LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 92/6474 e 92/7414 presentato il 4 novembre 1992 (avverso: s/rif. su i. rimb. redditi) da D'Apice Alfonso, residente a Eboli in Bivio S. Cecilia, contro l'intendenza di finanza di Salerno. Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della decisione D'Apice Alfonso, ha proposto in data 4 novembre 1992, ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza da lui presentata all'intendenza di finanza di Salerno il 16 luglio 1992 per ottenere il rimborso dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 11, nono comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, indebitamente pagata e percetta ed erroneamente "liquidata" nella dichiarazione dei redditi presentata per l'anno 1991. Il ricorrente, dopo aver precisato che l'imposta predetta aveva riguardo ad una indennita' di espropriazione percepita in conseguenza di atto pubblico di cessione volontaria di immobili intervenuto nel corso di una procedura di espropriazione dei terreni di proprieta' di esso ricorrente ad opera del comune di Eboli per la realizzazione di un edificio scolastico in localita' S. Cecilia, ha evidenziato che l'erroneita' del pagamento discende da considerazioni varie, senza aver omesso di precisare che il citato art. 11, dopo aver previsto il nuovo regime di imposizione sostitutiva sulle plusvalenze conseguenti alla percezione di indennita' di esproprio o di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi 5, 6, 7, 8 comma) al nono comma ha esteso l'applicazione del nuovo regime anche alle somme percepite, per i titoli indicati, in conseguenza di "atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge" (1ø gennaio 1992). Ha rilevato: 1) la dichiarazione annuale dei redditi da presentarsi per l'anno 1991, in cui devono essere inserite le somme percepite per le dette plusvalenze, non puo' ricomprendere redditi conseguiti in anni precedenti (nella specie nell'anno 1990); 2) l'art. 7 del d.P.R. n. 917/1986 ha fissato il principio della unicita' dei periodi d'imposta per anni solari, intesa ad escludere la cumulabilita' dei redditi conseguiti in periodi d'imposta diversi, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma, salvo il disposto del terzo comma dell'art. 8 e del secondo periodo del terzo comma dell'art. 11. Tale disposizione sarebbe violata in conseguenza del disposto di cui al nono comma del cit. art. 11 della legge n. 413/1991; 3) la nuova legge, entrata in vigore in data 1ø gennaio 1992, puo' valere solo per il periodo d'imposta che da tale data ha inizio; 4) la norma di cui al nono comma dell'art. 11 della legge n. 413/1991, se dovesse ugualmente trovare applicazione, non potrebbe non essere censurabile sul piano della costituzionalita', atteso che il nuovo regime di imposizione verrebbe ad essere applicato ad atti e fatti precedenti alla sua entrata in vigore. A sostegno della eccepita illegittimita' il ricorrente ha dedotto: 1) la norma "incrimata" viola l'art. 53 della Costituzione (in relazione anche all'art. 23), che fissa il principio della capacita' contributiva dei soggetti quale limite alla imposizione tributaria ex lege; ne discende che una disposizione retroattiva di imposizione e' incostituzionale ove provochi uno scostamento del rapporto tra imposizione e capacita' contributiva. Lo "scostamento" si verifica in quanto la norma prevede l'applicazione dell'imposta a rapporti esauriti senza che detta efficacia retroattiva sia sorretta dalla razionale presunzione che gli effetti economici dell'esproprio permangono nella sfera patrimoniale del soggetto; 2) si e' in presenza, di certo, di un nuovo regime impositivo, come e' detto anche nella relazione al disegno di legge; mai prima della legge n. 413/1991 la percezione di somme di tipo di quella in esame aveva trovato attrazione nella sfera impositiva diretta. Una conferma indiretta viene da altre pronunzie della Corte costituzionale che, nel ritenere legittime sul piano costituzionale leggi tributarie retroattive, lo ha fatto esclusivamente nell'ipotesi di leggi che intervenivano su imposte gia' esistenti senza modificazione dell'oggetto ne' della determinazione dell'imponibile ne' del modo di assunzione degli elementi per la detta determinazione; 3) la illegittimita' della norma si ricava anche dall'ultimo periodo di essa, che - esonera dal pagamento dell'imposta il soggetto defunto e per esso gli eredi, che sono tenuti nei limiti delle somme percepite dopo l'apertura della successione; 4) un'ultima considerazione fa perno sia sulla violazione del dettato costituzionale sia su quella di principi assoluti ed inderogabili alla base della disciplina impositiva diretta, quali il cit. art. 7 del d.P.R. n. 917/1986 ed il successivo art. 127, che vieta la duplicazione della imposizione in dipendenza dello stesso presupposto anche nei confronti di soggetti diversi. E' nella specie, il nono comma, che richiama anche il settimo, sottopone ad imposizione anche la rivalutazione e gli interessi, che gia' sono stati assoggettati, quale reddito di capitale, sia ad Irpef che ad Ilor. Il D'Apice ha chiesto, percio', il rimborso delle somme versate a norma del nono comma dell'art. 11 della legge n. 413/1991 ed, in subordine, che venga sollevata, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale della predetta norma. In data 9 dicembre 1992 il ricorrente ha prodotto altro ricorso dello stesso tenore. L'ufficio ha chiesto la riunione dei due ricorsi ed un congruo rinvio, essendo in attesa del prescritto parere del centro di servizio delle ii.dd. La commissione ha riservato la decisione, che ha assunto in data odierna in camera di consiglio, previa riunione dei due ricorsi. OSSERVA: Ritiene il collegio che le contestazioni svolte dal ricorrente per sostenere l'erroneita' del versamento dell'imposta, come prescritto dal nono comma dell'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e per richiederne il rimborso non hanno pregio alcuno, in quanto cozzano in maniera stridente con il dato normativo e la voluntas legis, per cui non possono che essere disattese. Il ricorrente deduce poi l'illegittimita' costituzionale del nono comma dell'art. 11 cit., che assoggetta alla tassazione pure "le somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge, se l'incremento di valore non e' stato assoggettato all'Invim". Sostiene che la disposizione confligge con l'art. 53 della Costituzione in quanto, riguardando rapporti esauriti tanto sul piano giuridico che su quello economico, vulnera il principio della capacita' contributiva e rende costituzionalmente illegittima l'imposizione retroattiva. La questione e' rilevante per la decisione della presente controversia e non manifestamente infondata. La rilevanza e' in re ipsa, posto che nella specie si tratta di indennita' di espropriazione percepita nell'anno 1990 e che, di conseguenza, la legittimita' della tassazione e' correlata - come detto - alla normativa suddetta, alla stregua della quale il ricorso andrebbe respinto. Quanto al giudizio di non manifesta infondatezza, occorre ricordare che, non rinvenendosi un principio costituzionale che vieti la retroattivita' delle leggi tributarie di imposizione, l'art. 11 delle disposizioni del c.c. - che sancisce l'ordinaria irretroattivita' della legge - puo' essere in subiecta materia derogato espressamente o tacitamente dalla legge ordinaria; ma, come piu' volte ha chiarito la Corte costituzionale, cio' e' consentito sempre che la norma retroattiva non venga a confliggere con altri principi di portata costituzionale, in particolare con il principio della capacita' contributiva, sancito dall'art. 53, primo comma, della Costituzione, il quale, come e' noto, opera come limite del potere di imposizione, nel senso che l'obbligazione tributaria deve in ogni caso essere collegata a presupposti di fatto che siano espressione della capacita' economica del soggetto rispetto allo specifico prelievo imposto (per cui il legislatore e' vincolato ad erigere a presupposti dei pubblici prelievi fatti che, sia pure presuntivamente, costituiscono manifestazioni di effettiva disponibilita' di ricchezza e, dunque, di attitudine del soggetto a contribuire ai carichi pubblici attraverso il prelievo deliberato). Specificamente quanto all'efficacia retroattiva della legge che ricolleghi un tributo, da corrispondere dopo la sua entrata in vigore, a fatti verificatisi in passato, la Corte costituzionale ha precisato che l'imposizione deve ritenersi legittima quando la capacita' contributiva sia ancora attuale al momento dell'entrata in vigore della norma, per modo che persista un collegamento effettivo fra la prestazione imposta e il presupposto economico considerato; collegamento, codesto, che deve basarsi su presunzioni razionali attinenti agli elementi normativi del presupposto medesimo esistenti al momento in cui entra in vigore la norma impositrice. In base a questo principio, la Corte costituzionale, a partire dalla nota sentenza n. 44/1966 (in tema di aree fabbricabili), ha affermato che non e' in regola con l'art. 53 della Costituzione, la norma tributaria che applica l'imposta a rapporti esauriti senza che l'efficacia retroattiva sia sorretta da alcuna razionale presunzione che gli effetti economici permangono nella sfera patrimoniale del soggetto; e cio' specie quando il presupposto del tributo si sia verificato in tempo notevolmente anteriore, sicche' non e' giustificato presumere, secondo l'id quod plerunque accidit, la persistenza della attitudine economica ricollegabile al presupposto medesimo. Tuttavia la Corte ha anche avvertito (ancora non riferimento al leading case dell'imposta sulle aree fabbricabili) che il problema del collegamento tra il fatto impositivo e il nuovo tributo non si pone neppure quando quel fatto fosse gia' considerato sintomo di capacita' contributiva e che, pertanto, una norma impositiva retroattiva e' legittima nel caso che il fatto imponibile fosse in precedenza gia' colpito da altro tributo, sostituito dal nuovo (v. Corte costituzionale 11 aprile 1969, n. 75, con cui l'applicazione retroattiva dell'imposta fu ritenuta legittima nei confronti dei soggetti gia' sottoposti al contributo di miglioria generica). Valutando alla stregua dei parametri ora ricordati la norma impositiva in questione - per cui il tributo viene a colpire plusvalenze conseguite negli anni 1989, 1990 e 1991 - e' arduo negare che tale dissociazione temporale tra imposizione e presupposto faccia venire meno il collegamento che esige il principio della capacita' contributiva. Tenuto conto, infatti, della natura del presupposto, non si rinvengono elementi oggettivi e astratti idonei a far presumere che gli effetti economici dell'atto ablativo e del valore con esso realizzato permanessero nella sfera patrimoniale dei soggetti al momento dell'istituzione del tributo. E' vero che il requisito dell'attualita' non va inteso in modo rigido, dovendosi al riguardo riconoscere una certa discrezionalita' al legislatore, in relazione alle caratteristiche del tributo; ma nella specie queste non consentono di presumere per lungo tempo la permanenza di una capacita' contributiva corrispondente alla somma percepita dal contribuente e rappresentativa della plusvalenza, cio' potendosi ritenere solo per un breve periodo, al limite per l'anno precedente all'entrata in vigore della legge (1991). Ne' si riscontra l'altro elemento che - come si e' visto -, puo' legittimare l'imposizione retroattiva, cioe' la preesistenza di altro tributo riguardante il medesimo presupposto. I trasferimenti coattivi disposti in base a dichiarazioni di pubblica utilita' in passato non erano assoggettati a tassazione con l'Invim ne' con il tributo personale, in relazione alle plusvalenze realizzate: soltanto con la legge n. 413/1991 tali plusvalenze sono state comprese tra i redditi diversi, di cui all'art. 81, primo comma, lett. B), del t.u. i.r. In definitiva, quindi, va dichiarata non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, nono comma, della legge n. 413/1991, per contrasto con l'art. 53, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui detta che le disposizioni di cui ai commi cinque, sei e sette si applicano alle somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge se l'incremento di valore degli immobili non e' stato assoggettato all'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili;