IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 210/1992,
 proposto dai sig.ri Mario  de  Benedittis,  Vincenzo  Trovato,  Maria
 Mosetti,  Astolfo  Cecchi,  Ligia Angiolo, Antonio Cappelli, Giovanni
 Castaldo, Gabriele Benito Ponzio, Antonio Maio rappresentati e difesi
 dall'avv. Giovanni di Gioia ed  elettivamente  domiciliati  in  Roma,
 piazza  Mazzini  n.  27  presso  il suo studio per delega in calce al
 ricorso contro il Ministero per i  beni  culturali  e  ambientali  in
 persona  del  Ministro  pro-tempore  ed  il  Ministero  del tesoro in
 persona del Ministro pro-tempore, rappresentati e  difesi  ope  legis
 dall'avvocatura generale dello Stato e domiciliati nei suoi uffici in
 Roma, via dei Portoghesi 12, per ottenere:
       a)  la  declaratoria  del  diritto  dei  ricorrenti  al computo
 dell'anzianita' convenzionale di servizio, di cui  all'art.  1  della
 legge  n.  336  del  24 maggio 1970, ai fini della determinazione del
 trattamento economico ad essi spettante in base al d.P.R. n. 310  del
 9  giugno 1981, al d.P.R. n. 334 del 25 giugno 1983, al d.P.R. n. 269
 del 18 maggio 1987 ed al  d.P.R.  n.  335  del  4  agosto  1990;  con
 conseguente  obbligo  delle  amministrazioni di rideterminare il loro
 trattamento economico;
       b) la condanna delle amministrazioni al  pagamento,  in  favore
 dei  ricorrenti,  delle  maggiori  somme  dovute, oltre rivalutazione
 monetaria ed interessi sulle somme rivalutate decorrenti dai  singoli
 ratei;  rivalutazione  monetarie  ed  interessi riferiti agli importi
 dovuti  al  lordo  sia  delle  ritenute   fiscali   che   di   quelle
 previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute;
    Visto il ricorso ed i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione dell'amministrazione intimata;
    Viste le memorie delle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  31  marzo 1993 il consigliere
 Lamberti e uditi altresi' l'avv. Di Gioia  per  i  ricorrenti  ed  il
 rappresentante dell'avvocatura dello Stato;
    Ritenuto e considerato quanto segue in fatto e in diritto;
                               F A T T O
    I  ricorrenti,  dipendono  dal  Ministero  per  i beni culturali e
 ambientali, ed appartengono alla categoria degli  ex  combattenti  ed
 equiparate   e   chiedono  che  il  loro  trattamento  economico  sia
 determinato, conformemente a tale  situazione,  computando  anche  il
 biennio  di  anzianita'  convenzionale  attribuito  dall'art. 1 della
 legge  n.  336/1970,  conformemente  a  quanto  gia'  avviene  per  i
 dipendenti  di  altre Amministrazioni, come il Ministero della difesa
 ed il Ministero delle finanze.
    Nonostante le reiterate richieste, l'amministrazione  per  i  beni
 culturali  ed  ambientali ha ingiustificatamente omesso tale computo,
 di talche' ai ricorrenti percepiscono  stipendi  inferiori  a  quelli
 spettanti.
    La domanda e' basata sui seguenti motivi:
    1.  -  Violazione  dell'art.  1  della  legge  n.  336 del 1970 in
 relazione ai d.P.R. n. 310 del 1981, n. 344 del 1983, n. 269 del 1987
 e n. 335 del 1990, nonche' dei principi generali vigenti in  materia;
 eccesso   di   potere   per   illogicita',   errata  valutazione  dei
 presupposti, contraddittorieta'.
    I decreti che  hanno  determinato  il  trattamento  economico  del
 personale   delle   pubbliche  amministrazioni  stabiliscono  che  il
 trattamento economico dei dipendenti deve  essere  determinato  sulla
 base della complessiva anzianita' di servizio.
    Il   Ministero  doveva  percio'  computare  anche  il  biennio  di
 anzianita' convenzionale attribuito ai ricorrenti, quali appartenenti
 alla categoria degli ex combattenti ed equiparate, ai sensi dell'art.
 1 della legge n. 336 del 24 maggio 1970.
    Il  nuovo trattamento economico dei dipendenti statali non esclude
 infatti la valutazione  dei  benefici  economici  dagli  stessi  gia'
 conseguiti,  ne'  a  tale  valutazione  e'  ostativo  il  divieto  di
 reiterazione dei  benefici  combattentistici  stabilito  dall'art.  3
 della legge n. 824 del 1971.
    Tale  divieto  opera solo in caso di modificazione della posizione
 giuridica del dipendente e non gia' nel caso di una nuova  disciplina
 del trattamento economico.
    2.  -  Violazione dell'art. 1 della legge n. 336/1970 in relazione
 ai d.P.R. n. 310/1981, n. 344/1983, n. 269 del 1987, n. 335 del  1990
 ed  alla  legge  n. 93/1983, nonche' dei principi generali vigenti in
 materia. Eccesso di potere per illogicita',  errata  valutazione  dei
 presupposti, contraddittorieta', ingiustizia manifesta, disparita' di
 trattamento.
    La  legge  n.  93 del 29 marzo 1983 ha previsto che il trattamento
 economico dei dipendenti pubblici deve ispirarsi  ai  principi  della
 perequazione e della omogeneizzazione.
    Il  comportamento  del Ministero per i beni culturali e ambientali
 viola tali principi in quanto il trattamento dei propri dipendenti e'
 deteriore rispetto agli  altri  impiegati  ministeriali  appartenenti
 alla categoria degli ex combattenti ed equiparate.
    A  costoro,  infatti  le  amministrazioni  di  appartenenza  hanno
 riconosciuto la valutazione  dell'anzianita'  convenzionale  prevista
 dall'art.  1  della  legge  n.  336  del 24 maggio 1970 ai fini della
 determinazione del nuovo trattamento economico stabilito  dal  d.P.R.
 n. 310 del 1981 e delle norme successive.
    L'Avvocatura  dello  Stato  si  e'  costituita  in  giudizio ed ha
 eccepito la tardivita' del ricorso in quanto  proposto  quando  erano
 scaduti  i termini previsti per la formazione del silenzio rifiuto. I
 ricorrenti hanno presentato le istanze di rivalutazione ancora il  16
 marzo  1989;  esse  sono  poi  pervenute  alla direzione generale del
 personale del Ministero dei beni culturali ed ambientali in  data  27
 luglio  1989,  e  percio'  oltre  due anni prima della notifica della
 presente domanda.
    L'avvocatura ha poi precisato la necessita'  di  scorporare  dalla
 posizione degli altri ricorrenti, quella dei seguenti impiegati:
       a)   Castaldo  Giovanni,  in  relazione  al  quale  i  benefici
 dell'art. 1 della legge n. 336/1970 sono stati applicati a far  tempo
 dal  1 marzo 1987, data della sua assunzione in servizio. Pertanto il
 ricorrente non ha titolo all'applicazione dei dd.P.R. n.  310/1981  e
 n. 344/1983;
       b)  De  Benedittis  Mario  in  relazione  al  quale  i benefici
 derivanti dall'art. 1 della legge n. 336/1970 sono stati concessi per
 la prima volta in data 1 febbraio 1981 (data di entrata in vigore del
 d.P.R. n. 310/1981);
       c) Mosetti Maria, in  relazione  alla  quale  non  risulta  che
 l'interessata  abbia  mai  chiesto  l'applicazione  dell'art. 1 della
 legge n. 336/1970.
    Nel   merito   l'avvocatura   dello   Stato    ha    rappresentato
 l'infondatezza  delle  domande,  in  quanto  la  corte dei conti, con
 deliberazione n.  84  del  10  maggio  1990,  ha  ritenuto  di  dover
 modificare  il  proprio  precedente  orientamento, tenuto conto della
 volonta' espressa  dal  Governo  mediante  la  reiterazione  di  vari
 decreti-legge tendenti ad escludere l'anzianita' convenzionale di cui
 all'art.   1   della  legge  n.  336/1970  dal  computo  dei  servizi
 valutabili.
    I   ricorrenti   hanno   eccepito   in   memoria  l'illegittimita'
 costituzionale della legge  23  dicembre  1992,  n.  498  (interventi
 urgenti  in  materia di finanza pubblica) intervenuta successivamente
 alla proposizione del ricorso, con riferimento all'art. 4,  punto  5,
 ove  prevede  che  "L'art.  1  della legge 24 maggio 1970, n. 336, va
 interpretato nel senso che per i dipendenti del pubblico impiego, ivi
 compresi dei dirigenti ed equiparati, nonche'  per  il  personale  di
 magistrutura  ed equiparato, non si procede al computo delle maggiori
 anzianita' ivi previste in sede di successiva ricostruzione economica
 prevista  da  disposizioni  di  carattere  generale.  Gli   eventuali
 maggiori   trattamenti  spettanti  o  in  godimento,  conseguenti  ad
 interpretazioni  difformi,  sono  conservati  ad  personam   e   sono
 riassorbiti con la normale progressione economica di carriera e con i
 futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza".
    Circa  la legge 23 dicembre 1992, n. 498, i ricorrenti eccepiscono
 che,  nella  specie,  non  sussisteva  alcuno  dei  presupposti   che
 giustificava  l'emanazione  di  una  norma  interpretativa,  date  le
 numerose e concordi pronunzie giurisdizionali intervenute in  materia
 da cui si evince che non vi era alcuna incertezza interpretativa, ne'
 applicazioni contrastanti dell'art. 1 della legge n. 336/1970.
   L'art.  4,  quinto  comma,  della legge n. 498/1992 non ha, quindi,
 natura interpretativa ma  abrogativa  con  effetto  retroattivo,  per
 ragioni  legate  al contenimento della finanza pubblica, dei benefici
 previsti  dall'art.  1,  della  legge  n.  336/1970  a  favore  della
 categoria degli ex combattenti ed equiparate.
    Questi gli argomenti svolti dai ricorrenti:
    Il d.l. n. 102 del 24 marzo 1989 aveva previsto che: 1) in attesa
 di  ulteriori  disposizioni  legislative  concernenti gli effetti del
 riconoscimento delle maggiori anzianita'  di  cui  all'art.  1  della
 legge  24  maggio  1970,  n.  336, non si procedesse al computo delle
 stesse in sede di successiva ricostituzione  economica  derivante  da
 disposizioni   a   carattere  generale;  2)  gli  eventuali  maggiori
 trattamenti spettanti o in godimento, conseguenti  a  interpretazioni
 difformi,  venissero conservati ad personam e fossero riassorbiti con
 la  normale  progressione  economica  di  carriera  e  con  i  futuri
 miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza.
    Tale decreto era, poi, decaduto per mancata tempestiva conversione
 in  legge,  come  gli analoghi successivi decreti-legge n. 191 del 26
 maggio 1989, n. 260 del 26 luglio 1989 e  n.  326  del  23  settembre
 1989.
    Circa  il  d.l.  n.  326/1989,  va evidenziato che la commissione
 lavoro della camera di deputati aveva disposto  la  sostituzione  del
 secondo  comma  dell'art. 4 con il seguente: "L'art. 1 della legge 24
 maggio 1970, n. 336,  va  interpretato  nel  senso  che  le  maggiori
 anzianita'  riconosciute  vanno  computate  come anzianita' effettiva
 agli effetti delle  determinazioni  dello  stipendio  pensionabile  e
 dell'indennita'  di  buonuscita,  nella  qualifica  alla quale sia la
 pensione che l'indennita' di buonuscita  sono  riferite  in  sede  di
 ricostruzione   economica   prevista   da  disposizioni  a  carattere
 generale".  Veniva  con  cio'  riconosciuto  da  parte  dello  stesso
 legislatore      l'esattezza     della     citata     interpretazione
 giurisprudenziale dell'art. 1 della legge n. 336/1970.
    Avere  introdotto  con le citate norme un blocco al computo a fini
 stipendiali dell'anzianita' combattentistica "in attesa di  ulteriori
 disposizioni legislative", dimostra che l'art. 4, quinto comma, della
 legge n. 498/1992 non ha natura interpretativa, bensi' abrogativa con
 effetto  retroattiva dei benefici previsti dall'art. 1 della legge n.
 336/1970.
    La Corte costituzionale con le sentenze  nn.  155/1990,  390/1990,
 455/1992,   e   39/1993,   afferma  che,  al  fine  di  accertare  se
 effettivamente una disposizione possa qualificarsi di interpretazione
 autentica, "non rileva la qualificazione riportata nel  titolo  delle
 norma,  ma  devesi  indagare  la  sua  reale rispondenza al contenuto
 dispositivo.  Pertanto,  e'  di  interpretazione   autentica   quella
 disposizione  che  si riferisca e si saldi con quella da interpretare
 ed   intervenga   esclusivamente   sul   significato   normativo   di
 quest'ultima  senza, pero', intaccare o integrare il dato testuale ma
 solo chiarendone o enucleando uno dei significati possibili;  e  cio'
 al  fine  di  imporre  poi  all'interprete un determinato significato
 normativo".
    Nella legge n. 498/1992 il legislatore  si  e'  invece  sostituito
 all'interprete,   attraverso   l'emanazione   di   una   disposizione
 dissimulata  come  interpretativa  ma,  in  realta',  abrogativa  con
 efficacia   retroattiva,   travalicando   i   limiti   della  propria
 competenza. Il legislatore non  puo',  attraverso  norme  dissimulate
 come  interpretative  ma  in realta' innovative sostituirsi al potere
 giurisdizionale.
    La legge e', in tal caso, illegittima per difetto  di  competenza,
 in  quanto  interferisce  nell'esercizio delle funzioni attribuite ad
 altro potere costituzionale, come la Corte costituzionale ha ritenuto
 con la sentenza n. 187 del 10 dicembre 1981. In quella sede  essa  ha
 ritenuto l'operato del legislatore uno "svolgimento strumentale della
 funzione   legislativa",   certamente   non   conforme   al   sistema
 costituzionale. Ad avviso della Corte  "non  puo'  dirsi  che  faccia
 egualmente  buon  uso  della  sua  potesta'  il  legislatore  che  si
 sostituisca al potere cui e' riservato il  compito  istituzionale  di
 interpretare la legge, dichiarandone mediante altra legge l'autentico
 significato  con  valore obbligatorio per tutti e, quindi, vincolante
 anche per il giudice, quando non ricorrano quei casi in cui la  legge
 anteriore rilevi gravi ed insuperabili anfibologie o abbia dato luogo
 a contrastanti applicazioni, specie in sede giurisdizionale".
    La   legge   n.  498/1992  si  risolve,  pertanto,  in  una  nuova
 manifestazione del potere dispositivo del legislatore  con  efficacia
 retroattiva,  che  viola  anche il principio di cui all'art. 11 delle
 preleggi in base al quale la legge non dispone che per l'avvenire.
    La causa viene in decisione all'udienza del 31 marzo 1993.
                             D I R I T T O
    1. - I ricorrenti appartengono alla categoria degli ex combattenti
 ed equiparate del Ministero per  i  beni  culturali  e  ambientali  e
 chiedono   che   il   loro  trattamento  economico  sia  determinato,
 conformemente a tale  situazione,  computando  anche  il  biennio  di
 anzianita'  convenzionale  attribuito  dall'art.  1  della  legge  n.
 336/1970, conformemente a quanto gia' avviene per  i  dipendenti  dei
 Ministeri della difesa e delle finanze.
   La  domanda  e'  basata  sull'obbligo  derivante  dai  decreti  sul
 trattamento economico del personale delle  pubbliche  amministrazioni
 di  determinare il trattamento economico sulla base della complessiva
 anzianita' di servizio nella  quale  deve  essere  incluso  anche  il
 biennio di anzianita' convenzionale attribuito agli appartenenti alla
 categoria degli ex combattenti ed equiparate, ai sensi della legge n.
 336 del 24 maggio 1970.
    Secondo l'assunto degli odierni interessati, a tale obbligo non e'
 di  ostacolo il divieto di reiterazione dei benefici combattentistici
 stabilito dall'art. 3 della legge n. 824 del 1971, che opera solo  in
 caso  di modificazione della posizione giuridica del dipendente e non
 gia' nel caso di una nuova disciplina del trattamento economico.
    Nelle more del ricorso e' intervenuta la legge 23  dicembre  1992,
 n.  498, recante interventi urgenti in materia di finanza pubblica il
 cui art. 4, punto 5, ove prevede che "l'art. 1 della legge 24  maggio
 1970,  n.  336,  va  interpretato  nel senso che per i dipendenti del
 pubblico impiego, ivi compresi dei dirigenti ed  equiparati,  nonche'
 per  il  personale  di  magistratura ed equiparato, non si procede al
 computo delle maggiori anzianita' ivi previste in sede di  successiva
 ricostruzione   economica   prevista  da  disposizioni  di  carattere
 generale.  Gli  eventuali  maggiori  trattamenti   spettanti   o   in
 godimento,  conseguenti  ad interpretazioni difformi, sono conservati
 ad personam e sono riassorbiti con la normale progressione  economica
 di  carriera  e  con i futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di
 quiescenza".
    Di tale  disposizione  i  ricorrenti  hanno  eccepito  in  memoria
 l'illegittimita'  costituzionale,  sull'assunto  che  non  sussisteva
 alcuno dei presupposti che giustificava  l'emanazione  di  una  norma
 interpretativa,    date   le   concordi   pronunzie   giurisdizionali
 intervenute, che avevano dissipato ogni incertezza  interpretativa  e
 possibilita'  di applicazioni contrastanti dell'art. 1 della legge n.
 336/1970.
    L'art. 4, quinto comma,  della  legge  n.  498/1992  non  avrebbe,
 quindi,  natura interpretativa ma abrogativa con effetto retroattivo,
 per ragioni  legate  al  contenimento  della  finanza  pubblica,  dei
 benefici previsti dall'art. 1, della legge n. 336/1970 a favore della
 categoria degli ex combattenti ed equiparate.
    Ad avviso del collegio la questione e' fondata.
    La  costante  giurisprudenza  amministrativa ha infatti attribuito
 all'art. 2, del d.P.R. n. 310/1981 la  finalita'  di  determinare  il
 trattamento   economico   del   personale   statale  con  riferimento
 all'effettiva anzianita' di servizio e non con riguardo  al  criterio
 del  maturato  economico,  seguito dalla legge n. 312/1980. Ne deriva
 l'onere di computare nei servizi prestati l'anzianita' servizio  gia'
 riconosciuta,  ivi  compresa  quella  maggiore  attribuita ex art. 1,
 della legge n.  336/1970,  in  dipendenza  da  trascorse  benemerenze
 belliche  che  e' in tutto assimilabile ad un servizio effettivamente
 prestato a favore dello Stato  che  ha  ritardato  l'inserimento  dei
 singoli  interessati nel settore lavorativo del pubblico impiego, ove
 attualmente prestano la propria opera.
    Il legislatore e' dunque intervenuto senza che ve ne  fosse  alcun
 bisogno  in  quanto  la  disposizione  interpretata non rivela alcuna
 ambiguita' o incertezza di significato, sicche'  l'uso  della  tipica
 funzione   dell'interpretazione   autentica   e'   sviato   dal  fine
 istituzionale che le e' proprio.
    Il  legislatore ha invero fatto ricorso ad una legge-provvedimento
 che esorbita dalla propria funzione tipica. La portata precettiva  ed
 il carattere strumentale della norma rivelano come il legislatore non
 abbia  voluto  dichiarare  il  proprio intento di abrogare ex tunc un
 diritto gia' riconosciuto, ma lo ha  svuotato  del  suo  contenuto  e
 comunque della possibilita' di realizzarlo.
    Conformemente a quanto gia' disposto per analoghe vicende da altra
 sezione  di  questo  tribunale amministrativo (TAR Lazio, I, 24 marzo
 1993, n. 496), il collegio dubita  della  costituzionalita'  di  tale
 disposizione,  che  si palesa illogica ed irragiungibile e quindi, in
 contrasto  col  postulato  fondamentale  recato  dall'art.  3   della
 Costituzione.
    La  ratio della norma e' infatti quella di bloccare ogni ulteriore
 applicazione  dell'istituto  delle   benemerenze   combattentistiche,
 incidendo retroattivamente ed eliminando, ex tunc, ogni effetto delle
 norme abrogate.
    La  disposizione  ha dunque finalita' ed effetti abrogativi, anche
 se formulata come un'interpretazione autentica; se  cosi'  fosse,  la
 sua  retroattivita'  dovrebbe  arrestarsi  al momento dell'entrata in
 vigore della disposizione interpretativa e non operare per il passato
 come invece ha inteso fare, introducendo  un'innovazione  consistente
 nell'estensione    all'indietro    della   decorrenza   della   legge
 interpretativa.
    La finalita' perseguita dalla legge  interpretata  era  quella  di
 contenere  la  spesa riferita ai trattamenti stipendiati del pubblico
 impiego:  finalita'  che  non   appare   irragionevole   o   comunque
 sindacabile nella presente congiuntura della finanza pubblica.
    E' invece irragionevole l'interpretazione additiva successivamente
 introdotta:     l'irretroattivita'     costituisce    un    principio
 dell'ordinamento e la sua deroga si pone come  fatto  eccezionale  da
 utilizzare  solo  in presenza di una effettiva causa giustificatrice,
 prevalente sul  principio  di  affidamento  (Corte  costituzionale  4
 aprile 1990, n. 155).
    Nell'introdurre  la disposizione dell'art. 4, punto 5, della legge
 n. 498/1992 sono stati lesi i principi  di  rilevanza  costituzionale
 dell'affidamento,  della  trasparenza  nei  rapporti  tra  lo Stato e
 cittadino, della certezza  dei  diritti  maturati  per  i  quali  gli
 interessati  coltivano  legittime aspettative della correttezza della
 funzione  giurisdizionale  chiamata  ad   accertare   tali   diritti,
 paralizzata   anch'essa   nel  suo  svolgimento  dall'intervento  del
 legislatore, nella finzione di un'interpretazione autentica.
    La norma produce inoltre  un'ingiusta  disparita'  di  trattamento
 applicandosi  a  rapporti  sorti  precedentemente  ed ancora pendenti
 (Corte costituzionale 28 gennaio 1993, n. 39), con evidente beneficio
 di coloro che, alla stregua del medesimo  presupposto,  avevano  gia'
 ottenuto  l'applicazione  amministrativa  o  una  sentenza favorevole
 passata in giudicato e tutti gli altri rapporti non ancora esauriti.
    Sotto gli anzidetti profili e' quindi  ravvisabile  la  violazione
 dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza, di imparzialita' e di
 buon  andamento dell'amministrazione nonche' di pienezza della tutela
 giurisdizionale, contenuti negli artt. 3, 97 delle Costituzione.
    Le suesposte considerazioni evidenziano anche la  rilevanza  della
 proposta questione, che attiene al diritto dei ricorrenti a percepire
 gli   aumenti  retributivi  dovuti  per  la  loro  appartenenza  alle
 categorie   combattentistiche,   precluso   dalla   neo    introdotta
 disposizione dell'art. 4, quinto comma, della legge n. 498/1992.
    L'inerenza della pretesa a situazioni patrimoniali comporta che il
 ricorso  possa essere proposto anche oltre la formazione del silenzio
 rifiuto sulla domanda degli interessati  a  vedersi  riconosciute  la
 richiesta anzianita' a fini retributivi.
    E'    pertanto   da   disattendere   l'inammissibilita'   eccepita
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  le   cui   ulteriori   obiezioni   di
 infondatezza della pretesa per taluni degli interessati devono essere
 esaminate congiuntamente al merito.
    La questione di costituzionalita' dell'art. 4, quinto comma, della
 legge  n.  498/1992  deve conclusivamente essere ritenuta rilevante e
 non   manifestamente   infondata.   Il    presente    giudizio    va,
 conseguentemente sospeso e disposto l'invia alla Corte costituzionale
 degli atti della presente causa.