IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Il  p.m.  ha richiesto l'emissione di decreto penale di condanna a
 carico di Minucci Aldo, con atto del 29 ottobre 1991, per il reato di
 cui all'art. 54 del d.P.R. n. 1124/1965, commesso il 23 maggio 1990.
   A tutt'oggi non e'  intervenuto  il  chiesto  decreto  di  condanna
 sicche',  ai  sensi  dell'art.  425 del c.p.p. (declaratoria di causa
 estintiva) applicabile nell'ambito del procedimento di rigetto  della
 richiesta  dello stesso p.m. ai sensi dell'art. 459, terzo comma, del
 c.p.p., dovrebbe senz'altro pronunciarsi sentenza di  proscioglimento
 ai sensi dell'art. 129 del c.p.p. per avvenuta prescrizione del reato
 de  quo,  soggetto  alla  prescrizione di anni due perche' punito con
 sola ammenda (art. 157, n. 6, del c.p.).
    In tali sensi la questione esposta appresso  risulta  rilevante  e
 pertinente al caso, poiche' dal suo accoglimento da parte della Corte
 conseguirebbe  che,  in  luogo  di  sentenza  di  proscioglimento per
 avvenuta prescrizione del reato, questo Giudice  emetterebbe  decreto
 penale di condanna giusta la richiesta del p.m., in quanto, per altro
 verso,   e'   pacifica   in   punto   di   fatto  la  responsabilita'
 dell'imputato.
    La questione di illegittimita' costituzionale viene  sollevata  in
 riferimento  all'art. 160 del c.p., il quale nella nuova formulazione
 resa necessaria dall'entrata in vigore del codice di  rito  del  1988
 non  contempla fra gli atti interruttivi la richiesta di emissione di
 decreto penale, formulata dal p.m. al g.i.p.
    Tale omissione, a parere del remittente,  e'  illogica  e  percio'
 foriera  di  diseguaglianza fra imputati, affidate alla casualita' di
 gestione dei processi da pare dello  stesso  p.m.,  con  lesione  del
 principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della costituzione.
    Infatti,  non  puo' sfuggire che nell'elenco degli atti giudiziari
 che comportano l'interruzione del corso della prescrizione ve ne sono
 alcuni (sentenza e decreto di condanna) che esprimono  senz'altro  la
 potesta' punitrice dello Stato a livello piu' pieno; altri (convalida
 di fermo ed arresto) che tale potesta' punitiva eprimono a un livello
 piu'  basso;  altri  ancora  (fissazione  di udienze di varia natura,
 interrogatorio di indagati) a livello ancora piu'  basso  poiche'  il
 compimento  di  tali  incombenti  non  prefigura  una futura condanna
 dell'indagato/imputato.
    Sta di fatto che, nonostante l'eterogeneita' di tali  atti  ed  il
 diverso    livello    di    concludenza   verso   l'affermazione   di
 responsabilita' che ciascuno  di  essi  ha,  tutti  essi  sono  stati
 indistintamente  accomunati  nel  novero  degli  atti  che, comunque,
 esprimono una attivita' giudiziaria "sufficiente" a rendere manifesta
 la  volonta'  attuale  dello  Stato  di  perseguire   il   reato   in
 discussione.  Da  questo  catalogo  e'  stata  omessa la richiesta di
 emissione di decreto penale da parte del  p.m.,  con  la  conseguente
 irrilevanza a fini interruttivi di tale atto.
    L'omissione assume profili di vera paradossalita', se nel cantempo
 si pone mente al fatto che efficacia interruttiva, invece, posseggono
 la richiesta di rinvio a giudizio (ovvero la citazione c.d. "diretta"
 dello  stesso  p.m.  nei giudizi pretorili) e la presentazione per il
 giudizio direttissimo da parte dello stesso p.m.: vale  a  dire  atti
 non   prefiguranti   necessariamente   una   richiesta   di  condanna
 dell'imputato, all'esito  dell'istruzione  dibattimentale,  da  parte
 dell'Organo  d'Accusa.  Laddove,  nel vigente micro-sistema delineato
 dall'art. 160 del c.p., non possiede efficacia interruttiva del corso
 della  prescrizione  la  richiesta  non solo di giudicare l'imputato,
 quanto piuttosto di condannarlo.
    Il risultato ultimo e' che l'imputato "semplicemente"  rinviato  a
 giudizio   e'  onerato  di  un  termine  prescrizionale  soggetto  ad
 interruzione e percio' piu' lungo; mentre un  imputato  "addirittura"
 gravato  di  richiesta  di  condanna  (la  richiesta  di emissione di
 decreto penale) e' affrancato dall'interruzione prescrizionale.  Come
 a  dire  che  ad  atto  di maggior portata punitiva corrisponde minor
 efficacia, nell'esprimere l'attualita' della volonta' punitrice dello
 Stato; e viceversa.
    E poiche'  la  scelta  del  giudizio  ordinario  ovvero  del  rito
 speciale  del  decreto  penale compete insindacabilmente al p.m., nel
 decidere se chiedere il  rinvio  a  giudizio  ovvero  l'emissione  di
 decreto   penale,   la  conseguenza  ultima  e'  che  il  periodo  di
 prescrizione dei reati punibili mediante decreto penale  di  condanna
 e'  piu' o meno lungo (a seconda che la sospensione operi o meno) per
 un fattor casuale ed imponderabile.
    A parere di questo remittente la norma  impugnata  e'  sicuramente
 incongrua  e  potenzialmente lesiva del principio di pari trattamento
 processuale dei soggetti, a parita' di tutte le altri  condizioni  in
 punto di fatto e di diritto.
    L'emenda  non  puo'  che  avvenire  mediante  addizione  al  testo
 dell'art.  160  del  c.p.  dell'espressione  "  ..  la  richiesta  di
 emissione  di decreto di condanna", per riportare a logica ed equita'
 l'intero micro-sistema delineato dal predetto articolo di legge.