IL PRETORE Nella fase degli atti preliminari al giudizio la difesa di Carlo Scuratti, presente, imputato del reato di cui all'art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319/1976 ha richiesto l'applicazione ex art. 444 del c.p.p. della pena di giorni trenta di arresto (pena base: mesi due di arresto, diminuiti ex art. 62- bis del c.p. a giorni quaranta, ed ulteriormente ridotti come sopra per il rito) sostituiti con la sanzione percuniaria di L. 750.000 ex art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il pubblico ministero non ha prestato il suo consenso, ex art. 60, terzo comma, della legge n. 689/1981, che stabilisce l'inapplicabilita' delle pene sostitutive ai reati previsti dagli artt. 21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319. La difesa ha allora sollevato eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, terzo comma, della legge n. 689/1991 in relazione agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, nella parte in cui esclude la sostituibilita' della pena prevista dall'art. 21 della legge n. 319/1976. Questa giudicante disponeva procedersi a dibattimento, visto il dissenso del p.m. alla proposta di patteggiamento cosi' come formulata, che va unitamente considerata. Non riteneva cioe' che si potesse considerare validamente formato il consenso delle parti sulla proposta di applicazione della pena di giorni trenta di arresto. Contestualmente si riservava in ordine alla proposta eccezione di costituzionalita' all'esito dell'istruttoria dibattimentale. A scioglimento di tale riserva, in primo luogo va detto che e' indubitabile la rilevanza della questione sollevata al fine del decidere, posto che il p.m. ha (peraltro motivatamente) espresso il suo dissenso alla richiesta della difesa proprio sulla base dell'art. 60 citato, con cio' automaticamente precludendo l'applicazione della pena ex artt. 444 e segg. del c.p.p. e la conseguente diminuzione della pena rispetto a quella che potrebbe essere comminata in caso di condanna. Cio' premesso, va rilevata la non manifesta infondatezza dell'eccezione. La Corte costituzionale ha auspicato "con la massima fermezza" ormai piu' volte (ad esempio da ultimo nell'ordinanza n. 247/1993 e nella sentenza n. 249 dello stesso anno) "un celere ed adeguato intervento legislativo che valga a riarmonizzare l'intero sistema delle sanzioni sostitutive, pena, altrimenti, il permanere di seri ed inaccettabili squilibri che non poco incidono sull'invocato principio di uguaglianza". Proprio per questo motivo ci si limitera' qui ad alcune sintetiche osservazioni. I reati di cui agli artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976 sono, insieme a quelli di cui agli artt. 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge n. 615/1966, esclusivamente esclusi dall'ambito di applicabilita' delle pene sostitutive. La legge n. 203/1988 ha in gran parte novellato la materia dell'inquinamento atmosferico, e non ha escluso la sostituibilita' delle pene ivi previste. In materia di inquinamento delle acque, alla legge n. 319/1976 ne sono succedute moltissime, che sisciplinano ipotesi di reato connotate da anche ben maggiore gravita': si veda ad esempio da ultimo il d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 133 (con cui sono state attuate sette direttive CEE sugli scarichi pericolosi), o il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 217 (attuativo della direttiva CEE sugli scarichi di sostanze cancerogene e altro). Nessuna di queste leggi prevede la non sostituibilita' delle pene ivi previste, con l'assurda conseguenza che chi commette un reato in tema di inquinamento delle acque previsto da una norma successiva all'81 e piu' grave (anche nella determinazione della pena: ad esempio l'art. 15 del d.P.R. n. 217/1988 punisce lo scarico di sostanze pericolose nelle acque sotterranee, nel sottosuolo, ecc. con la pena dell'arresto da tre mesi a tre anni, mentre l'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 prevede la pena dell'arresto da due mesi a due anni) puo' essere favorito nel suo reinserimento sociale con la sostituzione della pena detentiva con quella pecunaria (oggi fra l'altro piu' ampiamente applicabile, vista la modifica dei limiti di conversione delle pene da sostituire). La materia dell'inquinamento dopo la sentenza n. 249/1993 della Corte costituzionale e' l'unica che fa sorgere questo genere di problemi, dato che l'ultimo comma dell'art. 60 della legge n. 689/1981 prevede genericamente la non sostituibilita' delle pene previste in materia edilizia e urbanistica, di armi da sparo o relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, quindi se emanate successivamente. Codesta Corte ha gia' dichiarato che "si presenta fortemente lesivo del principio di uguaglianza un complesso normativo che consente di beneficiare delle sanzioni sostitutive a chi ha posto in essere, fra due condotte gradatamente lesive dell'identico bene, quella connotata da maggiore gravita', discriminando, invece, che ha realizzato il fatto che meno offende lo stesso valore giuridico" (sentenza n. 249/1993). Tutta la normativa in materia di ambiente consente la sostituibilita' delle pene ad esclusione della legge del 1976: si potrebbe ritenere pero', per quanto concerne i rifiuti, o l'inquinamento atmosferico, o altro, che si tratta di una libera incensurabile scelta del legislatore, che ha connotato diversamente ed in sostanza diversamente sanzionato ipotesi diverse (anche se appare ben difficile affermate che una discarica abusiva di rifiuti tossico nocivi - dobbiamo ricordare ad esempio i fusti della diossina di Seveso? - sia una violazione meno grave di un singolo scarico superante il limite di accettabilita' delle tabelle allegate alla legge n. 319/1976). Ma un'affermazione del genere non puo' esser fatta per tutte le leggi successive al 1976 che hanno sanzionato, recependo le direttive CEE, gravi ipotesi di scarico nel sottosuolo di sostanze pericolose. Gia' altre volte la questione e' stata sottoposta alla Corte, sotto pero' il profilo inverso: l'illegittimita' costituzionale, cioe', delle norme in materia di ambiente che non prevedono la insostituibilita' delle pene: ovviamente tali questioni, dirette a sollecitare pronunzie additive in materia penale, sono state ritenute inammissibili (si vedano dall'ordinanza n. 261/1986 a quella n. 247/1993). E pertanto: se sono, come sono, inammissibili le questioni additive, palesi le violazioni del principio di uguaglianza, necessarissimo e tuttora mancante l'intervento del legislatore (che peraltro sforna leggi in materia di ambiente a getto continuo, senza alcuna organicita' e senza neppure tener conto della normativa esistente), non resta che sottoporre al giudizio di legittimita' di questa Corte la insostituibilita' della pena detentiva per i reati previsti dalla c.d. legge Merli. In caso di sentenza dichiarativa di incostituzionalita', dovrebbe ritenersi infondato il dissenso del p.m. all'applicazione della pena sostitutiva, ed accogliersi l'istanza della difesa preliminarmente avanzata ex art. 444 e segg. del c.p.p.