  minorenni,   un   apposito   giudizio
 specializzato  con una composizione mista (giudici togati ed esperti)
 che si ritrova, quale organo  collegiale,  anche  nelle  funzioni  di
 g.u.p.  o  lo  stabilire  che le disposizioni del codice di procedura
 penale sono applicate in modo  adeguato  alla  personalita'  ed  alle
 esigenze  educative  del  minorenne,  con l'obbligo per il giudice di
 illustrare al minore il contenuto e le  ragioni  anche  etico-sociali
 delle  proprie  decisioni  (art.  1 del d.P.R. n. 448/1988) (il tutto
 chiaramente in vista di un trattamento penalistico il piu'  possibile
 differenziato  e  rieducativo), quando poi si consente di irrogare al
 minore la pena dell'ergastolo che, ovviamente in  ragione  della  sua
 natura  e  delle conseguenze ad esso connaturate, non puo' certamente
 garantire  quell'attivita'  educativa  e  di  recupero  che,  sebbene
 richiesta per tutti i condannati, e' pero'  assolutamente  necessaria
 ed  imprescindibile  per  un  soggetto  "in  evoluzione"  quale e' il
 minore.
    L'irrogazione dell'ergastolo nei  suoi  confronti  e'  tanto  piu'
 illegittima  ove  solo  si  pensi  che l'art. 98 del c.p. prevede una
 diminuente applicabile "di diritto" all'imputato minore dei  diciotto
 anni  per  il  solo  fatto di essere tale e prima ancora di qualunque
 valutazione circa la  sua  effettiva  capacita'  di  intendere  e  di
 volere.  Ora,  se  tale  diminuente  e' includibile ed applicabile al
 minore solo in ragione del suo status, ne deriva necessariamente  che
 la  pena  nei suoi confronti deve essere diminuita, fosse anche di un
 solo giorno. Se cio' e', non ha senso mantenere ferma  nei  confronti
 del minore la previsione di una pena perpetua.
    L'eccezione  sopra  prospettata  appare  rilevante  ai  fini della
 definizione del presente giudizio, dovendo l'imputato  rispondere  di
 reato   punibile   con   l'ergastolo   in   ragione   dell'aggravante
 contestatagli (omicidio in danno della nonna).  Poiche'  trattasi  di
 questione   attinente   ad   imputato  detenuto,  se  ne  segnala  la
 particolare urgenza;