IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza del 18 gennaio 1994, nel procedimento di sorveglianza inerente alla conversione delle pene pecuniarie nei confronti di Pisano Giuseppino, nato in Sorso il 1 maggio 1959, detenuto presso la c. circ. di Sassari, difeso d'ufficio dall'avv. Ettore Licheri del Foro di Sassari; O S S E R V A Pisano Giuseppino, condannato con sent. del tribunale di Sassari del 4 settembre 1992, risulta insolvibile. Occorre pertanto procedere alla conversione della multa (pari a un milioni e duecentomila lire) nella sanzione sostitutiva della liberta' controllata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 660 del c.p.p., 102, 103 e segg. della legge n. 689/1981. Questo giudicante ritiene di dover applicare a tal fine il criterio di ragguaglio indicato nel terzo comma dell'art. 102 della legge summenzionata. L'applicazione del predetto criterio, in seguito alla modifica apportata all'art. 135 del c.p. dalla legge 5 ottobre 1993, n. 402, porta tuttavia al verificarsi di ingiustificate disparita' di trattamento che hanno provocato l'instaurarsi di una prassi, in vigore in vari uffici di sorveglianza, volta a "disapplicare", spesso con efficacia retroattiva, il disposto di cui all'art. 102, terzo comma (avente ad oggetto - appunto - il ragguaglio tra pena pecuniaria e liberta' controllata), in favore del criterio di conversione tra pene pecuniarie e pene detentive stabilito con il nuovo art. 135 del c.p., ritenendosi illogica e frutto di un'evidente dimenticanza del legislatore l'omissione della contestuale modifica dell'art. 102 cit. Ora, la scrivente, pur non condividendo la soluzione adottata dai predetti uffici di sorveglianza, concorda sui presupposti messi a fondamento di quell'orientamento giurisprudenziale, ossia nel ritenere che gli effetti dell'applicazione dell'art. 102, terzo comma, cit. comportano dei profili evidenti (e comunque non manifestamente infondati) di illegittimita' costituzionale, per contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. La questione appare direttamente rilevante nel presente procedimento, la cui definizione dipende appunto dall'applicazione della norma sospetta di incostituzionalita'. Prima di illustrare in dettaglio la questione di legittimita' costituzionale in esame, pare opportuno soffermarsi sulle ragioni che inducono a individuare nell'art. 102, terzo comma, della legge n. 689/1981, anche in seguito alla recente modifica dell'art. 135 c.p., la norma di riferimento per la disciplina della conversione della pena pecuniaria risultata ineseguibile per insolvibilita' del condannato. Molto sinteticamente, andra' osservato che l'art. 135 del c.p. e l'art. 102, terzo comma, della legge n. 689/1981 disciplinano due materie ben distinte tra loro. Infatti, la prima delle due norme in questione stabilisce il criterio per il ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria, mentre l'altra disciplina uno specifico criterio di conversione tra la pena pecuniaria, da un lato, e la liberta' controllata e il lavoro sostitutivo dall'altro. Appare pertanto evidente che la modifica dell'art. 135 del c.p., di per se', non implica - in assenza di un'analoga e specifica statuizione normativa - alcuna innovazione in ordine al criterio di ragguaglio di cui all'art. 102 della legge n. 689/1981. In astratto, infatti, si potrebbe ritenere del tutto ragionevole che il legislatore abbia previsto due differenti criteri di ragguaglio per materie fra loro eterogenee. Tuttavia, in concreto, tale soluzione da' luogo a quelle disparita' cui precedentemente si e' fatto cenno, per via delle interferenze esistenti, da un lato, tra la disciplina dell'art. 135 del cp. e gli istituti di cui al capo terzo della legge n. 689/1981 (si veda in particolare l'art. 53, secondo comma, della legge cit.) e, dall'altro, tra questi ultimi e quelli di cui al capo quinto della medesima legge (si vedano gli artt. 57, secondo comma, e 71 della legge n. 689). Come e' noto, infatti, la legge n. 689/1981 disciplina al capo terzo la materia relativa all'applicazione delle sanzioni sostitutive e al capo quinto quella relativa alle pene pecuniarie. Ai sensi dell'art. 53 della legge n. 689/1981 (come modificato dall'art. 5 della legge n. 296 del 12 agosto 1993), quando la pena in concreto da irrogare non supera i tre mesi di pena detentiva il giudice puo' sostituirla con la pena pecuniaria della specie corrispondente. Il secondo comma della stessa norma statuisce espressamente che la sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dall'art. 135 del c.p. e, quindi, il computo avra' luogo calcolando 75.000 lire o frazione di 75.000 lire per un giorno di pena detentiva (come risulta dalla recente modifica introdotta con la legge 5 ottobre 1993, n. 402). In caso di mancato pagamento della pena pecuniaria irrogata in sostituzione di pena detentiva, in applicazione del principio in base al quale la pena pecuniaria si considera sempre come tale anche se sostitutiva di pena detentiva (art. 57, secondo comma), si applicheranno le disposizioni di cui agli artt. 660 e segg. del c.p.p. e, quindi, la stessa disciplina applicabile in via generale per la conversione delle pene pecuniarie. Gli artt. 57, terzo comma, e 71 della legge n. 689/1981 operano quindi come anello di congiunzione tra la materia disciplinata dal capo terzo della legge n. 689/1981 (sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi) e quella regolata cal capo quinto della medesima legge inerente alle pene pecuniarie. Quanto enunciato risulta di particolare evidenza laddove si esaminino le possibili vicende attinenti all'esecuzione delle sanzioni sostitutive. Nel caso in cui, infatti, durante l'esecuzione della liberta' controllata o della semidetenzione (comminate dal giudice ai sensi dell'art. 53, primo comma, della legge n. 689/1981) si violino le prescrizioni imposte (art. 62 della legge cit.), la parte restante della pena si convertira' nella pena detentiva sostitutiva (art. 66 stessa legge). Invece, come gia' esposto, in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria, anche se sostitutiva di pena detentiva, si effettuera' la conversione secondo il criterio di ragguaglio stabilito dall'art. 102, terzo comma, della legge n. 689/1981, e cioe' in misura di venticinquemila lire o frazione di venticinquemila lire per un giorno di liberta' controllata e cinquantamila lire o frazione di cinquantamila lire per un giorno di lavoro sostitutivo. In caso di violazione delle prescrizioni inerenti alla liberta' controllata (si omette da ora in poi ogni riferimento al lavoro sostitutivo non avendo mai trovato applicazione) l'art. 108 della legge n. 689/1981 dispone che la parte di liberta' controllata non ancora eseguita si converte in un uguale periodo di arresto o di reclusione a seconda della specie di pena pecuniaria originariamente inflitta. Un esempio numerico consentira' di cogliere piu' agevolmente la manifesta violazione dell'art. 3 della Costituzione derivante dall'applicazione dell'art. 102, terzo comma, della legge n. 689/1981, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo art. 135 del c.p. (come modificato dalla legge 5 ottobre 1993, n. 402). Ipotizzando che il giudice ritenga di dover comminare in concreto una pena detentiva pari a tre mesi di reclusione, convertita in sei mesi di liberta' controllata ai sensi dell'art. 53, primo e secondo comma, della legge n. 689/1981, e supponendo (per comodita' di esposizione) che il condannato violi le prescrizioni inerenti alla liberta' controllata il primo giorno della sua esecuzione, in virtu' del disposto dell'art. 66, primo comma, della legge n. 689/1981, la liberta' controllata inizialmente irrogata dovra' essere riconvertita in tre mesi di reclusione. Qualora invece il giudice, sempre ritenendo di dover applicare in concreto una pena detentiva pari a tre mesi di reclusione, decida di convertirla in pena pecuniaria, questa, in applicazione dell'art. 135 del c.p., sara' a seimilionisettecentocinquantamilalire di multa e, in caso di insolvibilita' del condannato, dovra' essere convertita ai sensi dell'art. 102, terzo comma, della legge n. 689/1981, utilizzando quindi il criterio di ragguaglio pari a venticinquemila lire o frazione di venticinquemila lire per un giorno di liberta' controllata: il condannato dovra' quindi eseguire nove mesi di liberta' controllata e, nell'ipotesi in cui violi dal primo giorno le prescrizioni inerenti alla liberta' controllata, per il disposto dell'art. 108, primo comma, dovra' eseguire nove mesi di reclusione. Appare dunque intuitiva la disparita' di trattamento. Infatti la liberta' controllata, che deve ritenersi una sanzione sostitutiva maggiormente afflittiva rispetto alla pena pecuniaria, finisce col divenire, nell'ipotesi patologica in cui si renda necessaria la sua conversione per violazione delle prescrizioni, meno severa della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria, convertita a sua volta in liberta' controllata per insolvibilita' del condannato e di nuovo communata in pena detentiva per violazione delle prescrizioni. La violazione del principio di uguaglianza e' altresi' desumibile da un raffronto con il sistema previgente, che stabiliva un identico criterio di ragguaglio tra pena pecuniaria e pena detentiva (art. 135 del c.p.) e pena pecuniaria e liberta' controllata. Rifacendosi all'esempio sopra esposto la situazione era la seguente. Nel caso in cui fosse stata applicata la sanzione sostitutiva della liberta' controllata in sostituzione di una pena detentiva pari a tre mesi il risultato era identico a quello attuale: i sei mesi di liberta' controllata, in caso di violazione delle prescrizioni il primo giorno di esecuzione, diventavano tre mesi di reclusione (almeno a ritenere, in sintonia con la prevalente giurisprudenza, che nell'ipotesi di cui all'art. 66, primo comma, della legge n. 689/1981, la riconversione della liberta' controllata nella pena originaria debba avvenire applicando all'inverso il criterio di ragguaglio dell'art. 57, terzo comma, della legge cit.). Nel diverso caso in cui fosse stata comminata la pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva pari a tre mesi di reclusione, la situazione era assai differente da quella odierna: la pena pecuniaria diventava pari a duemilioniduecentocinquantamila lire e, in caso di insolvibilita' del condannato, si convertiva in tre mesi di liberta' controllata che a sua volta, ove fossero state violate le prescrizioni il primo giorno della sua esecuzione, si convertiva in tre mesi di reclusione, anche in tal caso tornando alla pena iniziale. In questo modo, anche nelle vicende "patologiche" inerenti all'esecuzione delle sanzioni sostitutive, si finiva col ricondurre, in entrambi i casi, il quantum di pena detentiva a quella originariamente sostituita. Nella situazione attuale, al contrario, la sanzione sostitutiva della pena pecuniaria finisce col diventare, nel caso in cui il condannato risulti inadempiente prima al pagamento e poi alle prescrizioni inerenti alla liberta' controllata, triplicata rispetto alla pena detentiva che si troverebbe a scontare chi in prima battuta fosse stato condannato alla sanzione sostitutiva piu' afflittiva della liberta' controllata, poi convertita ai sensi dell'art. 66 della legge n. 689/1981 per violazione delle prescrizioni. Come gia' anticipato, la questione che si prospetta, oltre che non manifestamente infondata, appare altresi' rilevante in quanto, dalla soluzione che ad essa sara' data, discendera' la possibilita' di quantificare con certezza il periodo di liberta' controllata da applicarsi nel procedimento de quo. Deve pertanto ordinarsi la sospensione del procedimento stesso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione.