Ricorre la regione autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le presidente della giunta regionale, sig. Dino Vierin, debitamente autorizzato in forza di delibera della giunta regionale n. 2292 del 17 marzo 1994, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria, n. 5, in forza di procura per atto notar Bastrenta di Aosta del 18 marzo 1994, rep. 15402, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on.le Presidente del Consiglio, pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, palazzo Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei Portoghesi n. 12 per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, parte I, s.o. n. 29 alla Gazzetta Ufficiale n. 41, del 19 febbraio 1994. IN FATTO La legge impugnata e' chiamata a disciplinare l'attivita' amministrativa in materia di opere e di lavori pubblici. Il secondo comma dell'art. 1 di tale legge dichiara espressamente che "Per la disciplina delle opere e dei lavori pubblici di competenza delle regioni a statuto speciale, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti infraregionali da queste finanziati, le disposizioni della presente legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale e principi della legislazione dello Stato ai sensi degli statuti delle regioni a statuto speciale e dell'art. 117 della Costituzione, anche per il rispetto degli obblighi internazionali dello Stato". L'art. 2 della legge impugnata, mentre al primo comma definisce la nozione di "lavori pubblici" da essa contemplati, al secondo comma, lett. a) precisa che le norme da essa e dal regolamento di cui al successivo art. 3, secondo comma, si applicano "alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, agli enti pubblici, compresi quelli economici, agli enti e alle amministrazioni locali, alle loro associazioni e consorzi nonche' agli altri organismi di diritto pubblico": in assenza di una espressa esclusione da tale ambito delle regioni a statuto speciale, e' da temere che il legislatore statale abbia inteso assoggettare alla legge impugnata ed all'emanando regolamento di cui all'art. 3, anche tali regioni, e cosi' la ricorrente regione autonoma Valle d'Aosta e gli enti su cui essa e' chiamata ad esercitare il suo controllo ai sensi dell'art. 43, primo comma, dello statuto (secondo le modalita' la cui determinazione e' comunque rimessa a legge regionale). L'art. 3, primo comma, della legge de qua demanda alla potesta' regolamentare del Governo, ai sensi dell'art. 17, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400 la disciplina dei lavori pubblici con riferimento: a) alla programmazione, alla progettazione, alla direzione dei lavori, al collaudo e alle attivita' di supporto tecnico-amministrativo con le annesse normative tecniche; b) alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici, nonche' degli incarichi di progettazione; c) alle forme di pubblicita' e di consoscibilita' degli atti procedimentali, anche mediante informazione televisiva o trasmissione telematica, nonche' alle procedure di accesso a tali atti; d) ai rapporti funzionali tra i soggetti che concorrono alla realizzazione dei lavori e alle rela- tive competenze. Il sesto comma del medesimo art. 3 definisce poi in ventidue punti (contraddistinti dalle lettere da "a" ad "aa" i contenuti dell'emandato regolamento. L'art. 4 della legge impugnata, al primo comma, istituisce un'autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici con sede in Roma. Il quarto comma dello stesso articolo definisce i compiti dell'autorita', che e' chiamata a: a) vigilare affinche' sia assicurata l'economicita' dei lavori pubblici; b) vigilare sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia, verificando, anche con indagini campionarie, la regolarita' delle procedure di affidamento dei lavori pubblici; c) accertare che dall'esecuzione dei lavori non sia derivato pregiudizio per il pubblico erario; d) segnalare al Governo e al Parlamento, con apposita comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o applicazione distorta della normativa sui lavori pubblici; e) formulare al Ministro dei lavori pubblici proposte per la revisione del regolamento; f) predisporre ed inviare al Governo e al Parlamento una relazione annuale nella quale si evidenziano disfunzioni riscontrate nel settore degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici; g) sovrintende all'attivita' dell'osservatorio dei lavori pubblici (di cui al decimo comma dell'art. 4: la sua struttura ed i suoi compiti sono definiti in particolare del quattordicesimo comma e segg.); h) esercitare i poteri sanzionatori previsti dal settimo e diciassettesimo comma, dello stesso articolo; i) vigilare sul sistema di qualificazione previsto dall'art. 8. Il sesto comma dell'art. 4 prevede che l'autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici possa richiedere alle amministrazioni aggiudicatrici, agli altri enti aggiudicatori o realizzatori, nonche' ad ogni altra pubblica amministrazione o ad ogni ente, anche regionale, impresa o persona che ne sia in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti, relativi ai lavori pubblici in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli affidamenti dei lavori e possa disporre (su richiesta di chiunque ne abbia interesse) ispezioni, avvalendosi del servizio ispettivo di cui al decimo comma, lett. b) e della collaborazione di altri organi dello Stato (e le omesse o non veritiere informazioni sono sanzionate dal successivo settimo comma). Il diciassettesimo comma dell'art. 4 prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori sono tenuti a comunicare all'osservatorio dei lavori pubblici i dati relativi ai lavori pubblici di importo superiore all'importo di 80.000 Ecu: il diciottesimo comma prevede che i dati relativi ai lavori di interesse comunale, provinciale e regionale siano comunicati alle sezioni regionali dell'osservatorio (istituite, ai sensi del quattordicesimo comma, presso ogni provveditorato regionale alle opere pubbliche). L'art. 7, primo comma, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori nominino, nell'ambito della propria struttura tecnica e amministrativa, un unico responsabile del procedimento per le fasi della programmazione del lavoro, della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione dei medesimi. La disciplina teste' richiamata e' gravemente lesiva delle attribuzioni della regione autonoma Valle d'Aosta ed e' illegittima per violazione dei principi dello statuto della regione autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 4, 43 e 46. IN DIRITTO 1. - E' indubitabile che la normativa in esame venga a fortemente incidere sulla materia dei lavori pubblici, che appartiene alla competenza normativa primaria della regione ricorrente, ai sensi dell'art. 2, lett. f) dello statuto di autonomia speciale. Inoltre la normativa in questione viene anche ad incidere sulle competenze in materia amministrativa che alla regione spettano in via esclusiva in base all'art. 4 dello stesso statuto regionale e comprime la potesta' regionale di organizzazione degli uffici regionali, di cui all'art. 2, lett. a), li' dove (art. 7) prevede la nomina di un unico responsabile del procedimento per le fasi della programmazione del lavoro, della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione dei medesimi. Peraltro, dal tenore dell'art. 2, secondo comma, lett. a), sembra doversi ritenere che il legislatore statale abbia inteso vincolare anche le regioni autonome all'applicazione non soltanto della legge impugnata, ma anche del regolamento di cui all'art. 3, secondo comma, prevede l'emanazione. In effetti, il margine di autonomia normativa ed amministrativa della regione ricorrente in materia di lavori pubblici, quale garantitole dallo statuto, e' definitivamente destinato ad essere compreso dall'emanando regolamento delegificante, previsto dall'art. 3 della disciplina impugnata, regolamento chiamato a definire in maniera ancora piu' dettagliata la materia dei lavori pubblici, di guisa che al potere normativo della regione ricorrente sia lasciato un margine sostanzialmente inesistente e praticamente ridotto alla sola emanazione di leggi di spesa. 2. - Il legislatore statale, conscio evidentemente di invadere e comprimere la sfera di autonomia della ricorrente e di altre regioni a statuto speciale, ha tentato di sottrarre la normativa impugnata a censure di illegittimita' costituzionale attraverso l'autoqualificazione (di cui all'art. 1, secondo comma) del provvedimento come portatore di norme fondamentali di riforme economico-sociali. Da un lato, occorre puntualizzare che tale autoqualificazione, non vincola in alcun modo l'ecc.ma Corte: e' infatti del tutto pacifico che un siffatto accorgimento del legislatore statale sia di per se' privo di rilevanza, dovendosi invece riconoscere le norme che recano i principi fondamentali soltanto in base alla loro motivazione politico-sociale, al loro scopo, alla modificazione che possano indurre nei rapporti sociali (conf.: Corte costituzionale, 25 luglio 1984, n. 219, in giur. cost., 1984, I, 1490). Nel caso di specie, non sembra che una normativa, tanto di dettaglio come quella oggi impugnata, possa presentare i connotati delle norme fondamentali di riforma economico-sociale. D'altronde, come codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di evidenziare, una norma statale puo' legittimamente incidere sulle competenze normative delle regioni a statuto speciale, in quanto "norma fondamentale di riforma economico sociale", solo se essa resti norma di principio, cioe' norma che lasci alle regioni, nelle materie di loro competenza, uno spazio normativo sufficiente all'adattamento alla specifica realta' locale (Corte costituzionale, 15 novembre 1988, n. 1033, in giur. cost., 1988, I, 5048): proprio per il denunziato carattere di dettaglio della disciplina recata dalla legge impugnata, nel caso di specie non resta affatto alla regione ricorrente un tale margine di autonomia normativa. E' parimenti del tutto irrilevante il richiamo al rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, parimenti menzionati nell'art. 1, secondo comma del provvedimento impugnato. Potrebbe ipotizzarsi che in tal modo il legislatore statale abbia inteso salvaguardare gli obblighi in materia di pubblici appalti che derivano all'Italia dall'appartenenza alla Comunita' europea. Ma, occorre rilevare che la normativa impugnata trascende ampiamente le linee tracciate in materia di pubblici appalti dalle direttive comunitarie cui l'Italia abbia dato o debba dare esecuzione; d'altronde, ai sensi del suo art. 2, primo comma, dall'ambito di applicazione della normativa impugnata sono espressamente escluse le attivita' contemplate dalla direttiva 92/50/CEE del consiglio del 18 giugno 1992. Deve poi fortemente dubitarsi che i principi delle riforme economico-sociali (che soli potrebbero venire a vincolare la potesta' normativa primaria della regione) siano suscettibili di essere recati da un regolamento del Governo emesso ai sensi dell'art. 17, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A ben guardare, quest'ultima norma presuppone che la legge che autorizza l'esercizio della potesta' regolamentare abbia determinato le norme generali regolatrici della materia: dunque il regolamento cosi' autorizzato non puo' per definizione recare "principi generali", perche' i principi generali sono stati gia' definiti dalla legge che lo autorizza (che, come si e' visto, comunque, nel caso di specie, e' gia' essa stessa andata ben al di la' della mera definizione dei principi). 3. - Sotto altro, e non meno rilevante profilo, la normativa impugnata viola la sfera di autonomia regionale, introducendo controlli, particolarmente incisivi e sistematici (v. in particolare il sesto e diciassettesima comma dell'art. 4, della legge n. 109, del 1994), con previsione anche di ispezioni, sull'attivita' regionale; controlli che trascendono il novero di quelli tassativamente previsti dallo statuto di autonomia speciale, e che vengono affidati ad organi diversi da quelli che sono investiti del potere di controllo dallo statuto di autonomia speciale. In effetti, lo statuto, all'art. 46, assoggetta l'attivita' amministrativa regionale esclusivamente al controllo della commissione di coordinamento, organo i cui componenti sono in parte di designazione statale, ed in parte sono designati dal consiglio regionale: va evidenziato invece che i membri dell'organo di controllo istituito con la normativa impugnata sono tutti nominati dal potere centrale (sia pure non dall'esecutivo, ma dai Presidenti dei due rami del Parlamento; in ogni caso, pero', senza alcuna partecipazione delle regioni). Peraltro, la regione ricorrente si vede a sua volta espropriata del potere di controllo sugli atti dei comuni, o comunque vede fortemente compressa la sua competenza normativa in materia, come attribuitale dall'art. 43, primo comma, dello statuto. In ogni caso, deve rilevarsi che e' soltanto la competenza normativa della regione a poter essere eventualmente compressa, ai sensi dell'art. 2 dello statuto di autonomia della regione ricorrente, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali. Per quanto concerne invece il campo dei controlli sugli enti locali, previsto dall'art. 43, primo comma, dello statuto, e' da evidenziare che esso non presenta una possibilita' di compressione di segno analogo a quella prevista dall'art. 2: alla regione e' chiesto soltanto di armonizzare la propria legislazione con quella dello Stato. Infine, per quanto concerne l'ambito dei controlli sulla regione, e' da evidenziare che, per quanto rimette all'emanando regolamento, comunque la normativa impugnata viola la riserva di legge espressamente prevista dall'art. 46, comma, dello statuto. Al riguardo, va aggiunto che l'art. 17, secondo comma, della legge n. 400/1988 espressamente esclude dall'ambito delle materie che possano essere oggetto di regolamento delegificante del Governo tutte quelle coperte "da riserva assoluta di legge": nel caso di specie, la riserva di legge e' appunto posta da una norma di rango costituzionale recata dallo statuto di autonomia speciale della ricorrente regione.