ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 161, quarto
 comma, e 485, primo comma, del codice di procedura  penale,  promosso
 con  ordinanza  emessa  il  24  febbraio 1993 dal Pretore di Napoli -
 sezione distaccata di Capri  nel  procedimento  penale  a  carico  di
 Cortazzo  Maria  Enrica  ed  altra,  iscritta  al n. 461 del registro
 ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  marzo 1994 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto che nel corso di un giudizio penale il Pretore di  Napoli
 -  sezione  distaccata  di  Capri  ha  sollevato,con  l'ordinanza  in
 epigrafe,  nella  fase  degli  atti  introduttivi  al   dibattimento,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 161, quarto
 comma, e 485,  primo  comma,  del  codice  di  procedura  penale,  in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione;
      che  il  giudice  a  quo  riferisce,  in  punto di fatto: che le
 persone  sottoposte  alle  indagini  hanno  effettuato  elezione   di
 domicilio  presso  un  determinato  difensore, a norma dell'art. 161,
 primo comma, del codice  di  procedura  penale;  che  il  decreto  di
 citazione  a  giudizio  e'  stato  spedito  per  la  notifica a detto
 difensore, sia in tale sua qualita' sia  quale  domiciliatario  delle
 persone  imputate;  che,  infine,  il  legale ha preso in consegna la
 copia del decreto a lui spedita in  veste  di  difensore,  mentre  ha
 rifiutato  di  ricevere  le copie a lui dirette quale domiciliatario,
 affermando di non essere a cio'  impegnato  in  difetto  di  rapporto
 fiduciario  con  le  persone imputate (e tuttavia nulla rilevando, ex
 art. 107 del codice di rito, sul piano della rinuncia  all'incarico);
 che  si  e'  pertanto  verificata,  prosegue  il rimettente, l'omessa
 notifica riguardo agli  imputati,  che  pure  avevano  effettuato  in
 precedenza  idonea  elezione di domicilio, ed andrebbe di conseguenza
 dichiarata la nullita' della citazione poiche'  non  (sarebbe)  "  ..
 valida  una  (eventuale)  notifica  per  consegna al difensore .. nei
 termini  dell'attuale  disposizione  dell'art.  161  del  codice   di
 procedura penale";
      che,  sempre  in  questa  prospettazione,  il  Pretore individua
 talune ipotesi, diverse da quella verificatasi  nel  giudizio  a  quo
 (come:  il  "venir  meno  del  rapporto fiduciario"; il mutamento non
 comunicato del  domicilio  eletto;  l'impossibilita'  della  notifica
 presso il domicilio eletto), nelle quali, anche se vi sia invalidita'
 od omissione della notificazione presso il domiciliatario originario,
 risulta  esperibile,  e  sufficiente,  ai fini della costituzione del
 rapporto processuale, la consegna al difensore delle copie  destinate
 al  domiciliatario  (art.  161, quarto comma, del codice di procedura
 penale);
      che,  quindi,  il  rimettente   individua   una   ingiustificata
 disparita' di trattamento, lesiva del principio di eguaglianza, nella
 ritenuta  inapplicabilita'  della  disposizione  da ultimo richiamata
 alla vicenda in concreto realizzatasi, riconducibile alla figura  del
 rifiuto   di   ricezione   dell'atto,   suscettibile   viceversa   di
 equiparazione alle altre prese a termine di raffronto;
      che e' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' della  questione  -  in
 quanto  irrilevante in rapporto alla fase di controllo della regolare
 costituzione delle parti in cui essa e' sollevata, non potendosi piu'
 eseguire  la  notificazione  nel  senso  voluto dal giudice a quo - e
 comunque per l'infondatezza della medesima.
    Considerato  che   l'eccezione   di   inammissibilita'   formulata
 dall'Avvocatura  dello  Stato non puo' trovare accoglimento, giacche'
 l'invalidita' o l'omissione della notificazione  nei  riguardi  degli
 imputati    nel    giudizio    principale   implica   necessariamente
 l'esperimento di una nuova - e valida -  attivita'  di  notificazione
 idonea   a   consentire   la   regolare   costituzione  del  rapporto
 processuale, alla cui verifica e'  deputata  proprio  la  fase  nella
 quale  e'  stata  pronunciata  l'ordinanza  di  rinvio, ond'e' che il
 requisito della rilevanza e' soddisfatto;
      che,  nel   merito,   la   questione   muove   dal   presupposto
 interpretativo  secondo  il  quale  alla  fattispecie  di  rifiuto di
 ricezione  dell'atto  da  parte  del   domiciliatario   non   sarebbe
 riferibile  la  disciplina dell'impugnato art. 161, quarto comma, del
 codice di procedura penale; un presupposto,  questo,  dal  rimettente
 altresi'  ricollegato  -  a  contrario  - alla ritenuta "sufficienza"
 della consegna della  copia  dell'atto  al  difensore  nelle  ipotesi
 addotte quali termini di raffronto;
      che     l'accennato    presupposto    interpretativo    risulta,
 all'evidenza, contraddetto dal tenore dell'art.  161,  quarto  comma,
 del   codice   di   procedura   penale,  giacche'  nell'ambito  della
 inidoneita' (nella specie, sopravvenuta) dell'elezione  di  domicilio
 non puo' non farsi rientrare il caso di rifiuto di ricevere l'atto da
 parte    del   domiciliatario,   secondo   quanto   affermato   dalla
 giurisprudenza  anche  relativa  alla  corrispondente  -  per  questo
 profilo  -  disposizione  dell'art.  171, quinto comma, del codice di
 procedura penale del 1930;
      che, rispetto al verificarsi della situazione di inidoneita' del
 domicilio eletto, non assumono rilievo, ai fini della soluzione della
 presente questione, i profili riguardanti il rapporto retrostante  di
 carattere  fiduciario tra eligente e domiciliatario, e in particolare
 non interferisce il  dato  della  coeva  qualita'  di  difensore  per
 quest'ultimo:  indipendentemente  da  quelle  che sono le vicende del
 mandato difensivo, la norma sottoposta a scrutinio  mira  a  regolare
 con carattere di uniformita' le diverse possibili evenienze che danno
 luogo  alla inidoneita' - nonche' alla mancanza, o alla insufficienza
 -  dell'elezione,  imponendo,  in  questi  casi,  il   ricorso   alla
 notificazione attraverso la consegna al difensore; una forma, questa,
 che  nella nuova disciplina processuale ha sostituito il ricorso alla
 notificazione  mediante   deposito   dell'atto   in   cancelleria   e
 correlativo avviso al difensore ex art. 171, quinto comma, del codice
 di procedura penale abrogato;
     che,  relativamente al connesso profilo del modo di notificazione
 nell'ambito delle fattispecie  prese  a  raffronto,  altresi'  errato
 risulta  l'enunciato  - implicito, ma logicamente imposto dal petitum
 dell'ordinanza di rinvio:  evitare  il  rinnovo  della  notificazione
 facendo  applicazione  dell'art.  161,  quarto  comma,  del codice di
 procedura penale altrimenti reputato non applicabile - secondo cui la
 notificazione  a  mezzo  consegna  al  difensore  potrebbe  risultare
 perfezionata  in  base  alla  gia'  avvenuta  consegna  dell'atto  al
 difensore in tale sua specifica veste;
      che,   infatti,   di  la'  dalla  esteriore  omologabilita',  la
 notificazione al difensore come  tale  e  la  notificazione  a  mezzo
 consegna  al  difensore  del  soggetto  che abbia eletto un domicilio
 inidoneo  ex  art.  161,  quarto  comma  citato,  sono  istituti  non
 interscambiabili, che assolvono a diverse funzioni e si indirizzano a
 soggetti  distinti  (difensore e imputato) del processo, cosicche' in
 ogni caso - dunque, anche nelle ipotesi  assunte  a  raffronto  -  il
 fallito  esperimento,  per inidoneita', della notificazione presso il
 domiciliatario impone il ricorso ad una nuova notificazione, nel modo
 oggi indicato dalla norma sottoposta a scrutinio;
      che, in conclusione, non essendo ravvisabile alcuna  difformita'
 di  disciplina  tra  l'ipotesi  dedotta e quelle assunte a termini di
 raffronto, e trovando la prima la  propria  regolamentazione  proprio
 nell'art.  161, quarto comma, del codice di procedura penale, vengono
 a perdere rilievo le censure  formulate  con  riguardo  al  parametro
 costituzionale invocato;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.