ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) e dell'art. 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 1 giugno 1993 dalla Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale, sul ricorso proposto da Ranaglia Elvira, iscritta al n. 631 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1993; Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 1994 il Giudice relatore Massimo Vari; Ritenuto in fatto Con ordinanza emessa il 1 giugno 1993, la Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione, dell'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, e dell'art. 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nella parte in cui dispongono che il trattamento di riversibilita' in materia pensionistica di guerra spetta alla vedova "purche' il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorche' postuma". Il giudizio a quo e' stato promosso da Ranaglia Elvira avverso il decreto con il quale il Ministro del tesoro, non avendo riscontrato la sussistenza delle predette condizioni, le ha negato il trattamento di riversibilita', quale vedova di Moghilin Nicolaj, gia' in godimento di pensione di guerra di settima categoria. Premette l'ordinanza che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 450 del 1991, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 44 della legge 18 marzo 1968, n. 313, e dell'art. 40 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, che subordinavano il riconoscimento della pensione di guerra indiretta, in favore della vedova, alla condizione della durata del matrimonio non inferiore all'anno ovvero della nascita di prole ancorche' postuma. Alla stregua delle motivazioni contenute nella sentenza richiamata (come pure nelle sentenze nn. 123 del 1990 e 189 del 1991), il remittente ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale delle norme indicate, in riferimento agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione. Considerato in diritto 1. - La Corte e' chiamata a decidere se l'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, e l'art. 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, contrastino con gli articoli 3, 29 e 31 della Costituzione, nella parte in cui dispongono che - quando il militare o il civile mutilato od invalido di guerra per una infermita' ascrivibile dalla seconda alla ottava categoria della tabella A annessa alla legge venga a morire per cause diverse da quelle che hanno determinato l'invalidita' - il trattamento di riversibilita' spetta alla vedova, "purche' il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorche' postuma". 2. - La questione e' fondata. Come rammenta l'ordinanza di rimessione, la Corte ha gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, e dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nella parte in cui non consentivano al coniuge superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in cui erano state contratte le ferite o le malattie dalle quali era derivata la morte del militare o del civile, fosse durato, senza nascita di prole ancorche' postuma, meno di un anno (sentenza n. 450 del 1991). A fondamento di tale pronunzia fu addotto che, nella sfera personale di chi siasi risolto al matrimonio, non puo' e non deve sfavorevolmente incidere alcunche' di estraneo, al di fuori di quelle sole regole, anche limitative, proprie dell'istituto: il relativo vincolo, cui tra l'altro si riconnettono valori costituzionalmente protetti, e' e deve rimanere frutto di una libera scelta autoresponsabile, attenendo ai diritti essenziali della persona umana ed alle sue fondamentali istanze. Tale scelta si sottrae, dunque, ad ogni forma di condizionamento indiretto ancorche' eventualmente imposto, in origine, dall'ordinamento. Va ricordato, altresi', che, per le stesse ragioni, sia prima che dopo la richiamata sentenza, sono state espunte dall'ordinamento altre norme pensionistiche che, sotto il profilo dell'esigenza di una durata minima del matrimonio, ponevano limitazioni all'acquisizione del diritto a pensione da parte della vedova, sia nella regolamentazione dell'area dell'impiego pubblico che in quella del settore privato (sentenze nn. 123 del 1990, 189 del 1991 e 1 del 1992). 3. - Tanto premesso, osserva la Corte come nel medesimo ordine di considerazioni rientri anche la questione proposta dal giudice a quo, il cui accoglimento, con conseguente declaratoria di illegittimita' costituzionale delle norme denunciate, consente, tra l'altro, di ricondurre ad omogeneita' di disciplina, nell'ambito della pensionistica di guerra, le fattispecie considerate nelle norme qui impugnate, rispetto a quelle oggetto della gia' ricordata sentenza n. 450 del 1991.