IL PRETORE Nel processo penale contro L. F., imputato dei reati p. e p. dall'art. 21, primo e terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, commessi in Mantova il 27 novembre 1992, ha pronunziato, mediante lettura nel pubblico dibattimento all'udienza del 28 marzo 1994, la seguente ordinanza. L. F. e' stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 21, primo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, per avere nella sua qualita' di direttore di stabilimento della Smurfit Pachaging S.r.l. eseguito uno scarico in pubblica fognatura senza aver previamente richiesto la prescritta autorizzazione e del reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, per avere, sempre nella predetta qualita', eseguito lo scarico superando i limiti di accettabilita' previsti dalla tab. C) allegata alla suindicata legge per i parametri del COD e del colore. Prima dell'apertura del dibattimento l'imputato ha chiesto ai sensi dell'art. 444 del c.p.p., concesse le attenuanti generiche, per il reato di cui all'art. 21, primo comma, della legge n. 319/1976 l'applicazione della pena di L. 400.000 di ammenda e per il reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 l'applicazione della pena di gg. 27 di arresto e la sostituzione di quest'ultima pena con la sanzione sostitutiva di L. 675.000 di ammenda ai sensi dell'art. 53 e segg. della legge n. 689/1981. Il p.m. ha negato il proprio consenso, ritenuto che ai sensi dell'art. 60 della legge n. 689/1981 i reati previsti dall'art. 21 della legge n. 319/1976 sono esclusi dall'applicazione delle pene sostitutive. Si e' quindi proceduto a dibattimento all'esito del quale rileva il giudicante che e' rilevante la questione di costituzionalita' dell'art. 60, secondo comma, della legge n. 689/1981 nella parte in cui esclude la sostituibilita' delle pene previste dall'art. 21 della legge n. 319/1976: non emergendo infatti elementi per il proscioglimento ai sensi dell'art. 129 del c.p.p., deve tuttavia essere rigettata, stante l'impossibilita' di sostituire la pena detentiva con sanzione sostitutiva, la richiesta di applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 del c.p.p., con preclusione per l'imputato di beneficiare della diminuzione di pena sino ad un terzo rispetto a quella che potrebbe essere irrogata in caso di condanna. La questione di costituzionalita' oltre che rilevante e' anche non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione. Va premesso che la Corte costituzionale con sentenza n. 249 del 1993 ha dichiarato la illegittimita' costituzionale del predetto art. 60 della legge n. 689/1981 nella parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si applicano al reato previsto dall'art. 590, secondo e terzo comma, del c.p. limitatamente ai fatti connessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e cio' sul presupposto che per una serie di modifiche legislative che non e' il caso di richiamare, erano divenute invece applicabili le sanzioni sostitutive per il reato, piu' grave, di cui all'art. 589 del c.p., anche se commesso con violazione delle stesse norme per cui operava la preclusione riguardo alle lesioni colpose. Osservava in particolare la Corte nella predetta sentenza che "si presenta fortemente lesivo del principio di uguaglianza un complesso normativo che consente di beneficiare delle sanzioni sostitutive a chi ha posto in essere, fra due condotte gradatamente lesive dell'identico bene, quella connotata da maggior gravita', discriminando, invece, chi ha realizzato il fatto che meno offende lo stesso valore giuridico". Le stesse considerazioni valgono nel caso di specie, poiche' a differenza delle ipotesi pur previste dall'art. 60 della legge n. 689/1981 in cui sono escluse dalla applicabilita' delle sanzioni sostitutive intere categorie di reati (p. es. in tema di armi da sparo, edilizia ed urbanistica ecc.), in materia di tutela delle acque dall'inquinamento sono esclusi i reati previsti da due sole norme, gli artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976, rispetto ai quali tuttavia si sono succedute moltissime altre norme con ipotesi di reato che, avendo la medesima ratio (la tutela delle acque) e punendo condotte piu' gravi (in materia p. es. di scarichi pericolosi o di scarichi di sostanze cancerogene), consentono ciononostante l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive non essendo prevista l'esclusione oggettiva. Intende questo giudice far riferimento p. es. al d.P.R. 24 maggio 1988, n. 217, in materia di scarichi di sostanze pericolose, il cui art. 15 prevede pene sino a tre anni di arresto e pertanto piu' gravi di quelle previste dall'art. 21 della legge n. 319/1976. E' eclatante la differenza di trattamento fra le due norme, tenuto conto che fra le stesse opera un indubbio principio di specialita', in quanto lo scarico di sostanze pericolose di cui al d.P.R. n. 217/1988 con superamento dei valori limite integra senza alcun dubbio il reato di cui all'art. 15 dello stesso d.P.R. (punito con l'arresto sino a tre anni) e non il meno grave reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976, punito con l'arresto sino a due anni. Nel primo caso tuttavia la pena puo' essere sostituita da sanzione sostitutiva, e pertanto trovano ingresso possibilita' di scelta piu' ampie nella modulazione della sanzione rispetto alla finalita' di rieducazione del condannato garantita dall'art. 27 della Costituzione, mentre nel secondo caso, pur in presenza di un reato meno grave, che tutela il medesimo bene giuridico ed ha per oggetto un'analoga condotta ma gradatamente piu' lieve, le stesse possibilita' non vengono concesse. Identico discorso puo' essere fatto in relazione al d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 133, in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque, con riguardo alle sanzioni previste dall'art. 18 di detta legge. Le disparita' di trattamento rilevate, da attribuirsi non ad un disegno razionale ma ad un mancato coordinamento di norme in sede legislativa, sono in contrasto con il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, tutelato dall'art. 3 della Costituzione, con il diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione e con le finalita' di rieducazione cui deve essere commisurato il trattamento punitivo affermate dall'art. 27 della Costituzione. La prospettata questione di costituzionalita', per tutto quanto esposto, e' pertanto rilevante, per la possibilita', in caso di dichiarazione di incostituzionalita' della norma, di accoglimento dell'istanza formulata ai sensi dell'art. 444 del c.p.p., e non manifestamente infondata. Il processo a carico di L. F. deve quindi essere sospeso e gli atti vanno immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in riferimento a quanto disposto dagli artt. 3, 24 e 27 della Carta costituzionale.