IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 835/93, proposto da Telma De Castro Carvalho e Odorico Erbino, rappresentati e difesi dall'avv. Claudio Mussato e domiciliati presso la segreteria generale del t.a.r., come da mandato a margine del ricorso, contro il Ministero degli interni, in persona del Ministro pro-tempore, costituitosi in giudizio e rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliata ex lege per l'annullamento del provvedimento n. 559/443/1524189/A16/91/2 del Ministero degli interni, datato 30 agosto 1993, con il quale si rigettava la domanda di Telma De Castro Carvalho intesa ad ottenere il permesso di soggiorno per coesione familiare a favore del figlio minore Carvalho De Cerqueira Fabio, nonche' della nota della questura di Udine del 7 ottobre 1993 che le comunicava il citato provvedimento ministeriale; Visto il ricorso, notificato il 26 ottobre 1993 e depositato presso la segreteria con i relativi allegati il 29 ottobre 1993; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato, depositato l'8 novembre 1993; Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Vista la propria ordinanza n. 393/1993 datata 10 novembre 1993; Data per letta alla camera di consiglio del 10 novembre 1993 la relazione del consigliere Umberto Zuballi ed uditi, altresi', gli avvocati Mussato per la ricorrente e Viola per l'amministrazione; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F A T T O La ricorrente Telma De Castro, cittadina brasiliana coniugata con il cittadino italiano Odorico Erbino, aveva chiesto al Ministero degli interni di ottenere un permesso di soggiorno per coesione familiare per il figlio Fabio, nato fuori dal matrimonio e cittadino brasiliano anch'esso, allegando una dichiarazione dell'attuale coniuge che garantiva ogni assistenza per il minore. Con il provvedimento qui impugnato il Ministero degli interni negava la concessione del permesso, in quanto la madra non svolge alcuna attivita' lavorativa retribuita e pertanto non si trova nelle condizioni previste dall'articolo 4, primo comma, della legge n. 943/1986. L'instante sottolinea l'interesse del figlio minore ad essere inserito in una vera famiglia, rilevando altresi' come la propria posizione di casalinga non dovrebbe ostare a tale esigenza, sia per il regime di comunione dei beni con il marito, sia per la disponibilita' manifestata da questi di provvedere al mantenimento del figlio. In sostanza la situazione della ricorrente dovrebbe, a sensi dell'art. 4, primo comma, della citata legge n. 943/1986, essere equiparata a quella di un lavoratore extracomunitario legalmente occupato e residente in Italia . Altrimenti opinando, si verificherebbe un'ingiustificata discriminazione a danno dei figli di una straniera coniugata con un italiano. Il provvedimento impugnato sarebbe altresi' contrastante con l'art. 29 della Costituzione, che espressamente riconosce la famiglia come nucleo dotato di potesta' e diritti propri, agevolando l'inserimento in essa anche dei figli naturali. La ricorrente conclude per l'annullamento dell'impugnato diniego. La resistente amministrazione rileva come l'art. 4 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, sia da considerare una norma eccezionale, non interpretabile quindi ne' estensivamente ne' analogicamente a favore di chi, come il figlio della ricorrente, non ha alcun diritto a soggiornare in Italia; in altri termini la disposizione riguarderebbe solo i lavoratori extracomunitari regolarmente residenti in Italia e ivi occupati, e non potrebbe trovare applicazione al caso in esame; ne discenderebbe la piena legittimita' dell'atto impugnato e l'infodatezza del ricorso. D I R I T T O 1. - Come si evince dalla narrativa, la questione di costituzionalita' riguarda la norma di cui all'art. 4, primo comma, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, nella parte in cui consente solo all'extracomunitario regolarmente occupato in Italia di ottenere il ricongiungimento con i propri figli minori, non ammettendo a tale beneficio i coniugi extracomuitari di cittadini italiani. 2. - La rilevanza della questione appare di tutta evidenza, sia perche' risulta pacifico in causa che l'unica ragione del diniego di ricongiungimento del figlio minore della ricorrente sia la carenza in capo ad essa della posizione di lavoratore extracomunitario regolarmente occupato e residente in Italia, sia perche' la dizione della legge, volta a disciplinare appunto la posizione dei lavoratori extracomunitari immigrati, esclude la sua applicabilita' a chi non si trovi in tale situazione. La risoluzione della questione di costituzionalita' appare pertanto rilevante in quanto decisiva ai fini dell'accoglimento o meno dell'istanza cautelare proposta dalla ricorrente, una volta acclarata la sussistenza del danno e del fumus boni iuris nella separata ordinanza n. 393/1993 di questo tribunale, che ha provvisoriamente accolto detta istanza cautelare, in attesa appunto della pronuncia sulla qustione di costituzionalita'. 3. - La denunciata questione di costituzionalita' dell'art. 4, primo comma, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, appare a questo collegio non manifestamente infondata sotto vari profili. Risulta innanzi tutto evidente come la norma, ancorche' contenuta nel corpo di una legge avente come finalita' quella di disciplinare la posizione dei lavoratori exracomunitari in Italia, presenta l'ulteriore specifico scopo di favorire la riunificazione della famiglie di detti lavoratori. Appare quindi chiaro che essa norma si pone in attuazione dell'art. 29 della Costituzione, che tutela la famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio. In questa luce appare contrastante con detto art. 29 la limitazione della possibilita' di ricongiungimento familiare ai soli lavoratori occupati in Italia, con esclusione di chi, come la ricorrente, coniugata con un cittadino italiano, svolga l'attivita' lavorativa di casalinga, non retribuita, ma costituente indubbiamente un contributo al buon andamento della propria famiglia. 4. - Inoltre il successivo art. 30 della Costituzione, che equipara i figli nati al di fuori del matrimonio a quelli cosidetti legittimi, subisce anch'esso un vulnus nella fattispecie in esame dall'impossibilita', sancita dal ripetuto articolo 4, primo comma, della legge n. 943/1986, di ricongiungimento alla madre di un figlio nato appunto fuori dal matrimonio. 5. - Essendo stata ritenuta, nei limiti suindicati, non manifestamente infondata la questione di costituzionalita', il collegio ritiene di disporre la sospensione del giudizio e di rimettere gli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci in merito.