LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
   Ha emesso la seguente decisione  sul  ricorso  prodotto  dal  Fondo
 aggiuntivo  pensioni  personale  dipendente del Banco di Sardegna, in
 persona del  legale  rappresentante  pro-tempore,  avverso  l'ufficio
 distrettuale delle imposte dirette di Sassari;
    Letti gli atti;
    Senti i rappresentanti delle parti;
    Udito il relatore avv. Giuliano Cabras;
                           RITENUTO IN FATTO
    Il  ricorrente,  con  atto  pervenuto  in data 12 novembre 1990 ha
 proposto tempestivo ricorso avverso la  iscrizione  a  ruolo  operata
 dall'ufficio  distrettuale delle imposte dirette di Sassari a seguito
 della presentazione del modello n. 760/1986,  relativo  all'esercizio
 1985.  Precisava  il  ricorrente che, in data 10 agosto 1990, gli era
 stata notificata la cartella di pagamento, distinta con il n. 800237,
 recante  un  carico  complessivo  pari  a  L.  306.882.790,  che   si
 asserivano dovute per i seguenti titoli:
      1) Irpeg L. 100.770.000;
      2) soprattassa per omesso-ritardato pagamento L. 40.488.000;
      3) interessi ritardato-omesso versamento Irpeg L. 45.346.000;
      4) Ilor persone giuridiche L. 60.104.000;
      5) addiz. Ilor persone giuridiche, saldo L. 4.832.850;
      6) soprattassa omesso-ritardato versamento Ilor L. 24.161.220;
      7)   soprattassa  omesso-ritardato  versamento  addiz.  Ilor  L.
 1.933.140;
      8) interessi Ilor, ritardata iscrizione L. 27.081.130;
      9)   interessi   ritardato-omesso   versamento  addiz.  Ilor  L.
 2.166.450;
 per un totale complessivo pari appunto a L. 306.882.790.
    A sostegno del ricorso piu' sopra calendato venivano  dedotti  due
 distinti motivi:
       a)  nullita'  dell'atto  impugnato,  per  carenza  assoluta  di
 motivazione;
       b) illegittimita' costituzionale  del  disposto  dell'art.  26,
 quarto  comma,  del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per violazione
 del combinato disposto dagli artt. 3, 53 e 76 della Costituzione.
    Le parti, ritualmente convocate, sono comparse all'udienza  del  2
 aprile 1992 ed in tale occasione, sull'accordo, la discussione veniva
 rinviata   all'udienza   del  7  maggio  1992.  In  tale  udienza  il
 rappresentante del ricorrente ribadiva quanto specificato in ricorso,
 insistendo nelle conclusioni in tal sede precisate. Il rappresentante
 dell'ufficio, in mancanza di controdeduzioni scritte,  insisteva  per
 il  rigetto.  La commissione adita, dopo la discussione, si riservava
 ogni decisione in merito. Il ricorso veniva pertanto preso  in  esame
 alla  riunione  del  4  giugno  1992,  dopo  di  che veniva emessa la
 seguente ordinanza.
    In  ordine  al  primo  motivo  di  gravame,   questa   commissione
 tributaria,  si  e'  piu'  volte  pronunciata in senso sfavorevole al
 ricorrente, rigettando l'accezione in quanto del tutto infondata.
    Merita invece particolare attenzione ed attento esame,  l'eccepita
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 26, quarto comma, del d.P.R.
 29 settembre 1973, n. 600, per l'asserita  violazione  del  combinato
 disposto dagli artt. 3, 53 e 76 della Costituzione. Appunto in virtu'
 di  quanto  disposto  dall'art.  26,  quarto  comma,  del  d.P.R.  n.
 600/1973, infatti,  l'ufficio  distrettuale  ii.dd.  di  Sassari,  ha
 assoggettato   a  tassazione,  con  riferimento  all'anno  1985,  gli
 interessi  attivi  su  obbligazioni  SACF  del  Banco  di   Sardegna,
 considerandoli  soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di acconto, e
 non, cosi' come ritiene l'ente ricorrente, a titolo  di  imposta  con
 conseguente tassazione definitiva.
    Dall'applicazione  della  norma  in discussione consegue, infatti,
 una  gravissima  sperequazione  tributaria   che   suscita   notevoli
 perplessita'.  Nel  caso  in  esame,  ad esempio, in base al punto di
 vista dell'ufficio,  l'ente  ricorrente  viene  assoggettato  ad  una
 tassazione  - per imposta, sovrattasse ed interessi vari - ammontante
 complessivamente a L. 306.882.790, mentre in base al punto  di  vista
 del ricorrente, l'imposizione tributaria ammonterebbe a L. 43.058.000
 (10,80% di L. 398.689.000).
    In  effetti,  il legislatore, in via di principio ha assimilato ed
 equiparato, in relazione alla percezione di redditi di  capitali,  le
 persone  fisiche  agli  enti  non  commerciali,  quale  e'  il  Fondo
 aggiuntivo  pensioni,  odierno  ricorrente,  che  si  prefigge  scopi
 esclusivamente  previdenziali.  Orbene,  in forza del contestato art.
 26, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, all'ente  non
 commerciale,  viene  stranamente riservato un trattamento fiscale ben
 piu' gravoso di quello riservato invece alle persone fisiche ed  alle
 Societa'  di  persone  che  pure  svolgono attivita' commerciali, con
 conseguente produzione di un reddito di impresa.
    Da quanto esposto si evidenzia una grave violazione del "principio
 di uguaglianza tributaria" sancito dalla  Costituzione,  all'art.  3,
 consacrato  oltretutto  dalla Corte costituzionale con la sentenza n.
 120/72: "a  situazioni  uguali  devono  corrispondere  uguali  regimi
 impositivi  e, correlativamente, a situazioni diverse, un trattamento
 tributario disuguale". Nel caso in esame ci troviamo invece di fronte
 ad un trattamento disuguale per situazioni  uguali,  con  conseguente
 violazione  del  principio  basilare  della  equiparazione di tutti i
 cittadini di fronte alle legge.
    In base all'art. 53 della Costituzione, inoltre, tutti i cittadini
 "sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della  loro
 capacita'   contributiva".  Nel  nostro  caso,  a  parere  di  questa
 commissione tributaria, tale principio viene violato,  posto  che,  a
 parita'  dell'ammontare della base imponibile, l'ente non commerciale
 viene colpito in maniera assai piu' gravosa di quanto non avvenga per
 le persone fisiche e per le Societa' di persone.
    Al  legislatore  non  e'  infatti  consentito  porre   in   essere
 disciminazioni  tra soggetti della medesima specie, assoggettandoli a
 diversa tassazione.
    Nella formulazione del  d.P.R.  29  settembre  1971,  n.  600,  il
 legislatore  non  ha  rispettato  i limiti ed i criteri imposti dalla
 legge  delega  9  ottobre  1971,  n.  825,  secondo  quanto  previsto
 dall'art.  76  della Costituzione. In base all'art. 9, secondo comma,
 della citata legge delega,  di  conseguenza  il  legislatore  avrebbe
 dovuto   assoggettare  alle  medesime  modalita'  di  tassazione,  in
 relazione alla percezione di redditi  di  capitale,  sia  le  persone
 fisiche  che  gli enti non commerciali. L'art.  26, quarto comma, del
 d.P.R. n. 600/1973 ha invece previsto in occasione  della  percezione
 di interessi da obbligazioni, l'applicazione di una ritenuta a titolo
 di  imposta  per le persone fisiche e per la societa' di persone e di
 una ritenuta a titolo  di  acconto  per  gli  enti  non  commerciali,
 ponendo  questi  ultimi  in  una  situazione del tutto svantaggiosa e
 gravemente discriminante.
    Cio' premesso, a parere di questa commissione tributaria, al  fine
 di poter decidere il ricorso de quo, con provvedimento rispondente ad
 equi e sani principi di buona giustizia, appare di basilare rilevanza
 risolvere   preliminarmente   la  questione  relativa  alla  eccepita
 illegittimita' costituzionale della normativa  applicata  che,  anche
 sulla  scorta  delle articolate argomentazioni sviluppate in ricorso,
 si appalesa meritevole di particolare ed approfondito esame da  parte
 della competente Corte costituzionale, che, con autorevole pronuncia,
 dovra' risolvere la magna e vexata quaestio.