ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  del  decreto-legge  19
 novembre   1993,  n.  463  (Disciplina  della  proroga  degli  organi
 amministrativi)  promosso  con  ricorso   della   Regione   Calabria,
 notificato  il  14  dicembre  1993,  depositato  in cancelleria il 17
 successivo ed iscritto al n. 77 del registro ricorsi 1993;
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  23 marzo 1994 il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Ritenuto  che  la  Regione  Calabria  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'   costituzionale  nei  confronti  del  decreto-legge  19
 novembre  1993,  n.  463  (Disciplina  della  proroga  degli   organi
 amministrativi),  deducendo  la violazione degli artt. 117, 118, 121,
 122, 123 e 77, ultimo comma, della Costituzione;
      che, ancorche'  formulate  nei  confronti  dell'intero  decreto-
 legge,  le censure della Regione Calabria concernono, in particolare,
 le disposizioni di cui agli artt. 3, 4, secondo  comma,  6  e  8  del
 decreto-legge n. 463 del 1993, ma solo per la eventualita' che l'art.
 9,  primo comma, dello stesso decreto-legge - il quale stabilisce che
 le disposizioni di quest'ultimo atto si applicano nei confronti delle
 regioni a statuto ordinario fino a quando queste ultime  non  avranno
 adeguato  i loro ordinamenti ai principi generali ivi contenuti - sia
 ritenuto tale da determinare l'abrogazione della normativa  regionale
 vigente  (nel caso: della legge della Regione Calabria 5 agosto 1992,
 n.  13,  che  ha  adeguato  la  legislazione  regionale  ai  principi
 dell'art. 97 della Costituzione e a quelli affermati  nella  sentenza
 n. 208 del 1992 di questa Corte);
      che,  infatti,  ove  l'interpretazione dell'art. 9, primo comma,
 del decreto-legge impugnato, fosse quella paventata dalla ricorrente,
 la disciplina denunziata sarebbe illegittima, in quanto:
        a) l'attribuzione ai presidenti degli  organi  collegiali,  in
 caso  di  inerzia  di  questi ultimi, della competenza in ordine alla
 designazione e alla nomina dei titolari degli  organi  amministrativi
 scaduti,  contenuta  nell'art.  4,  secondo  comma, violerebbe sia le
 competenze regionali in materia di ordinamento degli uffici,  sia  le
 competenze statutarie (art. 123 della Costituzione), sia, infine, gli
 artt.  121  e  122  della  Costituzione,  se  riferita alle nomine di
 competenza del Consiglio regionale, perche' verrebbe ad attribuire al
 presidente del Consiglio regionale funzioni di rilevanza esterna;
        b) la previsione della  proroga  degli  organi  amministrativi
 scaduti  e  degli  atti  da  questi compiuti, limitatamente agli atti
 urgenti  e  indifferibili  (art.  3),  nonche'  la  previsione  della
 nullita' di diritto degli atti compiuti dagli organi scaduti (art. 6)
 inciderebbero  sulle  competenze  regionali violando l'art. 117 della
 Costituzione;
        c) la previsione della convalida degli atti di  ricostituzione
 degli  organi scaduti adottati dai presidenti degli organi collegiali
 sulla base della disciplina vigente al momento della loro adozione, e
 cioe'  sulla  base  dei  decreti-legge  che  hanno  preceduto  quello
 impugnato  nel  presente  giudizio,  violerebbe sia l'art. 77, ultimo
 comma, della Costituzione, in relazione all'art. 15,  secondo  comma,
 lett.  d),  della  legge  23  agosto  1988, n. 400, sia la competenza
 regionale in materia di organizzazione di uffici ed enti, non potendo
 le regioni revocare gli atti illegittimi compiuti dai loro presidenti
 e provvedere diversamente in ordine agli organi scaduti.
    Considerato che il decreto-legge 19 novembre 1993, n. 463  non  e'
 stato  convertito  in  legge nel termine prescritto, come risulta dal
 comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13
 del 18 gennaio 1994;
      che, pertanto, in  conformita'  alla  giurisprudenza  di  questa
 Corte  (v.,  da  ultimo,  l'ordinanza  n.  74 del 1994), le questioni
 sollevate   dalla   Regione   Calabria   devono   essere   dichiarate
 manifestamente inammissibili;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;