ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale, promossi con ordinanze emesse il 6 aprile 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Foggia, il 6 luglio 1993 dalla Corte di cassazione, il 29 settembre ed il 20 ottobre 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Gela ed il 6 aprile 1993 (n. 2 ordinanze) dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Foggia, rispettivamente iscritte ai nn. 671, 682, 727, 739 e 743 del registro ordinanze 1993 ed al n. 6 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nelle Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 46, 47, 51, 52 e 53, prima serie speciale, dell'anno 1993 e n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visti l'atto di costituzione di Caramando Lazzaro nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Giuliano Vassalli. Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Foggia ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede, tra gli atti che interrompono il corso della prescrizione del reato, anche la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, deducendo al riguardo la violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto, mentre nei confronti dell'imputato "semplicemente" rinviato a giudizio si applica un termine di prescrizione del reato piu' lungo, operando l'effetto interruttivo connesso alla translatio iudicii, l'imputato "addirittura" assoggettato ad una richiesta di condanna - quale e' la richiesta di emissione di decreto penale - non subisce l'identico effetto interruttivo, con la conseguenza che "ad un atto di maggior portata punitiva corrisponde minor efficacia, nell'esprimere l'attualita' della volonta' punitrice dello Stato"; che analoga questione e' stata sollevata dalla Corte di cassazione e dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Gela, il quale ultimo, nel denunciare la medesima norma per violazione del principio di uguaglianza e per contrasto con l'art. 112 della Costituzione, rileva a quest'ultimo riguardo che l'obbligo di esercitare l'azione penale, ancorche' adempiuto attraverso la richiesta di emissione del decreto penale, finisce per produrre "il limitato effetto d'investire il giudice del potere di esprimere il suo giudizio"; che nei giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata o inammissibile; e che nel giudizio promosso dalla Corte di cassazione si e' costituita la difesa dell'imputato sollecitando una declaratoria di non fondatezza; Considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti; che i giudici a quibus nella specie richiedono una pronuncia additiva in materia penale volta ad integrare la serie degli atti che tassativamente l'art. 160 del codice penale enumera come i soli idonei a produrre l'effetto di interrompere il corso della prescrizione; che una simile pronuncia palesemente fuoriesce dai poteri spettanti a questa Corte, ostandovi il principio di legalita' sancito dall'art. 25 della Costituzione (v., ex plurimis e da ultimo, ordinanza n. 489 del 1993); e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.