IL TRIBUNALE
    Nella  pubblica  udienza  del  20  dicembre 1993, nel procedimento
 penale n. 5987/93 r.g. pendente a carico di Kasan Sad per il reato di
 detenzione e spaccio  di  sostanze  stupefacenti  ha  pronunciato  la
 seguente ordinanza.
    Premesso   che   nell'udienza   odierna  l'imputato  ha  richiesto
 l'applicazione della pena, nella misura di mesi sei di  reclusione  e
 L.  2.400.000  di  multa,  ritenuta  la  diminuente  del quinto comma
 dell'art.  73  del  d.P.R.  n.  309/1990  e  concesse  le  attenuanti
 generiche  e  la diminuente per il rito; subordinata alla sospensione
 condizionale; sentito il p.m. che ha prestato il proprio consenso;
    Rilevato: che ricorrono le  condizioni  per  l'applicazione  della
 pena  richiesta dal momento che l'imputato non deve essere prosciolto
 ai sensi dell'art. 129 del c.p.p. in  considerazione  degli  elementi
 emergenti  dal  verbale  di  arresto, di sequestro e dalle ammissioni
 dello stesso imputato rese nel corso dell'udienza di convalida;
      che la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione  e  la
 comparazione delle circostanze prospettate dalle parti sono corrette;
      che  la pena richiesta, tenuto conto della diminuzione del rito,
 e' congrua ex art. 133 del c.p.;
      che  la  sospensione  condizionale  puo'  essere   concessa   in
 considerazione dell'incensuratezza;
                             O S S E R V A
    La  sentenza di applicazione pena consente al tribunale, giusta il
 disposto dell'art. 445, primo  comma,  del  c.p.p.,  di  disporre  la
 confisca  nei  soli  casi in cui sia obbligatoria, ai sensi dell'art.
 240, secondo comma, del c.p.;
    Nel  caso  di  specie dunque, applicando la pena, il tribunale non
 puo' disporre la confisca  della  somma  di  denaro  in  sequestro  -
 profitto  dell'illecita  attivita'  di spaccio, quantomeno per quanto
 concerne l'importo di L. 40.000 che lo stesso imputato ha  dichiarato
 di  aver  ricevuto  come  corrispettivo  della  cessione  di  droga -
 ricorrendo l'ipotesi di confisca facoltativa prevista dal primo comma
 dell'art. 240 del c.p. (cir. cass. sez. un. 15  dicembre  1992  pres.
 Zucconi,  Bissoli,  cass. pen. mass. 1993-807). Il tribunale pertanto
 dovrebbe disporre la restituzione all'imputato della somma;
    La soluzione imposta dal legislatore di  consentire  all'imputato,
 con  la sentenza di applicazione pena, di assicurarsi il profitto del
 reato contrasta, a parere del tribunale, con gli  artt.  41,  secondo
 comma, 27, terzo comma, 3 e 76 della Costituzione;
    1. - contrasta con l'art. 41, secondo comma, della Costituzione in
 quanto  assicurare  al  venditore  di  droga  il  profitto  del reato
 comporta una tutela di un'iniziativa  economica  palesemente  dannosa
 per la sicurezza e contrastante con l'utilita' sociale;
    2.  -  contrasta  con  l'art.  27, terzo comma, della Costituzione
 poiche' le misure di sicurezza sono provvedimenti  che  integrano  il
 sistema   sanzionatorio   penale   e,  come  le  pene,  tendono  alla
 rieducazione del condannato: impedire al giudice di disporre, con  la
 sentenza  di  applicazione pena, la confisca facoltativa, nei casi in
 cui lo ritiene necessario, implica sminuire il fine rieducativo della
 pena applicata, dal  momento  che  tale  scopo  verrebbe  in  pratica
 contraddetto  e  reso  piu'  difficile proprio dalla mancata adozione
 della misura di sicurezza;
    3. - contrasta con l'art. 3 della Costituzione e con il  principio
 di  ragionevolezza,  individuato  dalla  Corte  costituzionale  quale
 parametro interpretativo (cfr. sentenza 28 luglio 1993, n.  249),  in
 relazione  al diverso trattamento riservato dal legislatore alle cose
 che costituiscono il profitto del reato di contrabbando.
    Invero l'art. 301 t.u. legge doganale (quale sostituito  dall'art.
 11,  diciannovesimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413) dopo
 aver  ribadito  l'obbligatorieta'  della  confisca  delle  cose   che
 costituiscono  il  profitto  del  reato,  ha  espressamente  previsto
 l'applicazione di  tale  misura  di  sicurezza  anche  nel  caso  del
 "patteggiamento".
    Sul  piano  della  ragionevolezza  non  appare  giustificabile  il
 diverso trattamento - sia sotto il profilo della non  obbligatorieta'
 della  confisca  che sotto quello dell'impossibilita' di applicazione
 della confisca nel caso di "patteggiamento"  -  riservato  alle  cose
 profitto  di  reati  diversi  da  quello di contrabbando posto che la
 ratio della misura di sicurezza patrimoniale - cioe' la  funzione  di
 prevenzione dei reati - appare indubbiamente sussistente in ogni tipo
 di   reato   e   di  livello  palesemente  superiore  in  molti  casi
 (concussione, peculato, rapina etc.)  compreso  quello  di  cui  alla
 fattispecie (spaccio di droga);
    4.  - contrasta con l'art. 76 della Costituzione perche' l'art. 2,
 n. 45, della legge delega  16  febbraio  1987,  n.  81,  non  prevede
 espressamente    l'inapplicabilita'   delle   misure   di   sicurezza
 facoltative e non pare  che  il  legislatore  delegato  potesse,  nel
 silenzio  della  legge delega, sacrificare le esigenze di prevenzione
 dei reati ed impedire l'applicazione di misure di sicurezza anche nei
 casi   in   cui   il   giudice   ritenga   la  pericolosita'  sociale
 dell'imputato.
    La questione e' rilevante poiche' il tribunale dovrebbe  applicare
 la  pena  richiesta  senza  poter  disporre la confisca del denaro in
 sequestro, quantomeno per quanto concerne  la  somma  di  L.  40.000,
 misura  che si palesa adeguata alla pericolosita' dell'imputato - che
 risulta  sedicente,  privo  di  fissa  dimora  e  nullafacente  -  ed
 indispensabile dal dissuaderlo dal continuare a delinquere.