IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 57/1994 reg. gen., proposto da Eliseo Giorgio rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Enzo Cardi e Giovanni De Notariis, presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in Campobasso, alla via De Attellis n. 5; contro la regione Molise, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Arturo Messere, presso cui e' elettivamente domiciliata in Campobasso, alla via Mazzini, 38; per l'annullamento, previa sospensione della delibera di giunta regionale n. 3759 del 29 settembre 1993, notificata al ricorrente il 21 ottobre successivo, nonche' della deliberazione di giunta regionale n. 3260 del 23 agosto 1993; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Molise; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti del giudizio; Alla camera di consiglio del 1 febbraio 1994, relatore il dott. Massimo Basilavecchia uditi gli avvocati Giovanni De Notariis e Margherita Messere per delega dell'avv. Arturo Messere; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue; F A T T O Il ricorrente, premesso di essere dipendente della regione Molise, espone che, in base alla sua posizione, avrebbe avuto pieno titolo all'applicazione della legge regionale n. 5 del 1989, che ha previsto, secondo una ratio riconosciuta suscettibile di positiva valutazione sotto il profilo della legittimita' costituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza n. 56 del 1989, il reinquadramento dei dipendenti transitati nella regione entro il 31 gennaio 1981 al fine di favorire la perequazione delle posizioni di tutti i dipendenti, eliminando il vantaggio determinatosi in favore dei dipendenti passati alla regione in epoche successive alla data ricordata. Senonche', la regione Molise, dopo aver fornito dapprima un'interpretazione ampia della valutazione del requisito dell'anzianita', ritenendo che il punteggio massimo riconosciuto per otto anni di servizio, pari a quarantotto, andasse applicato dopo aver ridotto percentualmente l'anzianita' complessiva valutabile in base al quarto e quinto comma dell'art. 3 della legge (delibere di giunta 5821 del 10 dicembre 1990 e 292 del 17 febbraio 1992), fissando un criterio applicato altresi' al personale degli enti sub regionali, modificava il proprio orientamento, ritenendo che le riduzioni percentuali andassero ad incidere su un'anzianita' complessiva valutabile comunque non superiore ad anni otto, in modo da precludere a tutti i ricorrenti il conseguimento del punteggio massimo riconosciuto per l'anzianita' (48) avendo tutti qualche anno di servizio soggetto a riduzione in quanto prestato in qualifiche inferiori. Pertanto l'Eliseo si vedeva attribuito il settimo livello, e non l'ottavo, come richiesto, sicche' egli ricorreva dinanzi a questo t.a.r. L'interpretazione piu' ampia riceveva, in sede giurisdizionale, l'avallo dell'adito t.a.r. Molise (sentenze 90 e 91 del 7 maggio 1993); tuttavia la regione perseverava nel nuovo indirizzo, pervenendo ad appellare la sentenza del t.a.r. e, addirittura, ad emanare la legge regionale 7 luglio 1993, n. 16, con la quale i criteri della legge n. 5/1989 erano interpretati e precisati, e in applicazione della quale la giunta adottava l'atto oggi impugnato, con cui veniva disposto il riesame di tutte le situazioni pendenti, anche se in corso di giudizio, beneficiarie del piu' favorevole criterio ripudiato e venivano impegnati gli enti sub regionali ad attivarsi nello stesso senso. Il ricorrente impugna tale delibera, e ne chiede la sospensione per il danno grave e irreparabile derivante dall'adozione dei nuovi criteri di cui alla legge regionale n. 16 del 1993. In diritto, si deduce: 1) eccesso di potere per violazione del giudicato, in quanto la regione, avendo affidato la soluzione della controversia all'appello proposto avverso la sentenza del t.a.r. Molise riguardante il ricorrente, non avrebbe potuto influire in sede legislativa sull'oggetto del giudizio, se non a pena di costringere comunque l'Eliseo, vincitore in prime cure, alla soccombenza; 2) violazione dell'effetto preclusivo derivante dall'essere la questione sub iudice: non era consentito un intervento legislativo su una questione gia' devoluta al giudice amministrativo; 3) eccesso di potere per sviamento: la materia toccata dalla legge era gia' stata valutata dal giudice amministrativo, in consonanza con la ratio della sentenza della Corte costituzionale n. 56/1989, resa sulla legge regionale n. 5 del 1989; 4) eccesso di potere per contraddittorieta', illogicita' e ingiustizia: non vi e' continuita' logica tra il nuovo indirizzo della giunta regionale e quello, piu' ampio, originariamente assunto dalla stessa in considerazione della funzione della normativa di reinquadramento, mentre la nuova interpretazione regionale rende inapplicabile il beneficio dell'ottavo livello per il personale sprovvisto di laurea, in quanto nessuno e' in possesso di un'anzianita' corrispondente a 48 punti; 5) incostituzionalita' della legge n. 56 del 1993, in riferimento ai principi enunciati dalla Corte nella sentenza n. 56 del 1989, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Costituitosi in giudizio, la regione Molise ha contestato la fondatezza dei motivi di ricorso. Alla camera di consiglio del 1 febbraio 1994, sentite le parti, la domanda di sospensione degli atti impugnati e' stata accolta provvisoriamente e con riserva fino all'esito del giudizio di costituzionalita' della legge regionale n. 16 del 1993 (ordinanza n. 79/1994). D I R I T T O 1. - Il collegio ritiene che, ai fini della definitiva decisione in ordine alla domanda di sospensione degli atti impugnati, la questione di costituzionalita' della legge regionale n. 16 del 1993 sia rilevante e non manifestamente infondata, nei termini seguenti. 2. - Sotto il profilo della rilevanza, si osserva che all'odierna camera di consiglio i provvedimenti impugnati sono stati sospesi solo in via provvisoria e con riserva, fino all'esito del giudizio di costituzionalita'; la decisione della Corte costituzionale, dunque, appare pregiudiziale alla definizione della fase cautelare del giudizio, secondo i principi affermati nelle sentenze della Corte n. 444 del 1990, 367 del 1991, e confermati ancora di recente nella sentenza 451 del 20 dicembre 1993. In secondo luogo, non pare dubbio che, ai fini della valutazione del fumus bonis iuris del ricorso, la questione di costituzionalita' assuma valore decisivo - gli atti impugnati, invero, sono meramente applicativi della legge regionale n. 16/1993 della quale concretizzano la portata e gli effetti. Dalla stessa lettura del ricorso si evince come i vizi dedotti in via principale contro il provvedimento della giunta regionale siano in sostanza a sostegno di quelli proposti, anche se in via subordinata, contro la legge regionale, sicche' il collegio ritiene che non si tratta, in realta', di vizi propri del provvedimento. La stessa contraddittorieta' di comportamento della giunta regionale molisana non puo' essere apprezzata se non in riferimento allo ius superveniens; la legge del 1993, infatti, sostituisce, modificandoli o precisandoli, ora per allora alcuni criteri di valutazione rilevanti ai fini di un procedimento di reinquadramento che non viene riaperto, ma che continua ad essere quello a suo tempo attivato dagli interessati con l'istanza presentata nelle forme e nel termine (decadenziale) oggi scaduto di cui all'art. 9 della legge regionale n. 5 del 1989. Se ipotizzare un ambito applicativo limitato a improbabili, future domande di reinquadramento, sarebbe illogico, al contrario e' evidente che la legge impone la sostituzione del proprio precetto a quelli enucleabili in via interpretativa dalla precedente legge n. 5/1989. 3. - Quanto alla non manifesta infondatezza, e' opportuno premettere che il collegio non ignora che, in via di principio, la costituzionalita' di una legge retroattiva, abbia essa, o meno, carattere interpretativo, e' ammessa dalla Corte costituzionale, in materie diverse da quella penale (si vedano, tra tutte, le sentenze 26 gennaio 1994, n. 6, 283 del 1993, 123 del 1988) salvo il controllo di ragionevolezza e sull'eventuale eccesso di potere legislativo. Tuttavia, la particolarita' della vicenda, nelle sue fasi procedimentali e processuali, nonche' la considerazione che la ratio propria della legge regionale n. 5/1989, oggi forse compromessa dalla legge del 1993, fu a suo tempo individuata proprio con una pronuncia della Corte costituzionale (n. 56 del 1989) inducono il collegio a ravvisare ragioni, nei limiti propri della delibazione di non manifesta infondatezza, per rimettere alla Corte stessa le questioni di legittimita' dell'art. 1 della legge regionale n. 16 del 1993, con riferimento non solo agli artt. 3, e 97 della Costituzione, invocati dal ricorrente, ma altresi' d'ufficio con riguardo agli artt. 24, 101, 104 108 e 113. 4. - Va premesso un cenno sintetico in ordine al rapporto tra legge n. 16 del 1993 e legge n. 5 del 1989. Quest'ultima, nel prevedere la facolta' di reinquadramento per il personale individuato all'art. 1, stabiliva all'art. 2 che l'anzianita' di servizio sarebbe stata valutabile per un massimo di 48 punti, il successivo art. 3, fissava poi il punteggio di 1,50 per trimestre di servizio (primo comma), stabiliva che il periodo massimo valutabile sarebbe stato di anni otto (secondo comma) e infine che, per l'inquadramento al settimo e ottavo livello il servizio in carriera di concetto sarebbe stato valutato al settantacinque per cento (quinto comma). Tale disciplina consente due ipotesi: l'una, piu' sfavorevole ai dipendenti, lascia operare la riduzione di cui al quinto comma dopo aver gia' delimitato l'anzianita' valutabile in anni otto, e preclude quindi alla generalita' del personale con servizio in carriera di concetto di conseguire il massimo punteggio previsto per l'anzianita'; il massimo di punti 48 resta in tal caso meramente teorico, non essendovi dipendenti in grado di vantare otto anni di anzianita' in carriera direttiva. A tale lettura, si contrappone l'interpretazione piu' ampia, inizialmente adottata dalla regione Molise e dagli enti sub regionali, e avallata da questo t.a.r., in base alla quale la riduzione di cui al quinto comma non va operata a valle in sede di attribuzione di punteggio, ma opera a monte, incidendo sull'ammontare degli anni di servizio da porre a base del calcolo: in tal senso, il dipendente che, pur decurtando di un quarto l'anzianita' di servizio posseduta in carriera di concetto, disponga comunque di un'anzianita' di anni otto (si tratta della maggioranza dei casi, dalla quale restano esclusi solo i dipendenti piu' "giovani") puo' conseguire poi il massimo di punti 48. Nella sentenza n. 90/93 questo t.a.r. ha ritenuto tale seconda interpretazione preferibile, sia alla luce della ratio della legge n. 5/1989, che era quella di favorire proprio il recupero e la valorizzazione delle anzianita' di servizio, sia in considerazione del fatto che il concetto di anzianita' di servizio di cui al primo comma dell'art. 3, prima di essere ricondotto nei limiti di punteggio di cui al secondo comma, doveva essere precisato attraverso la preventiva riduzione di cui al quinto comma. Con la legge denunziata, si e' stabilito, all'art. 1, che il periodo massimo di cui al secondo comma richiamato "deve essere inteso quale ammontare massimo del servizio di cui al primo comma, sul quale applicare le riduzioni di cui al quarto e quinto comma dello stesso articolo"; si sono poi precisati, con ulteriori periodi, gli effetti concreti di tale impostazione sul calcolo del punteggio. 5. - Cio' posto, pare al collegio che la questione di costituzionalita' dell'art. 1 della legge regionale n. 16 del 1993 appaia non manifestamente infondata sotto i seguenti profili: a) la legge denunziata, a quanto affermato dal ricorrente senza essere smentito, mira a favorire un assetto amministrativo piuttosto che un altro, consentendo l'accesso a posti dirigenziali ai vincitori di corso-concorso e non ai dipendenti reinquadrati ex lege n. 5/1989; in tal senso, la legge n. 16/1993 puo' essere sospettata di non voler in realta' introdurre, in via generale e astratta, una certa interpretazione della legge, ma piuttosto di mirare a incidere sulle posizioni di destinatari individuabili e, sull'esito di giudizi in corso; tale evenienza (Corte costituzionale, n. 155 del 1990, e Consiglio di Stato, IV, ordinanza 26 ottobre 1993, n. 938) concretizzerebbe violazione degli artt. 24, 113, 101, 104 e 108 della Costituzione, vanificando e alterando gli esiti della tutela giurisdizionale e compromettendo indipendenza e autonomia della magistratura; b) per le stesse motivazioni, potrebbe ravvisarsi un eccesso di potere legislativo, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, trattandosi di intervento modificativo, e non interpretativo, del dato normativo preesistente (sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 1988), nel quale peraltro la retroattivita' degli effetti viene fatta derivare dal preteso (ma insussistente) carattere interpretativo della legge (sintomatica la formulazione letterale dell'art. 1); c) ove si considerino poi, da un lato la ratio della legge regionale n. 5 del 1989, riconosciuta con sentenza della Corte costituzionale n. 56/1989, e dall'altro che la stessa regione Molise aveva, sia pure in sede amministrativa, inizialmente adottato l'interpretazione ora ripudiata, modificando poi il proprio orientamento in adeguamento alle decisioni della commissione di controllo, la legge denunziata, puo' apparire lesiva dell'art. 97 della Costituzione, in quanto confliggente con lo scopo di assicurare il buon andamento degli uffici regionali nella misura in cui disattende aspettative di numerosi dipendenti formatesi proprio sulla base di comportamenti della regione stessa. Per la soluzione di tali questioni la causa va sospesa, al fine della definizione del giudizio cautelare, e rimessa alla Corte costituzionale.