Ricorre  la  regione  autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le
 presidente della giunta  regionale,  sig.  Dino  Vierin,  debitamente
 autorizzato  in forza di delibera della giunta regionale n. 869 del 4
 febbraio  1994,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof.   Gustavo
 Romanelli,  e  presso  di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla
 via Cosseria n. 5, in forza di procura per atto  notar  Bastrenta  di
 Aosta,  in  data 9 febbraio 1994, rep. 15327 contro la Presidenza del
 Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  dell'on.le   Presidente   del
 Consiglio  pro-tempore,  domiciliato  per  la carica in Roma, palazzo
 Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei Portoghesi n.
 12 per la declaratoria di illegittimita' costituzionale  della  legge
 14  gennaio  1994,  n. 19, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie
 generale, parte I, n. 10 del 14 gennaio 1994, che ha convertito,  con
 modificazioni,   il   decreto-legge   15   novembre   1993,   n.  453
 (Disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della  Corte
 dei conti).
    La  regione autonoma Valle d'Aosta, come in epigrafe rappresentata
 e difesa, espone quanto segue.
                               IN FATTO
    Il d.l. 15 novembre 1993,  n.  453,  convertito  dalla  legge  14
 gennaio  1994, n. 19 (meglio specificata in epigrafe) oggi impugnata,
 ha costituito il quinto tentativo nel corso dell'anno 1993  da  parte
 del Governo centrale di intervenire radicalmente in una materia tanto
 delicata quanto quella degli strumenti di garanzia della legittimita'
 amministrativa; esso ha fatto seguito ai precedenti decreti-legge nn.
 54,  143, 232 e 359 del 1993, via via impugnati avanti codesta ecc.ma
 Corte. Nell'ambito di tali decreti, il n. 453/1993 e' stato  tuttavia
 il  solo pervenuto alla conversione con la richiamata legge n. 19 del
 14 gennaio 1994, n. 19, oggetto della presente impugnazione.
    Rispetto in particolare ai decreti nn. 359  e  232  che  l'avevano
 preceduto,   il   d.l.  n.  453  si  caratterizzava  per  una  certa
 compressione della latitudine di  contenuti,  e  per  il  cambiamento
 dell'intestazione (che nelle precedenti versioni recava "disposizioni
 in   materia   di  legittimita'  dell'azione  amministrativa"):  tali
 accorgimenti non hanno tuttavia fatto venire meno  la  massima  parte
 dei   profili  di  illegittimita'  che  erano  stati  denunziati  nei
 confronti dei precedenti decreti. Ne' l'illegittimita' e'  venuta  in
 alcun   modo  meno  attraverso  le  (del  resto  limitate)  modifiche
 apportate dalla legge di conversione oggi impugnata.
    Con il decreto in questione  veniva  infatti  ancora  tentata  una
 riforma   radicale  di  una  fondamentale  giurisdizione  del  nostro
 ordinamento, quale e' quella della Corte dei  conti,  prevedendo  fra
 l'altro   che   in   tutte   le  Regioni  vengano  istituite  sezioni
 giurisdizionali della Corte dei conti (art. 1), presso le  quali,  ai
 sensi  del  successivo  art.  2,  comma  2, e' chiamato a svolgere le
 funzioni di pubblico ministero un  vice  Procuratore  generale  della
 Corte  dei  conti  (Procuratore  generale),  od  un  altro magistrato
 assegnato  all'ufficio.  Alla  previsione  della  istituzione   delle
 sezioni regionali di cui all'art. 1, evidentemente per rimediare alla
 situazione  di  fatto  creatasi  in  base  ai  precedenti decreti non
 convertiti, la legge di conversione ha  aggiunto  l'inciso  "ove  non
 gia'  esistenti"  (ed  a  tale  intervento correttivo nel primo comma
 corrisponde altro intervento correttivo del medesimo segno  al  terzo
 comma  del  medesimo art. 1, volto a disciplinare la situazione delle
 sezioni gia' istituite).
    I giudizi relativi ai residenti all'estero sono stati devoluti, ai
 sensi  dell'art.  1,  sesto comma, del decreto, alla competenza della
 sezione regionale per il Lazio.
    L'attivita' dei procuratori regionali e' coordinata,  in  base  al
 terzo comma dello stesso art. 2, dal procuratore generale della Corte
 dei conti.
    L'ultimo  comma  dell'art.  2 del decreto prevede che la Corte dei
 conti possa delegare, per l'esercizio delle sue funzioni, adempimenti
 istruttori a funzionari di pubbliche amministrazioni ed avvalersi  di
 consulenti tecnici.
    Deve  peraltro  evidenziarsi  come  il  decreto-legge n. 453/1993,
 anche in cio' non corretto dalla legge n. 19/1994, contenga norme  di
 tutela  delle  minoranze linguistiche limitatamente alle sole Sezioni
 giurisdizionali della Corte dei conti con sede nel  territorio  della
 regione Trentino-Alto Adige (art. 1, secondo comma).
    La disciplina teste' richiamata e' lesiva delle attribuzioni della
 regione autonoma Valle d'Aosta ed e' illegittima per violazione degli
 artt.  77,  100,  103, 108, 116 e 125 della Costituzione, nonche' per
 violazione dei principi dello statuto della  regione  autonoma  della
 Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in
 particolare dei suoi artt. 2, 3, 4, 29, 38, 43 e 46, primo comma.
                              IN DIRITTO
    1. - Occorre preliminarmente  contestare  come  il  Governo  abbia
 inteso  adottare  con  le  forme  del  decreto-legge delle misure che
 vengono a fortemente incidere sugli assetti istituzionali, e che  per
 di  piu'  violano  illegittimamente,  la  sfera di autonomia speciale
 della  ricorrente  regione,  con  disposizioni  in  larga  parte  (in
 particolare per quanto si riflette sull'organizzazione e la struttura
 della  Corte  dei  conti),  di  palese  non immediata applicabilita':
 appare quindi evidente come siano stati travalicati  i  confini  alla
 decretazione  d'urgenza  richiamati  dall'art. 15, terzo comma, della
 legge 23 agosto 1988, n. 400, che reca la  disciplina  dell'attivita'
 di  Governo  e  l'ordinamento  della  Presidenza  del  Consiglio  dei
 Ministri.
    Tale  vizio  (violazione   del   precetto   dell'art.   77   della
 Costituzione,  che  fa  divieto  al  Governo  di  emanare decreti che
 abbiano valore di legge) si riflette evidentemente anche sulla  legge
 di  conversione oggi impugnata, che fra l'altro presuppone e in parte
 convalida situazioni createsi ed atti posti  in  essere  in  base  al
 decreto-legge  convertito  e  ai  decreti-legge precedenti di analogo
 (anche se non uguale) contenuto.
    La ricorrenza degli estremi della necessita' e dell'urgenza appare
 anche  piu'  contestabile,  se  si  considera  che  il  decreto  oggi
 impugnato  fa  parte  di  quella  stessa  serie  di decreti-legge, di
 contenuto analogo, che ormai da diversi mesi  si  stanno  susseguendo
 l'uno  all'altro, tutti sull'onda di una dichiarata, ma indimostrata,
 urgenza. A tale serie appartengono infatti, come si e'  ricordato  in
 premessa,  i decreti-legge, non convertiti, dell'8 marzo 1993, n. 54,
 del 15 maggio 1993, n. 143, del 17 luglio 1983, n. 232 e, infine, del
 14 settembre 1993, n. 359.  Sia pure con sfumature in parte diverse i
 primi,  evocando  anch'essi   la   stessa   supposta   "straordinaria
 necessita'  ed  urgenza",  esprimevano  in  buona  parte  la medesima
 accentuata,  ed  illegittima,  tendenza  a  comprimere  le  autonomie
 regionali.  D'altronde,  sembra  di poter intravedere nelle modifiche
 apportate  dalla  legge  di  conversione  l'ammissione  della   piena
 consapevolezza  dell'abuso  nel  caso  di  specie  nel  ricorso  alla
 decretazione d'urgenza, tant'e'  che  alcune  delle  previsioni  piu'
 controverse sono state estrapolate dal testo del decreto, ed adottate
 ex  novo  con  legge ordinaria (legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante
 "disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
 conti", pubblicata nella stessa  Gazzetta  Ufficiale  n.  10  del  14
 gennaio 1994, di seguito alla legge di conversione del decreto).
    Puo'  aggiungersi  che  il  decreto-legge n. 453/1993, e quindi la
 legge di conversione oggi impugnata, si pongono  in  contrasto  anche
 con  il  secondo  comma  dell'art. 125 della Costituzione. Tale norma
 (come e' evincibile tenuto conto della classificazione  degli  organi
 giurisdizionali  di  cui  all'art. 103 della Costituzione) prevede su
 base  regionale  soltanto  l'istituzione  di  organi   di   giustizia
 amministrativa  che  si  inquadrano  nella prevista giurisdizione del
 consiglio di Stato, quali sono gli odierni t.a.r., e  non  anche  per
 quanto  concerne  la  giurisdizione della Corte dei conti (del resto,
 sia pure rispetto ad altra  questione,  si  era'  gia'  correttamente
 escluso   che   la   struttura  su  base  regionale  della  giustizia
 amministrativa di cui all'art. 125 fosse applicabile anche alla Corte
 dei conti: v. Corte costituzionale, 7 marzo 1984, n.  52;  Corte  dei
 conti, sez. rin., 19 aprile 1988, n. 576/A).
    2.  -  Deve  comunque  rilevarsi  che  il  d.l.  n. 453 del 1993,
 convertito con la legge oggetto della  presente  impugnativa,  ha  un
 ambito di applicazione che coincide largamente con quelle materie per
 cui  operano  le  riserve  di  legge di cui agli artt. 100, secondo e
 terzo comma, nonche' 103, secondo comma, e 108 della Costituzione: in
 base a tali norme costituzionali, sono riservate alla legge (in senso
 formale), rispettivamente, la determinazione dei casi e  delle  forme
 in  cui  la  Corte  dei  conti  puo'  partecipare  al controllo sulla
 gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato  contribuisce  in  via
 ordinaria e l'indipendenza della Corte medesima di fronte al Governo,
 l'ambito  della giurisdizione della Corte dei conti al di fuori della
 contabilita' pubblica e, infine, l'ordinamento giudiziario e di  ogni
 magistratura in genere.
    Occorre  comunque  contestare  che  lo strumento del decreto-legge
 possa tener luogo di una legge formale, dato che le riserve di  legge
 in questione (tenuto conto, fra l'altro, che sono finalizzate anche a
 garantire  l'indipendenza  della Corte dei conti rispetto al Governo)
 non possono che essere assolute, ne' l'adozione del provvedimento con
 decreto-legge puo'  in  alcun  modo  essere  sanata  dalla  legge  di
 conversione,  che  presuppone ed opera sul preesistente decreto-legge
 oggetto di conversione.
    Inoltre, anche a voler prescindere dai  nuovi  contenuti  previsti
 dell'azione  della  Corte,  e'  lo  stesso disegno delle modalita' di
 esercizio che mette fortemente in  pericolo  la  sfera  di  autonomia
 regionale  su  cui l'attivita' della Corte dei conti quale prevista e
 regolata  dal   decreto-legge   convertito   verrebbe   ad   incidere
 fortemente.
    Giova del resto osservare che mancano persino sufficienti garanzie
 in   ordine  all'indipendenza  dell'esecutivo  nazionale  di  chi  in
 concreto e' chiamato ad operare funzioni essenziali anche nell'ambito
 delle competenze giurisdizionali della Corte dei conti. Si e' infatti
 disposto,  con  l'art. 2, quarto comma, del decreto convertito con la
 legge  impugnata,  che  la  Corte  dei  conti  possa  avvalersi,  per
 adempimenti  istruttori, di personale delle pubbliche amministrazioni
 (e si trattera' facilmente di personale di amministrazioni  statali).
 Tale previsione, in quanto applicabile all'attivita' che la Corte dei
 conti  sarebbe chiamata a svolgere rispetto alle regioni ed agli enti
 locali, appare in contrasto con  la  garanzia  di  indpendenza  anche
 delle  giurisdizioni  speciali,  di  cui all'art. 108, secondo comma,
 della Costituzione, espressamente estesa tanto ai pubblici  ministeri
 che   "agli   estranei   che  partecipano  all'amministrazione  della
 giustizia".
    3. - L'art. 38 dello statuto di  autonomia  speciale  della  Valle
 d'Aosta  (legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 4), al primo
 comma, espressamente sancisce, in  armonia  del  resto  con  il  piu'
 generale  principio della tutela delle minoranze linguistiche, di cui
 all'art. 6 della Costituzione della Repubblica, l'equiparazione nella
 Valle d'Aosta  della  lingua  francese  a  quella  italiana:  il  che
 significa  che,  nel  territorio  della  Valle, non e' attribuita una
 posizione di preminenza ne' alla lingua  italiana,  ne'  alla  lingua
 francese  (v. in tali termini Corte costituzionale, 22 dicembre 1969,
 n. 156, in consiglio di  Stato,  1969,  II,  209),  essendo  entrambe
 lingue  ufficiali  (cosi':  Barbagallo,  la  regione  Valle  d'Aosta,
 Milano, Giuffre', 1991,  119).  Come  ha  ben  evidenziato  la  Corte
 costituzionale,  in  Valle d'Aosta, contrariamente a quanto accade in
 altre regioni o provincie autonome  (ed  in  particolare  in  Friuli-
 Venezia  Giulia  e  nella provincia di Bolzano), si ha un bilinguismo
 perfetto (cfr. Corte costituzionale,  22  dicembre  1969,  n.    156,
 cit.).
    Il  principio  costituzionale  in  questione  appare  violato  dal
 decreto e relativa  legge  di  conversione  impugnati,  che  si  sono
 limitati  a  prevedere  (all'art. 1, secondo comma) il rispetto della
 normativa  in  materia  di  tutela  delle   minoranze   linguistiche,
 esclusivamente  per  il territorio della regione Trentino-Alto Adige,
 non prevedendo per la regione Valle d'Aosta nemmeno norme  di  tutela
 di segno analogo.