LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente decisione sul ricorso n. 92/3343 presentato il 2 dicembre 1992 (avverso: s/rif su i.rimb, imp. sostitutiva 91) da Melissari Rosetta, residente a Locri, in via Firenze n. 44, contro l'intendenza di finanza di Reggio Calabria. Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della decisione Con atto datato 5 dicembre 1992 Melissari Rosetta proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto dell'intendente di finanza di Reggio Calabria in ordine all'istanza di rimborso della ritenuta, pari al 20% dell'imponibile, operata dall'I.A.C.P. di Reggio Calabria in applicazione dell'art. 11, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sulle somme corrisposte a titolo di risarcimento danni per l'espropriazione di un'area, di proprieta' di essa Melissari, utilizzata per la costruzione di sessanta alloggi nel comune di Campo Calabro. La ricorrente contestava nel merito la tenutezza al versamento dell'imposta ed eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge n. 413/1991. All'udienza la ricorrente ribadiva le proprie tesi mentre il rappresentante dell'ufficio insisteva per il rigetto del ricorso sotto ogni profilo. M O T I V I Osserva la commissione, prendendo spunto dal ricorso di che trattasi e dalle censure mosse con il medesimo, che il citato art. 11, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono e decimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, non puo' ritenersi immune da ragionevoli dubbi di costituzionalita', che inducono a rilevarne anche di ufficio la relativa questione sotto diversi profili. Un primo profilo riguarda e la tassazione dell'indennita' di occupazione e la tassazione degli interessi sulle plusvalenze derivanti dalla percezione di indennita' di esproprio di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonche' di somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni d'urgenza divenute illegittime (quinto e sesto comma della legge n. 413/1991). Ora siffatte tassazioni appaiono in violazione dell'art. 53 in relazione all'art. 3 della Costituzione. Invero, come la Corte costituzionale ha ripetutamente avuto occasione di affermare, il precetto enunciato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione, per cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche, in ragione della loro capacita' contributiva, va interpretato quale specificazione del generale principio di eguaglianza contenuto nell'art. 3 della Costituzione, nel senso che a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale. Sul piano garantistico costituzionale, poi, esso dev'essere inteso come espressione dell'esigenza che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rilevatori Ai ricchezza (sentenza n. 120/1972). E poiche' nella fattispecie, le tassazioni sopra indicate vengono a colpire delle somme che non rappresentano ricchezza nuova, ne' plusvalore ma un semplice ristoro a fronte dello spossessamento effettuato dalla p.a. su un bene privato, manca quel collegamento dell'imposizione ad un presupposto rilevatore di ricchezza e quindi manca l'idoneita' soggettiva alla obbligazione di imposta. Un secondo profilo riguarda il prelievo fiscale su somme riferite in concreto a situazioni gia' esaurite: siffatta tassazione viola sempre il disposto dell'art. 53 in relazione all'art. 3 della Costituzione, a causa, questa volta, della non attualita' della capacita' contributiva presa in considerazione, in quanto i fatti passati utilizzati dal legislatore non possono costituire indici attuali concretamente rivelatori di ricchezza. La stessa Corte costituzionale ha precisato che, quando la legge assuma a presupposto un fatto passato ovvero estenda gli effetti di questo fatto al passato, occorre verificare se il rapporto che deve sussistere tra capacita' contributiva ed imposizione non risulti reciso, ed, in particolare, se l'efficacia retroattiva sia sorretta da una razionale presunzione che gli effetti economici della situazione passata permangono attualmente nella sfera patrimoniale dell'obbligato, il quale, nel caso in esame, per le ragioni piu' svariate, potrebbe non essere piu' nella disponibilita' dell'indennita', data anche la possibilita' che l'acquisizione della stessa sia avvenuta in un tempo notevolmente remoto, in cui non era neppure prevedibile l'istituzione dell'imposta (Corte costituzionale n. 44/1966 e n. 143/1982). Un ulteriore profilo riguarda la tassazione delle indennita' di espropriazione di terreni agricoli, per le quali continuano a trovare applicazione i parametri di determinazione fissati dalla legge n. 865/1971. Per tali indennita', quindi, il regime fiscale introdotto con la legge n. 413/1991 si risolve nell'imposizione di un gravoso onere che comprime il parziale ristoro del sacrificio, imposto nell'interesse generale, del diritto di proprieta' del privato. In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha sancito, in diverse occasioni, che l'art. 42 della Costituzione, lungi dal garantire all'espropriato il diritto ad un'indennita' rapportata al valore di mercato del bene, mira ad assicurargli un'adeguata riparazione, la quale, peraltro, non puo' rappresentare un indenizzo meramente apparente e simbolico ma deve sostanziarsi in un ristoro serio, tale da non ledere il principio costituzionale di eguaglianza. Da qui l'ulteriore profilo di incostituzionalita' della norma richiamata; la violazione dell'art. 42 della Costituzione, terzo comma, e quella dell'art. 3. In conclusione, alla stregua delle svolte considerazioni va ritenuta la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 11, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono e decimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in relazione ai principi ed alle garanzie previste dagli artt. 53, 3 e 42 della Costituzione, e in conseguenza, la commissione provvede come da dispositivo della presente ordinanza.