IL TRIBUNALE Letti gli atti del ricorso ex art. 700 del c.p.c. proposto da Cargnelutti Valter nei confronti di Cargnelutti Edino e Nerina, e del suo reclamo ex art. 669-terdecies del c.p.c., sentite le parti in camera di consiglio, pronuncia la seguente ordinanza: 1. - Cargnelutti Valter convive con la madre 76enne, invalida e bisognosa di assistenza. Si e' rivolto a questo tribunale per ottenere attraverso un provvedimento cautelare che i suoi fratelli Edino e Nerina siano obbligati a concorrere nel mantenimento della madre versando un assegno oppure ospitandola periodicamente; Edino in particolare dovrebbe mettere a disposizione della madre un libretto di risparmio al portatore con il deposito della somma ricavata dalla vendita di una casa della quale era comproprietaria. Sull'opposizione dei resistenti il giudice designato dal presidente del tribunale ha pronunciato ordinanza di rigetto del ricorso avverso la quale il Cargnelutti ha proposto entro il decimo giorno reclamo al collegio " ex art. 178 del c.p.c." (come definito dal suo procuratore). Il tribunale, composto con la partecipazione anche del giudice che aveva emesso il provvedimento impugnato, ritenendo che tale reclamo fosse identificabile come quello di cui all'art. 669-terdecies (art. 74 della legge 24 novembre 1990, n. 353), constatata l'incompatibilita' del magistrato, ha rimesso gli atti al presidente del tribunale: questi ha nuovamente convocato le parti davanti al collegio e del reclamo si e' quindi trattato in camera di consiglio. 2. - Come anche i resistenti hanno fatto rilevare, il reclamo dovrebbe essere considerato inammissibile ai sensi dell'art. 669/primo terdecies del c.p.c. secondo cui il mezzo di impugnazione e' consentito soltanto avverso l'ordinanza che abbia concesso il provvedimento cautelare, non contro quella che lo abbia rifiutato. Nondimeno appare non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della norma da applicare, in rapporto agli artt. 3, 24 della Costituzione, sollevata dal reclamante. 3. - Premesso che, con tutta evidenza, la questione e' rilevante in quanto la norma dovrebbe essere applicata al caso sottoposto all'esame del tribunale, non si puo' disconoscere che il legislatore abbia attuato una disciplina della reclamabilita' in materia che contrasta con il principio di uguaglianza e quello del diritto alla tutela giurisdizionale. Infatti da un lato e' stato ammesso il reclamo avverso l'ordinanza che abbia disposto il provvedimento cautelare, dall'altro tale reclamo e' stato implicitamente ma sicuramente escluso ove il giudice abbia rigettato il ricorso. Si e' quindi ritenuta piu' meritevole di tutela la condizione di chi debba subire la cautela impostagli a garanzia di un diritto altrui, che non quella di chi abbia agito per conseguire quella cautela nel periodo di tempo necessario per ottenere una pronuncia giudiziale nel merito. 4. - Questa disciplina realizza un trattamento diverso fra le parti in quanto consente di impugnare una sola delle due ordinanze possibili, quella che abbia provveduto cautelarmente, finendo per privilegiare la condizione del resistente a danno di quella del ricorrente che si vede precludere la possibilita' di modificare la situazione cui egli intendeva fosse posto riparo, mentre, all'opposto, la controparte puo' con il suo reclamo conseguire la modificazione o l'annullamento di cio' che era stato posto a tutela del diritto dell'altro. 5. - Tale disciplina non soddisfa motivi di ragionevolezza ne' si giustifica alla luce del principio, piu' volte affermato dal giudice delle leggi, che l'impugnabilita' di un provvedimento giurisdizionale, con mezzo diverso dal ricorso di legittimita', corrisponde a scelta insindacabile del legislatore. Infatti se in materia il legislatore ha previsto la reclamabilita' di uno dei due provvedimenti possibili, quello di accoglimento, tale scelta avrebbe dovuto comprendere qualsiasi ordinanza del giudice ed in tal modo, nel pieno rispetto della uguaglianza delle parti, consentire il riesame pieno della questione anche in vista della concessione di quella cautela che il primo giudice aveva negato. 6. - Non puo' sfuggire, infine, la singolarita' del problema quando, come potrebbe accadere, il giudice abbia concesso al ricorrente molto meno di quanto da lui richiesto, cioe' una cautela minima ed insufficiente a garantirgli l'effettivo soddisfacimento del suo diritto: in tal caso e' certamente reclamabile l'ordinanza anche da parte del ricorrente con l'effetto che egli puo' ottenere in sede di reclamo cio' che non gli e' stato concesso prima. Non si vede allora per quale ragione nell'un caso al ricorrente sia negato cio' che a tutela del medesimo interesse nell'altro caso e' concesso.