IL PRETORE
    All'udienza dibattimentale del 13 dicembre 1993, v. gli  atti  del
 proc.  penale a carico di Barbero Luigino nato a Canelli il 21 giugno
 1946 imputato:
      1) del reato di cui all'art. 21, terzo  comma,  della  legge  10
 maggio  1975,  n.  319,  perche',  nella qualita' di presidente della
 cantina sociale di Canelli, effettuava scarichi di acque  reflue  del
 detto insediamento produttivo, eccedenti i limiti di cui alla tabella
 C  per  valori  di  Bod5  e Cod e comunque eccedenti i limiti fissati
 dalla convenzione stipulata con il comune di Canelli  per  valori  di
 Bod5. Accertato in Canelli il 13 novembre 1991;
     2)  del  reato  di  cui  all'art. 21, terzo comma, della legge 10
 maggio 1975, n. 319  perche',  nella  qualita'  di  presidente  della
 cantina  sociale  di Canelli, effettuava scarichi di acque reflue del
 detto insediamento produttivo, eccedenti i limiti di cui alla tabella
 C e di cui alla d.g.r. n. 131-7700 del 15 luglio 1991, per valori  di
 Bod5  e Cod nonche' non conformi al limite di tabella C per valori di
 Ph. Accertato in Canelli il 19 ottobre 1992;
    Rilevato   che   il   p.m.   ha   sollevato   la   questione    di
 costituzionalita'  dell'art.  7,  quarto comma, della legge regionale
 Piemonte del 4 aprile 1990, n. 14  in  relazione  all'art.  25  della
 Costituzione;
    Rilevato   che   la   difesa   si   e'   opposta  all'accoglimento
 dell'eccezione per difetto di rilevanza;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza:
    1. - L'esame della questione prospettata dal  p.m.  presuppone  la
 ricostruzione  critica  della  disciplina  legislativa  in materia di
 scarichi in pubblica fognatura.
    Ai sensi dell'art. 12, primo comma, lett. b) della legge 10 maggio
 1976, n. 319, gli scarichi dei "nuovi" (cioe' attivati dopo l'entrata
 in vigore  della  legge)  insediamenti  produttivi  devono,  fin  dal
 momento   della  loro  apertura  e  prima  dell'entrata  in  funzione
 dell'impianto  centralizzato  di   depurazione,   essere   "comunque"
 conformi  ai  limiti  di  accettabilita' di cui alla tab. C), mentre,
 successivamente all'avvio di tale impianto,  devono  essere  adeguati
 "inoltre"  ai  limiti  di  accettabilita'  fissati  dai  comuni o dai
 consorzi che gestiscono il  pubblico  servizio  di  depurazione.  Per
 quanto  riguarda  invece gli scarichi in fognatura degli insediamenti
 produttivi preesistenti alla legge Merli, l'art. 13, primo comma,  n.
 2  stabilisce  alla  lettera a) l'obbligo di adeguamento alla tab. C)
 entro 3 anni dall'entrata in vigore  della  legge  (tale  termine  ha
 subito  vari  slittamenti  per  effetto delle leggi successive ma non
 oltre, in presenza di determinate condizioni, la data ultima  del  30
 giugno 1985), e alla lett. b), l'obbligo di conformita' - a far tempo
 dalla  data di attivazione dell'impianto centralizzato di depurazione
 - ai limiti di accettabilita' fissati dai comuni o dai  consorzi  che
 gestiscono il pubblico servizio di depurazione.
    Nel caso di specie, essendo specifico che nel comune di Canelli e'
 entrato  in  funzione da vari anni (in tutte le sue parti) l'impianto
 centralizzato di depurazione (v. convenzione stipulata tra il  comune
 e  la  cantina  sociale  in  data 10 dicembre 1987, art. 1), e' della
 disciplina legale (art. 12, primo comma, n. 2, seconda parte  e  art.
 13,  primo  comma,  n.  2, lett. b) applicabile in dipendenza di tale
 evento che conviene approfonditamente occuparsi.
    Per quanto riguarda gli insediamenti produttivi nuovi  la  lettera
 della  legge  -  e  in  particolare  l'uso del termine "inoltre" - fa
 chiaramente intendere che, dopo l'attivazione dell'impianto, la  tab.
 C)  resta  comunque  in  vigore,  siano o non siano adottati da parte
 dell'ente  gestore  dell'impianto   medesimo   speciali   limiti   di
 accettabilita'  per  gli  scarichi  in  fognatura.  Questi,  poi, non
 possono assolutamente derogare, in melius, a quelli della tabella C):
 nell'impostazione  della  legge   gli   impianti   centralizzati   di
 depurazione,   costruiti   da   comuni  o  consorzi,  e  le  relative
 difficolta' di gestione non possono essere richiamati dagli obbligati
 per escludere  la  responsabilita'  penale  che  grava  comunque  sul
 titolare  del  singolo scarico i cui reflui devono essere compatibili
 con gli standards legali ordinari e questi  ultimi  possono  soltanto
 essere  resi  piu' rigorosi per l'intervento degli enti locali (Cass.
 22 marzo 1989, Dall'Ora; 4 febbraio  1992,  Gallo).  La  ratio  della
 norma  e' evidente: dovendo le pubbliche fognature rispettare i piani
 regionali di risanamento delle  acque  -  i  cui  obiettivi  dovevano
 essere  raggiunti  entro  10  anni dall'entrata in vigore della legge
 Merli (art. 8 ult. comma)  -  il  legislatore  (avendo  presenti  gli
 effetti   di   accumulo   e  sinergici  dell'inquinamento  del  corpo
 ricettore-fognatura comunale ove confluiscono  la  gran  parte  degli
 scarichi degli insediamenti civili e produttivi) ha inteso consentire
 agli  enti gestori dell'impianto centralizzato di imporre limiti piu'
 restrittivi di quelli di tab. C), ritenuti piu'  compatibili  con  la
 capacita'  di resistenza ecologica del corpo idrico in cui si immette
 la pubblica fognatura.
    Per quanto  riguarda  gli  insediamenti  preesistenti,  la  difesa
 (nella  discussione  concernente  la questione di costituzionalita'),
 sulla scorta di un isolato e assolutamente immotivato, (al  punto  da
 risultare  del  tutto  incomprensibile) precedente del S.C. (sent. 16
 ottobre 1990, D'Amico) e di alcune inedite decisioni  di  merito,  ha
 sostenuto   la  possibilita',  per  gli  enti  gestori  dell'impianto
 centralizzato di depurazione, di introdurre limiti  meno  restrittivi
 di  quelli  di  tabella  C),  con  la conseguenza che, allorquando lo
 scarico produttivo, pur superando questi ultimi resti al di sotto dei
 primi, non sarebbe configurabile il reato di cui all'art.  21,  terzo
 comma  (ne'  altra fattispecie contravvenzionale prevista dalla legge
 Merli).
   L'assunto non puo' essere condiviso in quanto non si  vede  perche'
 la  sopra  illustrata  ratio  legis  dell'art. 12 n. 2 (relativo agli
 insediamenti nuovi)  non  debba  valere  anche  per  interpretare  le
 previsioni  dell'art.  13,  primo comma, n. 2, lett. b) e contrastare
 l'argomentazione    di    tipo    letterale     (incentrata     tutta
 sull'enfatizzazione  della  scomparsa  del termine "inoltre") secondo
 cui sarebbero ammissibili, una volta esaurito il periodo transitorio,
 limiti regolamentari piu' permissivi di quelli di  tab.  C)  per  gli
 scarichi degli insediamenti produttivi preesistenti.
    Si deve considerare infatti: a) che la tesi qui criticata verrebbe
 a rendere definitiva una disparita' di trattamento tra scarichi nuovi
 e scarichi preesistenti che il legislatore voleva solo temporanea; b)
 che   d'altra   parte  sarebbe  davvero  assurdo  ipotizzare  che  il
 legislatore,  dopo  aver  imposto  agli   insediamenti   in   oggetto
 l'adeguamento  alla  tab. C) entro il termine del periodo transitorio
 (al massimo cioe' entro il 30 giugno 1985), abbia poi  consentito  di
 tornare  indietro  (cioe'  di  peggiorare  la qualita' dello scarico)
 rendendo inutili gli investimenti  sostenuti  dalle  aziende  per  la
 depurazione  dei  propri  reflui;  c) non e' invocabile (da parte dei
 sostenitori della tesi piu' permissiva) l'art. 13, secondo comma,  in
 cui   e'   prevista   espressamente  la  possibilita'  di  limiti  di
 accettabilita' meno rigorosi di quelli della  tab.  C).  Tale  norma,
 infatti,  riguardava esclusivamente il periodo transitorio (anteriore
 all'attivazione dell'impianto centralizzato di  depurazione)  durante
 il  quale  non operava l'obbligo di rispettare (prima della scadenza)
 la suddetta tabella (art. 13, n. 2, lett. a). Viceversa, dato che per
 gli insediamenti nuovi l'obbligo di conformita' alla  tab.  C)  opera
 fin dal momento dell'attivazione dello scarico (art. 12, primo comma,
 n.  2),  non  era  logico ne' necessario consentire la fissazione dei
 limiti   meno   restrittivi   giacche'   cio'   avrebbe    costituito
 inammissibile  deroga al precetto sanzionato penalmente: ecco perche'
 l'art. 12, secondo comma, facoltizza (per gli insediamenti nuovi,  in
 apparente  contrasto  con  l'art.  13,  secondo  comma)  i comuni e i
 consorzi ad  adottare  (con  l'approvazione  regionale)  limiti  piu'
 rispettivi di quelli di tab. C), prima dell'attivazione dell'impianto
 centralizzato;  d)  neppure il richiamo all'art. 13, quinto comma, e'
 pertinente: tale norma infatti  statuisce  soltanto  che  la  mancata
 attivazione  dell'impianto  centralizzato  di  depurazione  (entro il
 termine del 31 dicembre 1981 poi prorogato fino al 31 dicembre  1984)
 comporta  l'inefficacia  dei  limiti  piu'  permissivi introdotti nel
 periodo transitorio;  e)  che  l'art.  15,  nono  comma,  n.  3,  pur
 occupandosi  degli  scarichi preesistenti, ne prevede "l'allineamento
 progressivo ai limiti di accettabilita' e alle norme regolamentari di
 cui  all'art.  12  punto  2"  (non  all'art.  13)  che  riguarda  gli
 insediamenti nuovi.
    In  definitiva, per concludere sul punto, si deve ritenere che gli
 effetti delle disposizioni  di  cui  all'art.  13  sono  limitati  al
 periodo  transitorio;  una volta attivato l'impianto centralizzato di
 depurazione la disciplina di tutti gli scarichi  produttivi  e'  solo
 quella  dettata dall'art. 12, n. 2, seconda parte: questa conclusione
 e' l'unica compatibile con l'esigenza  -  imposta  dalle  ragioni  di
 salvaguardia della risorsa idrica e del bene giuridico ambientale (v.
 Cass.  17 febbraio 1988, Gremmo) - di rendere omogeneo il trattamento
 di tutti gli scarichi produttivi in tutto  il  territorio  nazionale.
 Questa  esigenza  di  omogeneita'  non  puo' che essere salvaguardata
 attraverso   l'obbligo   di   osservanza   del   limite   minimo   di
 accettabilita'  di  cui  alla  tab.  C), stabilito dalla legge in via
 generale, sia per gli scarichi dei nuovi insediamenti,  sia  per  gli
 scarichi di quelli gia' esistenti (Cass. 8 marzo 1987, Weingrill).
    E'  appena il caso di aggiungere che su tale assetto normativo non
 ha minimamente inciso il recente decreto-legge 15 novembre  1993,  n.
 454  che  ha  introdotto  (modificato l'art. 14, secondo comma, legge
 Merli) il potere delle regioni di introdurre limiti di accettabilita'
 anche meno restrittivi di quelli  stabiliti  dalle  tabelle  allegate
 alla  legge  n.  319/1976,  ma cio' limitatamente agli scarichi delle
 pubbliche fognature e a quelli  degli  insediamenti  civili  che  non
 recapitano  in  pubblica  fognatura  (mentre nel caso di specie e' in
 discussione la facolta' derogatoria degli enti gestori degli impianti
 di  pubblica  depurazione  in  ordine  ai  limiti  di  accettabilita'
 relativi  agli  scarichi  in  fognatura degli insediamenti produttivi
 preesistenti alla legge Merli).
    2. - Delineata al par. 1) la disciplina statale, si  osserva  che,
 in  deroga  manifesta  a  questa,  la legge regione Piemonte 26 marzo
 1990, n. 13, contempla (art. 7, quarto comma) la facolta' degli  enti
 gestori  degli  impianti  di depurazione delle pubbliche fognature di
 introdurre, per gli scarichi  derivanti  da  insediamenti  produttivi
 esistenti,  limiti di accettabilita' in deroga alla tabella C) all.ta
 alla legge Merli; il successivo quinto comma, dispone che  la  deroga
 sia  approvata  (in  via  espressa  o tramite silenzio-assenso) dalla
 Giunta regionale. Dal confronto con il terzo comma (avente ad oggetto
 la disciplina  degli  scarichi  produttivi  nuovi)  si  arguisce  con
 sicurezza  che  la  deroga  ai  limiti tabellari puo' essere anche in
 senso meno restrittivo, con la conseguente depenalizzazione del reato
 di cui all'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976  limitatamente  ai
 casi  in  cui  lo  scarico  da  insediamento  produttivo preesistente
 presenti parametri inquinanti superiori ai limiti di  tabella  C)  ma
 contenuti  entro  quelli  piu' favorevoli stabiliti dall'ente gestore
 dell'impianto di depurazione della pubblica fognatura (tali enti sono
 quelli  individuati  dall'art.  6,  secondo  comma,  legge  Merli)  e
 approvati dalla giunta regionale a norma dell'art. 7, quarto e quinto
 comma,   legge   regionale   n.  13/1990.  Nel  caso  di  specie,  in
 particolare,  il  comune  di  Canelli  (con  delibere  della   giunta
 municipale  18  ottobre  1990  e  3 gennaio 1991) ha elevato (per gli
 scarichi in fognatura da insediamenti produttivi esistenti) i  limiti
 di  tolleranza  di  Cod e Bod5 a, rispettivamente, 1500 e 600 mg/l (a
 fronte dei valori di tabella C pari a 500 e 250 mg/l) e  tale  deroga
 e'  stata  approvata dalla Giunta regionale del Piemonte con delibera
 15 luglio 1991, n. 131-7700.
   In tal modo la normativa regionale - lungi  dal  limitarsi  a  dare
 attuazione  (  ex  art. 117, ult. comma della Costituzione) a livello
 locale ai principi in materia di inquinamento idrico stabiliti  dalla
 legge  statale (artt. 9, primo comma, 12 e 13, legge Merli in tema di
 limiti di accettabilita' degli scarichi produttivi)  ha  ristretto  -
 nei sensi sopra precisati - l'ambito di operativita' del reato di cui
 all'art.  21,  terzo  comma,  legge  n.  319/1976.  Tutto cio' appare
 manifestamente in contrasto con l'art. 117 (violazione del  principio
 di  riserva costituzionale delle materie attribuite alla legislazione
 regionale c.d. concorrente) e con l'art.  25  della  Costituzione  in
 quanto  il  legislatore  comunale  ha  privato  della sanzione penale
 prevista dall'art. 21, terzo comma, il fatto di chi, effetttuando  in
 fognatura uno scarico da insediamento produttivo preesistente, superi
 i  limiti  della  tabella  C)  ma  non  anche  quelli piu' tolleranti
 introdotti dagli enti gestori dell'impianto di depurazione  ai  sensi
 dell'art.  7,  quarto  e quinto comma, legge regionale n. 13/1990. E'
 appena il caso di sottolineare  a  quest'ultimo  proposito  che  (per
 giurisprudenza  costante  della  Corte costituzionale:   v. sent. nn.
 79/1977, 370/1989, 43/1990, 309/1990) "la fonte del  potere  punitivo
 statale  risiede  solo  nella  legislazione  statale e le regioni non
 hanno il potere di comminare, rimuovere o variare con  proprie  leggi
 le  pene  previste in una data materia; non possono cioe' interferire
 negativamente con il sistema penale statale  considerando  penalmente
 lecita   un'attivita'   che,   invece,   e'   penalmente   sanzionata
 nell'ordinamento statale".
    3. - In ordine alla rilevanza della questione si  osserva  che  al
 presidente della cantina sociale di Canelli (costituente insediamento
 produttivo   preesistente   all'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 319/1976)  si  contesta  di  aver  effettuato  scarichi  in  pubblica
 fognatura  che  hanno  comportato duplice (il 13 novembre 1991 e il 9
 ottobre 1992) superamento dei limiti di accettabilita' fissati  dalla
 tabella  C) all.ta alla legge citata. Nel primo caso le analisi hanno
 evidenziato un valore di Bod5 (1200 mg/l) superiore tanto  al  limite
 di  tab.  C  (250), quanto a quello (600) fissato dalla cit. delibera
 regionale 15 luglio 1991 ed un valore di Cod (1466 mg/l) superiore al
 limite di tabella C (500), ma non  a  quello  (1500)  regionale;  nel
 secondo sono stati riscontrati valori di Bod5 e Cod (2050, 3340 mg/l)
 superiori  ad  entrambi i limiti cit., nonche' un valore di Ph (4,95)
 contrastante con le previsioni (5,5,-9,5) di tabella C) (mentre nulla
 dispone sul punto la delibera regionale). Cio' significa che:  a)  se
 l'art.    7,    quarto    e    quinto   comma,   fosse   riconosciuto
 costituzionalmente legittimo, sarebbero  perfettamente  legittime  le
 delibere   comunali  e  regionali  che  hanno  introdotto  limiti  di
 accettabilita' in deroga alla tabella C con  la  conseguenza  che  il
 reato   di  cui  all'art.  21,  terzo  comma,  sarebbe  configurabile
 esclusivamente con riguardo al valore di Bod5 (e non a quello di Cod)
 per il primo prelievo e ai valori di Cod e Bod5 (ma non a  quello  di
 Ph)  per  il  secondo;  b)  se invece la citata norma regionale fosse
 dalla  Corte  dichiarata  incostituzionale,   il   giudice   dovrebbe
 disapplicare   le  delibere  amministrative  sopra  cit.  e  ritenere
 sussistente (quanto meno sotto il profilo oggettivo) il reato di  cui
 in   rubrica  con  riguardo  a  tutti  i  superamenti  di  tabella  C
 evidenziati dalle analisi compiute sui due campioni prelevati  presso
 la cantina sociale di Canelli.
    E'   chiaro  quindi  che  dalla  risoluzione  della  questione  di
 costituzionalita' qui prospettata dipende necessariamente il giudizio
 sulla  gravita'  dei  reati  contestati  (essendo  assai  diversa  la
 rilevanza  penale  dell'inquinamento  a seconda che lo si rapporti ai
 limiti di tabella C o a quelli introdotti dal comune  di  Canelli  in
 deroga)  e  quindi,  in  definitiva,  la determinazione della pena da
 irrogare in concreto all'imputato.
    Per completezza bisogna evidenziare che il principio basilare  del
 nostro  ordinamento  costituzionale  e' quello per cui i giudici sono
 tenuti ad applicare le leggi  (statali  e  regionali)  e  ove  queste
 risultino   in   contrasto  con  la  Costituzione  non  possono  essi
 disapplicarle ma devono adire la Corte costituzionale che  sola  puo'
 esercitare  il  sindacato  di  costituzionalita'  pronunciandosi  con
 sentenze aventi efficacia erga  omnes  (v.  Corte  costituzionale  n.
 285/1990  che  ha annullato la sent. cass. 12 novembre 1989, Predieri
 che aveva disapplicato alcune  leggi  della  regione  Emilia  Romagna
 ritenendole invasive della materia penale riservata allo Stato).
    In definitiva il Pretore - in accoglimento dell'eccezione proposta
 dal  Pubblico  Ministero  -  ritiene  rilevante  e non manifestamente
 infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  7,
 quarto  e quinto comma, legge regionale Piemonte 26 marzo 1990, n. 13
 in relazione agli artt. 25 e 117 della Costituzione.