IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA In merito al procedimento di conversione o rateizzazione della pena pecuniaria di L. 300.000 di multa, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 102 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e 660 del c.p.p., irrogata con decreto penale n. 442 d. pen. in data 25 giugno 1990 dal g.i.p. presso la pretura circondariale di Como nei confronti di Braconi Maurizio, nato il 27 settembre 1953 a Filottrano (Ascoli Piceno), residente in Recanati (Macerata), via Pintura del Braccio n. 49/b, riconosciuto penalmente responsabile del reato di emissione di assegni privi di copertura; (organo dell'esecuzione: procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Como); Vista la nota n. 109/91 reg. conversioni pervenuta presso la cancelleria dell'intestato ufficio in data 19 giugno 1991, con cui la procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Como chiedeva la conversione della citata pena pecuniaria in liberta' controllata al magistrato di sorveglianza di Macerata; In esito all'odierna udienza, svoltasi nel rispetto delle formalita' di rito, ed a scioglimento della riserva nel corso della stessa formulata; Ascoltati il p.m. in sede ed il difensore del condannato, che concludevano come da separato verbale; OSSERVA IN FATTO Con decreto penale emesso in data 25 giugno 1990 dal g.i.p. presso la pretura circondariale di Como, Braconi Maurizio veniva condannato alla pena pecuniaria di L. 300.000 di multa perche' riconosciuto penalmente responsabile del reato di emissione di assegni privi di copertura. Il debito erariale derivante dalla condanna (rectius: dalla irrogazione della sanzione penale) rimaneva insoluto, sicche', in seguito alla constatazione dell'esito negativo del tentativo di recupero della somma attraverso le consuete procedure esecutive, ed in particolare attraverso la richiesta di pignoramento ex artt. 491 e ss. del c.p.c., la procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Como trasmetteva gli atti, ai sensi dell'art. 660 del c.p.p., al magistrato di sorveglianza di Macerata per l'eventuale conversione della pena pecuniaria, ai sensi del disposto dell'art. 102 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella sanzione della liberta' controllata per la durata corrispondente secondo i criteri di ragguaglio indicati nella norma. Si instaurava pertanto a carico del condannato procedimento di conversione o rateizzazione della pena pecuniaria; nel corso della istruttoria, espletata per l'accertamento dell'effettiva insolvibilita' del condannato, emergeva il fatto che il Braconi era stato dichiarato fallito con sentenza n. 45/90 reg. sent. emessa in data 13-19 giugno 1990 dal tribunale di Macerata. Pertanto il magistrato di sorveglianza di Macerata, rilevato che la data di dichiarazione del fallimento risultava cronologicamente anteriore al momento di costituzione del credito erariale derivante da pena pecuniaria, essendo il titolo di condanna divenuto esecutivo in data 18 settembre 1990, concedeva un primo differimento in data 5 febbraio 1992 ed un secondo in data 4 novembre 1992, ai sensi dell'art. 660 del c.p.p., terzo comma. La reiterata decisione di differire la conversione era stata presa sulla base dell'assunto della ricorrenza, nel caso del condannato a pena pecuniaria dichiarato fallito, di una situazione di semplice insolvenza, sussistendo una sorta di impossibilita' giuridica al pagamento derivante dal tipico effetto di spossessamento prodotto dalla sentenza dichiarativa di fallimento. Nel corso dell'odierna udienza, verificata la ritualita' delle notificazioni degli avvisi di procedimento di sorveglianza, in esito all'esposizione compiuta dal magistrato di sorveglianza - che ha rilevato che la procedura concorsuale a carico del Braconi risulta essere ancora in corso (v. certificato redatto in data 27 ottobre 1993 dal tribunale di Macerata, in atti) -, p.m. e difensore dell'interessato concludevano come da separato verbale. Il magistrato di sorveglianza si riservava. CONSIDERATO IN DIRITTO Sciogliendo la surrichiamata riserva, opina questo magistrato che risulti pregiudiziale alla risoluzione della presente causa sollevare d'ufficio eccezione di illegittimita' costituzionale del disposto del terzo comma dell'art. 660 del c.p.p. Presupposto per la conversione della pena pecuniaria e' l'effettiva insolvibilita' del condannato, situazione questa che deve essere accertata, nel corso di un procedimento dotato delle caratteristiche di giurisdizionalita', dal magistrato di sorveglianza competente. Orbene, nel caso di condannato dichiarato fallito e' pacifica la sussistenza, piu' che della insolvibilita', ossia di una situazione oggettiva, di una situazione di semplice insolvenza, vale a dire di transitoria e non insuperabile difficolta' di adempiere. Infatti in tale ipotesi, poiche' la dichiarazione di fallimento comporta in capo al fallito l'effetto dello spossessamento (privazione dell'amministrazione e della disponibilita') dai beni di sua proprieta', si verifica una classica fattispecie di impossibilita' giuridica al pagamento (cfr. Corte costituzionale 7 aprile 1987, n. 108): tale situazione giustifica, ai sensi del disposto del secondo comma dell'art. 660 del c.p.p., essendo richiesto dal legislatore l'accertamento dell'impossibilita' di esazione della pena pecuniaria, la trasmissione degli atti al competente ufficio di sorveglianza con contestuale richiesta di conversione in liberta' controllata; tuttavia tale situazione non puo' essere identificata con lo stato di effettiva insolvibilita' richiesto dall'art. 660 del c.p.p. quale presupposto per la conversione della pena pecuniaria insoluta. Infatti la sentenza dichiarativa di fallimento, emessa nei confronti del condannato a pena pecuniaria, produce una tipica situazione di insolvenza, da intendere quale difficolta' economica di natura contingente e temporanea. In presenza di situazioni di insolvenza la norma di cui all'art. 660, terzo comma, consente al magistrato di sorveglianza di disporre la rateizzazione della pena pecuniaria secondo i criteri previsti dall'art. 133- ter del c.p., ovvero di differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi: allo scadere di tale termine, se lo stato di insolvenza perdura, la decisione in ordine alla conversione puo' essere differita una seconda volta. La norma e' stata formulata dal legislatore avendo in mente in particolare la situazione del condannato a pena pecuniaria dichiarato fallito. Infatti nella relazione al codice di procedura penale, nella parte in cui considera l'ipotesi del debitore che, pur disponendo di beni, non sia giuridicamente in grado di pagare, ad esempio in conseguenza della dichiarazione di fallimento, si legge: "Si e' ritenuto di poter risolvere il quesito attribuendo al magistrato di sorveglianza il potere di differire l'esecuzione fino a quando lo stato di insolvenza, che per definizione e' temporanea, non venga a cessare e il debitore, a seconda dei casi, possa pagare (nel qual caso si procedera' all'esazione della somma dovuta) o sia divenuto insolvibile (nel qual caso si procedera' a conversione). Ad evitare che l'esecuzione resti sospesa a tempo indefinito, si e' prevista una verifica periodica (ogni sei mesi) dello stato di insolvenza". Del resto, la giurisprudenza della cassazione esclude qualsiasi obbligo di insinuazione del credito dell'amministrazione derivante da condanna a pena pecuniaria nel passivo fallimentare (cfr. cass. sez. I 28 maggio 1992, n. 2499, c. Wiertel), ribadendo soltanto che nel caso di impossibilita' giuridica di pagamento della multa o dell'ammenda irrogata nei confronti di persona sottoposta a procedura fallimentare lo strumento giuridico da utilizzare e' il differimento della conversione (essendo di fatto impedito il pagamento in forma rateizzata sempre in relazione allo status di fallito). La soluzione e' coerente con la normativa citata e quanto mai opportuna: si consideri infatti che la conversione della pena pecuniaria, comportante comunque una limitazione della liberta' personale ed una afflittivita' superiore rispetto a quella potenzialmente derivabile dalla pena pecuniaria, sarebbe subi'ta a torto se il fallimento venisse successivamente revocato (cfr. Corte costituzionale sent. n. 108/87). Inoltre nel caso oggetto dell'odierno giudizio, il credito dello Stato inerente al pagamento della pena pecuniaria non puo' essere qualificato come credito concorsuale per essere insinuato nel passivo fallimentare, perche' sorto in epoca posteriore alla declaratoria di fallimento. In conclusione la sussistenza dell'effettiva insolvibilita' del condannato, presupposto il cui accertamento e' necessario per la conversione della pena pecuniaria in liberta' controllata, puo' essere verificata solo alla chiusura della procedura concorsuale, per attendere la quale il disposto dell'art. 660 del c.p.p. consente al magistrato di sorveglianza, una volta che si sia instaurato il procedimento a seguito di trasmissione degli atti da parte dell'organo dell'esecuzione, di differire per due volte la conversione. Quid iuris nel caso in cui allo scadere del secondo differimento la procedura fallimentare sia ancora in corso e lo stato di insolvenza perduri? Invero, il tenore del terzo comma dell'art. 660 del c.p.p. non sembra consentire ulteriori differimenti successivi al secondo, prevedendo solo "un nuovo differimento" alla scadenza del termine fissato per il primo differimento e disponendo che "altrimenti e' ordinata la conversione". Sicche', appare inevitabile, dopo il secondo differimento, procedere alla conversione della pena pecuniaria insoluta pur nei confronti di chi e' giuridicamente impossibilitato a pagare. Rebua sic stantibus, tale situazione, imposta dalla norma censurata, si pone in inevitabile contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che consacra il principio di uguaglianza sostanziale. Si impone infatti come ineludibile l'applicazione di una sanzione sostitutiva che ha un rilevante contenuto restrittivo sul piano delle liberta' personali (incidendo ad esempio sulla liberta' di circolazione e soggiorno, comportando una compressione del diritto all'espatrio, importando alcuni obblighi) nei confronti di chi si trova in una situazione incolpevole di insolvenza perdurando la procedura concorsuale, con una discriminazione di fatto rispetto a coloro che hanno visto gia' esaurito il fallimento ed hanno avuto quanto meno l'opportunita' di pagare la pena pecuniaria, sia pure in forma rateale, per evitare cosi' la conversione e l'esecuzione della liberta' controllata. Si consideri del resto che il perdurare dello stato di insolvenza puo' non dipendere dal condannato ma dalle lungaggini delle procedura concorsuale, situazione che puo' variare da caso a caso a seconda dei carichi di lavoro delle sezioni fallimentari, delle complessita' procedurali incontrate, ecc. Non a caso la Corte costituzionale, prima della emanazione della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed in relazione ad una situazione naloga, rilevo' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 136, primo comma, del c.p. nella parte in cui ammetteva la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva prima della chiusura della procedura fallimentare, limitando la portata del proprio dictum ai casi di reati commessi in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, e cio' allo scopo di non fornire un incentivo alla violazione della legge penale. Quanto appena esposto porta all'apprezzamento di un fumus di incostituzionalita' della normativa esaminata, sicche' deve ritenersi non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 660, terzo comma, nella parte in cui non prevede la possibilita' di differire la conversione della pena pecuniaria, nei confronti dei condannati dichiarati falliti, successivamente alla chiusura della procedura concorsuale, con riferimento al principio di uguaglianza sostanziale. Cio' detto in relazione alla non manifesta infondatezza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale, non appare opportuno dilungarsi oltre misura circa la rilevanza delle stesse nell'ambito del presente giudizio, essendo di palmare evidenza che dalla previa risoluzione delle stesse dipende in maniera conseguenzialmente logica l'esito del procedimento di conversione instaurato a carico di Braconi Maurizio nel senso della conversione della pena pecuniaria o di un definitivo differimento che consenta di attendere l'esito del fallimento ancora in corso.