ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1 e  3,
 del  decreto-legge  19  settembre  1992,  n.  384  (Misure urgenti in
 materia di previdenza, di sanita'  e  di  pubblico  impiego,  nonche'
 disposizioni  fiscali),  convertito  nella legge 14 novembre 1992, n.
 438, promossi con le seguenti ordinanze:
      1) n. 2 ordinanze emesse  il  12  luglio  1993  dal  Pretore  di
 Viterbo  nei  procedimenti  civili  vertenti  tra  Ercolani  Anna, in
 proprio e n.q., ed altri e l'I.N.P.S., iscritte ai nn. 680 e 687  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1993;
     2) n. 4 ordinanze emesse l'11 novembre 1993 dal Pretore di Savona
 nei procedimenti civili  vertenti  tra  Tronchin  Maria  ed  altre  e
 l'I.N.P.S.,  iscritte  ai  nn.  804,  805,  806  e  807  del registro
 ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di costituzione dell'I.N.P.S. nonche' gli  atti  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  23 marzo 1994 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da  Anna  Ercolani
 contro  l'I.N.P.S. per ottenere i ratei della pensione di invalidita'
 di cui era titolare il defunto marito, dalla data  della  revoca  del
 beneficio  a quella del decesso, il Pretore di Viterbo, con ordinanza
 del 12 luglio 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  24  e
 38  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 4, primo e terzo comma, del d.-l.  19  settembre  1992,  n.
 384,  convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438: il primo comma
 reca un nuovo testo dell'art. 47, secondo e terzo comma,  del  d.P.R.
 30  aprile  1970,  n.  639,  che  prevede,  rispettivamente,  per  le
 controversie in  materia  di  trattamenti  pensionistici  un  termine
 triennale   di   decadenza  dall'azione  giudiziaria  (in  luogo  del
 precedente termine decennale, gia' qualificato di decadenza  anziche'
 di  prescrizione,  dall'art.  6  del  d.-l.  29  marzo  1991, n. 103,
 convertito nella legge 1 giugno 1991, n. 166), e per le  controversie
 in  materia  di  prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, tra
 cui i trattamenti economici di malattia, un termine di  decadenza  di
 un  anno  (termini  decorrenti  dalla  data  di  comunicazione  della
 decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto
 o dalla  scadenza  del  termine  stabilito  per  la  pronunzia  della
 decisione,   ovvero   dalla   scadenza  dei  termini  prescritti  per
 l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a  decorrere
 dalla  domanda  di prestazione), mentre il terzo comma dispone che la
 nuova  disciplina  non  si  applica   "ai   procedimenti   instaurati
 anteriormente  alla  data  di  entrata in vigore del presente decreto
 ancora in corso alla medesima data";
      che, ad avviso del giudice remittente, nel  caso  di  specie  e'
 applicabile  la  nuova disciplina, il procedimento giudiziale essendo
 stato promosso posteriormente all'entrata in vigore del d.-l. n.  384
 del 1992;
      che,  cosi'  interpretata, la legge e' ritenuta contrastante: a)
 col principio di eguaglianza perche' discrimina ingiustificatamente i
 titolari del diritto, per i quali  il  dies  a  quo  della  decadenza
 dall'azione  giudiziaria  si  e'  verificato  anteriormente  al detto
 giorno, a seconda che abbiano proposto la domanda giudiziale prima  o
 dopo il 19 settembre 1992; b) col diritto di difesa, perche' il nuovo
 termine  triennale  era  gia'  scaduto quando e' entrato in vigore il
 d.-l. n. 384 del 1992, sicche'  l'avente  diritto  e'  stata  privata
 della  tutela  giurisdizionale  non  per  sua  inerzia, posto che era
 ancora in corso a quella data il piu' ampio  termine  previsto  dalla
 normativa  precedente; c) con l'art. 38 della Costituzione perche' la
 retroattivita'  del  nuovo  regime  pregiudica  il  diritto   a   una
 prestazione previdenziale;
      che  analoga questione, in riferimento ai medesimi parametri, e'
 stata sollevata dallo stesso Pretore di  Viterbo,  con  ordinanza  in
 pari data, nel corso di piu' procedimenti riuniti, promossi da Romolo
 Bernardini  e  altri  contro  l'I.N.P.S. per ottenere l'indennita' di
 disoccupazione  nella  misura  rivalutata  spettante  in  base   alla
 sentenza di questa Corte n. 497 del 1988;
      che   il  giudice  remittente  ritiene  fondata  l'eccezione  di
 decadenza eccepita dall'I.N.P.S. alla stregua della nuova disciplina,
 che  assoggetta   l'azione   giudiziaria   per   questa   prestazione
 previdenziale a un termine di decadenza di un anno, mentre la domanda
 sarebbe  stata  tempestivamente proposta se fosse rimasto applicabile
 il termine quinquennale previsto dalla disciplina precedente;
      che  nei  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale  si   e'
 costituito  l'I.N.P.S.  ed e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura  dello  Stato,  chiedendo
 entrambi  che  la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque,
 infondata;
      che, nel corso di quattro giudizi promossi da Maria  Tronchin  e
 altri  contro  l'I.N.P.S.  per  ottenere  le  prestazioni  economiche
 dell'assicurazione contro la tubercolosi, il Pretore di  Savona,  con
 altrettante  ordinanze  in  data  11  novembre 1993, ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  4, commi 2 e 4 (recte 1 e 3)
 del citato d.-l. n. 384 del 1992 convertito nella legge  n.  438  del
 1992;
      che  le norme impugnate sono interpretate dal giudice remittente
 nel senso che restano sottratte alla  nuova  disciplina  decadenziale
 soltanto  le  prestazioni  previdenziali per le quali il procedimento
 giudiziario sia stato instaurato anteriormente alla data  di  entrata
 in vigore del decreto e sia ancora in corso a tale data;
      che,  cosi'  interpretata,  la  legge e' ritenuta contraria agli
 artt. 3, 24 e 113  della  Costituzione,  con  motivazione  analoga  a
 quella sopra riferita del Pretore di Viterbo;
      che   nei  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituito l'I.N.P.S. ed e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo
 entrambi che la questione sia dichiarata inammissibile  o,  comunque,
 infondata;
    Considerato  che i giudizi promossi dalle sei ordinanze vertono su
 questioni identiche o analoghe e, pertanto, possono essere riuniti  e
 decisi con unico provvedimento;
      che  tali  questioni  sono gia' stata esaminate da questa Corte,
 che le ha dichiarate non fondate, nei sensi di  cui  in  motivazione,
 con sentenza n. 20 del 1994;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.