ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, primo comma,
 lett. a), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in riferimento all'art.
 4, lett. c), dello stesso decreto  (Revisione  della  disciplina  del
 contenzioso  tributario),  promosso  con ordinanza emessa il 6 aprile
 1993 dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Lombardia  sul
 ricorso  proposto  da Milana Angelo contro il Ministero delle Finanze
 ed altro, iscritta al n. 479 del registro ordinanze 1993 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  37,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1993;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 12 gennaio 1994 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Lombardia  -
 investito  di  un  ricorso  presentato  da  Angelo  Milana  contro il
 Ministero delle finanze per l'annullamento del  decreto  ministeriale
 n.  7/541/N  del  4 luglio 1991, che ne dichiarava la decadenza dalla
 carica di  presidente  di  commissione  tributaria  per  perdita  del
 requisito  della  buona  condotta  -  ha  sollevato,  per  violazione
 dell'art.  108  della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  6,  primo  comma,  lett. a), del d.P.R. 26
 ottobre 1972, n. 636  (Revisione  della  disciplina  del  contenzioso
 tributario),  in  riferimento  all'art.    4,  lett. c), dello stesso
 decreto,  nella  parte  in cui prevede, ai fini della declaratoria di
 decadenza dei componenti le commissioni tributarie, che si accerti la
 permanenza del requisito della buona condotta senza  contemplare  una
 fase istruttoria e decisionale in contraddittorio.
    Dopo   aver   sottolineato   il  carattere  giurisdizionale  delle
 commissioni tributarie, il tribunale rimettente osserva che l'art. 6,
 lett. a), del d.P.R. n.  636  del  1972  vulnera  l'indipendenza  del
 giudice  tributario,  sotto  il  profilo della sua inamovibilita', la
 quale  si  realizza  anche  attraverso  la  previsione  di  procedure
 particolari   finalizzate  ad  accertare  il  permanere  della  buona
 condotta.
    In base all'art. 6, in  esame,  la  decadenza  e'  dichiarata  dal
 Ministro  delle  finanze su proposta del Presidente del tribunale: il
 primo ha un potere vincolato, mentre il secondo agisce senza  che  il
 diretto  interessato  sia  in  alcun  modo informato e, quindi, possa
 interloquire. Il giudice a quo richiama l'attenzione sul fatto che il
 legislatore, nel riformare il sistema degli organi  di  giurisdizione
 tributaria,   ha   soppresso   il  requisito  della  buona  condotta,
 prevedendo l'instaurazione di un procedimento disciplinare innanzi al
 Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria,  con  graduazione
 delle  sanzioni:  artt.  7  e  15 del decreto legislativo 31 dicembre
 1992, n. 545 (Ordinamento  degli  organi  speciali  di  giurisdizione
 tributaria  ed  organizzazione  degli  uffici  di  collaborazione  in
 attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
 30 dicembre 1991, n. 413). Tale nuova normativa non  risolve,  pero',
 il dubbio di costituzionalita', perche' essa si applichera' solo alle
 nuove   commissioni   tributarie  dopo  il  loro  insediamento  e  la
 costituzione del Consiglio di Presidenza.
    A evitare la censura di costituzionalita' non  sarebbe  d'altronde
 sufficiente  la  previsione di una congrua motivazione della proposta
 di decadenza, la quale non dovrebbe dar luogo ad  alcuna  valutazione
 discrezionale  e,  comunque, nel momento in cui investa comportamenti
 suscettibili  di  vario  apprezzamento  non  puo'  sottrarsi  a   una
 specifica  procedura  in  contraddittorio, specie quando si tratti di
 salvaguardare l'indipendenza di un organo giurisdizionale.
                        Considerato in diritto
    1. - La  questione  sottoposta  all'esame  della  Corte  riguarda,
 formalmente, un possibile contrasto fra l'art. 108 della Costituzione
 e  il  disposto dell'art. 6, primo comma, lett. a), del d.P.R. n. 636
 del 1972, che impone al  Ministro  delle  finanze,  su  proposta  dei
 competenti  capi  degli  uffici  giudiziari,  di  dichiarare decaduti
 dall'incarico di componente le commissioni tributarie coloro i  quali
 perdono  uno dei requisiti di cui all'art. 4 del citato d.P.R. n. 636
 (cittadinanza,  buona  condotta,  godimento  dei  diritti  civili   e
 politici,  ecc.).  Nella  specie, la questione sollevata attiene alla
 perdita del requisito della buona condotta (art. 4, lett. c) da parte
 di un presidente di commissione tributaria.
    Le doglianze del giudice a quo non sono tuttavia  circoscritte  al
 parametro dell'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali,
 quali  sono  le  commissioni  tributarie,  ma  anche - per quanto non
 formalmente  indicati,  ma  chiaramente  enunciati  -   ai   principi
 costituzionali  della difesa (art. 24) e di proporzione e adeguatezza
 al caso concreto delle "sanzioni", alle  quali  apparterrebbe,  nella
 sostanza,   anche   la  declaratoria  di  decadenza  dall'ufficio  di
 componente la commissione tributaria (art. 3).
    Chiamata  a decidere della legittimita' costituzionale delle norme
 istitutive delle Sezioni specializzate agrarie, con  la  sentenza  n.
 108  del  1962  questa  Corte,  pur avendo rilevato l'omessa menzione
 nell'ordinanza dell'art.  108  (mentre  era  invocata  la  violazione
 dell'art.  102), afferma, in una fattispecie assai vicina a questa in
 esame, la necessita' che l'accertamento dei limiti entro  cui  e'  da
 contenere  il  giudizio  della  Corte  sia  compiuto con riguardo "al
 complessivo testo della medesima; sicche' il principio  predetto  non
 e' violato quando risulti in modo univoco dalla motivazione quale sia
 l'oggetto della questione proposta".
    Non v'e' dubbio che l'ordinanza di rimessione si dolga del preteso
 vulnus  all'indipendenza  del  giudice  tributario, "sotto il profilo
 della  inamovibilita'",  in  considerazione   dell'assenza   di   una
 specifica  procedura  contenziosa  quale  -  insieme alla graduazione
 delle sanzioni - sarebbe stata creata dal  legislatore  che,  con  il
 decreto  legislativo  n.  545 del 1992, ha riformato il sistema della
 giustizia tributaria.
    In tal senso va dunque precisata la questione di costituzionalita'
 sollevata, con l'ordinanza in epigrafe, dal Tribunale  amministrativo
 regionale della Lombardia.
    2. - Nel merito, la questione e' fondata.
    Questa Corte ha piu' volte chiarito che l'indipendenza del giudice
 speciale  esige  un minimo di garanzie che il legislatore e' tenuto a
 soddisfare (si vedano le sentt. nn. 196 del 1982, 121  del  1970,  60
 del 1969, 133 del 1963 e 108 del 1962). Tra queste deve includersi la
 garanzia  del  diritto  all'ufficio per i componenti gli organi delle
 giurisdizioni speciali. Tale garanzia comporta,  in  particolare,  la
 "possibilita'  di  sottrarsi  alle risultanze emergenti dagli atti di
 ufficio" dell'Amministrazione (v. la sentenza n. 196 del  1982  e  le
 altre  richiamate), sia essa l'"amministrazione servente" l'organo di
 giurisdizione   speciale   (in    questo    caso    l'amministrazione
 finanziaria),   sia   essa   l'amministrazione  di  appartenenza  del
 componente. Questione tanto piu'  delicata,  in  quanto  le  potesta'
 degli  organi  di vertice dell'amministrazione di appartenenza, nella
 specie i capi degli uffici giudiziari, non trovano alcuna  disciplina
 legislativa circa i controlli e le relative comunicazioni al Ministro
 delle  finanze, competente ad adottare il provvedimento di decadenza.
 Ne' tale diritto potrebbe essere eliso da un provvedimento emanato in
 via automatica senza aver assicurato  al  suo  titolare  le  garanzie
 della   preventiva   contestazione  e  del  contraddittorio,  che  e'
 principio generale avente preciso  rilievo  costituzionale  (cfr.  da
 ultimo  sent.  297  del  1993),  soprattutto  quando si determini una
 deminutio di situazioni giuridiche soggettive.  Tanto  piu'  che,  in
 casi   siffatti,   l'automatismo  della  decadenza  comporterebbe  la
 surrettizia violazione della garanzia  di  indipendenza  dei  giudici
 speciali  tributari e dei principi costituzionali stabiliti dall'art.
 3, con riguardo alla  proporzione  e  adeguatezza  dei  provvedimenti
 sanzionatori  al  caso  concreto,  e  dall'art. 24 della Costituzione
 circa la inviolabilita' della difesa.
    A tale indicazione, peraltro, il legislatore ha mostrato spontanea
 ottemperanza con la nuova disciplina  delle  commissioni  tributarie.
 Quantunque  sia  destinata a rimanere in vigore solo per breve tempo,
 la precedente normativa  non  risulta  su  questo  punto  conforme  a
 Costituzione,  si'  che  la  relativa  disciplina  -  nella parte qui
 impugnata - deve essere dichiarata illegittima per contrasto con  gli
 indicati parametri costituzionali.