LA CORTE DEI CONTI
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
 responsabilita',  iscritto al n. 12955 del registro di segreteria, ad
 istanza del procuratore generale, contro Losi Andrea ed altri;
    Uditi alla pubblica udienza del giorno 6 aprile 1993  il  relatore
 cons.  Francesco  Pezzella,  gli  avv.ti  Paolo De Camelis e Antonino
 Cella,  nonche'  il  pubblico  ministero  nella  persona   del   vice
 procuratore generale Bruno Di Fortunato;
    Esaminati gli atti e la documentazione di causa;
    Premesso che il procuratore generale:
      con  atto  di  citazione  del 2 giugno 1988, ha qui convenuto in
 giudizio Losi Andrea, Bergonzi Giovanni, Bersani Pierluigi,  Bertuzzi
 Luigi,  Caldini Giuseppe, Chigini Benito, Elefanti Pierluigi, Fanzini
 Ernesto, Ferrari Mario,  Franceschini  Franco,  Maggi  Franco,  Maffi
 Fernando,  Raffo  Raffaele e Villa Pietro, tutti amministratori della
 comunita' montana dell'Appennino Piacentino, per sentirli condannare,
 con interessi legali e spese di giustizia, al pagamento dei danni  da
 essi  arrecati  alla  comunita'  montana  medesima  in conseguenza di
 assunzioni trimestrali  o  incarichi  professionali  illegittimamente
 disposti;
      con  atto  del  3 febbraio 1992, in esecuzione dell'ordinanza di
 questa sezione n. 269 del 1989, ha integrato il  contraddittorio  nei
 confronti   di   Bonsignori   Giuseppe   e   di  Scagnelli  Graziosa,
 rispettivamente segretario e ragioneria della predetta Comunita';
      e con atto  del  5  novembre  1992  ha  riassunto  il  giudizio,
 dichiarato  interrotto all'udienza del 26 maggio 1992 per la morte di
 Caldini Giuseppe, nei confronti  degli  eredi  Briggi  Emma,  Caldini
 Albina, Caldini Maria, Caldini Giovanna Carla e Caldini Rosella;
    Ritenuto  che, nell'atto da ultimo citato, il procuratore generale
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  58,
 ultimo  comma,  della legge 8 giugno 1990, n. 142, laddove si prevede
 che la responsabilita' degli amministratori e dei dipendenti comunali
 e provinciali non si estende agli eredi, in riferimento agli artt.  3
 e 97 della Costituzione;
    Considerato in punto di rilevanza:
      che  la  norma denunciata e' applicabile ab origine nel presente
 giudizio, laddove vengono in rilievo eredi di  un  amministratore  di
 comunita'  montana  deceduto  in  data  26  febbraio 1991 (e, quindi,
 successivamente all'entrata in vigore della legge 8 giugno  1990,  n.
 142) ed assoggettabile alle stesse norme di responsabilita' poste per
 gli amministratori comunali e provinciali;
      che,   infatti  la  legge  3  dicembre  1971,  n.  1102,  sembra
 pacificamente presupporre  l'applicabilita'  alle  comunita'  montane
 della  legislazione comunale e provinciale in materia di finanza e di
 contabilita' (ivi potendo ritenersi ricomprese anche le  norme  rela-
 tive  alla  responsabilita'  degli  amministratori e dei dipendenti),
 allorquando, per cio' che concerne ad esempio il bilancio e il  conto
 consuntivo,  opera rinvio (art. 5) alle "norme previste dalla legge",
 senza alcuna ulteriore specificazione (v. sezione  prima,  9  ottobre
 1989, n. 370);
      che,  d'altra parte, l'art. 24 della legge della regione Emilia-
 Romagna n. 30 del 17  agosto  1973  ha  provveduto  coerentemente  ad
 estendere,  in modo esplicito, alle comunita' montane la legislazione
 di che trattasi;
      che, in ogni  caso,  la  norma  denunciata  e'  applicabile  nel
 presente giudizio in virtu' dell'art. 4 del d.l. 8 marzo 1993, n. 54
 (che  deve  intendersi  richiamare a sua volta l'art. 1, sesto comma,
 del d.l. 2 marzo 1993, n. 45, reiterato con d.-l. 28 aprile 1993, n.
 128);
    Considerato in punto di non manifesta infondatezza:
      che, secondo  quanto  si  afferma  nella  sentenza  della  Corte
 costituzionale  21-29  luglio  1992, n. 383, l'art. 58, ultimo comma,
 della legge n. 142 del 1990, non appare giustificato, in quanto  "non
 si  vede  per  quale  ragione la responsabilita' amministrativa degli
 amministratori e dei dipendenti delle province e dei  comuni  non  si
 trasferisce  agli  eredi  almeno  nel  limite  del  valore  dei  beni
 ereditari, con la conseguenza che,  in  virtu'  dell'evento  fortuito
 della   morte   del   responsabile  del  danno  prima  dell'esercizio
 dell'azione di responsabilita', la corrispondente  voce  passiva  del
 suo patrimonio si converte in un vantaggio dei suoi successori";
      che,  secondo  quanto  si  aggiunge nella predetta sentenza, "un
 simile privilegio non puo' fornire un utile termine di  confronti  ai
 fini dell'art. 3 della Cost.", in quanto "il principio di uguaglianza
 non  puo'  essere  invocato quando la disposizione di legge da cui e'
 tratto il tertium comparationis ha natura di norma derogatoria a  una
 regola  generale",  poiche' "la funzione del giudizio di legittimita'
 costituzionale alla stregua dell'art. 3 della Costituzione  non  puo'
 essere    se    non   il   ripristino   della   disciplina   generale
 ingiustificatamente derogata da quella particolare, non  l'estensione
 ad  altri  casi  di  quest'ultima,  la  quale  aggraverebbe, anziche'
 eliminare, il difetto di coerenza del sistema normativo";
      che,   quindi,   sembra   potersi  ritenere,  alla  stregua  del
 surriportato ragionamento, che l'estensione della  norma  denunciata,
 operata con i d.d.l.l. 28 aprile 1993, n. 128 e 8 marzo 1993, n. 54,
 dapprima a favore dei dipendenti delle U.U.S.S.L.L. e delle regioni e
 poi a favore degli altri pubblici dipendenti, non abbia ne' eliminato
 ne'  attenuato, ma abbia aggravato il difetto di coerenza del sistema
 normativo, accentuando l'ambito di operativita' di una ingiustificata
 deroga alla trasmissibilita' mortis causa (artt. 752 e 754 del c.c.);
      che, di conseguenza, la sollevata questione di costituzionalita'
 della seconda parte dell'ultimo comma dell'art. 58 della legge n. 142
 del 1990, in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,  non  appare
 manifestamente infondata;
      che,  inoltre,  la  sollevata questione di costituzionalita' non
 puo'  ritenersi  manifestamente  infondata  nemmeno  in   riferimento
 all'art.  97  della  Costituzione,  poiche'  non  appare  conforme ai
 principi di buon andamento della amministrazione una norma che,  come
 quella  in  esame,  o  legittima,  anche  a  favore degli eredi di un
 peculatore, l'arricchimento da causa illecita a danno dell'erario  o,
 come  si  verifica  nella  fattispecie,  fa  discendere (non per mera
 accidentalita', ma per una precisa scelta normativa) dalla  morte  di
 uno  dei  corresponsabili  in  solido un aggravamento della posizione
 debitoria degli altri corresponsabili.