IL TRIBUNALE
    Riunito  in  camera  di  consiglio  ha  pronunciato  la   seguente
 ordinanza  sull'istanza  presentata  il 18 gennaio 1994 da Ceccagnoli
 Italo, nato ad Asmara il 14 settembre 1940 (imp. n. 9),  imputato  1)
 sequestro  in  danno  di  Antonino  Ivo, maggio 1975, 2) sequestro in
 danno di Lovati Cottini Gianfranco, agosto 1975, 15) associazione per
 delinquere, fino al settembre 1982, 16) associazione  per  delinquere
 di  stampo  mafioso, fino al novembre 1986, di riesame del mandato di
 cattura n. 1/1993, (n. 20/1987 r.g.), emesso dal  giudice  istruttore
 del tribunale di Venezia, in data 23 dicembre 1993; atti pervenuti il
 20 gennaio 1994;
    Rilevato  che  il difensore ha chiesto di intervenire in camera di
 consiglio ai sensi dell'art. 263-ter, sesto comma, del c.p.p.;
    A scioglimento della riserva formulata nella predetta udienza  del
 24 gennaio 1994;
    Ritenuto  che  la richiesta e' ammissibile, perche' presentata nei
 termini e con le forme previste dall'art. 263- bis del c.p.p.;
                             O S S E R V A
    In via preliminare ad ogni altra questione,  dev'essere  esaminata
 l'eccezione   d'incostituzionalita'  degli  artt.  245  e  250  delle
 disposizioni di attuazione del vigente c.p.p., nella parte in cui non
 prevedono  l'applicabilita'  dell'art.  309   del   c.p.p./1988   nei
 procedimenti   che   proseguono   con   l'applicazione   delle  norme
 anteriormente vigenti, com'e' il caso del p.p. al quale  il  M.C.  n.
 1/1993 si riferisce;
    La  questione  e'  stata  sollevata  dalla  difesa in relazione al
 diniego di rilascio di copia degli atti in  deposito,  trasmessi  dal
 giudice istruttore a questo tribunale per la risoluzione dell'istanza
 di  riesame,  diniego  disposto dal presidente della sezione ai sensi
 degli artt. 263- bis e 263- ter del c.p.p. previgente; la difesa, nel
 riconoscere espressamente la correttezza formale di tale  diniego  in
 relazione al sistema procedurale previgente, che non ha mai preveduto
 il   deposito   degli  atti  processuali  posti  a  fondamento  della
 motivazione del mandato di cattura, ha ritenuto di  censurare,  sotto
 il profilo della ragionevolezza, la distinzione che si viene a creare
 tra  i  procedimenti di riesame regolati dal codice vigente nel pieno
 contraddittorio tra le parti sotto il  profilo  della  conoscibilita'
 degli  atti e quelli che proseguono con il rito previgente, nei quali
 tale contraddittorio e' radicalmente vietato  dalle  preclusioni  del
 sistema inquisitorio e della relativa segretezza degli atti;
    Ritiene  tale  questione rilevante e non manifestamente infondata,
 in  relazione  alla  effettiva  sussistenza  di  un   simile   regime
 differenziato   della   procedura   di   riesame   dei  provvedimenti
 restrittivi della liberta' personale, riconosciuta formalmente  anche
 dalla  giurisprudenza  gia'  formatasi sul punto da parte della Corte
 regolatrice, secondo cui, nei procedimenti che  proseguono  ai  sensi
 dell'art.  241  del  d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, il codice di rito
 abrogato e'  applicabile  anche  alla  trattazione  dei  procedimenti
 incidentali  relativi ai provvedimenti inerenti la liberta' personale
 adottati in epoca successiva all'entrata in vigore del nuovo  codice,
 in   quanto,   ai  sensi  dell'art.  250  del  medesimo  decreto,  le
 disposizioni del nuovo codice ivi richiamate derogano alla precedente
 disciplina  esclusivamente  per  cio'  che  concerne  i   presupposti
 "sostanziali"  della  custodia  cautelare  (cfr.:  cass., sez. II, 25
 gennaio 1990, Hernandez, in: "Cass. Pen.", 1990, II, p. 98,  n.  44):
 in  questo  modo appare manifestamente come la tutela sostanziale del
 diritto inalienabile alla liberta' personale venga  disciplinata  con
 forme radicalmente differenziate a seconda del rito adottato, laddove
 nel  nuovo  i  difensori hanno diritto alla piena conoscenza di tutti
 gli atti utilizzati dal p.m. per ottenere dal g.i.p. l'adozione della
 misura, mentre nel previgente, ai fini della tutela  sostanziale  del
 medesimo  diritto,  il  diritto alla conoscenza degli atti posti alla
 base della decisione del g.i. e' radicalmente escluso, anzi  vietato,
 per non ledere i rigorosi limiti del segreto istruttorio (cfr. cass.,
 sez.  I,  28  febbraio  1983,  Ferreri, sulla stessa inconoscibilita'
 delle memorie presentate dalle parti);
    Se ne trae il convincimento che, in tema di tutela sostanziale del
 diritto alla liberta' personale, parte  essenziale  dell'esplicazione
 del  diritto  alla  difesa,  sussista  una  profonda ed irragionevole
 differenza  di  trattamento,  in  relazione   all'impossibilita'   di
 instaurare  una  efficace  pienezza  del  contraddittorio nel riesame
 regolato dal rito  previgente,  sulla  base  della  sola  accidentale
 occasione  d'inserimento  di una misura restrittiva nell'ambito di un
 p.p. procedente in istruttoria col "vecchio" rito, per di piu' in re-
 gime di prorogatio asseritamente eccezionale, ma di fatto soggetta  a
 reiterate  proroghe, l'ultima delle quali con scadenza al 31 dicembre
 1994;
    Al  cospetto,  infatti,  del  principio  contenuto  nell'art.  24,
 secondo  comma,  della  Costituzione, l'effettivita' del diritto alla
 difesa e' certamente  indice  della  sua  sussistenza,  cosicche'  la
 riduzione  del  medesimo entro confini di pura forma, gia' oggetto di
 critiche nell'ambito del  previgente  sistema  processuale,  peraltro
 omogeneo,  diventa intollerabile laddove tale limitazione coesista in
 parallelo con un diverso sistema di piena e  sostanziale  tutela  del
 contraddittorio  nell'ambito  del  nuovo  rito  vigente:  per  il che
 sussistono evidenti  rilievi  d'incostituzionalita'  anche  sotto  il
 profilo della norma di cui all'art. 3 della Costituzione;
    In  particolare, appare irragionevole e discriminatorio, al di la'
 della sussistenza di una  specifica  richiesta  di  ottenere  visione
 degli  atti,  che non siano applicabili al procedimento di riesame de
 quo le previsioni di cui ai commi 8 (diritto di conoscenza degli atti
 depositati in cancelleria) e 9 (diritto di difendersi confutando cio'
 che si conosce e provando il contrario di cio' che  si  conosce)  del
 vigente art. 309 del c.p.p.;
    Inoltre, la conservazione della disciplina procedurale del riesame
 siccome   regolata   dal   codice  previgente  appare  manifestamente
 incostituzionale anche in relazione all'art. 76  della  Costituzione,
 laddove  la  norma di cui all'art. 6 della legge 16 febbraio 1987, n.
 81, non stabilisce  principi  e  criteri  direttivi  particolari  per
 l'emanazione  delle norme transitorie: come ha insegnato, infatti, la
 stessa Corte costituzionale con la sentenza 8 febbraio 1991,  n.  68,
 "il  completo  silenzio  dell'art.  6  della  legge-delega  quanto  a
 principi e criteri direttivi non puo' intendersi .. alla  stregua  di
 un'indiscriminata      rimessione     al     legislatore     delegato
 dell'apprezzamento del se e del come raccordare"  gli  istituti  gia'
 esistenti  alle  norme del nuovo codice: "tale silenzio - prosegue la
 Corte costituzionale - va,  invece,  inteso  come  tacito  rinvio  ai
 principi  ed  ai  criteri di cui all'art. 2 - della legge-delega, nel
 senso che  le  norme  di  coordinamento  non  debbono  mai  porsi  in
 contrasto con tali principi e criteri, proprio perche' l'esercizio di
 una  delega  volta  a  coordinare  il codice con le altre leggi dello
 Stato non puo' spingersi fino al punto di aggirare uno dei principi e
 criteri su cui il codice e' stato costruito. La  finalita'  dell'art.
 6, nella parte concernente le norme di coordinamento ivi contemplate,
 sta  proprio  nel  non  escludere  possibili sopravvivenze normative,
 purche' coerenti con gli artt. 2 e 3 della stessa legge".
    Nel  caso  di  specie,  invece,  le  norme  transitorie   lasciano
 sopravvivere   un   procedimento  incidentale  regolato  da  principi
 incompatibili con la tutela  sostanziale  del  diritto  alla  difesa,
 cosi' come regolato dal codice vigente.
    L'esame  di  ogni  altra  questione, coinvolgendo il diritto delle
 parti  ricorrenti   all'esame   degli   atti   depositati,   richiede
 necessariamente la risoluzione della prospettata questione.