IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
    Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza del 18 gennaio
 1994,  nel  procedimento  di  sorveglianza  inerente alla conversione
 delle pene pecuniarie nei confronti di Piovanaccio  Costantino,  nato
 in  Sassari  il  2  febbraio  1973,  detenuto  presso  la c. circ. di
 Sassari, difeso  d'ufficio  dall'avv.  Ettore  Licheri  del  Foro  di
 Sassari;
                             O S S E R V A
    Piovanaccio  Costantino,  condannato  con  provvedimento di cumulo
 della procura della Repubblica presso il tribunale di Sassari del  19
 ottobre  1992,  risulta  insolvibile. Occorre pertanto procedere alla
 conversione della multa (pari a  un  milioni  e  ottocentomila  lire)
 nella  sanzione  sostitutiva della liberta' controllata, ai sensi del
 combinato disposto degli artt. 660 del c.p.p., 102, 103 e segg. della
 legge n. 689/1981.
    Questo  giudicante  ritiene  di  dover  applicare  a  tal  fine il
 criterio di ragguaglio indicato nel terzo comma dell'art.  102  della
 legge summenzionata. L'applicazione del predetto criterio, in seguito
 alla  modifica  apportata all'art. 135 del c.p. dalla legge 5 ottobre
 1993,  n.  402,  porta  tuttavia  al  verificarsi  di  ingiustificate
 disparita'  di  trattamento  che hanno provocato l'instaurarsi di una
 prassi,  in  vigore  in  vari  uffici  di   sorveglianza,   volta   a
 "disapplicare",  spesso con efficacia retroattiva, il disposto di cui
 all'art.  102,  terzo  comma  (avente  ad  oggetto  -  appunto  -  il
 ragguaglio tra pena pecuniaria e liberta' controllata), in favore del
 criterio   di  conversione  tra  pene  pecuniarie  e  pene  detentive
 stabilito con il nuovo art. 135  del  c.p.,  ritenendosi  illogica  e
 frutto  di un'evidente dimenticanza del legislatore l'omissione della
 contestuale modifica dell'art. 102 cit.
    Ora, la scrivente, pur non condividendo la soluzione adottata  dai
 predetti  uffici  di  sorveglianza,  concorda sui presupposti messi a
 fondamento  di  quell'orientamento   giurisprudenziale,   ossia   nel
 ritenere  che  gli  effetti  dell'applicazione  dell'art.  102, terzo
 comma,  cit.  comportano  dei  profili  evidenti  (e   comunque   non
 manifestamente   infondati)  di  illegittimita'  costituzionale,  per
 contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art.  3  della
 Costituzione.
    La   questione   appare   direttamente   rilevante   nel  presente
 procedimento, la cui definizione  dipende  appunto  dall'applicazione
 della norma sospetta di incostituzionalita'.
    Prima  di  illustrare  in  dettaglio  la questione di legittimita'
 costituzionale in esame, pare opportuno soffermarsi sulle ragioni che
 inducono a individuare nell'art. 102, terzo  comma,  della  legge  n.
 689/1981,  anche in seguito alla recente modifica dell'art. 135 c.p.,
 la norma di riferimento per la  disciplina  della  conversione  della
 pena   pecuniaria   risultata  ineseguibile  per  insolvibilita'  del
 condannato.
    Molto sinteticamente, andra' osservato che l'art. 135 del  c.p.  e
 l'art.  102,  terzo  comma,  della legge n. 689/1981 disciplinano due
 materie ben distinte tra loro. Infatti, la prima delle due  norme  in
 questione stabilisce il criterio per il ragguaglio tra pena detentiva
 e  pena  pecuniaria, mentre l'altra disciplina uno specifico criterio
 di conversione tra la pena pecuniaria, da  un  lato,  e  la  liberta'
 controllata  e  il  lavoro  sostitutivo  dall'altro.  Appare pertanto
 evidente che la modifica dell'art. 135 del  c.p.,  di  per  se',  non
 implica  - in assenza di un'analoga e specifica statuizione normativa
 - alcuna innovazione in ordine  al  criterio  di  ragguaglio  di  cui
 all'art. 102 della legge n. 689/1981.
    In  astratto,  infatti, si potrebbe ritenere del tutto ragionevole
 che  il  legislatore  abbia  previsto  due  differenti   criteri   di
 ragguaglio  per  materie  fra loro eterogenee. Tuttavia, in concreto,
 tale soluzione da' luogo a quelle disparita' cui  precedentemente  si
 e' fatto cenno, per via delle interferenze esistenti, da un lato, tra
 la  disciplina  dell'art.  135  del cp. e gli istituti di cui al capo
 terzo della legge n. 689/1981 (si  veda  in  particolare  l'art.  53,
 secondo  comma,  della legge cit.) e, dall'altro, tra questi ultimi e
 quelli di cui al capo quinto della  medesima  legge  (si  vedano  gli
 artt. 57, secondo comma, e 71 della legge n. 689).
    Come  e'  noto,  infatti,  la legge n. 689/1981 disciplina al capo
 terzo la materia relativa all'applicazione delle sanzioni sostitutive
 e al capo quinto quella relativa alle pene pecuniarie.
    Ai sensi dell'art. 53 della legge  n.  689/1981  (come  modificato
 dall'art. 5 della legge n. 296 del 12 agosto 1993), quando la pena in
 concreto  da  irrogare  non  supera  i  tre mesi di pena detentiva il
 giudice  puo'  sostituirla  con  la  pena  pecuniaria  della   specie
 corrispondente.   Il  secondo  comma  della  stessa  norma  statuisce
 espressamente che la  sostituzione  della  pena  detentiva  ha  luogo
 secondo  i  criteri  indicati  dall'art.  135  del c.p. e, quindi, il
 computo avra' luogo calcolando 75.000 lire o frazione di 75.000  lire
 per  un giorno di pena detentiva (come risulta dalla recente modifica
 introdotta con la legge 5 ottobre 1993, n. 402). In caso  di  mancato
 pagamento  della  pena  pecuniaria  irrogata  in sostituzione di pena
 detentiva, in applicazione del principio in base  al  quale  la  pena
 pecuniaria si considera sempre come tale anche se sostitutiva di pena
 detentiva  (art. 57, secondo comma), si applicheranno le disposizioni
 di cui agli artt. 660  e  segg.  del  c.p.p.  e,  quindi,  la  stessa
 disciplina  applicabile in via generale per la conversione delle pene
 pecuniarie. Gli artt. 57, terzo comma, e 71 della legge  n.  689/1981
 operano   quindi   come   anello   di  congiunzione  tra  la  materia
 disciplinata  dal  capo  terzo  della  legge  n.  689/1981  (sanzioni
 sostitutive  delle  pene  detentive brevi) e quella regolata cal capo
 quinto della medesima legge inerente alle pene pecuniarie.
    Quanto  enunciato  risulta  di  particolare  evidenza  laddove  si
 esaminino  le  possibili  vicende  attinenti   all'esecuzione   delle
 sanzioni  sostitutive. Nel caso in cui, infatti, durante l'esecuzione
 della liberta' controllata  o  della  semidetenzione  (comminate  dal
 giudice  ai sensi dell'art. 53, primo comma, della legge n. 689/1981)
 si violino le prescrizioni imposte (art. 62  della  legge  cit.),  la
 parte  restante  della  pena  si  convertira'  nella  pena  detentiva
 sostitutiva (art. 66 stessa legge). Invece,  come  gia'  esposto,  in
 caso di mancato pagamento della pena pecuniaria, anche se sostitutiva
 di  pena detentiva, si effettuera' la conversione secondo il criterio
 di ragguaglio stabilito dall'art. 102, terzo comma,  della  legge  n.
 689/1981,  e  cioe'  in  misura di venticinquemila lire o frazione di
 venticinquemila  lire  per  un  giorno  di  liberta'  controllata   e
 cinquantamila  lire o frazione di cinquantamila lire per un giorno di
 lavoro sostitutivo. In caso di violazione delle prescrizioni inerenti
 alla liberta' controllata (si omette da ora in poi  ogni  riferimento
 al lavoro sostitutivo non avendo mai trovato applicazione) l'art. 108
 della  legge n. 689/1981 dispone che la parte di liberta' controllata
 non ancora eseguita si converte in un uguale periodo di arresto o  di
 reclusione  a seconda della specie di pena pecuniaria originariamente
 inflitta.
    Un esempio numerico consentira' di cogliere  piu'  agevolmente  la
 manifesta   violazione   dell'art.  3  della  Costituzione  derivante
 dall'applicazione  dell'art.  102,  terzo  comma,  della   legge   n.
 689/1981,  a  seguito  dell'entrata  in vigore del nuovo art. 135 del
 c.p. (come modificato dalla legge 5 ottobre 1993, n. 402).
    Ipotizzando che il giudice ritenga di dover comminare in  concreto
 una  pena  detentiva pari a tre mesi di reclusione, convertita in sei
 mesi di liberta' controllata ai sensi dell'art. 53, primo  e  secondo
 comma,  della  legge  n.  689/1981,  e  supponendo  (per comodita' di
 esposizione) che il condannato violi le  prescrizioni  inerenti  alla
 liberta'  controllata il primo giorno della sua esecuzione, in virtu'
 del disposto dell'art. 66, primo comma, della legge n.  689/1981,  la
 liberta' controllata inizialmente irrogata dovra' essere riconvertita
 in tre mesi di reclusione.
    Qualora  invece il giudice, sempre ritenendo di dover applicare in
 concreto una pena detentiva pari a tre mesi di reclusione, decida  di
 convertirla in pena pecuniaria, questa, in applicazione dell'art. 135
 del  c.p.,  sara' a seimilionisettecentocinquantamilalire di multa e,
 in caso di insolvibilita' del condannato, dovra' essere convertita ai
 sensi  dell'art.  102,  terzo  comma,  della   legge   n.   689/1981,
 utilizzando  quindi  il criterio di ragguaglio pari a venticinquemila
 lire o frazione di venticinquemila lire per  un  giorno  di  liberta'
 controllata:  il  condannato  dovra'  quindi  eseguire  nove  mesi di
 liberta' controllata e, nell'ipotesi in cui violi dal primo giorno le
 prescrizioni inerenti alla  liberta'  controllata,  per  il  disposto
 dell'art. 108, primo comma, dovra' eseguire nove mesi di reclusione.
    Appare  dunque  intuitiva la disparita' di trattamento. Infatti la
 liberta' controllata, che deve  ritenersi  una  sanzione  sostitutiva
 maggiormente  afflittiva  rispetto  alla pena pecuniaria, finisce col
 divenire, nell'ipotesi patologica in cui si renda necessaria  la  sua
 conversione  per  violazione  delle  prescrizioni,  meno severa della
 sanzione sostitutiva della pena pecuniaria, convertita a sua volta in
 liberta' controllata per insolvibilita' del  condannato  e  di  nuovo
 communata in pena detentiva per violazione delle prescrizioni.
    La  violazione del principio di uguaglianza e' altresi' desumibile
 da un raffronto con il sistema previgente, che stabiliva un  identico
 criterio di ragguaglio tra pena pecuniaria e pena detentiva (art. 135
 del c.p.) e pena pecuniaria e liberta' controllata.
    Rifacendosi   all'esempio  sopra  esposto  la  situazione  era  la
 seguente.  Nel  caso  in  cui  fosse  stata  applicata  la   sanzione
 sostitutiva  della  liberta'  controllata in sostituzione di una pena
 detentiva pari a tre mesi il risultato era identico a quello attuale:
 i sei mesi di liberta'  controllata,  in  caso  di  violazione  delle
 prescrizioni  il  primo giorno di esecuzione, diventavano tre mesi di
 reclusione  (almeno  a  ritenere,  in  sintonia  con  la   prevalente
 giurisprudenza,  che  nell'ipotesi  di  cui all'art. 66, primo comma,
 della legge n. 689/1981, la riconversione della liberta'  controllata
 nella  pena  originaria  debba  avvenire  applicando  all'inverso  il
 criterio di ragguaglio dell'art. 57, terzo comma, della legge cit.).
    Nel diverso caso in cui fosse stata comminata la  pena  pecuniaria
 in  sostituzione di una pena detentiva pari a tre mesi di reclusione,
 la situazione  era  assai  differente  da  quella  odierna:  la  pena
 pecuniaria  diventava  pari a duemilioniduecentocinquantamila lire e,
 in caso di insolvibilita' del condannato, si convertiva in  tre  mesi
 di liberta' controllata che a sua volta, ove fossero state violate le
 prescrizioni  il  primo giorno della sua esecuzione, si convertiva in
 tre mesi  di  reclusione,  anche  in  tal  caso  tornando  alla  pena
 iniziale.
    In   questo  modo,  anche  nelle  vicende  "patologiche"  inerenti
 all'esecuzione delle sanzioni sostitutive, si finiva col  ricondurre,
 in   entrambi   i  casi,  il  quantum  di  pena  detentiva  a  quella
 originariamente sostituita. Nella situazione attuale,  al  contrario,
 la  sanzione sostitutiva della pena pecuniaria finisce col diventare,
 nel caso in cui il condannato risulti inadempiente prima al pagamento
 e  poi  alle  prescrizioni  inerenti   alla   liberta'   controllata,
 triplicata  rispetto alla pena detentiva che si troverebbe a scontare
 chi in prima battuta fosse stato condannato alla sanzione sostitutiva
 piu' afflittiva della liberta' controllata, poi convertita  ai  sensi
 dell'art.   66   della   legge   n.  689/1981  per  violazione  delle
 prescrizioni.
    Come gia' anticipato, la questione che si prospetta, oltre che non
 manifestamente infondata, appare altresi' rilevante in quanto,  dalla
 soluzione  che  ad  essa  sara'  data, discendera' la possibilita' di
 quantificare con certezza  il  periodo  di  liberta'  controllata  da
 applicarsi  nel  procedimento  de  quo.  Deve  pertanto  ordinarsi la
 sospensione del procedimento stesso e la trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale per la risoluzione della questione.