IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa per opposizione a ingiunzione amministrativa (iscritta al n. 253/93 r.g.c.) promossa da Graber Bleicher Ulrich Hermann e Bleicher Barbel (con l'avv. Giovanni Ricca) contro il comune di Oggebbio (con l'avv. Ferdinando Brocca), avente ad oggetto l'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione 15 febbraio 1993 (prot. n. 531) emessa dal sindaco del comune di Oggebbio. A scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza che pre- cede, il pretore della sede circondariale di Verbania osserva quanto segue. F A T T O In data 18 marzo 1989 l'ufficio di vigilanza del comune di Oggebbio accertava che i coniugi Graber Bleicher Ulrich Hermann e Bleicher Barbel, proprietari del fabbricato identificato al fg. 34 mapp. 341 del n.c.u. del comune di Oggebbio, avevano eseguito interventi edilizi di ristrutturazione di tale immobile, sito in area soggetta a vincolo paesaggistico ( ex legge 29 giugno 1939, n. 1497), in assenza della prescritta concessione edilizia. Sottoposti a procedimento penale per il reato di cui all'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985 (oltre che per il reato di cui all'art. 1-sexies della legge n. 431/1985, in primo grado venivano entrambi condannati con sentenza 12 novembre 1991, n. 156, del pre- tore di Verbania. In secondo grado, con sentenza 16 febbraio 1993 della corte d'appello di Torino, la sig.ra Bleicher Barbel veniva assolta per non aver commesso il fatto, mentre nei confronti del marito veniva pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato a seguito di rilascio di concessione in sanatoria. Successivamente, con ordinanza notificata il 10 aprile 1993 (emessa il 15 febbraio 1993), il sindaco del comune di Oggebbio, con riguardo ai medesimi lavori di ristrutturazione oggetto del processo penale, ingiungeva ai coniugi di pagare, in applicazione degli artt. 13 e 16, quarto comma, punto b), della l.r. 3 aprile 1989, n. 20, la somma di L. 27.568.700 a titolo di sanzione amministrativa (oltre alla somma di L. 625.128, non contestata dagli ingiunti, a titolo di oblazione per contributo di concessione). Contro tale ingiunzione i coniugi Graber-Bleicher proponevano opposizione, con ricorso depositato il 6 maggio 1993, assumendo - per quanto rileva nella presente sede - l'illegittimita' dell'irrogata sanzione amministrativa per violazione dell'art. 9, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, richiamato dalla norma di cui al sesto comma dell'art. 16 della l.r. n. 20/1989, in quanto nel caso di specie, essendo punita l'attivita' edificatoria posta in essere dagli opponenti sia dalla disposizione penale di cui all'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985 che dalla disposizione regionale di cui agli artt. 13 e 16, quarto comma, della l.r. n. 20/1989, troverebbe applicazione in ogni caso la sola legge penale, in deroga al principio di specialita' stabilito come regola generale nel primo comma del citato art. 9. Sul punto il comune di Oggebbio, ritualmente costituitosi, rilevava che, nel caso concreto, la lettura integrale dell'art. 9, secondo comma, della legge n. 689/1981 (anche nella parte finale in cui prevede che si applichi "in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali"), messa a confronto con l'art. 20 della legge n. 47/1985 (per il quale si applicano le pene in esso previste "Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato ..", portava ad escludere l'asserita "prevalenza" della norma penale, comportando l'applicazione, secondo il generale principio di specialita', della disposizione amministrativa regionale, in quanto specifica ad un determinato ordinamento territoriale. In sede di discussione, dopo lo scambio di memorie tra le parti, emergevano profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge n. 689/1981 ed il pretore si riservava di decidere sulla questione. D I R I T T O Nel caso sottoposto all'esame del giudicante lo stesso fatto storico (realizzazione di interventi edilizi in area vincolata) risulta punito sia da una disposizione penale (art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985) che da una disposizione regionale comportante una sanzione amministrativa (artt. 13, primo comma, lett. b), e 16, quarto comma, lett. b), della l.r. Piemonte 3 aprile 1989, n. 20). In particolare, i coniugi Graber-Bleicher hanno realizzato lavori di ristrutturazione di un immobile di loro proprieta', sito in zona soggetta al vincolo ambientale di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, senza munirsi della concessione edilizia ne' dell'autorizzazione prescritta dall'art. 15, primo comma, lett. b), della l.r. 3 aprile 1989, n. 20 (che, nel caso specifico, avrebbe condizionato lo stesso rilascio della concessione; v. art. 10, secondo comma, della l.r. n. 20/1989), ponendo cosi' in essere una condotta che, pur astrattamente riconducibile a due distinte fattispecie normative, in concreto si configura come "uno stesso fatto". A tale lettura il giudicante ritiene di pervenire sulla base di un'interpretazione dell'espressione "stesso fatto" in termini di "singolo caso concreto", e non di fattispecie normativa astratta, come pari potersi desumere dalla diversa terminologia adottata dall'art. 9 della legge n. 689/1981 rispetto a quella dell'art. 15 del c.p. ("stessa materia"), pure dettata in tema di principio di specialita'. Per tale situazione il secondo comma dell'art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, espressamente richiamato dall'art. 16, sesto comma, della l.r. cit., derogando alla regola generale di cui al primo comma che impone di risolvere il conflitto tra norme in base al criterio di specialita', dispone che si applichi "in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali". E' pertanto prevista - in evidente ossequio al principio di riserva di legge statale in materia penale ex art. 25 della Costituzione, secondo cui nel conflitto tra normativa regionale e legislazione statale e' la prima, in quanto derivata da quella dello Stato, a dover cedere rispetto alla sedonda, avente carattere originario - la prevalenza della norma incriminatrice statale sulle concorrenti norme amministrative regionali sanzionatrici, con esclusione dell'ipotesi in cui la disposizione penale in conflitto abbia carattere sussidiario (espresso da clausole del tipo "salvo che il fatto non costituisca un diverso reato"), nel qual caso trova applicazione la sola norma amministrativa, specifica ad un particolare ordinamento territoriale, in virtu' del generale principio di specialita' di cui all'art. 9, primo comma, della legge n. 689/1981. Pare proprio questa l'ipotesi che ci si trova ad affrontare: la disposizione penale di cui all'art. 20 della legge n. 47/1985 si apre infatti con l'espressa enunciazione di una tipica clausola di riserva ("Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato .."), per come formulata sicuramente idonea - al pari della clausola sopra esemplificata e delle altre similari clausole di "chiusura" che il legislatore penale talvolta introduce nelle norme incriminatrici al fine di risolvere all'origine situazioni di concorso apparente di norme - ad attribuire alla disposizione in questione carattere di sussidiarieta' e residualita' rispetto ad altre eventuali norme penali che disciplinano la materia. La ratio della "deroga nella deroga" prevista dall'ultima parte dell'art. 9, secondo comma, cit. - di comprensione certo non immediata - sembra potersi rinvenire nel fatto che le norme penali munite di c.d. clausole di riserva si configurano come norme di mera chiusura, chiamate in causa soltanto con funzione di "riempimento" in mancanza di incriminazioni piu' pertinenti alla fattispecie, con la finalita' di assoggettare comunque a punizione determinate condotte. E' peraltro indubbio che, per tale via, si consente agli enti regionali di intervenire nelle aree di illecito definite dall'ordinamento penale generale (pur con funzione sussidiaria rispetto ad altre norme penali), introducendo normative di carattere primario "in sostituzione e sovrapposizione" dei precetti penali statuali, e si apre la strada a sostanziali depenalizzazioni su scala limitata al singolo territorio regionale, in evidente ed insanabile contrasto con il principio della riserva di legge statale in materia penale (art. 25, secondo comma, della Costituzione, cosi' come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale), nonche' con i connessi principi di uguaglianza dei cittadini sull'intero territorio nazionale nella fruizione della liberta' personale (art. 3 della Costituzione) e di unita' politica dello Stato (art. 5 della Costituzione). In effetti nel caso che ci occupa, dalla lettura dell'ultima parte dell'art. 9 cit., unitamente alla clausola di riserva che apre l'art. 20 della legge n. 47/1985, si perviene alla conclusione che l'unica disposizione applicabile sia quella di origine amministrativa, la quale assumerebbe quindi natura e portata di norma primaria ed esclusiva pertinente alla fattispecie, comportante di fatto la disapplicazione del diritto penale statuale limitatamente al territorio della regione Piemonte. Per quanto sopra esposto si ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui prevede che si applichi in ogni caso la disposizione penale "salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali", in relazione agli artt. 25, secondo comma, 3 e 5 della Costituzione. La questione appare evidentemente rilevante per il giudizio in corso, atteso che proprio dall'applicazione dell'art. 9, secondo comma, ultima parte, della legge 24 novembre 1981, n. 689, cosi' come letteralmente formulato, viene a dipendere la decisione di annullare (o meno) l'ordinanza-ingiunzione oggetto dell'opposizione.