IL TRIBUNALE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile del lavoro
 promossa da Amiat, rappresentato e difeso dall'avv. L. Pacchiodo e G.
 Gallo,  contro  Falia  Salp,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  M.
 Brigandi.
    1)  Con  il  primo  motivo  di impugnazione della sentenza, che ha
 dichiarato  antisindacale  il  comportamento   tenuto   dall'azienda,
 l'appellante  denunzia  violazione  e  falsa  applicazione  di legge,
 eccependo che non puo' essere  considerata  nazionale  l'associazione
 sindacale    Confedersal    (Confederazione   sindacati   autonomisti
 lavoratori) alla quale aderisce la Falia-Salp,  che  conseguentemente
 non  sarebbe  legittimitata ad esperire la procedura ex art. 28 dello
 Stat. lav.
    Al riguardo l'appellante ribadisce che l'art. 28  della  legge  n.
 300/1970  e'  esplicito nell'evidenziare che la particolare procedura
 repressiva  della  condotta  antisindacale   puo'   essere   promossa
 esclusivamente  dagli  organismi  locali delle associazioni sindacali
 nazionali che vi abbiano interesse. Ora, secondo l'appellante, mentre
 il sindacato Falia-Salp  puo'  considerarsi  "organismo  locale",  la
 Confedersal,  alla  quale  la  Falia-Salp  aderisce,  non puo' invece
 ritenersi un'associazione sindacale  "nazionale",  perche'  comprende
 solamente   i   sindacati   autonomisti  di  sei  regioni  (Piemonte,
 Lombardia,     Liguria,     Veneto,     Emilia-Romagna,     Toscana).
 Conseguentemente,   secondo  l'appellante,  deve  essere  esclusa  la
 legittimazione  attiva  di  forme  di   autotutela   collettiva   non
 organizzata  su  base  nazionale.   Il primo giudice, premesso che la
 procedura ex art. 28 dello Stat.    lav.  legittima  attivamente  gli
 organismi   locali   delle   associazioni   sindacali   nazionali,  a
 prescindere dalla "maggior rappresentativita'" che la stessa legge n.
 300/1970 prevede solo a determinati fini (es.  art. 19), ha  ritenuto
 che una confederazione operante su una parte del territorio nazionale
 comprendente  le  sei  regioni dell'Italia del nord di cui sopra, non
 puo' non considerarsi  sia  pur  tendenzialmente  diffusa  a  livello
 "nazionale", ancorche' risultino escluse le altre regioni dello Stato
 italiano.      Dopo  aver  esaminato  lo  statuto  confederale  della
 Confedersal, alla quale aderisce il sindacato Falia-Salp, statuto dal
 quale si ricava che la confederazione si prospetta  come  insieme  di
 federazioni, suddivise nell'ottica della auspicata "federalizzazione"
 dello  Stato  italiano  - e che vengono distinte in Federazione nord,
 Federazione centro e Federazione sud ( ex art. 5 dello statuto -,  il
 pretore  ha  osservato  che,  mentre in presenza di una volontaria ed
 esplicitata limitazione del proprio ambito territoriale da  parte  di
 una  confederazione,  ci  si  troverebbe  di  fronte  alla evidente e
 preventivata insussistenza del necessario carattere di diffusione sul
 territorio nazionale  (carenza  determinata  dalla  esplicita  scelta
 della  stessa  confederazione),  viceversa  nel  caso  di  specie  la
 volonta'  della  Confedersal   risulta   statutariamente   mirata   a
 realizzare la diffusione su tutto il territorio nazionale dello Stato
 italiano,  irrilevante  essendo  che  questa sia prevista dall'art. 2
 nell'interesse delle collettivita' dei "popoli" italiani e  di  tutte
 le risorse delle "rispettive nazioni".
    2) Osserva in primo luogo il collegio che la sommatoria di nazioni
 distinte   prevista   dallo   statuto   della  Confedersal  non  puo'
 considerarsi equivalente al concetto  di  nazione  unitaria  previsto
 dall'art. 28 dello stat. lav.
    2  a)  Il  concetto  di  nazione  non  puo'  essere  poi ridotto a
 significato puramente territoriale, ma ha  una  valenza  piu'  ampia,
 essendo  il  territorio  una  componente  della  nazione  che in esso
 tuttavia non si esaurisce.
    La nazione e' invero una  consapevole  unita'  sociale  (ancorche'
 plurietnica:  su  cio' infra) costituita da soggetti che sono stretti
 da vincoli comuni, come la tradizione storica ed i costumi.    Taluni
 fattori   della   nazionalita'   elaborati   dalla  dottrina  debbono
 considerarsi privi del carattere di indici  rilevatori  indefettibili
 di  essa  (ad  es.  l'elemento religioso, l'identita' di lingua ed il
 fattore etnico). L'ordinamento vigente contempla  anzi  la  possibile
 compresenza  e  lo  sviluppo  di  comunita' differenziate nell'ambito
 della comunita' statale assicurando ad esse  parita'  di  trattamento
 (art. 3, primo comma, della Costituzione).
    3)  L'ordinamento  giuridico  fa  diretto  richiamo al concetto di
 nazione di cui parlano, limitando l'indagine ai  dati  offerti  dalla
 Costituzione,  gli  artt.  9,  secondo  comma  ("patrimonio storico e
 artistico della Nazione"), 11 ("un ordinamento che assicuri la pace e
 la giustizia ta le nazioni"), 16, primo comma ("ogni  cittadino  puo'
 circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio
 nazionale"),  49  ("tutti  i cittadini hanno diritto di associarsi ..
 per concorrere con  metodo  democratico  a  determinare  la  politica
 nazionale"),   67   ("ogni   membri  del  Parlamento  rappresenta  la
 Nazione"), 87,  primo  comma  ("il  Presidente  della  Repubblica  ..
 rappresenta  l'unita'  nazionale"),  98,  primo  comma  ("i  pubblici
 impiegati sono al  servizio  esclusivo  della  Nazione"),  99,  primo
 comma,  ("il  Consiglio  nazionale  dell'economia  e  del  lavoro  e'
 composto ..di esperti e rappresentanti delle categorie produttive .."
 ), 117, primo comma  ("la  regione  emana  ..  norme  legislative  ..
 sempreche'  ..  non  siano  in contrasto con l'interesse nazionale"),
 120, terzo comma ("la regione .. non puo'  limitare  il  diritto  dei
 cittadini  di  esercitare in qualunque parte del territorio nazionale
 la loro professione,  impiego  o  lavoro"),  126,  terzo  comma  ("il
 consiglio  regionale  .. puo' essere sciolto per ragioni di sicurezza
 nazionale"), 127, terzo comma (" ..quando una legge ..  regionale  ..
 contrasti .. con gli interessi nazionali .."); cfr., altresi', art. 5
 della  Costituzione  ("La  Repubblica,  una ed indivisibile ..").  Al
 concetto di nazione fanno  riferimento  anche  altre  espressioni,  e
 locuzioni  derivate,  quali "Italia, italiano" (artt. 1, primo comma:
 "l'Italia  e'  una  Repubblica  democratica, fondata sul lavoro"); 11
 ("l'Italia ripudia la guerra .."); 12 ("La bandiera della  Repubblica
 e'  il  tricolore  italiano"); 51, secondo comma ("la legge puo', per
 l'ammissione alle cariche elettive, parificate ai cittadini  italiani
 gli  italiani  non appartenenti alla Repubblica"), "Patria" (art. 52,
 primo comma: "La difesa della Patria e' sacro dovere del  cittadino";
 e 59, secondo comma), "Paese" (art. 3, secondo comma, e 47).
    Significativamente,    anche    le    norme   che,   nell'impianto
 costituzionale, sono dirette non a  tutelare  la  mera  conservazione
 dell'assetto  istituzionale  esistente ma a consentirne l'evoluzione,
 fanno esplicito richiamo  al  concetto  di  nazione.  In  particolare
 l'art. 49 della Costituzione, che e' mirato ad assicurare il processo
 di  trasformazione  delle  istituzioni democratiche, precisa peraltro
 che il diritto dei cittadini di associarsi in partiti e' riconosciuto
 in quanto diretto a determinare la politica nazionale.
    Parimenti, la rappresentanza della nazione, attribuita  ai  membri
 del  supremo  organo  costituzionale cui e' demandato di delineare le
 linee politiche direttive, deve essere esercitata senza alcun vincolo
 di mandato riferibile all'area geografica degli  elettori  che  hanno
 espresso  ciascun parlamentare.   Anche il divieto fatto alle Regioni
 di limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte
 del territorio nazionale la loro attivita' lavorativa e'  espressione
 del  principio  di  unita'  ed indivisibilita' della Repubblica e nel
 contempo   comporta   l'inammissibilita'   di   differenziazione   di
 discipline   in   materia  di  lavoro  fondate  esclusivamente  sulla
 relazione tra il cittadino e l'area territoriale di appartenenza, nel
 senso che questa non puo' essere assunta - in difetto di  ragionevoli
 motivi correlati alla peculiarita' di specifiche mansioni - a base di
 trattamenti  differenziati,  dovendo assicurarsi a tutti i lavoratori
 parita' di  trattamento  e  di  opportunita'  rispetto  all'attivita'
 lavorativa, a prescindere dalla relazione degli stessi con la Regione
 considerata  o  con altre regioni (cfr. Corte costituzionale 29 marzo
 1961, n. 13).  Ultimo, ma non ultimo, e'  insito  nel  riconoscimento
 dei   diritti   inviolabili   dell'uomo   nelle   formazioni  sociali
 l'imperativo funzionale dell'adempimento dei doveri  inderogabili  di
 solidarieta'  politica,  economica  e  sociale  (  ex  art.  2  della
 Costituzione), solidarieta' che si sostanzia, in  particolare,  nella
 volonta'  di  vivere insieme per assicurare ai membri della comunita'
 le condizioni essenziali del reciproco benessere.
    Coerentemente (e con l'ovvia precisazione  che,  relativamente  ad
 alcune attivita' circoscritte a determinate aree territoriali - quali
 ad  esempio  quelle delle guide alpine, dei marittimi, dei lavoratori
 dell'industria del  riso  -  il  requisito  nazionale  richiesto  per
 beneficiare  della  tutela  di  cui  all'art.  28 dello stat. lav. e'
 soddisfatto dalla diffusione del sindacato in tutte le parti d'Italia
 in cui si svolgono quelle attivita'), le associazioni rappresentative
 sul piano nazionale debbono  svolgere  alcune  funzioni  "sistemiche"
 vale  a  dire  a  beneficio  del  sistema  nel  suo complesso e non a
 beneficio dei soli iscritti e militanti.
    L'obiettivo del legislatore e' infatti quello  di  incentivare  le
 forme  di  aggregazione  sindacale quanto piu' ampie possibili, avuto
 riguardo ad una situazione economico sociale  gravemente  squilibrata
 che  conosce, insieme, punte di forza sindacale estremamente avanzate
 e condizioni lavorative di sottosviluppo.
    Del  resto,  funzione  tipica  della  contrattazione collettiva e'
 quella di contemperare  la  capacita'  di  resistenza  delle  imprese
 "marginali"   e   le   esigenze  retributive  minime  per  assicurare
 un'esistenza dignitosa con riferimento tendenziale a tutti i rapporti
 di lavoro  instaurati  sul  territorio  nazionale  nell'ambito  della
 categoria di appartenenza.
    Deve  peraltro  darsi  atto  che  il  requisito  nazionale  non e'
 contemplato nell'art. 39, primo comma,  della  Costituzione,  secondo
 cui "l'organizzazione sindacale e' libera".
    Autorevole   dottrina,  dopo  aver  evidenziato  il  carattere  di
 immediata  precettivita'  della  norma,  ha  asserito   che   questa,
 diversamente  da  quella  che  garantisce  il diritto di associazione
 (art. 18), coglie profili non rinvenibili neppure per implicito nella
 liberta'  di  associazione,  atteso  il  carattere  specifico   della
 liberta'  della  organizzazione sindacale. Si e' aggiunto inoltre che
 mentre la liberta' di associazione e' riconosciuta,  ma  ad  essa  la
 Costituzione  pone  alcuni  limiti  rispetto ai fini di esercizio, il
 fine sindacale dell'associazione  e'  invece  tipizzato  dalla  norma
 costituzionale  stessa  come  lecito  e  pertanto  la liberta' di cui
 questa gode sotto tale aspetto sarebbe assoluta.
    Si e' altresi' osservato in materia che il legislatore,  nell'art.
 39  della  Costituzione,  dopo avere individuato nella organizzazione
 sindacale  una  condizione  privilegiata  per  rendere  effettivo  il
 diritto  al lavoro e alla giusta regolamentazione delle condizioni di
 lavoro, ne ha tutelato costituzionalmente la liberta'.  Il fatto  che
 il  legislatore, con riferimento alla liberta' sindacale, abbia usato
 una formulazione diversa da quella adoperata ad esempio nell'art.  19
 per  la  liberta' religiosa significherebbe presa di coscienza che vi
 sono  interessi  (quale  l'interesse  alla  liberta'   dell'attivita'
 sindacale  nell'azienda)  strumentali:  la tutela effettiva di taluni
 interessi-base, insiti nel diritto al lavoro, e' cioe' possibile solo
 per mezzo della tutela immediata  di  situazioni  giuridiche  proprie
 della  comunita' dei lavoratori, ossia dell'organizzazione sindacale.
 Con l'art. 28 dello statuto dei lavoratori,  definito  "vero  cardine
 della  tutela  sindacale,  che  la  legge  ha  inteso  assicurare, in
 conformita' alla garanzia ad essa riconosciuta  dalla  Costituzione",
 si  individuano  negli  organismi locali delle associazioni sindacali
 nazionali, cioe'  nei  cosiddetti  sindacati  di  fatto,  i  soggetti
 legittimati a dedurre in giudizio queste situazioni superindividuali,
 rendendo giustiziabili alcuni interessi altrimenti tutelabili solo in
 via  di  autotutela  privata.    Potrebbe  dunque porsi il dubbio che
 l'art. 28 dello stat.  lav.,  nella  parte  in  cui,  ai  fini  della
 individuazione dei soggetti legittimati ad agire in giudizio richiede
 che  le  associazioni  sindacali  abbiano  carattere  nazionale,  con
 l'evidente  esclusione  della   legittimazione   delle   associazioni
 sindacali che nazionali non siano, ancorche' esistenti come sindacati
 di  fatto,  si  ponga  in contrasto con l'art. 39, primo comma, della
 Costituzione,  che  non  pone  alcun   requisito   all'organizzazione
 sindacale di cui afferma la liberta'.  A tali argomentazioni potrebbe
 replicarsi  che  l'analisi  del  primo  comma  dell'art. 39 citato va
 condotta avendo presenti anche le norme internazionali che concorrono
 a determinare il contenuto. Al riguardo dispone la Convenzione n.  87
 dell'Organizzazione   internazionale   del   lavoro  (concernente  la
 liberta' sindacale e la tutela dei diritti sindacali, che ha ricevuto
 ratifica ed ordine di esecuzione con legge 23 marzo 1958, n. 367) che
 i  lavoratori  e  i datori di lavoro, senza discriminazione di sorta,
 hanno diritto di costituire  -  senza  autorizzazione  preventiva  da
 parte  dello  Stato  -  organizzazioni sindacali e di aderire ad esse
 (art. 2). Il successivo art. 3 precisa il  contenuto  della  liberta'
 sindacale nel diritto di organizzare e di elaborare i propri statuti,
 disponendo  "Les  organisation de travailleurs ed d'employeurs ont le
 droit d'elaborer leurs statuts ed reglements administratifs,  d'elire
 librement  leurs  representants,  d'organiser  leur  gestion  et leur
 activite', et de formuler leur programme d'action".
    La Carta sociale europea, adottata a Torino il  18  ottobre  1961,
 ratificata  e  resa  esecutiva  con  legge  3  luglio  1965,  n. 929,
 ribadisce  poi  il  principio  della  liberta'  della  organizzazione
 sindacale,  disponendo:  "En  vue  de  garantir  ou de proumouvoir la
 liberte' pour les travailleurs et les employeurs  de  constituer  des
 organisations   locales,   nationales  ou  internationales,  pour  la
 protection de leurs interets economiques et sociaux et  d'adherer  a'
 ces  organisations, ler Parties contractantes s'engagent a' ce que la
 legislation nationale ne porte pas atteinte, ni ne soit  appliqee  de
 maniere a' porter atteinte a' cette liberte'. La mesure dans laquelle
 les  garanties prevues au present article s'appliqueront a' la police
 sera determine'e par la legislation ou la  reglementation  nationale.
 Le  principe de l'application de ces garanties aux membres des forces
 armees et la mesure dans laquelle  elles  s'appliqueraient  a'  cette
 categorie  de  personnes sont egalement determines par la legislation
 ou la reglementation nationale" (art. 5).
    La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
 liberta'  fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata
 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, ribadisce l'obbligo
 per gli Stati firmatari  di  garantire  il  diritto  di  associazione
 sindacale  e,  all'art.  11,  dispone:  "Toute personne a droit a' la
 liberte' de reunion pacifique et la liberte' d'association, y compris
 le droit de fonder avec d'autres des syndicats et de safflier a'  des
 syndicats pour la defense de ses interets" (primo comma).
    "L'exercise   de   ces   droit  ne  peut  faire  l'objet  d'autres
 restrictions que celles qui, prevues  par  la  loi,  constituent  des
 mesures  necessaires, dans una societe' democratique, a' la securite'
 nationale, a' la surete' publique, a' la defense de l'ordre et a'  la
 prevention  du  crime, a' la protection de la sante' ou de la morale,
 ou a' la protection des droits et libertes d'autrui" (secondo comma).
    Da ultimo il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e
 culturali adottato nell'ambito dell'ONU, ratificato e reso  esecutivo
 con legge 25 ottobre 1977, n. 881, prevede l'impegno per gli Stati di
 garantire  il  diritto  di liberta' sindacale disponendo, all'art. 8:
 "1) Les Etats parties au pre'sent Pacts s'engagent a' assurer:
       a) le droit qu'a toute personne de  former  avec  d'autres  des
 syndicats  et  de s'affilier au syindicat de son choix, sous la seule
 reserve des regles fixees par l'organisation interessee,  en  vue  de
 favoriser  et  de  proteger  ses  interets  e'conomiques  et sociaux.
 L'exercise  de  ce  droit  ne  peut  faire  l'objet  que  des  seules
 restrictions  prevues  pa  la  loi  et  qui  constituent  des mesures
 ne'cessaires, dans une societe' democratique, dans  l'interet  de  la
 securite' nationale ou de l'ordre public, ou pour proteger les droits
 et les libertes d'autrui;
       b)  le  droit qu'ont les syndicats de former des federations ou
 des confederations nationales et le droit qu'ont celles-ci de  former
 des organisations syndicales internationales ou de s'y affilier;
       c)  le  droit  qu'ont  les  syndicats  d'exercer librement leur
 activite', sans limitations autres que celles qui sont prevues par la
 loi et qui constituent des  mesures  necessaires  dans  une  societe'
 democratique,  dans l'interet de la securite' nationale ou de l'ordre
 public, ou pour prote'ger les droits e les libertes d'autrui".
    4) Tanto premesso, ai fini della verifica della rappresentativita'
 nazionale dell'associazione cui  aderisce  l'organismo  sindacale  va
 rilevato:
      che  in  data  27 aprile 1991, in Torino, e' stata costituita da
 alcuni lavoratori dell'Amiat la F.A.L.I.A.  (Federazione  autonomista
 lavoratori   igiene  ambientale),  aderente  al  S.A.L.P.  (Sindacato
 autonomista lavoratori piemontesi);
      che la "Costituzione" del S.A.L.P., avvenuta  in  Torino  il  22
 giugno  1991  prevede,  all'art.  2,  la  tutela  degli interessi dei
 "popoli" che costituiscono lo Stato italiano;
      che la "costituzione" della Confedersal, avvenuta in Milano il 4
 novembre 1991 mira a realizzare la tutela di interessi  dei  "popoli"
 italiani  al  fine  di  assicurare  la  partecipazione  attiva  delle
 rispettive organizzazioni alla politica  economica  e  sociale  dello
 Stato italiano (art. 2);
      che  lo Statuto della Confedersal contempla il perseguimento, da
 parte della Confederazione, degli interessi  nazionali  dei  "popoli"
 italiani;  in  particolare  l'art.  4  prevede  che fanno parte della
 Confedersal  la  Federazione  nord,  la  Federazione  centro   e   la
 Federazione  sud dei sindacati autonomisti dei lavoratori dipendenti,
 dei pensionati e delle  casalinghe;  l'art.  5  prevede  poi  che  la
 Federazione  nord, la Federazione centro e la Federazione sud possono
 articolarsi  sul  piano   territoriale   in   sindacati   autonomisti
 "Nazionali",  in  rappresentanza  dei  rispettivi  "popoli"; l'art. 6
 prevede  inoltre  l'obbligo,  per  le  organizzazioni  sindacali   di
 categoria, di uniformare allo statuto confederale la propria azione e
 di  adeguare  allo  stesso il proprio statuto.   Difettano pertanto i
 requisiti  di  legge  per  l'ammissibilita'  alla   tutela   prevista
 dall'art. 28 della legge n. 300/1970 per essere l'associazione de qua
 non nazionale a termini di statuto confederale.
    5)  Sotto  ulteriore  profilo,  coessenziale,  nei sensi di cui in
 motivazione, ai fini della  decisione,  la  confederazione  in  esame
 appare  inoltre  essere  antinazionale ( ex art. 271 del c.p.) per le
 finalita' perseguite ed in quanto tale non meritevole di tutela (  ex
 art.  1322  del  c.c.).    Invero, il bene tutelato dall'art. 271 del
 c.p.,  che  vieta  le  associazioni   antinazionali,   consiste   nel
 "sentimento   nazionale",   da   intendersi,  secondo  la  prevalente
 dottrina, come coscienza dell'unita' territoriale, sociale e politica
 dell'Italia e dei diritti che le spettano nei rapporti internazionali
 e consiste in quel complesso di affetti e di idee che  si  sintetizza
 nel  patriottismo.  Per  "sentimento  nazionale",  quindi, si intende
 l'amore non solo per la  terra  nati'a,  ma  altresi'  l'attaccamento
 all'unita' territoriale, plurietnica ( ex art. 3 della Costituzione),
 sociale  e  politica  dell'Italia,  la coscienza della sua civilta' e
 l'intimo convincimento dei  propri  doveri  verso  la  Patria.  Detto
 "sentimento nazionale", se non esclude la diversita' delle concezioni
 dei  cittadini  in  ordine  agli  interessi  materiali e morali della
 Patria ed al miglior modo di tutelarli (cosi' Cass. pen. 28 settembre
 1945, D'arienzo) e' tuttavia stato ritenuto "una  realta'  immanente,
 affatto indipendente dalla fluttuazione di idee politiche e di valori
 morali" (cosi' Cass. pen. 12 novembre 1951, Muller).
    Il  delitto  de  quo  si  perfeziona  con  l'appartenenza  ad  una
 associazione,  e  la  realizzazione  del  programma  di  essa  -   la
 depressione  del  sentimento  nazionale  appunto  -  puo' prescindere
 dall'uso della violenza.  Peraltro tale norma ha una valenza non solo
 penale, ma anche civilistica, cosicche'  opera  come  limite  esterno
 dell'autonomia  negoziale, cioe' attinente ad eventuali conflitti tra
 l'interesse  garantito  dal  diritto  in  considerazione  con   altri
 interessi  costituzionalmente protetti, quand'anche nella fattispecie
 non fossero configurabili gli estremi dell'illecito penale  nei  suoi
 elementi  costitutivi  (cfr. Cass. pen., sezione prima, 5 marzo 1991,
 Calo',  in  tema  di  configurabilita'  dei  delitti  di   pericolo),
 imponendo  un  limite  all'autonomia  negoziale  (che non puo' essere
 esercitata neppure  a  fini  associativi)  fuori  dei  casi  ritenuti
 dall'ordinamento  meritevoli  di tutela ex artt. 1322, 1343, 1418 del
 c.c., 31 delle disp.  prel.  del  c.c.    Va  al  riguardo  disatteso
 l'orientamento secondo cui l'antinazionalita' di una associazione non
 sarebbe  piu' vietata dall'ordinamento. Per sostenere tale tesi parte
 della dottrina ha ritenuto che  l'incostituzionalita'  dell'art.  271
 del  c.p.    discenderebbe  dalla gia' dichiarata incostituzionalita'
 (cfr. Corte costituzionale, sent. 6 luglio 1966, n. 168) del reato di
 propaganda ed apologia antinazionale previsto e punito dall'art. 272,
 secondo comma, del c.p.  Si e' argomentato in proposito che, dato  il
 parallelismo  posto  dalla  Costituzione  tra i fini perseguibili dal
 singolo e quelli perseguibili dalle associazioni, dovrebbe  ritenersi
 non piu' applicabile l'art. 271 del c.p. che punisce il promuovimento
 o  la partecipazione ad associazioni che svolgano attivita' dirette a
 deprimere il sentimento nazionale. Peraltro, come piu' volte chiarito
 dalla   giurisprudenza,   non   e'   ammissibile   il   giudizio   di
 illegittimita'     costituzionale     derivata,    essendo    rimesso
 esclusivamente   alla   Corte   costituzionale   il   vaglio    sulla
 costituzionalita'  delle  leggi  anche ove l'illegittimita' di talune
 disposizioni  normative  derivi  come  conseguenza  della   decisione
 adottata,  ipotesi  che  si verifica appunto quando ci si riferisce a
 norme di legge rimaste  prive  del  loro  presupposto  o  della  loro
 funzione,   ovvero   a   disposizioni   di  contenuto  coincidente  o
 inscindibilmente  connesse,  la  cui  sopravvivenza   creerebbe   uno
 squilibrio   nell'ordinamento   giuridico,   ovvero   a   norme   che
 risulterebbero  affette  dal   medesimo   vizio   di   illegittimita'
 costituzionale (cfr. Cass. pen., sez. un., 12 aprile 1980, Grandi).
    Per    diritto    applicato    dunque    la    dichiarazione    di
 incostituzionalita' di una disposizione di legge non puo'  travolgere
 in via derivata norme diverse, ancorche' ispirate agli stessi criteri
 che hanno comportato l'espunzione della prima dall'ordinamento, salvo
 che   una   siffatta   illegittimita'   costituzionale  derivata  sia
 espressamente enunciata nella sentenza della Corte costituzionale (in
 tal senso cfr. Cass. pen., sezione prima, 6 febbraio  1981,  Giolini;
 Cass.  pen., sezione prima, 15 settembre 1983, Vespasioni; Cass. sez.
 lav. 7 aprile 1984, n. 2247; Cass., sez. lav.,  30  luglio  1984,  n.
 4562).
    Deve  pertanto  ritenersi  non  consentita,  al giudice ordinario,
 l'applicazione estensiva della dichiarazione di  incostituzionalita',
 secondo  le  conformi  previsioni  di  cui all'art. 27 della legge 11
 marzo 1953, n. 87 (per una concreta applicazione di  tale  principio,
 cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza 3 dicembre 1987, n. 431; Corte
 costituzionale,  sentenza   9   novembre   1988,   n.   1018;   Corte
 costituzionale, sentenza 2 febbraio 1990, n. 50).
   L'eliminazione ab origine dell'illiceita' della condotta penalmente
 sanzionata  -  e,  per  quanto  rileva ai fini dell'odierna lite, dei
 limiti  all'autonomia  negoziale  associativa  derivantine   -   puo'
 pertanto    avvenire,    oltreche',    ovviamente,   con   legge   di
 interpretazione autentica, ove  ne  sussistano  i  presupposti  (cfr.
 Corte  costituzionale,  sentenza  3  dicembre  1987,  n.  431;  Corte
 costituzionale,  sentenza   9   novembre   1988,   n.   1018;   Corte
 costituzionale,  sentenza n. 390/1990; Corte costituzionale, sentenza
 17 novembre 1992, n. 455; Corte costituzionale, sentenza 10  febbraio
 1993,  n.  39)  soltanto  a  seguito di instaurazione incidentale del
 giudizio su tale norma, in vista della sua  applicazione  o  meno  ai
 fini  della risoluzione della controversia dibattuta nel giudizio. Va
 infine rilevato che l'esistenza di organismi  sindacali  di  distinte
 nazionalita'  nell'ambito  dello  Stato costituisce un quid novum nel
 vigente  ordinamento,  cio'  che  rende  necessario  l'intervento  in
 materia del Giudice delle leggi.
    Consegue  dalle  argomentazioni  sopra  svolte  la  necessita'  di
 rimessione degli atti alla Corte  costituzionale  perche'  esamini  i
 dubbi  di compatibilita' - sollevati dalla dottrina e nalla cui presa
 d'atto si  ravvisa  la  non  manifesta  infondatezza  della  relativa
 questione  -  con la Costituzione dell'art. 271 del c.p. (nella parte
 in cui afferma il disvalore  dell'antinazionalita')  e  dell'art.  28
 dello  stat.  lav. (nella parte in cui attribuisce portata preclusiva
 alla  carenza  del  requisito  della  nazionalita')  ai  fini   delle
 riconducibilita'  nell'alveo  della  tutela  di  cui  alla  legge  n.
 300/1970  dell'attivita'  delle  associazioni  sindacali  prive   del
 requisito  nazionale, con riguardo alla normativa di raffronto di cui
 agli artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35, 39, della Costituzione.
    La questione e' rilevante ai fini di causa, potendo dalla  carenza
 del  requisito  nazionale  della Confedersal discendere la carenza di
 legittimazione ad agire ex art. 28 dello stat.  lav.  del  Falia-Salp
 che alla prima aderisce.