LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
   Nel  giudizio  promosso  da Ciaccio Umberto e Celledoni Palmira, ha
 pronunciato la seguente ordinanza, sciogliendo la  riserva  formulata
 all'udienza  del  18 gennaio 1993: con atto depositato il 18 dicembre
 1991 i coniugi Ciaccio Umberto e Colledoni  Palmira,  ex  dipendenti,
 rispettivamente  del  comune  di  Bergamo  e della regione Lombardia,
 ricorrevano avverso il silenzio-rifiuto dell'intendenza di finanza di
 Bergamo, lamentando che la direzione  provinciale  del  Tesoto  aveva
 indebitamente operato a loro carico la trattenuta di L. 7.219.000 per
 Irpef  sulle  pensioni pagate nel 1990 per conto della Cassa pensioni
 dipendenti enti locali.
    Sostenevano i ricorrenti che il reddito imponibile, ai fini Irpef,
 delle  loro  pensioni  doveva essere abbattuto del 40% dell'ammontare
 annuo, in quanto l'art. 2, comma 6- bis del d.l. 2  marzo  1989,  n.
 69, convertito con la legge 27 aprile 1989, n. 154, avendo equiparato
 i  vitalizi  dovuti per la cessazione dalle cariche elettive degli ex
 deputati e senatori,  ex  membri  della  Corte  costituzionale  e  ex
 consiglieri  regionali, provinciali e comunali alle rendite vitalizie
 onerose di cui all'art.  47, primo comma, lett. h), del t.u. 1986, n.
 917, tali vitalizi costituiscono reddito imponibile Irpef solo per il
 60% del loro ammontare, per effetto dell'art. 48, settimo comma,  del
 t.u.  anzidetto.
    Chiedevano,  pertanto,  in  principalita',  che  l'amministrazione
 finanziaria venisse condanna al pagamento della somma di 7.  219.000,
 oltre  agli  interessi  legali  e  alla  rivalutazione  monetaria  ed
 eccepivano, in subordine, la illegittimita' costituzionale  dell'art.
 46,  secondo comma, del t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, e dell'art. 2,
 comma 6-bis, del citato d.l. 1989, n. 69, in riferimento agli  artt.
 3  e  53  della Costituzione, in quanto non prevedano la riduzione al
 60% dell'imponibile Irpef anche per le pensioni  a  favore  degli  ex
 dipendenti pubblici.
    L'amministrazione convenuta non presentava deduzioni ne' compariva
 all'udienza  del  18  gennaio  1993  nella  quale  la  commissione si
 riservava di decidere.
    L'eccezione  di  incostituzionalita',  sollevata  dai  ricorrenti,
 essendo  rilevante  ai fini della decisione e non essendo palesemente
 infondata, va accolta.
    Invero, non pare che sussista diversificazione  di  posizioni  tra
 quella  degli  ex  deputati, senatori e categorie assimilate, che non
 devono piu' destinare, in stato di quiescenza,  una  parte  del  loro
 vitalizio  alle  spese conseguenti alla funzione esercitata, e quella
 degli ex dipendenti pubblici che a tali spese  non  hanno  mai  avuto
 l'onere di sobbarcarsi.
    Da  qui deriverebbe la diseguaglianza dei cittadini di fronte alla
 legge e la sperequazione  tributaria  tra  essi,  in  violazione  del
 principio  di  uguaglianza  di cui all'art. 3 della Costituzione e di
 quello del concorso alle spese pubbliche in ragione  della  capacita'
 contributiva  di  cui  all'art. 53 della Costituzione, poiche' l'art.
 46, secondo comma, del t.u. citato, considerando  redditi  di  lavoro
 dipendente  le pensioni di ogni genere ne prevede l'assoggettamento a
 Irpef per intero, mentre l'art. 2,  comma  6-bis,  del  d.l.  citato
 consente   l'assoggettamento   a   Irpef   delle   rendite  vitalizie
 corrisposte agli ex dipendenti e senatori e alle categorie assimilate
 per il 60% del loro ammontare.
    E' evidente,  poi,  che  il  giudizio  non  puo'  essere  definito
 indipendentemente  dalla  risoluzione della questione di legittimita'
 costituzionale,  in  quanto  deve  trovare  applicazione  l'art.  46,
 secondo comma anzidetto, norma sospettata di incostituzionalita'.