ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  441,  primo
 comma,  420, primo comma, e 127, sesto comma, del codice di procedura
 penale, promosso con ordinanza emessa il 14 gennaio 1992 dal  giudice
 per  le  indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di Perugia nel
 procedimento penale a carico di Beduini Albano ed altri, iscritta  al
 n.  792  del  registro  ordinanze  1993  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.  4,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1994.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  23  marzo  1994  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli.
    Ritenuto che nel procedimento penale a carico di Beduini Albano ed
 altri,  il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Perugia - con ordinanza del 14 gennaio 1992 (R.O. n. 792 del 1993)  -
 ha  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
 441, primo comma, 420, primo comma, e 127, sesto comma, del codice di
 procedura penale, nella parte  in  cui  dispongono  che  il  giudizio
 abbreviato   ammesso  all'udienza  preliminare  si  svolge  senza  il
 pubblico, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione nonche'  con
 gli  artt. 2, primo comma, prima parte, della legge 16 febbraio 1987,
 n.  81  (Delega  legislativa  al   Governo   della   Repubblica   per
 l'emanazione  del nuovo codice di procedura penale) e 6 della legge 4
 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per  la
 salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e delle liberta' fondamentali,
 firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo  addizionale  alla
 Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952);
      che  secondo  il  giudice  remittente  vi  e'  contrasto  tra la
 normativa  che  regola  lo  svolgimento   del   giudizio   abbreviato
 escludendone  la  pubblicita' (il combinato disposto degli artt. 441,
 primo comma, 421, primo comma, e 127,  sesto  comma,  del  codice  di
 procedura  penale)  e l'art. 1, primo comma, prima parte, della legge
 delega n. 81 del 1987 secondo cui "Il codice di procedura penale deve
 .... adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate
 dall'Italia e  relative  ai  diritti  della  persona  e  al  processo
 penale";
      che,  in particolare, le disposizioni impugnate si porrebbero in
 contrasto con le regole dettate in tema di pubblicita'  del  processo
 dalle convenzioni internazionali, violando l'art. 6 della Convenzione
 europea  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, secondo
 cui la sentenza che accerta la fondatezza di un'accusa  penale  "deve
 essere   resa  pubblicamente"  ed  eventuali  deroghe  al  regime  di
 pubblicita' devono essere  adottate  dal  giudice  per  rispondere  a
 specifiche  esigenze (interessi dei minori, ragioni di sicurezza o di
 ordine pubblico, potenziale pregiudizio alla giustizia);
      che, sempre secondo il giudice a quo,  la  normativa  denunciata
 violerebbe  anche l'art. 76 della Costituzione che fissa i limiti del
 potere normativo  delegato,  dettando  una  disciplina  del  giudizio
 abbreviato   non   adeguata   alla   normativa   di  una  convenzione
 internazionale ratificata dall'Italia;
      che nel giudizio dinanzi alla Corte ha  spiegato  intervento  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
 dichiarata infondata.
    Considerato  che  con  la sentenza n. 373 del 1992 questa Corte ha
 gia' dichiarato  inammissibile  identica  questione  di  legittimita'
 costituzionale;
      che  in  tale  decisione  la  Corte - dopo aver ribadito che "la
 pubblicita' del giudizio, specie di  quello  penale,  costituisce  un
 principio  essenziale  dell'ordinamento  democratico,  fondato  sulla
 sovranita' popolare  sulla  quale  si  basa  l'amministrazione  della
 giustizia"  - ha sottolineato come nella peculiare disciplina dettata
 per il giudizio abbreviato entrino in  gioco  interessi  diversi  che
 solo  il  legislatore  puo'  valutare  comparativamente  e bilanciare
 nell'ambito della sua discrezionalita';
      che nella sua ordinanza di  rinvio  il  giudice  a  quo  non  ha
 indicato  nuovi profili di incostituzionalita' delle norme denunciate
 ne' ha svolto  nuove  argomentazioni  a  sostegno  delle  censure  di
 incostituzionalita' prospettate;
      che,  pertanto,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 all'esame di questa Corte va dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.