IL PRETORE
    Nella causa portante il n. 390/1993, promossa da Dal Molin Daniele
 e  Cuman  Livia  avverso  il  comune  di  Pianezze, letti gli atti, a
 scioglimento della riserva che precede, ha  pronunciato  la  seguente
 ordinanza.
    Con ricorso depositato presso la cancelleria in data 17 marzo 1993
 Dal  Molin  Daniele  e  Cuman  Livia  proponevano opposizione avverso
 l'ordinanza n. 7, emessa in data 12 febbraio  1993  e  notificata  il
 successivo  16  febbraio  1993, con la quale il sindaco del comune di
 Pianezze aveva loro ingiunto il pagamento della somma di L. 118.000 a
 titolo di sanzione amministrativa, per non aver sottoposto il  figlio
 minore  Dal Molin Raffaello alla vaccinazione obbligatoria antipolio,
 antidifterica e antitetanica, in violazione delle  leggi  4  febbraio
 1966,  n.  51,  6  giugno  1939,  n.  891,  5  marzo  1963, n. 292, e
 successive  modificazioni   ed   integrazioni.   A   sostegno   della
 impugnazione  proposta  eccepivano,  fra  l'altro,  la illegittimita'
 costituzionale degli artt. 1 e 3 della  legge  n.  419/1968,  poiche'
 dette  norme,  nell'imporre l'obbligo vaccinale indiscriminatamente a
 tutti i bambini nel corso del secondo anno di vita,  senza  prevedere
 casi  di  rinvio  o  di  esonero,  e  senza  disporre  a  detti  fini
 l'esecuzione di accertamenti preventivi che tutelino  la  salute  del
 minore  da  eventuali  rischi e complicanze, costituiscono violazione
 degli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
    Sentito il responsabile del settore igiene pubblica  dell'U.L.S.S.
 n.  5  del comune di Bassano del Grappa, ed a seguito del deposito da
 parte del procuratore attore o di memorie e documenti, questo pretore
 si riservava il decidere.
    Premesso che, sebbene negli scritti difensivi  attorei  si  faccia
 riferimento  alla  sola  vaccinazione  antitetanica, ai ricorrenti e'
 stata in realta' contestata  la  violazione  anche  delle  leggi  che
 sanciscono  l'obbligatorieta'  della vaccinazione antipoliomelitica e
 antidifterica,  va  ritenuta  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale dagli stessi sollevata,  nei
 termini che verranno di seguito precisati.
    Alla  stregua  dell'art.  32  della  Costituzione, la legittimita'
 costituzionale dei trattamenti sanitari  obbligatori  e'  subordinata
 alle seguenti condizioni:
      che il trattamento sia legislativamente previsto;
      che  esso  sia  disposto  in funzione dell'interesse alla salute
 della collettivita', e, piu' precisamente, al fine della salvaguardia
 dell'eguale diritto alla salute garantito a ciascun componente  della
 collettivita';
      che il provvedimento non danneggi, ma sia anzi utile alla salute
 di chi vi e' sottoposto;
      che l'intervento previsto sia rispettoso della persona umana.
    Tali principi sono stati affermati, con specifico riferimento alla
 materia  delle  vaccinazioni  obbligatorie,  con sentenza della Corte
 costituzionale n. 307 del 22 giugno 1990, ove dal disposto del  primo
 e  del secondo comma dell'art. 32 si fa discendere la conseguenza che
 "la legge impositiva di un trattamento sanitario non e' incompatibile
 con l'art. 32 della Costituzione se il trattamento  sia  diretto  non
 solo  a  miglioramento o a preservare lo stato di salute di chi vi e'
 assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute  degli  altri,
 giacche'  e' proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come
 interesse della collettivita',  a  giustificare  la  compressione  di
 quella  autodeterminazione  dell'uomo  che  inerisce  al  diritto  di
 ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale", nonche' che "un
 trattamento sanitario puo' essere imposto solo nella  previsione  che
 esso  non  incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi
 e' assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze  che,  per  la
 loro  temporaneita'  e  scarsa  entita',  appaiono  normali  di  ogni
 intervento sanitario, e pertanto tollerabili".
    Cio'  posto,  va  osservato  che  le   vaccinazioni   obbligatorie
 comportano   il   rischio,  sia  pure  percentualmente  modesto,  del
 verificarsi   di   complicanze,    concretantesi    in    menomazioni
 dell'integrita'  psico-fisica.  Gia'  il d.c.g. 7 marzo 1940 (recante
 norme per l'attuazione della legge  6  giugno  1939,  n.  891,  sulla
 obbligatorieta'   della   vaccinazione  antidifterica)  prevedeva  la
 possibilita'  di  esonero   dall'obbligo   vaccinale,   su   giudizio
 dell'ufficiale   sanitario,   per   "i   bambini  deboli,  linfatici,
 tubercolitici, nefritici, affetti da diatesi esudativa,  cardiaci,  e
 quelli   che   abbiano   gia'  sofferto  la  difterite  o  subita  la
 vaccinazione antidifterica" (art. 6); a sua volta il d.m. n. 25 del 5
 gennaio 1967, in attuazione dell'art. 1 della legge 4 febbraio  1966,
 n.   51   (Obbligatorieta'   della   vaccinazione  antipoliomelitica)
 stabilisce casi di sospensione temporanea  della  vaccinazione  (art.
 2);  con  maggiore  completezza,  la  circolare  del  Ministero della
 sanita' n. 9  del  26  marzo  1991  elenca  una  serie  di  patologie
 considerandole  come  controindicazioni,  solo temporanee o assolute,
 alla  somministrazione  di  dati  tipi  di  vaccino  o  di  qualsiasi
 vaccinazione.   Ulteriori   controindicazioni   sono  desumibili  dai
 foglietti informativi acclusi ai vaccini e dalla  letteratura  medica
 scientifica (cfr. docc. nn. 2 e 3 del fascicolo attoreo).
    Difetta  tuttavia,  nelle  citate  leggi  impositive  di  obblighi
 vaccinali (come negli atti di normazione secondaria emanati  in  loro
 attuazione),    la   previsione   dell'esecuzione   di   accertamenti
 preventivi,  volti  alla  verifica  della  sussistenza  di  eventuali
 controindicazioni  alla  vaccinazione, e, comunque, la specificazione
 del tipo accertamenti che debbono a tal fine compiersi - in proposito
 va rilevato che la visita,  comprendente  un  esame  obiettivo  e  la
 raccolta  dell'anamnesi,  non  e'  di  per  se'  sola  sufficiente ad
 individuare od escludere le molteplici  patologie  che  costituiscono
 controindicazioni  alla  somministrazione  di vaccini, considerato in
 particolare che molte di esse sono asintomatiche,  e,  comunque,  che
 nel  campo  della neonatologia le patologie spesso non si esplicitano
 in maniera evidente, e l'anamnesi e' sempre raccolta attraverso terze
 persone, non munite di adeguata cultura e  preparazione  al  riguardo
 (cfr. docc. nn. 2 e 3 del fascicolo di parte ricorrente).
    A   cagione   di   questa   lacuna,  le  leggi  che  prevedono  la
 obbligatorieta' della vaccinazione  antipoliomelitica,  antidifterica
 ed   antitetanica,   appaiono   in  contrasto  con  l'art.  32  della
 Costituzione sotto un triplice profilo.
    Innanzitutto, per violazione della riserva  di  legge  di  cui  al
 secondo  comma  di  tale articolo. Si tratta, e' vero, di una riserva
 relativa di legge (il testo della norma recita infatti: "Nessuno puo'
 essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se  non  per
 disposizione  di  legge";  e, tuttavia, in una materia tanto delicata
 qual e' quella in discussione, in  cui  viene  in  gioco  il  diritto
 "primario  ed assoluto" alla salute, la previsione degli accertamenti
 di cui sopra si e' detto, idonei, se non ad eliminare,  certamente  a
 ridurre  il rischio di complicanze da vaccino, non puo' non ritenersi
 ricompresa nella  disciplina  di  principio,  regolante  gli  aspetti
 essenziali  della  materia;  cio' tanto piu' in quanto, in assenza di
 qualsiasi direttiva e specificazione sul punto,  la  discrezionalita'
 dell'autorita'   sanitaria,  sul  se  procedere  all'accertamento  di
 eventuali controindicazioni e sulla scelta del tipo  di  accertamento
 da  compiersi,  non  appare  in  alcun  modo  circoscritta  -  com'e'
 necessario allorquando si verte in tema di diritti fondamentali della
 persona costituzionalmente protetti -.
    Correlativamente, importando la mancata previsione di accertamenti
 diagnostici preventivi un  aumento  del  rischio  di  complicanze  da
 vaccino,  le leggi in parola si pongono in contrasto con l'esigenza -
 desumibile sia dal primo comma dell'art. 32 della  Costituzione,  ove
 la  salute  e' configurata quale diritto fondamentale dell'individuo,
 sia dal richiamo al rispetto della persona umana di  cui  al  secondo
 comma  -  che il trattamento sanitario obbligatorio non si traduca in
 una lesione, in un sacrificio del bene  salute.  Con  riferimento  ai
 danni  alla  salute,  ulteriori  rispetto  a quelle conseguenze delle
 vaccinazioni temporalmente delimitate ed aventi scarsa  entita',  "il
 rilievo    costituzionale   della   salute   come   interesse   della
 collettivita' non e' da solo sufficiente  a  giustificare  la  misura
 sanitaria.  Tale  rilievo  esige  che in nome di esso, e quindi della
 solidarieta'  verso  gli  altri,  ciascuno  possa  essere  obbligato,
 restando  cosi'  legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a
 un dato trattamento sanitario, anche se  questo  importa  un  rischio
 specifico,  ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per
 la tutela della salute degli altri" (cfr. la gia' citata sentenza  n.
 307/1990). Si consideri inoltre, da un lato, che il riconoscimento in
 favore  del soggetto passivo del trattamento, per l'ipotesi in cui il
 rischio si sia avverato, di un equo indennizzo per  il  danno  subito
 (oggi  previsto dalla legge n. 210/1992), in tanto e' idoneo a fugare
 i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  dell'imposizione  di   un
 trattamento  sanitario,  realizzando un corretto bilanciamento tra le
 due dimensioni della salute e dello stesso  spirito  di  solidarieta'
 reciproca  tra  individuo  e  collettivita', in quanto si riferisca a
 quei rischi non prevedibili ed evitabili in  base  allo  stato  delle
 conoscenze   scientifiche;   dall'altro,  che  una  tutela  meramente
 risarcitoria del diritto alla salute, sicuramente spettante tutte  le
 volte  che  il  danno risulti iniura datum, non puo' ancora reputarsi
 sufficiente, giacche', per il carattere assoluto, prioritario  e  non
 monetizzabile  della  situazione  in  esame,  gli  strumenti  che  ne
 assicurano un'effettiva  ed  efficace  tutela  sono  quelli  di  tipo
 preventivo.
    Infine,  sempre  ai  sensi  dell'art.  32,  secondo  comma,  della
 Costituzione, la legge impositiva di un  trattamento  sanitario  "non
 puo'  in  nessun  caso  violare  i  limiti imposti dal rispetto della
 persona umana". Ora, quand'anche non si condivida l'opinione  per  la
 quale  tale  clausola  richiama  e  riassume  i  diritti  di liberta'
 riconosciuti al singolo dalla Costituzione (tra cui in particolare la
 liberta' di religione e quella di  pensiero),  il  limite  in  parola
 importa  sicuramente  la necessita' che le modalita' di attuazione di
 detti trattamenti siano il  meno  possibile  coattive.  Sotto  questo
 profilo,   una   piena  attuazione  del  disposto  costituzionale  e'
 ravvisabile nell'art. 33 della legge 23 dicembre  1978,  n.  833,  ai
 sensi   del   quale   gli  accertamenti  ed  i  trattamenti  sanitari
 obbligatori "devono essere  accompagnati  da  iniziative  rivolte  ad
 assicurare  il  consenso  e  la  partecipazione da parte di chi vi e'
 obbligato" (quinto comma), con diritto per l'infermo, nel  corso  del
 trattamento, di "comunicare con chi ritenga opportuno" (sesto comma),
 nonche'  obbligo  per le U.S.L. di operare per "ridurre il ricorso ai
 suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le  iniziative
 di  prevenzione  e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra
 servizi e comunita'". Con riferimento alle vaccinazioni obbligatorie,
 viene in considerazione, oltre  alla  persona  del  minore  che  deve
 esservi sottoposto, quella dei genitori, in quanto titolari di quella
 posizione  di cui all'art. 30 della Costituzione, che si connota come
 potere-dovere rispetto al figlio, il cui contenuto e limite  e'  dato
 dal  perseguimento  degli interessi del minore, ma anche come diritto
 verso l'esterno, nei confronti dello Stato e di chiunque pretenda  di
 interferire   nei  loro  compiti.  Cio'  implica  la  necessita'  che
 l'attuazione delle  vaccinazioni  obbligatorie  avvenga,  per  quanto
 possibile,  mediante  la  ricerca del consenso e della partecipazione
 dei genitori:  in  questa  direzione,  l'esecuzione  di  accertamenti
 diagnostici    preventivi    idonei    ad    individuare    possibili
 controindicazioni alla somministrazione del vaccino (in  aggiunta  ad
 una  corretta  informazione  sulle  vaccinazioni  ed  i  loro rischi)
 svolge, all'evidenza, un ruolo essenziale.
    Questo pretore non ignora che con legge 25 febbraio 1992, n.  210,
 il  legislatore  ha  stabilito  che,  al fine della prevenzione delle
 complicanze causate dalle vaccinazioni, le  unita'  sanitarie  locali
 predispongono   ed   attuano   progetti  di  informazione,  volti  ad
 assicurare "una  corretta  informazione  sull'uso  dei  vaccini,  sui
 possibili rischi e complicanze, sui metodi di prevenzione", e diretti
 prioritariamente  "ai  genitori,  alle  scuole  ed  alle comunita' in
 genere" (art. 7). Quand'anche tuttavia tale previsione fosse reputata
 idonea a fugare i dubbi di legittimita' costituzionale in  precedenza
 esposti, va osservato che nella specie essa risulta inapplicabile: al
 momento infatti in cui i ricorrenti vennero diffidati a presentare il
 figlio  per la vaccinazione (fine agosto 1992), non sussisteva ancora
 per  l'U.L.S.S.  l'obbligo  di  predisposizione  ed  attuazione   dei
 suddetti  progetti informativi, avendo la legge n. 210/1992 accordato
 il termine di sei mesi  dalla  sua  entrata  in  vigore  per  il  suo
 adempimento.
    Per  le  ragioni  sopra  esposte  va  ritenuta  la  non  manifesta
 infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  della
 legge  4  febbraio  1966, n. 51, della legge 6 giugno 1939, n. 891, e
 della legge 5 marzo 1963,  n.  292,  e  successive  modificazioni  ed
 integrazioni  - con particolare riguardo agli artt. 1 e 3 della legge
 n. 51/1966, 1 e 2, ultimo comma, della legge n. 891/1939, 1,  2  e  3
 della  legge  20 marzo 1968, n. 419 (modificazioni alla legge 5 marzo
 1963, n. 292, recante provvedimenti per la vaccinazione  antitetanica
 obbligatoria  -,  nonche'  la  rilevanza  della questione ai fini del
 giudizio, trattandosi delle norme la  cui  violazione  e'  contestata
 agli  odierni  ricorrenti,  con  le conseguenti statuizioni di cui al
 dispositivo.