ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2126 del codice
 civile,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  17  dicembre  1992 dal
 Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo - Sezione distaccata
 di Pescara sul ricorso proposto da  Lizza  Mario  contro  la  USL  di
 Pescara,  iscritta al n. 551 del registro ordinanze 1993 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  39,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 12  gennaio  1994  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto  che,  nel  corso di un giudizio promosso dal dott. Mario
 Lizza, ispettore sanitario, contro la USL di Pescara per ottenere  la
 differenza  di  trattamento  economico  spettantegli in ragione delle
 mansioni superiori di responsabile del servizio  di  medicina  legale
 svolte dall'8 dicembre 1981 al 31 luglio 1982, il TAR per l'Abruzzo -
 Sezione  distaccata  di  Pescara,  con ordinanza del 17 dicembre 1992
 (pervenuta alla Corte costituzionale l'11 agosto 1993), ha sollevato,
 in riferimento agli artt. 3, 4, 32, 36, 97 e 98  della  Costituzione,
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 2126 cod. civ. in
 quanto applicabile anche all'impiego pubblico, almeno nella parte  in
 cui non prevede per tale settore limiti di operativita' temporale;
      che,  ad  avviso  del  giudice  remittente,  la norma sarebbe in
 contrasto con: a) il principio di eguaglianza e il diritto al  lavoro
 perche',  non  prevedendo  alcun  limite temporale di applicabilita',
 consente abusi che si traducono  in  arbitrari  favoritismi;  b)  col
 principio  di tutela della salute, in se' e coordinato con l'art. 97,
 primo comma, Cost., perche' nel settore  della  sanita'  consente  di
 affidare  la  salute  dei cittadini a prestatori di lavoro di cui non
 sono  accertate  le  occorrenti  attitudini  professionali;  c)   col
 principio  di  proporzionalita'  della retribuzione alle qualita' del
 lavoro prestato, pure coordinato  col  principio  di  buon  andamento
 dell'amministrazione,    perche'   consente   di   corrispondere   la
 retribuzione relativa a qualifiche superiori a personale di qualifica
 inferiore  privo  di  idoneita'  a  mansioni  piu'  elevate;  d)  col
 principio dell'avanzamento di carriera per pubblico concorso, perche'
 favorisce  lo  svolgimento  di  carriere  di  fatto senza la garanzia
 prevista dall'art. 97, terzo comma, Cost.; e) col principio che  pone
 i pubblici dipendenti al servizio esclusivo della Nazione, perche' si
 presta ad asservirli "a privati interessi distorti";
      che   nel   giudizio   davanti   alla  Corte  costituzionale  e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato
 dall'Avvocatura   dello   Stato,   chiedendo  che  la  questione  sia
 dichiarata manifestamente infondata in conformita' dell'ord.  n.  337
 del  1993, che ha deciso una questione analoga sollevata dallo stesso
 giudice in relazione  all'art.  29,  secondo  comma,  del  d.P.R.  20
 dicembre  1979,  n.  761,  "quale  risulta essere a seguito della sua
 integrazione con gli artt. 36 Cost. e 2126 cod. civ.";
    Considerato che l'art. 2126 cod. civ., affererente alla disciplina
 dei rapporti privati di  lavoro,  e'  applicabile  ai  prestatori  di
 lavoro dipendenti da enti pubblici, quali il personale delle USL, non
 per  virtu' propria, bensi' in forza e nei limiti dell'art. 2129 cod.
 civ.,  di  guisa   che   l'ordinanza   appare   viziata   da   errata
 identificazione della norma impugnanda;
      che  inoltre  la  questione  e'  prospettata  "in  astratto", in
 ragione della pretesa potenzialita' lesiva  dei  richiamati  principi
 costituzionali  attribuita  dal giudice remittente all'art. 2126 cod.
 civ. in quanto applicabile anche ai  rapporti  di  pubblico  impiego,
 senza   alcuna   verifica  della  concreta  pregiudizialita'  per  la
 definizione del giudizio principale ai sensi  dell'art.  23,  secondo
 comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge ora citata e 9,
 secondo comma, delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla
 Corte costituzionale.