IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel proc. pen. n. 4049/93 reg. gen. c/Sapia Carlo, imputato del reato di ricettazione, all'udienza dell'11 gennaio 1994. Nel procedimento davanti al pretore, oltre al procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale e al pretore per il dibattimento, svolge funzioni giurisdizionali anche il giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale (art. 550 del c.p.p.), che dispone incidente probatorio solo se la complessita' dell'indagine rende impossibile l'immediata emissione del decreto di citazione ai sensi dell'art. 555 del c.p.p. (551 del c.p.p.), e si pronuncia sulla richiesta di archiviazione o di decreto penale di condanna del p.m. (art. 554, primo comma). E' cosi' attuato il principio della massima semplificazione cui deve ispirarsi la disciplina del processo pretorile, con esclusione dell'udienza preliminare e con possibilita' di incidenti probatori solo in casi eccezionali (art. 2, n. 103, della legge delega n. 81/1987). Bisogna pero' chiedersi se la mancata previsione dell'udienza preliminare affievolisca ovvero sopprima garanzie dell'imputato, poiche' in quest'ultimo caso (soppressione delle garanzie) si avrebbe una disparita' di trattamento tra cittadini imputati in procedimenti davanti al tribunale e cittadini imputati in procedimenti davanti al pretore. Orbene, come si evince chiaramente dalla normativa di cui agli artt. 416 e segg. e 453 e segg. del c.p.p., scopo dell'udienza preliminare e' che il rinvio a giudizio avvenga sulla base di una accusa che risulti non infondata, e quindi suscettibile di approfondimenti dopo il rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 430 del c.p.p., o al dibattimento. L'art. 425 del c.p.p. dispone infatti che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere se il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, se viene cioe' raggiunta la prova dell'innocenza dell'imputato ed escluso cosi' quel minimo di fondamento dell'accusa (e quindi la possibilita' di una condanna) che puo' giustificare il rinvio a giudizio. La funzione di cui sopra dell'udienza preliminare risulta confermata dal disposto dell'art. 419, quinto comma, del c.p.p. che, prevedendo la rinuncia dell'imputato all'udienza stessa, configura quest'ultima, e l'interesse che tutela, come un vero e proprio diritto soggettivo dell'imputato; nonche' dal disposto dell'art. 458 del c.p.p. che prevede la richiesta da parte del P.M. del giudizio immediato solo quando la prova della responsabilita' appare evidente, previo interrogatorio dell'imputato, al fine di non ledere il diritto soggettivo di cui sopra (quando la prova appare evidente, infatti, e' esclusa, allo stato, la prova dell'innocenza). Ne consegue che, prevedendo l'art. 554, primo comma, del c.p.p., il decreto di citazione a giudizio da parte del p.m., la garanzia dell'imputato di non essere tratto a giudizio sulla base di una accusa infondata non e' attribuita, seppure in modo affievolito all'imputato stesso. Il legislatore, infatti, al fine di assicurare all'imputato la garanzia di cui sopra, avrebbe dovuto attribuire al p.m. la potesta' di chiedere, oltre all'archiviazione, il rinvio a giudizio al g.i.p. ed a quest'ultimo quella di rinviare a giudizio sulla base del solo esame degli atti, o di archiviare se di contrario avviso. In assenza di una norma che conferisca al p.m. e al g.i.p. le potesta' di cui sopra, l'art. 2, n. 103, della legge n. 81/1987, ispirandosi al principio della massima semplificazione senza che venga garantito, seppure in maniera affievolita, il diritto del cittadino a non essere tratto a giudizio sulla base di una accusa infondata, si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione (nella parte in cui viene esclusa l'udienza preliminare), unitamente alla norma di cui all'art. 554, primo comma, del c.p.p. (nella parte in cui e' previsto che il p.m. emetta decreto di citazione a giudizio), in quanto il cittadino indagato nel procedimento pretorile viene privato del diritto soggettivo di cui sopra, creandosi cosi' una disparita' di trattamento con i cittadini indagati nei procedimenti davanti al tribunale, ove tale diritto e' invece garantito (e in maniera particolarmente incisiva dopo la modifica dell'art. 425 del c.p.p. di cui alla legge 8 aprile 1993, n. 105). Ne' puo' obbiettarsi che a una disparita' di trattamento corrisponde una diversita' di situazione, in quanto, se cio' puo' forse sostenersi per i reati contravvenzionali (di competenza del pretore e non del tribunale e puniti con pene diverse per la loro minore rilevanza) non puo' invece sostenersi per i delitti, non potendosi operare all'interno di tale categoria di reati una differenziazione in base alla loro gravita' (peraltro - ed e' questo argomento decisivo - alcuni reati di competenza del pretore, come la ricettazione, sono piu' gravi di alcuni reati di competenza del tribunale). Il criterio del contemperamento tra principio di massima semplificazione e garanzia, sia pure affievolita, dei soggetti processuali nel procedimento pretorile, sembra essere stata implicitamente riconosciuta dalla Corte nelle sentenze nn. 94/1992 e 123/1993. Nella prima, infatti, la Corte, nel dichiarare infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 156, secondo comma, delle disp. att. (nella parte in cui non prevede nel procedimento pretorile in caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione l'audizione delle parti in camera di consiglio) in relazione all'art. 3 della Costituzione, pur concludendo che "non puo' dirsi privo di giustificazione - e quindi fonte di disparita' di trattamento tale da violare l'art. 3 della Costituzione - che il legislatore abbia ritenuto di attuare (il principio della massima semplificazione) evitando l'appesantimento che la adozione della complessa procedura camerale indubbiamente comporta", osserva che la differenza di disciplina dell'opposizione della parte offesa e' meno marcata di quanto potrebbe evincere dal mero raffronto testuale tra le disposizioni dettate, da un lato dall'art. 410 del c.p.p. e dall'altro dall'art. 156 delle disp. att. (in quanto la stessa previsione della facolta' di opposizione comporta che anche nel procedimento pretorile il p.m. sia tenuto, ai sensi dell'art. 408 del c.p.p. a dare avviso della richiesta di archiviazione alla parte offesa che abbia dichiarato di volere essere informata); e che per altro aspetto (tale differenza di disciplina) e' venuta meno per effetto della sentenza n. 445/1990, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 543, secondo comma, del c.p.p., nella parte in cui non prevede che anche nel procedimento pretorile il g.i.p. "se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al p.m., fissando il termine indispensabile per il loro compimento". Appare pertanto evidente che la Corte non ha ritenuto l'art. 156, secondo comma, del disp. att. in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, essendo comunque assicurate alla parte offesa tutte le garanzie, ed essendo l'affievolimento delle stesse conseguenze del principio dell'ulteriore semplificazione richiesta dalla direttiva 103 per il procedimento pretorile. Nella sentenza n. 123/1993 la Corte ribadisce tale concetto e cioe' che il principio della massima semplificazione "consente di giustificare, insieme con l'esclusione dell'udienza preliminare, anche l'assenza del rito camerale nell'ipotesi di opposizione all'archiviazione (essendo sufficiente per questa fase del procedimento la sola contrapposizione tra due atti formali, quali la richiesta di archiviazione del p.m. e l'opposizione a tale richiesta, avanzata dalla parte interessata alla prosecuzione delle indagini)"; e precisa che, in ordine al profilo relativo alla disparita' di trattamento delle persone indagate nell'ambito del rito pretorile, rispetto a quelle sottoposte al rito operante innanzi al tribunale "i criteri della massima semplificazione richiesti dalla direttiva 103 non possono che tradursi in una ulteriore semplificazione degli istituti e dei meccanismi semplificati presenti in via generale per il procedimento concernente i reati di competenza del tribunale". Semplificazione degli istituti e dei meccanismi dunque, che puo' portare alla mancata previsione delle udienze camerali, ma non alla soppressione di istituti e meccanismi che, pur non semplificati, siano gli unici a garantire determinati diritti dell'imputato, nel caso di specie il giudizio da parte del g.i.p. sulla non infondatezza dell'accusa. Con l'attuale normativa, infatti, mentre nei procedimenti davanti al tribunale e' previsto da parte del g.i.p. sulla non infondatezza dell'accusa. Con l'attuale normativa, infatti, mentre nei procedimenti davanti al tribunale e' previsto da parte del g.i.p. il controllo di legalita' sull'esercizio dell'azione penale sotto il duplice profilo del controllo sul p.m.: affinche' l'azione stessa venga esercitata in tutti i casi in cui sussistono elementi idonei a sostenere l'accusa in dibattimento e affinche' una volta esercitata (con la richiesta del g.i.p. di rinvio a giudizio) l'imputato non venga tratto a giudizio sulla base di una accusa infondata; nel procedimento davanti al pretore e' del tutto assente il secondo tipo di controllo e si ha solo il primo (e nella massima estensione a seguito della sentenza della Corte n. 445/1990, anche se in forma semplificata rispetto ai procedimenti davanti al tribunale). Attesa tale lacuna legislativa le garanzie dell'imputato possono essere attuate solo con la declaratoria di incostituzionalita' delle norme di cui all'art. 2, n. 103, della legge delega n. 81/1987 nella parte in cui esclude l'udienza preliminare nel procedimento pretorile e dell'art. 554, primo comma, del c.p.p. nella parte in cui prevede l'emissione del decreto di citazione da parte del p.m., che avrebbe come effetto l'estensione al procedimento pretorile della normativa di cui agli artt. 416 e segg. e 458 e segg. del c.p.p. venendo meno una norma speciale che disciplina in deroga la citazione in giudizio. Per le superiori considerazioni, ritiene il decidente non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli art. 2, n. 103, della legge n. 81/1987 e 554, primo comma del c.p.p. nelle parti sopra menzionate in relazione all'art. 3 della Costituzione. La questione appare altresi' rilevante in ordine alla decisione sulla legittimazione dell'organo che ha tratto a giudizio l'imputato (citato sulla base di una norma ritenuta costituzionalmente illegittima con decreto del p.m. e non con decreto del g.i.p. a seguito di udienza preliminare).