ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  secondo
 comma,  della  legge 18 aprile 1962, n. 230 (Disciplina del contratto
 di lavoro a tempo determinato), e degli artt. 325 e  326  del  codice
 della  navigazione,  promosso  con ordinanza emessa il 15 aprile 1993
 dal tribunale di Ravenna nel procedimento civile vertente tra Penazzi
 Vanni e la S.E.R.S. s.r.l., iscritta al n. 340 del registro ordinanze
 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  27,
 prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visti  gli  atti di costituzione di Penazzi Vanni e della S.E.R.S.
 s.r.l. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  febbraio  1994  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Uditi l'avv. Roberto  Muggia  per  Penazzi  Vanni,  l'avv.  Sergio
 Medina  per la S.E.R.S. s.r.l. e l'Avvocato dello Stato Claudio Linda
 per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il tribunale di Ravenna - sezione  lavoro  -  nel  corso  del
 giudizio  di  appello  promosso da un lavoratore marittimo avverso la
 sentenza del pretore di Ravenna che ne aveva respinto la  domanda  di
 declaratoria  d'illegittimita'  del  licenziamento  disposto nei suoi
 confronti, con ordinanza del 15 aprile 1993 (R.O.  n.  340/1993),  ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
 secondo comma, della legge 18 aprile 1962, n. 230 -  "in  riferimento
 agli  artt.  325 e 326 cod. nav." - nella parte in cui non prevede la
 sua  applicabilita'  ai  rapporti  di  lavoro   marittimo   a   tempo
 determinato, per violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Il  collegio  remittente,  premesso  di  avere gia' impugnato, con
 ordinanza del 28 maggio 1992, la  citata  norma  innanzi  alla  Corte
 costituzionale,  che aveva dichiarato manifestamente inammissibile la
 relativa questione per difetto di valutazione della  rilevanza  della
 stessa nella fattispecie concreta (ord. n. 21 del 1993), ha precisato
 che  il  Sig.  Vanni  Penazzi  aveva  impugnato innanzi al pretore di
 Ravenna, tra l'altro, il  licenziamento  intimatogli  dalla  S.e.r.s.
 S.r.l.
    A  sostegno  della  propria  domanda,  il Penazzi aveva dedotto di
 essere stato assunto con  convenzione  di  arruolamento  in  data  26
 ottobre 1990 con mansioni di marinaio per la durata di giorni sette e
 che,  allo  spirare di tale termine, il rapporto era proseguito senza
 ulteriore convenzione fino al 28  novembre  1990,  quando  era  stato
 sbarcato  per "pretesa" fine del contratto per essere poi reimbarcato
 il 1 dicembre 1990, questa volta a tempo  indeterminato;  era  stato,
 poi,  nuovamente  sbarcato  il  27  dicembre 1990 per risoluzione del
 rapporto in periodo di prova. Il primo rapporto  di  arruolamento  si
 sarebbe  trasformato  in  rapporto  a  tempo  indeterminato  ai sensi
 dell'art. 2, comma secondo, della legge  n.  230  del  1962,  con  la
 conseguenza  che  si sarebbe instaurato tra l'attore e la S.e.r.s. un
 unico  e  ininterrotto  rapporto  di  lavoro  subordinato   a   tempo
 indeterminato, divenuto definitivo anteriormente al 27 dicembre 1990.
    La  disciplina  dell'art.  2,  comma  secondo, della legge n. 230,
 secondo il giudice a quo, non  sarebbe  applicabile  al  rapporto  di
 lavoro  di  arruolamento a tempo determinato, poiche' l'art. 326 cod.
 nav. detta al riguardo una disciplina speciale, in base alla quale la
 conversione da contratto a termine in contratto a tempo indeterminato
 si ha solo quando venga superato il termine di un  anno  di  servizio
 alle  dipendenze  dello  stesso  armatore. Tale disciplina e' tuttora
 vigente, avendo l'art. 1 (recte, articolo unico) della legge 22 marzo
 1986, n. 84 esteso la disciplina dell'art. 2 della legge n.  230  del
 1962 ai soli rapporti di lavoro relativi alla navigazione aerea e non
 anche a quelli relativi alla navigazione marittima.
    Una  disciplina differenziata del lavoro marittimo "puo' apparire,
 in linea generale, ragionevole, in quanto le esigenze  di  questo  si
 presentano diverse rispetto a quelle del lavoro terrestre", ma non lo
 e'  in  ordine alla durata del rapporto di lavoro e in particolare al
 caso in cui  il  rapporto  prosegua  dopo  la  scadenza  del  termine
 contrattualmente fissato.
    Il  giudice  a  quo  ravvisa,  in tale ipotesi, una violazione del
 principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., tanto piu' evidente
 dopo la ricordata modificazione legislativa concernente i rapporti di
 lavoro relativi alla navigazione aerea.
    2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura generale dello Stato,
 chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
    Sotto il primo  profilo,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
 eccepito la mancanza di ogni motivazione in ordine alla non manifesta
 infondatezza  della  questione, avendo il giudice a quo affermato, da
 un lato, che le esigenze del lavoro marittimo si  presentano  diverse
 da  quelle  del  lavoro  terrestre, giustificando, cosi', una diversa
 disciplina;  dall'altro,  che   tale   diversa   disciplina   sarebbe
 ingiustificata  ove  il  rapporto di lavoro prosegua dopo la scadenza
 del termine contrattualmente fissato.
    La questione, comunque, secondo l'Avvocatura generale dello Stato,
 sarebbe  infondata  nel  merito,  giustificando  la  specialita'  del
 rapporto  di  lavoro  marittimo  la particolare disciplina dettata al
 riguardo dal codice della navigazione e la deroga a quella generale.
    3. - Si sono costituite anche le parti private del giudizio a quo,
 associandosi   il   marittimo   alla   richiesta   di    declaratoria
 d'illegittimita'  costituzionale  formulata  dal  giudice remittente,
 sulla base dell'affermata "sostanziale omogeneita'  delle  situazioni
 afferenti  ai  lavoratori  comuni  e  a  quelli  nautici"  che impone
 l'uniformita' delle discipline nella mancanza di fondate ragioni  per
 differenziarle.
    L'armatore  ha  concluso,  di contro, per la inammissibilita' o la
 infondatezza della questione.
    Sotto il primo profilo ha osservato che la legge n. 230  del  1962
 e'  estranea  alla fattispecie in discussione, che e' disciplinata da
 diverse disposizioni, e  che  quella  richiesta  alla  Corte  e'  una
 pronuncia  additiva,  non  rientrante nei suoi poteri. Nel merito, ha
 dedotto che le particolarita' del rapporto di lavoro  marittimo  sono
 tali  da giustificare la diversita' della disciplina speciale dettata
 dal codice della navigazione, che non deroga  al  principio  generale
 del "favor" per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
    Pertanto,   mentre   per   il   lavoro  marittimo  la  legge  pone
 obiettivamente al contratto a tempo determinato il  limite  temporale
 di  un  anno,  oltre  il  quale  il  rapporto  si  considera  a tempo
 indeterminato, per il lavoro terrestre e' il semplice superamento del
 termine contrattualmente previsto che provoca la  trasformazione  del
 rapporto.
    Neppure  sussisterebbe  violazione del principio di uguaglianza in
 conseguenza dell'inserimento  del  contratto  di  c.d.  lavoro  aereo
 (rectius  del  personale  di  volo) - stabilito dall'art. unico della
 legge 22 marzo 1986, n. 84 - nella disciplina della legge n. 230  del
 1962.
    Nell'imminenza  della  udienza  le  parti private hanno depositato
 memorie, insistendo nelle conclusioni gia' rassegnate.
                         Considerato in diritto
    1. - La questione sottoposta all'esame della Corte consiste  nello
 stabilire  se l'art. 2, secondo comma, della legge 18 aprile 1962, n.
 230, nella parte in cui non prevede la sua applicabilita' ai rapporti
 di lavoro marittimo a tempo determinato, e gli artt. 325 e  326  cod.
 nav.,  cui  il  tribunale  di  Ravenna  riferisce  pure  la  censura,
 contrastino con l'art. 3 della Costituzione, non essendo giustificata
 la differente e meno favorevole disciplina dettata al riguardo per il
 lavoratore marittimo dalle citate norme del codice della navigazione.
    Il problema attiene, invero, ad una fattispecie di prestazione  di
 lavoro  subordinato  a bordo di nave, la cui disciplina e' contenuta,
 sul presupposto dell'art. 325, nell'art. 326 cod.  nav.,  trattandosi
 di rapporto di lavoro in materia di navigazione (art. 1 cod. nav.).
    L'art.  325  cod.  nav.  distingue,  quanto alla durata, i tipi di
 contratto di arruolamento: a) a viaggio; b) a tempo determinato; c) a
 tempo indeterminato.  L'art.  326,  primo  comma,  specifica  che  il
 contratto  a  tempo  determinato e quello per piu' viaggi non possono
 essere stipulati per  una  durata  superiore  ad  un  anno;  se  sono
 stipulati   per   una   durata  superiore,  si  considerano  a  tempo
 indeterminato.
    Se, in forza di piu' contratti a viaggio o  di  piu'  contratti  a
 tempo  determinato,  ovvero  di  piu' contratti dell'uno o dell'altro
 tipo, l'arruolato presta ininterrottamente servizio  alle  dipendenze
 dello  stesso armatore per un tempo superiore ad un anno, il rapporto
 di arruolamento e' regolato dalle norme concernenti  il  contratto  a
 tempo indeterminato (art. 326, secondo comma, c. nav.).
    La  prestazione  del marittimo a bordo e' considerata ininterrotta
 quando tra la cessazione  di  un  contratto  e  la  stipulazione  del
 contratto  successivo intercorra un periodo non superiore ai sessanta
 giorni (terzo comma, norma cit.).
    2. - La disciplina del contratto a tempo  determinato  nel  lavoro
 comune  e'  posta dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, abrogativa, tra
 l'altro, dell'art. 2097 c. civ., il  quale  regolava  la  durata  del
 rapporto di lavoro.
    L'art.  1,  primo  comma,  della  legge n. 230 fissa il principio,
 secondo  il  quale  il  contratto  di  lavoro  si  presume  a   tempo
 indeterminato, salvo particolari eccezioni specificamente individuate
 e regolate nel secondo comma dello stesso articolo.
    Essendo   il   tipo   legale   costituito  dal  rapporto  a  tempo
 indeterminato, la relativa durata si determina non sulla base di  una
 scadenza  predeterminata,  ma  col verificarsi della causa estintiva,
 prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva.  Si  realizza
 cosi'   una   misura   temporale   considerata  idonea  a  soddisfare
 l'interesse  del  lavoratore  alla  conservazione  del   posto,   non
 disgiunto  da  quello  del datore di lavoro a fruire di una attivita'
 che si esplica con maggiore (e proficua)  inerenza  all'azienda.  Per
 questo,  il  rapporto  di lavoro a tempo indeterminato e' considerato
 con favore dal legislatore, mentre  quello  a  tempo  determinato  e'
 consentito  in  casi peculiari, normativamente individuati, in cui la
 prestazione a termine e'  coerente  con  particolari  caratteristiche
 delle  attivita',  alle  quali si confa' la limitazione della durata;
 deve, inoltre, sussistere l'accordo scritto delle parti.
    Nelle dette ipotesi, specificamente delineate, ricorrono  elementi
 obiettivi  che  escludono che la durata limitata possa concretare una
 elusione fraudolenta della legge, che fissa  nel  contratto  a  tempo
 indeterminato  la  figura  legale  tipica della prestazione di lavoro
 subordinato.
    La disciplina posta dalla legge n. 230 del 1962  si  caratterizza,
 dunque,  per  il  particolare rigore di cui e' circondata l'eventuale
 proroga  del  contratto  a  tempo  determinato:  eccezionalita'   del
 prolungamento,  limitata  ad una sola volta; consenso del lavoratore;
 durata non superiore a quella del contratto iniziale; convertibilita'
 retroattiva in contratto a tempo  indeterminato  con  decorrenza  sin
 dalla prima assunzione o, in caso di riassunzione a termine, entro un
 periodo  dato;  onere  della  prova  a  carico  del  datore di lavoro
 dell'esistenza delle condizioni che  giustificano  sia  l'apposizione
 del termine che la proroga di esso (artt. 2 e 3, legge n. 230 cit.).
    3. - Obbietta in limine la difesa dell'armatore, l'altra parte del
 rapporto di lavoro, che l'esistenza di una connaturale difficolta' di
 predeterminare  la  durata  del  viaggio  o  della  navigazione o del
 servizio e' la ragione principale della diversa normativa tra  lavoro
 comune  e  lavoro marittimo a bordo, conseguenza di una obiettiva non
 identita' di figure e, quindi, di  carattere  strutturale  e  propria
 dell'oggetto e delle modalita' di quel lavoro.
    E'  da  rilevare  che  gli  indicati, diversi tipi di contratto di
 arruolamento   previsti   dall'art.   325   cod.   nav.    consentono
 l'inquadramento    agevole   delle   varie   fattispecie,   da   essi
 cronologicamente  definite,  negli  schemi  del  contratto  a   tempo
 determinato   e   indeterminato,   a   seconda  che  sussista  o  non
 l'indicazione  del  termine  della  prestazione  di  lavoro,   mentre
 nell'arruolamento  a  viaggio  la  stessa  definizione del "viaggio",
 contenuta nel terzo comma dell'art. 325, reca in se'  la  indicazione
 indiretta del tempo in cui il rapporto e' destinato ad esplicarsi.
    Cosi',  vengono  a  ricondursi i tipi di arruolamento previsti dal
 codice della navigazione alle due predette categorie fondamentali  di
 diritto  comune; ne' la disciplina specifica posta dall'art. 341 cod.
 nav., nel caso di scadenza del termine  del  contratto  in  corso  di
 viaggio,  altera  questa  identificazione  dei  tipi,  dato  che essa
 concerne ipotesi di proroga e non di trasformazione del rapporto.
    4.  -  Per  la  completezza  di  siffatto  inquadramento   e   per
 riaffermare  la riconduzione del rapporto di arruolamento agli schemi
 generali, e' da esaminare  un'osservazione  dell'Avvocatura  generale
 dello  Stato, intesa ad affermare la profonda diversita' del rapporto
 di arruolamento rispetto a quello del lavoro comune. Riferendosi alla
 ipotesi, ora esaminata, dell'arruolamento a termine  (correlato  alla
 durata  del  viaggio), ove il termine stesso venga ad essere superato
 per il mancato compimento del viaggio  alla  data  prevista,  osserva
 l'Avvocatura  che la fattispecie non si trasforma in rapporto a tempo
 indeterminato e l'armatore non puo' disfarsi del marittimo  imbarcato
 alla  scadenza  e  che  esso  inoltre  ha  bisogno  della prestazione
 lavorativa per la parte residua del viaggio.
    In queste peculiari ragioni starebbe la base e la  giustificazione
 della specialita' della disciplina.
    E' da osservare che il codice della navigazione pone espressamente
 regole  in  ordine  alla  permanenza  del  marittimo  a bordo ed alla
 protrazione della sua  prestazione  di  lavoro.  Se  il  termine  del
 rapporto  viene  a  scadere  nel  corso  del viaggio, il contratto di
 arruolamento - e le relative prestazioni a carico delle  parti  -  si
 intendono  prorogati  fino al porto di ultima destinazione (art. 341,
 primo e secondo comma, cit.), con particolare  previsione  anche  del
 caso  di  porto di destinazione fuori del territorio della Repubblica
 (art. 341, terzo e quarto comma).
    Si realizza, cosi', ad un tempo la detta auspicata esigenza  della
 presenza  del  marittimo  a  bordo  e  della  continuita'  della  sua
 prestazione attraverso la  proroga  del  contratto  di  arruolamento,
 espressamente prevista dall'art. 341 cit.. Da tale disciplina, che si
 concreta  in  una norma eccezionale, quanto alla durata del rapporto,
 non puo' trarsi,  poi,  alcun  elemento  impeditivo  della  possibile
 trasformazione del rapporto stesso in contratto a tempo indeterminato
 in  ipotesi  diversa  da  quella  della  scadenza  del  termine e del
 concorso dei presupposti indicati nell'art. 341 cod. nav., commi
 2, 3 e 4.
    5. - Nel quadro, cosi' delineato, delle discipline del rapporto  a
 tempo  determinato  nel  lavoro  comune  e  di  quello  relativo alla
 navigazione marittima,  si  colloca  l'impugnazione  della  normativa
 posta  dall'art.  326,  sul  presupposto  dell'art. 325 cod. nav., ad
 opera dell'ordinanza del tribunale di Ravenna.
    La censura di  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,  per
 disparita'  di  trattamento  del  lavoratore  marittimo  rispetto  al
 lavoratore comune,  richiede  la  preliminare  considerazione  se  la
 disciplina nautica sia giustificata da particolari caratteristiche ed
 esigenze  del  lavoro a bordo della nave, in modo da atteggiarsi come
 lo strumento per il loro realizzarsi.
    Richiamando le vicende che portarono alla normativa del  contratto
 di  arruolamento  a tempo nel codice della navigazione - da valutare,
 per  l'epoca,  normativa  avanzata  -,  nello  stabilire  il  termine
 (superiore  all'anno  di  prestazione  dell'attivita'  ai  fini della
 configurazione dell'arruolamento a tempo indeterminato: art. 326 cod.
 nav.), influi' sicuramente la considerazione delle  peculiarita'  del
 lavoro  a  bordo  della  nave  ed  il termine stesso fu valutato come
 quello che meglio rispondesse alle esigenze della navigazione e delle
 parti del rapporto (cfr.  n.  187  della  relazione  ministeriale  al
 codice della navigazione).
    Questa Corte ha affermato che talune delle peculiarita' del lavoro
 a  bordo  hanno  perduto  progressivamente  rilievo per l'avanzamento
 della tecnica, accompagnato dall'intensificarsi  delle  previsioni  a
 tutela del lavoratore a bordo (cfr. sentt. 31 gennaio 1991, n. 41; 26
 marzo  1987,  n.  96); che la parita' (di trattamento) del lavoratore
 marittimo, rispetto a quello comune, va sempre perseguita, salvo  che
 esistano   (e   prevalgano)  esigenze  diverse  che  giustificano  la
 differenziazione di tutela; differenziazione  che  e'  d'altra  parte
 attenuata  anche  dalla contrattazione collettiva. Esigenza di tutela
 (ed eventuali ragioni di diversificazione), che e'  opportuno  tenere
 presenti nel giudizio di costituzionalita', per stabilire i limiti di
 funzionamento  della  disciplina speciale avente priorita' rispetto a
 quella comune (sent.  25 febbraio 1987, n. 63).
    In questa linea,  ormai  consolidata  nella  giurisprudenza  della
 Corte  e  individuata come criterio per la revisione del codice della
 navigazione (cfr. n. 35 del relativo schema e n. 20 della relazione),
 e' agevole constatare che l'automatica applicazione nel  rapporto  di
 arruolamento  a  tempo determinato della disciplina del secondo comma
 dell'art. 2 della legge n. 230 del 1962, e' ostacolata  non  soltanto
 dalle  ragioni che inducono tuttora nei casi concreti alla scelta del
 tipo di arruolamento a tempo determinato od a viaggio, ma anche dalla
 specificita' del termine occorrente per la trasformazione in rapporto
 a tempo indeterminato, nonche' dalle esigenze e dalle  finalita'  del
 viaggio  e  dalla  previsione della particolare durata della relativa
 interruzione, in caso di riassunzione (art. 326 cod. nav. cit., spec.
 ultimo comma).
    Inoltre non sono valutabili  le  interferenze  di  una  automatica
 estensione  del  regime  generale  posto  dalla  legge  n.  230 sulla
 disciplina della "continuita'" del rapporto di arruolamento, istituto
 sempre di delicata consistenza e applicazione.
    La presenza di queste circostanze,  accennate  soltanto  in  linea
 esemplificativa,  rendono  necessario  il  riferimento al legislatore
 come al soggetto che -  seguendo  e  completando  un  indirizzo  gia'
 iniziato   e   perseguito   da   questa   Corte  -  possa  provvedere
 adeguatamente  alla  perequazione  della  situazione  delle   diverse
 categorie  di  lavoratori  (marittimi  e  comuni)  anche  in  tema di
 contratto a tempo  determinato,  avute  presenti  le  esigenze  della
 specificita'  del  rapporto  e i necessari raccordi tra la disciplina
 specifica della durata e  la  normativa  collegata,  in  una  visione
 organica ed approfondita del sistema del codice della navigazione.
    6.  -  Molto limitato rilievo puo' avere per la questione in esame
 la circostanza che il tempo determinato  sia  espressamente  previsto
 per  talune  particolari,  e ben delimitate fattispecie di lavoro nel
 settore della navigazione aerea (legge 25 marzo 1986, n. 84).
    L'apposizione del termine di durata del  contratto  nelle  ipotesi
 previste  dalla  lett.  f) dell'art. 1, secondo comma, della legge n.
 230 del 1962 - in base alla ora ricordata legge n. 84 del 1986 -  non
 si  riferisce  a fattispecie tipiche di lavoro a bordo di aeromobile.
 La legge n. 84 prevede assunzioni da parte di "aziende  di  trasporto
 aereo  o  di  aziende  esercenti  i  servizi  aeroportuali",  "per lo
 svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a
 bordo ai passeggeri e merci per un  periodo  massimo  complessivo  di
 sei", e di quattro mesi ecc.
    Datore di lavoro puo' essere, dunque, l'azienda di trasporto aereo
 o  l'azienda  esercente servizi aeroportuali e questa circostanza, di
 per se', separa l'ipotesi in esame dalla prestazione tipica di lavoro
 a bordo nell'esercizio della navigazione.
    L'oggetto della prestazione stessa puo' essere, poi, connesso  sia
 a  servizi  di  terra  che di volo, ovvero di "assistenza" a bordo di
 passeggeri o di merci; puo',  dunque,  concretarsi  in  attivita'  da
 svolgere  a  terra e/o a bordo e, non senza coerenza, si e' obiettato
 che  si  tratterebbe  allora  di  servizio  terrestre-aereo  e non di
 prestazione di lavoro a bordo dell'aeromobile.
    Si puo', quindi, affermare conclusivamente che la nuova figura  di
 contratto a tempo determinato, introdotta dalla legge n. 84 del 1986,
 non  si  inserisce  strutturalmente nella disciplina del contratto di
 lavoro nautico, non la investe nelle sue esplicazioni tipiche  e  non
 influisce  su essa, in modo tale da operarne l'inserzione nell'ambito
 della legge n. 230 del 1962.
    Ne trae conferma la estraneita' delle figure di arruolamento (art.
 325 c. nav.), dal  sistema  della  legge  n.  230  del  1962.  Ne  e'
 confermata  del  pari  la sperequazione del trattamento dei marittimi
 arruolati rispetto ai lavoratori comuni quanto al contratto di lavoro
 a tempo determinato e - per quello che gia' si e' detto (cfr. n. 5) -
 la  necessita'  dell'intervento  del  legislatore  per  rendere  piu'
 omogenee  le  relative situazioni, incidendo sulla disciplina attuale
 del codice della navigazione.
    La  questione  proposta  dal  tribunale  di  Ravenna  va,  quindi,
 dichiarata inammissibile.