Ricorso della  provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  persona  del
 presidente  della  giunta  provinciale, dott. Luis Durnwalder, giusta
 deliberazione della giunta provinciale n. 709 del  7  febbraio  1994,
 rappresentata  e  difesa  -  in  virtu'  di  procura  speciale dell'8
 febbraio 1994, rogata dall'avv. Giovanni Salghetti Drioli, segretario
 della giunta (rep. n. 17059) - dagli avv.ti proff.ri Sergio  Panunzio
 e  Roland  Riz  e  presso  lo  studio del primo di essi elettivamente
 domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3; contro la  Presidenza  del
 Consiglio  dei  Ministri,  in persona del Presidente del Consiglio in
 carica; per il regolamento di competenza in relazione al decreto  del
 Ministro   dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato,  del
 Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e del Ministro della
 sanita', del 15 ottobre  1993  ("regolamento  recante  autorizzazione
 all'istituto   superiore   prevenzione  e  sicurezza  del  lavoro  ad
 esercitare attivita' omologative di primo o  nuovo  impianto  per  la
 messa a terra e la protezione dalle scariche atmosferiche").
                               F A T T O
    1.  -  La  provincia  autonoma  di Bolzano - in base agli artt. 9,
 primo comma nn. 10 e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige (e
 relative norme d'attuazione) - e' titolare di competenze  legislative
 ed  amministrative  di  tipo  concorrente  in  materia  di  "igiene e
 sanita'"; essa esercita le relative  attivita'  amministrative  anche
 attraverso le U.S.L. del proprio territorio.
    Fra  le  norme  d'attuazione dello statuto che regolano la materia
 assume particolare rilievo -  oltre  l'art.  1,  secondo  comma,  del
 d.P.R.  28 marzo 1975, n. 474, secondo cui rientra nelle attribuzioni
 provinciali anche la prevenzione degli infortuni sul lavoro  e  delle
 malattie  professionali  - anche l'art. 3, primo comma, del d.P.R. n.
 474/1975, che individua le competenze in materia di igiene e  sanita'
 riservate allo Stato.
    Il  n.  10  di  tale  articolo (nella sua formulazione originaria,
 introdotta dall'art. 2 del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197)  manteneva
 allo Stato le competenze in ordine "alla omologazione di macchine, di
 impianti  e  di  mezzi personali di protezione". A sua volta l'art. 2
 del d.l. 30 giugno 1982, n. 390 (convertito in legge 12 agosto 1982,
 n. 597), dopo avere attribuito, al primo comma,  all'I.S.P.E.S.L.  la
 funzione  statale  di  omologazione dei prodotti industriali ai sensi
 dell'art. 6, lettera n), n.  10,  e  dell'art.  24,  della  legge  n.
 833/1978,   nonche'   il   controllo   di  conformita'  dei  prodotti
 industriali di serie al tipo omologato, al secondo comma contiene una
 definizione  della  "omologazione",   ivi   stabilendosi   che   "per
 omologazione  di  un  prodotto  industriale  si  intende la procedura
 tecnico-amministrativa con la quale viene provata  e  certificata  la
 rispondenza  del  tipo  o  del  prodotto  prima  della riproduzione e
 immissione  sul  mercato,  ovvero  del  primo  o  nuovo  impianto,  a
 specifici  requisiti  tecnici  prefissati  ai  sensi  e  per  i  fini
 prevenzionali della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonche' anche  ai
 fini della qualita' dei prodotti".
    Giova anche ricordare che l'art. 3, primo comma, del citato d.P.R.
 n.  197/1980  ha  delegato alle province autonome di Trento e Bolzano
 l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di  vigilanza  e
 tutela del lavoro.
    Com'e'  noto,  l'I.S.P.E.S.L. venne istituito con d.P.R. 31 luglio
 1980, n. 619, emanato sulla base della delega stabilita dall'art.  23
 della  legge  n.  833/1978.  Il  successivo  d.l.  n. 390/1982, gia'
 citato, ne regolo' le funzioni prevenzionali  ed  omologative.  Sulla
 base  di  tale  disciplina,  il decreto interministeriale 23 dicembre
 1982 ("autorizzazione alle  U.S.L.  ad  esercitare  alcune  attivita'
 omologative   di  primo  o  nuovo  impianto,  in  nome  e  per  conto
 dell'I.S.P.E.S.L.") stabiliti all'art. 1 che, a partire dal 1 gennaio
 1983,  le  U.S.L.  avrebbero  esercitato  "le  attivita'  omologative
 previste  per  i  seguenti  impianti  dalla  normativa a fianco degli
 stessi indicata:
      ascensori  e  montacarichi  installati  in  edifici  pubblici  o
 privati,  a  scopi  ed  usi privati, anche se accessibili al pubblico
 (art. 2, terzo comma, della legge 24 ottobre 1942, n. 145);
      installazione e dispositivi di  protezione  contro  le  scariche
 atmosferiche  ed  impianti  di  messa a terra (art. 1 del decreto del
 Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12  settembre  1959  -
 Gazzetta Ufficiale n. 299 dell'11 dicembre 1959);
      generatori  di  calore  per  impianti  di riscaldamento ad acqua
 calda sotto pressione con  temperatura  non  superiore  a  quella  di
 ebollizione  atmosferica (art. 22 del decreto del Ministro del lavoro
 e della previdenza sociale 1 dicembre 1975 -  Gazzetta  Ufficiale  n.
 33 del 6 febbraio 1976)".
    Come  pure  e'  ben  noto  a  codesta  ecc.ma  Corte, la succitata
 disciplina dell'art. 1 del decreto interministeriale 23 dicembre 1982
 determino' un conflitto  di  attribuzioni  promosso  dalla  provincia
 autonoma di Bolzano (e dalla regione Lombardia).
    Nel  ricorso  venne  denunciato  che  le  attivita'  asseritamente
 omologative cui il decreto si riferiva erano in realta' attivita'  di
 collaudo e prevenzione, di competenza della provincia autonoma che le
 esercita  attraverso le U.S.L. Il ricorso venne peraltro respinto con
 la sentenza n. 74/1987. Con essa,  pur  riconoscendosi  che  solo  le
 attivita'  di  omologazione,  e non anche quelle di collaudo, sono di
 competenza dello  Stato,  si  ritenne  di  potere  escludere  che  le
 attivita'  elencate  nel  decreto  del  1992 debordassero dai confini
 della vera e propria "omologazione"  (cioe'  dell'accertamento  della
 rispondenza  a specifici requisiti tecnici). Cio' in quanto - facendo
 anche leva sul riferimento, contenuto nel secondo comma  dell'art.  2
 del  d.l. n. 390/1982, della attivita' omologativa al "primo o nuovo
 impianto"  -  la  sentenza   ritenne   che   attivita'   propriamente
 omologative  non  sono soltanto quelle che si effettuano nel luogo di
 produzione  delle  macchine  o  degli  impianti,  per  verificare  la
 corrispondenza  di  un  determinato  prototipo  alle  caratteristiche
 stabilite dalla legge, o del prodotto  di  serie  al  tipo  omologato
 (quindi  prima  della  riproduzione od immissione nel mercato). Tali,
 secondo la  sentenza,  si  dovevano  infatti  ritenere  anche  quelle
 attivita'  di  omologazione  relative  ad  "impianti" che si svolgano
 (anziche' nel  luogo  di  produzione)  nel  luogo  di  utilizzazione,
 perche'   "la   complessita'   dell'impianto   e'   tale  da  rendere
 indispensabile il montaggio sul luogo stesso in cui dovra' poi essere
 utilizzato nel processo produttivo o in un  particolare  ambiente  di
 vita o di lavoro".
    In  casi del genere non solo il "collaudo" (cioe' il controllo del
 corretto inserimento e funzionamento del prodotto omologato in un re-
 ale processo produttivo o in un particolare ambiente di lavoro  o  di
 vita), ma la stessa "omologazione" puo' e deve svolgersi nel luogo di
 utilizzazione,  per i particolari motivi (complessita' dell'impianto)
 dianzi indicati.
    Sulla base di tali premesse  ed  argomentazioni,  la  sentenza  n.
 74/1987  ritenne  dunque  che,  poiche'  gli  impianti possono essere
 oggetto tanto di attivita' di collaudo, che  di  omologazione  (anche
 queste  svolte  sul  luogo  di  utilizzazione),  si  trattava solo di
 mantenere le due attivita' ben distinte; e  che  quindi,  poiche'  il
 decreto  interministeriale 23 dicembre 1982 si riferiva espressamente
 alle sole attivita' omologative di competenza dell'I.S.P.E.S.L.,  non
 sussisteva   lesione   delle   competenze  provinciali  (relative  al
 collaudo).
    E' evidente come  la  chiave  di  volta  argomentativa  di  quella
 sentenza  stessa  nel  rilievo (dianzi riportata) secondo cui vi sono
 dei casi in cui la particolare  complessita'  dell'impianto  richiede
 che   il   suo   montaggio  e  la  sua  (necessariamente  successiva)
 omologazione avvengano  nel  luogo  di  utilizzazione.  Ed  e'  anche
 agevole  comprendere  come  tale  circostanza  potra'  verificarsi in
 alcuni casi per gli impianti di "ascensori e montacarichi",  e  forse
 per  i  "generatori  di  calore per impianti di riscaldamento", ma e'
 assai difficile (od imponibile) ipotizzarla per le  "installazioni  e
 dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche ed impianti
 di  messa  a  terra"  (cioe'  per  i parafulmini!) che sono anch'essi
 compresi  con  i precedenti nella elencazione dell'art. 1 del decreto
 interministeriale23 dicembre 1982. In ogni modo, proprio  sulla  base
 di  quanto  statuito  dalla  sentenza  n. 74/1987, in occasione della
 emanazione (nel 1992, a conclusione della vertenza  sul  "pacchetto")
 delle  ultime  norme di attuazione dello statuto Trentino-Alto Adige,
 l'art. 1 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267, ha  integrato
 la  gia'  riportata  formulazione del n. 10 dell'art. 3 del d.P.R. n.
 474/1975  (la  norma  che  riserva  allo  Stato   le   attivita'   di
 omologazione)  aggiungendo  che  "non  e'  attivita'  di omologazione
 quella  di  verifica  e  controllo  di  macchine,  impianti  e  mezzi
 installati nella regione".
    2.  -  Tutto cio' premesso, nella Gazzetta Ufficiale n. 294 del 16
 dicembre 1993, e' stato pubblicato il  decreto  interministeriale  15
 ottobre  1993, n. 519, indicato in epigrafe. Nel preambolo il decreto
 richiama l'autorizzazione ad esercitare  l'attivita'  omologativa  di
 primo  o nuovo impianto in nome e per conto dell'I.S.P.E.S.L., che il
 decreto interministeriale  23  dicembre  1982  aveva  conferito  alle
 U.S.L.;  e  rileva  che tale attivita' non sarebbe stata svolta dalle
 U.S.L. "con tempestivita' e con unita' di indirizzo",  mentre  invece
 l'I.S.P.E.S.L.  e'  "in  grado  di  assicurare su tutto il territorio
 nazionale l'attivita'  omologativa  di  primo  o  nuovo  impianto  in
 precedenza delegata alle unita' sanitarie locali".
    Su  queste premesse e visto l'art. 17, terzo comma, della legge n.
 400/1988, il  decreto  dispone  -  all'art.  1,  primo  comma  -  che
 "l'Istituto    superiore   prevenzione   e   sicurezza   del   lavoro
 (I.S.P.E.S.L.)   esercita   direttamente   le   seguenti    attivita'
 omologative  di  primo o nuovo impianto secondo la normativa a fianco
 indicata:
       a) impianti  di  messa  a  terra  (art.  328  del  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  n.  547  del  27  aprile 1955; decreto
 ministeriale del 22 febbraio 1965 del Ministero del  lavoro  e  della
 previdenza sociale);
       b)  installazioni  e  dispositivi  di protezione dalle scariche
 atmosferiche (art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
 547 del 27 aprile 1955; decreto ministeriale del 22 febbraio 1965 del
 Ministero del lavoro e della previdenza sociale".
    Lo  stesso  decreto  (dopo  avere  stabilito  all'art.  2  che  le
 richieste  di  omologazione  di  primo  o  nuovo  impianto   dovranno
 pervenire  ai Dipartimenti periferici dell'I.S.P.E.S.L. unitamente ai
 modelli A o B - allegati  al  decreto  -  debitamente  compilati  dai
 richiedenti)  stabilisce  poi  all'art. 3 che "1. Le unita' sanitarie
 locali continuano ad esercitare le  successive  verifiche  periodiche
 per   l'accertamento   della  conservazione  delle  installazioni  ed
 impianti e del loro normale funzionamento. 2. A tal fine,  copia  dei
 modelli  A  e B verra' inviata, a cura dell'I.S.P.E.S.L., alla unita'
 sanitaria locale competente per territorio".
    Tale decreto interministeriale e' pero' lesivo delle  attribuzioni
 costituzionalmente spettanti alla provincia autonoma di Bolzano, onde
 essa  con  il  presente  atto  solleva,  in relazione a tale decreto,
 conflitto di attribuzioni, per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1. - Violazione delle competenze provinciali di cui agli artt.  9,
 primo  comma,  nn. 10 e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige
 (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) ed alle relative  norme  d'attuazione
 (spec. art. 1 ed art. 3, primo comma, n. 10 del d.P.R. 28 marzo 1975,
 n.   474,  quest'ultimo  come  sostituito  dall'art.  1  del  decreto
 legislativo 16 marzo 1992, n. 267).
    1.1. -  L'art.  1,  primo  comma,  del  decreto  interministeriale
 impugnato  n.  519/1993  chiarisce espressamente che le attivita' che
 l'I.S.P.E.S.L. dovra', in base ad esso, esercitare direttamente sono:
 a) per quanto riguarda gli impianti di messa a terra, quelle  di  cui
 all'art.  328  del  d.P.R.  27 aprile 1955, n. 547, ed al decreto del
 Ministro del lavoro 22 febbraio 1965; b) per quanto  riguarda  invece
 le   installazioni   e   dispositivi  di  protezione  dalle  scariche
 atmosferiche, esse sono quelle di  cui  all'art.  40  del  d.P.R.  n.
 547/1955, ed ancora al d.m. 22 febbraio 1965.
    Orbene, nel primo caso dall'art. 328 del d.P.R. n. 547/55 (recante
 "norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro"), si ricava che
 l'attivita' in questione e' quella delle "verifiche periodiche" degli
 impianti  di messa a terra; la qual cosa e' confermata anche dal pure
 richiamato d.m. 22 febbraio 1965 e dall'art. 1, n.  2,  del  d.m.  12
 settembre  1959  (a  sua  volta  da  quello  richiamato), che pure si
 riferiscono esclusivamente alle verifiche periodiche  degli  impianti
 di  messa  a  terra,  che  precedentemente  erano state di competenza
 dell'Ispettorato del lavoro e poi dell'E.N.P.I.
    Nel secondo caso e' l'art. 40 dello stesso d.P.R. n. 547/1955  che
 spiega  come  le  attivita'  in  questione  siano  quelle relative ai
 "controlli periodici" per l'accertamento dello  stato  di  efficienza
 delle   installazioni   e   dei   dispositivi   contro   le  scariche
 atmosferiche;  ed  anche  qui,  che  si  tratti  solo  di   controlli
 periodici,  e confermato ancora una volta dai pure richiamati d.m. 22
 febbraio 1965 ed art. 1, n. 3, del d.m. 12 settembre 1959.
    Questa  volta,  dunque,  non  vi  e'  dubbio  che   le   attivita'
 disciplinate  dall'impugnato  decreto  interministeriale n. 519/1993,
 ancorche' da esso denominate "omologative",  sono  in  realta'  tutte
 attivita'  di  verifica  e  controllo  periodici  di impianti gia' in
 funzione (e quindi gia' precedentemente sottoposti ad omologazione).
    Le attivita' che il decreto ministeriale in questione  attribuisce
 alla   competenza   dell'I.S.P.E.S.L.   sono,  dunque,  attivita'  di
 collaudo, e non gia' di omologazione. Sono comunque attivita' che  la
 disciplina  d'attuazione  dello  statuto Trentino-Alto Adige (art. 3,
 decimo comma, del decreto legislativo n.  474/1975)  esclude  possano
 essere  ricomprese  nelle  attivita'  di  omologazione riservate allo
 Stato (e quindi all'I.S.P.E.S.L.), ed invece ricomprende  fra  quelle
 rientranti  nella  competenza  provinciale  in  materia  di  igiene e
 sanita' (che, come gia' detto, abbraccia anche la "prevenzione  degli
 infortuni  sul lavoro": art. 1, secondo comma, del d.P.R. n. 474/75).
 Tale competenza provinciale e' dunque lesa dal decreto impugnato.
    1.2. - Ma una  ulteriore  e  specifica  lesione  delle  competenze
 provinciali discende anche dalla disciplina stabilita dall'art. 3 del
 decreto  impugnato  (gia'  riportata in precedenza). Questo, infatti,
 pretende  di  regolare  (affidandola  alle  U.S.L.  della   provincia
 ricorrente)   una  attivita'  che  e'  dichiaratamente  non  gia'  di
 omologazione, ma invece di collaudo e verifica successivi ("verifiche
 periodiche per l'accertamento della conservazione delle installazioni
 ed impianti e del loro normale funzionamento").
    Una attivita' che e' dunque - senza ombra di dubbio - di esclusiva
 competenza della provincia, la quale potra' esercitarla attraverso le
 strutture delle U.S.L. del proprio territorio, o come meglio riterra'
 opportuno.  La  pretesa  del  Governo  di  disciplinare  (con decreto
 impugnato) siffatte attivita', addirittura  stabilendo  quali  uffici
 provinciali  debbono  esercitarle,  e'  dunque  anch'essa palesemente
 lesiva delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alla provincia
 ricorrente.
    2.  -  Violazione,  sotto  ulteriori  profili,  delle   competenze
 provinciali gia' precedentemente indicate. Violazione dei principi di
 legalita',   relativi   ai   rapporti   fra  le  fonti,  e  di  leale
 collaborazione.
    2.1. - Il decreto interministeriale impugnato n.  519/1993  e'  un
 regolamento, che infatti - come si legge nel suo preambolo - e' stato
 adottato  in base all'art. 17, terzo comma, della legge n. 400/1988 e
 secondo  la  procedura  particolare  da  questo   stabilita   per   i
 regolamenti   interministeriali   (parere  del  Consiglio  di  Stato,
 comunicazione preventiva alla Presidenza del Consiglio).
    Com'e' noto, in  base  al  principio  di  legalita'  ed  a  quanto
 espressamente  stabilito  dall'art.  17,  terzo comma, della legge n.
 400/1988, i regolamenti ministeriali ed interministeriali -  adottati
 per  materie  di  competenze dei ministri - abbisognano sempre di una
 ulteriore ed "apposita autorizzazione da parte della  legge".  Ma  il
 decreto   interministeriale  impugnato  manca  di  tale  ulteriore  e
 specifico fondamento legislativo.
    Tale fondamento, invero, non si rinviene in  nessuna  delle  leggi
 richiamate  nel preambolo del decreto stesso (ne' in altre norme leg-
 islative).
    Non nella legge n. 833/1978, il cui art. 23 conferi' una delega al
 Governo, ma non attribuisce alcun potere regolamentare. Non il d.P.R.
 n.  619/1980,  che  pure  non   contiene   attribuzioni   di   poteri
 regolamentari a ministri.
    E  neppure,  infine,  il d.l. n. 390/1982 (convertito in legge n.
 597/1982).
    Quest'ultimo, al terzo  comma  dell'art.  2,  prevede  un  decreto
 interministeriale - peraltro non avente natura e forma di regolamento
 -  che  ha  oggetto  diverso  da quello del regolamento in questione,
 riguardando  l'autorizzazione  di  laboratori  pubblici   e   privati
 all'esercizio   delle  funzioni  di  omologazione  dell'I.S.P.E.S.L.,
 nonche' "l'autocertificazione  da  parte  delle  aziende  produttrici
 limitatamente  alla conformita' dei prodotti di serie"; e prevede poi
 un  regolamento  interministeriale  avente,  peraltro,  anch'esso  un
 oggetto  del  tutto  diverso  (disciplina dei requisiti delle imprese
 ammesse alla  suddetta  autocertificazione)  rispetto  a  quello  del
 decreto interministeriale qui impugnato.
    Infine  vi  e'  il  terzo  comma  dello stesso art. 2 del d.l. n.
 390/1982, che prevede dei  decreti  interministeriali,  ma  anch'essi
 privi  della  natura  e  della  forma  del  regolamento, ed aventi un
 oggetto diverso da quello del regolamento ministeriale qui  impugnato
 (riguardando   solo  le  procedure,  le  modalita'  amministrative  e
 tecniche, e le tariffe dell'omologazione). Comunque tali decreti - in
 base alla  legge  -  debbono  necessariamente  essere  preceduti  dal
 "parere"  dello stesso I.S.P.E.S.L., che invece non e' presente nella
 procedura di adozione del decreto interministeriale n. 519/1993.  Per
 cui  delle  due  l'una:  o tale decreto e' privo di fondamento legale
 (come  in effetti e'), oppure - anche a volere sostenere che si fondi
 sul disposto del terzo comma dell'art. 2 del d.l.  n.  390/1982  (il
 che  non  e' per la diversa natura dell'atto e per il diverso oggetto
 della disciplina - sarebbe comunque illegittimo per la  mancanza  del
 prescritto parere.
    Dunque, la lesione delle competenze provinciali rileva anche sotto
 il  profilo  della  violazione  -  da  parte  dell'atto  lesivo - dei
 principi  di  legalita'   e   relativi   all'esercizio   del   potere
 regolamentare.
    2.2.  -  Infine,  la lesione delle attribuzioni provinciali rileva
 pure sotto un ulteriore profilo,  e  sussisterebbe  anche  ove  -  in
 ipotesi   -   l'attribuzione   all'I.S.P.E.S.L.  delle  attivita'  in
 questione fosse espressione (il che peraltro non e') di un potere  di
 controllo  sostitutivo  del  Governo  in ordine ad attivita' delegate
 alla provincia.
    Al riguardo si deve ricordare come, nel preambolo del decreto,  si
 dice  che  esso  e'  stato  adottato  in considerazione del fatto che
 l'attivita' omologativa di primo e nuovo impianto, gia' "autorizzata"
 alle U.S.L., "non viene svolta  dalle  unita'  sanitarie  locali  con
 tempestivita'  e  con uniformita' di indirizzo". Peraltro non risulta
 dal decreto se tale circostanza sia riferita a  tutto  il  territorio
 nazionale,  ed  in particolare anche alla provincia di Bolzano (manca
 quindi  una  specifica  ed  adeguata  dimostrazione  dei  motivi  che
 dovrebbero provare la necessita' di estendere anche alla provincia di
 Bolzano   la   disciplina   del   decreto);   in  ogni  caso  nessuna
 sollecitazione  o  rilievo  al  riguardo  risulta  essere  mai  stata
 formulata  dal  Governo  alla  provincia  di  Bolzano  od alle U.S.L.
 facenti capo al Servizio sanitario provinciale.
    Cio' premesso, la lesione  delle  competenze  provinciali  risulta
 dunque    anche    dalla   violazione   del   principio   di   "leale
 collaborazione": il Governo avrebbe  dovuto,  prima  di  adottare  il
 decreto  in  questione,  avente  efficacia  anche nei confronti delle
 U.S.L. della provincia di Bolzano, sollecitare le U.S.L. o la  stessa
 provincia  autonoma a svolgere l'attivita' con maggiore tempestivita'
 ed in modo piu' coerente agli indirizzi governativi.  Tale  esigenza,
 si  deve  ancora  osservare,  non poteva essere disattesa dal Governo
 neppure ove avesse esercitato un potere di controllo sostitutivo:  il
 che  comunque  non  e',  poiche'  la  legge non attribuisce in questa
 materia un potere siffatto ai ministri che hanno emanato  il  decreto
 in questione, e perche' esso non sarebbe neppure conforme ai principi
 al  riguardo  ricavabili  dall'art.  2 della legge 22 luglio 1975, n.
 382, e dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte.