LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 93/1693 e n.
 92/6619 presentati l'11 novembre  1992  (avverso  s/rifiuto  su  ind.
 rimborso)  da:  Cunzolo  Giuseppe,  residente  a Salerno via Arce, 90
 contro l'intendenza di finanza in Salerno.
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Giuseppe Cunzolo l'11 novembre 1992 proponeva ricorso  avverso  il
 silenzio-rifiuto    formatosi    sull'istanza   da   lui   presentata
 all'intendenza di finanza di Salerno il 24 giugno 1992  per  ottenere
 il  rimborso  dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 11, nono comma
 della legge  30  dicembre  1991,  n.  413,  indebitamente  pagata  ed
 erroneamente liquidata nella dichiarazione dei redditi presentata per
 l'anno 1991.
    Il  ricorrente,  dopo  aver precisato che l'imposta predetta aveva
 riguardo alle somme percepite in  conseguenza  di  atti  pubblici  di
 cessione volontaria di immobili intervenuti nel corso di procedure di
 espropriazione  di  terreni di proprieta' di esso ricorrente da parte
 del Consorzio ASI  di  Salerno  per  l'insediamento  di  un  opificio
 industriale  della  soc.  Euro  Sider  S.r.l. e di altro stabilimento
 della soc. Man. impianti, deduceva  che  l'art.  11  della  legge  n.
 413/1991  -  per cui sono state per la prima volta assoggettate quali
 plusvalenze a tassazione le indennita' di espropriazione e  le  somme
 percepite  a  seguito  di  cessioni  volontarie  -  non si applica ai
 procedimenti espropriativi non  riguardanti  opere  o  infrastrutture
 pubbliche.
    In  subordine eccepiva l'illegittimita' costituzionale della norma
 suddetta  con  riferimento  sia  all'art.  53   della   Costituzione,
 soprattutto per la violazione del principio di capacita' contributiva
 derivante  dall'imposizione  retroattiva,  e  sia  all'art.  3  della
 Costituzione, per la disparita' di trattamento che  si  verifica  con
 riguardo  ai soggetti esercenti imprese commerciali e alle ipotesi di
 soggezione dell'Invim.
    Resiste l'ufficio.
    Il ricorrente ha altresi' presentato  memoria  con  la  quale,  in
 relazione   al   primo   motivo   del   ricorso,   ha  segnalato  che
 l'interpretazione    ivi     sostenuta     e'     stata     condivisa
 dall'amministrazione  del  tesoro  con  deliberazione  n. 7987, del 6
 agosto 1991, concernente lo svincolo delle somme trattenute ai  sensi
 del settimo comma dell'art. 11 citato.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    1.  -  Con il primo motivo, il ricorrente deduce che i terreni cui
 si riferisce la tassazione furono espropriati dal  consorzio  ASI  di
 Salerno  ai  sensi  dell'art. 147 del d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523,
 per l'impianto di  nuovi  stabilimenti  industriali  e  sostiene  che
 l'art.  11,  quinto  comma, della legge 31 dicembre 1991, n. 413, non
 sia applicabile alle plusvalenze originate da tali espropriazioni, le
 quali non sono finalizzate alla realizzazione di  on'opera  pubblica,
 ma  alla  costruzione di un opificio industriale da parte di soggetti
 privati e per loro fini di lucro.
    Il motivo, ancorche' possa giovarsi dell'avallo di una risoluzione
 ministeriale (div. VII,  n.  7/1353  del  27  giugno  1992),  non  ha
 giuridico fondamento.
    Esso muove dalla premessa che il quinto comma dell'art. 11 cit. si
 riferisce,   per   tutte  le  ipotesi  ivi  elencate,  soltanto  alle
 acquisizioni funzionali all'esecuzione di opere pubbliche,  tanto  se
 il  trasferimento  coattivo  sia  avvenuto  in  forza  di  un formale
 provvedimento ablatorio quanto  se  sia  conseguenza  di  occupazione
 illegittima divenuta irreversibile.
    Sennonche'  basta  leggere  la disposizione per rendersi conto che
 essa  sottopone  al  tributo   "le   plusvalenze   conseguenti   alla
 percezione,   da   parte  di  soggetti  che  non  esercitano  imprese
 commerciali",  da  un  lato,  "di  indennita'  di  esproprio,   somme
 percepite   a  seguito  di  cessioni  volontarie  o  di  procedimenti
 espropriativi" e, dall'altro, "di somme comunque dovute  per  effetto
 di   acquisizione  coattiva  conseguente  a  occupazioni  di  urgenza
 divenute  illegittime  relativamente  a  terreni  destinati  a  opere
 pubbliche  o  a  infrastrutture  urbane  ..  definite dagli strumenti
 urbanistici ovvero a interventi di edilizia residenziale pubblica  ed
 economica popolare ..".
    Si tratta, cioe', di due distinti gruppi di fattispecie tassabili:
 il  primo  gruppo  comprende  le  ipotesi nelle quali sia intervenuto
 decreto di espropriazione, con  pagamento  dell'indennita'  relativa,
 oppure  vi  sia stata cessione volontaria del bene, con pagamento del
 prezzo, nell'ambito di un procedimento di espropriazione; il  secondo
 gruppo  comprende,  invece,  le  ipotesi  in  cui  l'acquisizione  di
 "terreni"  sia  avvenuta   in   assenza   di   un   procedimento   di
 espropriazione, per effetto dell'irreversibile destinazione del suolo
 illegittimamente  occupato  ad un'opera pubblica o ad una delle altre
 due categorie di opere previste dalla norma, nelle quali  ipotesi  la
 plusvalenza  si  realizza  con  la  percezione delle somme "dovute" a
 titolo  risarcitorio  (per  la  perdita  del  suolo,  secondo  quanto
 espressamente prevede, per l'edilizia residenziale,  l'art.  3  della
 legge n. 458/1988).
    Nelle  ipotesi  del  primo gruppo manca qualsiasi riferimento alla
 finalita' dell'acquisizione perche', avvenendo questa in forza di  un
 procedimento  espropriativo,  in  ogni  caso sussiste la finalita' di
 carattere  pubblico  assunta  a  fondamento  della  dichiarazione  di
 pubblica   utilita'   dell'opera  da  realizzare;  il  che  e'  vero,
 ovviamente, anche per le espropriazioni ex art. 147  della  legge  n.
 1523,  in  cui  la  dichiazione  di  p.u. e' funzionale all'interesse
 pubblico  o  di  apprestare  aree  attrezzate  per  gli  insediamenti
 produttivi  o direttamente per la realizzazione di nuovi stabilimenti
 industriali.
    Invece, nel secondo gruppo di ipotesi, concernenti le acquisizioni
 che avvengono sine titulo, in base, cioe' ad occupazioni  abusive  ab
 origine   o   tali  divenute  successivamente,  il  riferimento  alla
 finalita' delle stesse e' necessario, posto che solo in relazione  ad
 un'opera  pubblica  puo' realizzarsi la vicenda estintiva-acquisitiva
 che realizza il trasferimento dal privato alla p.a.
   In definitiva, quindi, la percezione dell'indennita'  di  esproprio
 rientra  in  ogni  caso  nelle  fattispecie  tassabili;  e cio' trova
 conferma sistematica nel disposto di cui  alla  lett.  f)  del  primo
 comma  dello stesso art. 11, che - rendendo imponibili le plusvalenze
 realizzate  a  seguito  di  cessioni  a  titolo  oneroso  di  terreni
 suscettibili  di utilizzazione edificatoria - in pratica ha esteso la
 tassabilita' ad ogni tipo di plusvalenza, sicche'  l'esenzione  delle
 indennita'  relative  alle espropriazioni in questione mancherebbe di
 qualsiasi giustificazione razionale.
    2. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce  l'illegittimita'
 costituzionale  del  nono  comma dell'art. 11 cit. nella parte in cui
 assoggetta alla tassazione pure "le somme percepite in conseguenza di
 atti anche volontari o provvedimenti  emessi  successivamente  al  31
 dicembre  1988  e  fino alla data di entrata in vigore della presente
 legge,  se  l'incremento  di  valore  non   e'   stato   assoggettato
 all'Invim".  Sostiene  che  la  disposizione  confligge con l'art. 53
 della Costituzione in quanto, riguardando rapporti esauriti tanto sul
 piano giuridico che su quello economico, vulnera il  principio  della
 capacita'   contributiva   e   rende  costituzionalmente  illegittima
 l'imposizione retroattiva.
    La  questione  e'  rilevante  per  la  decisione  della   presente
 controversia e non manifestamente infondata.
    La  rilevanza  e'  in re ipsa, posto che nella specie si tratta di
 indennita' di  espropriazione  pecepita  nell'anno  1990  e  che,  di
 conseguenza,  la  legittimita'  della  tassazione  e'  correlata alla
 normativa suddetta, alla stregua  della  quale  il  ricorso  andrebbe
 respinto.
    Quanto   al   giudizio  di  non  manifesta  infondatezza,  occorre
 ricordare che, non rinvenendosi un principio costituzionale che vieti
 la retroattivita' delle leggi tributarie di  imposizione,  l'art.  11
 disp. att. del c.c. - che sancisce l'ordinaria irretroattivita' della
 legge  -  puo'  essere  in  subiecta materia derogato espressamente o
 tacitamente dalla legge ordinaria; ma, come piu' volte ha chiarito la
 Corte  costituzionale,  cio'  e'  consentito  sempre  che  la   norma
 retroattiva  non  venga  a  confliggere con altri principi di portata
 costituzionale,  in  particolare  con  il  principio  della capacita'
 contributiva, sancito dall'art. 53, primo comma, della  Costituzione.
 Il  quale,  com'e' noto, opera come limite del potere di imposizione,
 nel senso che l'obbligazione tributaria  deve  in  ogni  caso  essere
 collegata   a  presupposti  di  fatto  che  siano  espressione  della
 capacita' economica del soggetto  rispetto  allo  specifico  prelievo
 imposto (per cui il legislatore e' vincolato ad erigere a presupposti
 dei   pubblici   prelievi   fatti   che,  sia  pure  presuntivamente,
 costituiscano manifestazioni di effettiva disponibilita' di ricchezza
 e, dunque, di  attitudine  del  soggetto  a  contribuire  ai  carichi
 pubblici attraverso il prelievo deliberato).
    Specificamente  quanto  all'efficacia  retroattiva della legge che
 ricolleghi un tributo,  da  corrispondere  dopo  la  sua  entrata  in
 vigore,  a  fatti verificatisi in passato, la Corte costituzionale ha
 precisato  che  l'imposizione  deve  ritenersi  legittima  quando  la
 capacita'  contributiva sia ancora attuale al momento dell'entrata in
 vigore della norma, per modo che persista un  collegamento  effettivo
 fra  la  prestazione  imposta e il presupposto economico considerato;
 collegamento, codesto, che  deve  basarsi  su  presunzioni  razionali
 attinenti  agli elementi normativi del presupposto medesimo esistenti
 al momento in cui entra in vigore la norma impositrice.
    In base a questo principio, la  Corte  costituzionale,  a  partire
 dalla  nota  sentenza  n.  44/1966 (in tema di aree fabbricabili), ha
 affermato che non e' in regola con l'art. 53 della  Costituzione,  la
 norma  tributaria che applica l'imposta a rapporti esauriti senza che
 l'efficacia retroattiva sia sorretta da alcuna razionale  presunzione
 che  gli  effetti  economici  permangono nella sfera patrimoniale del
 soggetto; e cio' specie quando il  presupposto  del  tributo  si  sia
 verificato   in   tempo   notevolmente   anteriore,  sicche'  non  e'
 giustificato presumere,  secondo  l'id  quod  plerumque  accidit,  la
 persistenza  dell'attitudine  economica  ricollegabile al presupposto
 medesimo.
    Tuttavia la Corte ha anche avvertito (ancora  con  riferimento  al
 leading  case  dell'imposta  sulle aree fabbricabili) che il problema
 del collegamento tra il fatto impositivo e il nuovo  tributo  non  si
 pone  neppure  quando  quel  fatto  fosse gia' considerato sintomo di
 capacita'  contributiva  e  che,  pertanto,  una   norma   impositiva
 retroattiva  e'  legittima  nel caso che il fatto imponibile fosse in
 precedenza gia' colpito da altro tributo, sostituito  dal  nuovo  (v.
 Corte  costistuzionale  11 aprile 1969, n. 75, con cui l'applicazione
 retroattiva dell'imposta fu  ritenuta  legittima  nei  confronti  dei
 soggetti gia' sottoposti al contributo di miglioria generica).
    Valutando  alla  stregua  dei  parametri  ora  ricordati  la norma
 impositiva in  questione  -  per  cui  il  tributo  viene  a  colpire
 plusvalenze conseguite negli anni 1988, 1989 e 1990 - e' arduo negare
 che tale dissociazione temporale tra imposizione a presupposto faccia
 venire  meno  il  collegamento che esige il principio della capacita'
 contributiva.
    Tenuto conto,  infatti,  della  natura  del  presupposto,  non  si
 rinvengono  elementi  oggettivi e astratti idonei a far presumere che
 gli effetti economici  dell'atto  ablativo  e  del  valore  con  esso
 realizzato  permanessero  nella  sfera  patrimoniale  dei soggetti al
 momento dell'istituzione  del  tributo.  E'  vero  che  il  requisito
 dell'attualita'  non  va inteso in modo rigido, dovendosi al riguardo
 riconoscere  una  certa discrezionalita' al legislatore, in relazione
 alle  caratteristiche  del  tributo;  ma  nella  specie  queste   non
 consentono  di  presumere  per  lungo  tempo  la  permanenza  di  una
 capacita'  contributiva  corrispondente  alla  somma  percepita   dal
 contribuente  e  rappresentativa  della  plusvalenza,  cio' potendosi
 ritenere solo per un breve periodo, al limite per  l'anno  precedente
 all'entrata in vigore della legge (1991).
    Ne'  si  riscontra  l'altro elemento che - come si e' visto - puo'
 legittimare l'imposizione retroattiva, cioe' la preesistenza di altro
 tributo riguardante il medesimo presupposto. I trasferimenti coattivi
 disposti in base a dichiarazioni di pubblica utilita' in passato  non
 erano  assoggettati  a  tassazione  con  l'invim  ne'  con il tributo
 personale, in relazione alle plusvalenze realizzate: soltanto con  la
 legge  n.  413  del  1991, tali plusvalenze sono state comprese tra i
 redditi diversi, di cui all'art. 81, primo comma, lett. b), del testo
 unico i.r.
    In defintiva, quindi, va dichiarata non  manifestamente  infondata
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, nono comma,
 della  legge 413/1991, per contrasto con l'art. 53, primo comma della
 Costituzione, nella parte in cui detta che le disposizioni di cui  al
 quinto,  sesto e settimo comma, si applicano "alle somme percepite in
 conseguenza  di  atti  anche   volontari   o   provvedimenti   emessi
 successivamente  al  31  dicembre 1988 e fino alla data di entrata in
 vigore della presente legge se l'incremento di valore degli  immobili
 non  e'  stato  assoggettato  all'imposta comunale sull'incremento di
 valore degli immobili".