Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della Giunta regionale, dott.ssa Fiorella Ghilardotti rappresentata e difesa, coma da mandato a margine del presente atto, e in virtu' di deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30 per conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, a seguito e per effetto del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 1994, n. 197 (in Gazzetta Ufficiale 24 marzo 1994, n. 69, serie generale). "Regolamento recante norme per l'organizzazione degli uffici del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali". Con legge 4 dicembre 1993, n. 491, si e' provveduto al "riordinamento delle competenze regionali e statali in materia agricola e forestale e istituzione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali". Tale legge ha disposto la soppressione del Ministero dell'agricoltura e delle foreste (art. 1, primo comma ed ha trasferito alle regioni "tutte le funzioni in materia di agricoltura e foreste, di acquacoltura e agriturismo, nonche' le funzioni relative alla conservazione e allo sviluppo del territorio rurale ad esclusione di quelle attribuite dalla presente legge al Ministero di cui all'art. 2, primo comma" (art. 1, secondo comma). Con il successivo art. 6 si e' poi cosi' disposto: il Governo, con uno o piu' regolamenti, da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, procede, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge a: a) definire l'organizzazione degli uffici del Ministero, e distribuire, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, l'organico del personale del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle foreste tra Ministero e regioni in relazione alle funzioni assegnate a tali amministrazioni; b) riordinare o sopprimere gli organi consultivi; c) riordinare o sopprimere gli enti vigilati dal Ministero prevedendo, d'intesa con il comitato di cui all'art. 2, sesto comma, anche la possibilita' di trasferirne le funzioni alle regioni. Il d.P.R. n. 197/1994, in epigrafe menzionato, ha dato parziale attuazione alla previsione del cit. art. 6 della legge n. 491/1993, identificando le direzioni generali del nuovo Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali (art. 1) e definendone le rispettive funzioni (artt. da 4 a 8). Le disposizioni normative sopra menzionate, ed il regolamento nel suo complesso, ledono le competenze costituzionalmente attribuite alla regione Lombardia, che pertanto li impugna con i seguenti motivi di D I R I T T O 1. - Violazione, da parte del d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 nel suo complesso, ed in particolare degli artt. 1, 4, 5, 6, 7 e 8, degli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 6, primo e secondo comma, della legge 4 dicembre 1993, n. 491. L'art. 6, primo comma, della legge n. 491/1993 consente al Governo di adottare "uno o piu' regolamenti" per la definizione della disciplina normativa ivi menzionata. Il regolamento qui impugnato muove da una contraddittoria interpretazione di tale previsione legislativa. Come risulta dalle sue premesse, il regolamento e' stato adottato "Considerata l'opportunita' di provvedere con separati regolamenti all'attuazione di quanto disposto dall'art. 6, primo comma, lettera b), e dall'art. 6, secondo comma, lettera b), concernenti il riordinamento o la soppressione degli enti vigilati dal Ministero; dall'art. 6, secondo comma, lettere c) e d), concernenti, rispettivamente, il riordinamento degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria e l'istituzione di una Consulta nazionale per la ricerca agroalimentare". Il regolamento assume pertanto, per esclusione e implicitamente, di essere stato adottato in attuazione dell'intero primo comma, lett. a), dell'art. 6 della legge n. 491/1993 (e nel rispetto dei criteri e principi di cui alla lett. a) del secondo comma. Non e' cosi'. L'art. 6, primo comma, lett. a), della legge n. 491/1993 impone infatti al Governo non solo di definire l'organizzazione degli uffici del Ministero, ma anche di distribuire l'organico del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle foreste fra le regioni ed il nuovo Ministero "in relazione alle funzioni assegnate a tali amministrazioni". Il regolamento impugnato si e' limitato invece - fra l'altro smentendo le proprie stesse premesse - a definire l'organizzazione degli uffici ministeriali, ma nulla ha disposto in ordine alla distribuzione degli organici. Cio' contraddice alla logica di una ordinata disciplina dei rapporti fra Stato e regioni, e viola la sfera di competenza costituzionalmente garantita alla regione ricorrente. Il riferimento dell'alinea del primo comma dell'art. 6, della legge n. 491 ad una (possibile) pluralita' di regolamenti attuativi non consente un illimitato ed irragionevole frazionamento delle discipline normative da adottare. Anzitutto, dal punto di vista sistematico, non e' certo un caso che i vari oggetti in relazione ai quali il Governo e' chiamato ad esercitare la propria potesta' regolamentare siano ordinati e distinti attraverso una ripartizione in diverse lettere. In ciascuna di esse, invero, sono menzionati oggetti fra loro omogenei, e distinti - invece - da quelli previsti dalle altre lettere. Lo stesso regolamento impugnato da' per scontata tale lettura, poiche' nelle premesse ipotizza la adozione di tanti regolamenti quanti sono gli oggetti omogenei (menzionati nelle distinte lettere del comma 1, ovvero in quelle di cui al secondo comma, che pur dettando, formalmente, principi e criteri da rispettare contiene in realta' anche ulteriori oggetti da disciplinare). Come riconoscono dunque le stesse premesse dell'atto impugnato, con un regolamento dovrebbe provvedersi all'attuazione del primo comma, lett. b) e del secondo comma, lett. b) (concernenti entrambi il riordinamento o la soppressione degli enti consultivi); con un altro regolamento, all'attuazione del primo comma, lett. c), (concernente il riordinamento o la soppressione degli enti vigilati dal Ministero); con un altro regolamento ancora, all'attuazione del secondo comma, lettere c) e d), concernenti entrambi la materia della ricerca. Solo la lett. a) del primo comma, pertanto, viene artificiosamente spezzata in due, e nonostante l'innegabile unita' delle sue singole previsioni, evidenziata anche dalle considerazioni d'ordine sistematico che precedono, privata della doverosa attuazione uno actu. Non basta. Il legame fra le due parti della lett. a) del primo comma (organizzazione del Ministero; distribuzione dell'organico del personale) e' presupposto anche della stessa struttura sintattica della previsione normativa, che le congiunge (con una "e") in modo indissolubile. Cio' che piu' conta, pero', e' che l'atto impugnato contraddice in modo radicale la logica del trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni, che nella prassi si e' doverosamente orientata in senso esattamente opposto. Gia' l'art. 17, primo comma, lett. c) della legge 16 maggio 1970, n. 281, invero, aveva previsto che i decreti di trasferimento delle funzioni amministrative statali alle regioni dovessero rispettare il principio secondo cui "per ciascuna delle funzioni statali attribuite alle regioni verra' stabilito il contingente del personale statale, anche delle amministrazioni centrali, da trasferire alle regioni stesse, riducendosi contemporaneamente e corrispondentemente i ruoli organici delle amministrazioni statali interessate" e tutti i decreti di trasferimento del 1971 (non a caso uniformemente intitolati trasferimento .. delle funzioni amministrative statali in materia di .. e del relativo personale", ovvero "dei relativi personali ed uffici") hanno operato nel senso della contemporaneita' del trasferimento delle funzioni, e della determinazione del contingente di personale trasferito (cfr. i d.P.R. 14 gennaio 1972 nn. 2, artt. 12; 3, 17; 4, art. 18; 5, 18; 6, 10; e 15 gennaio 1972, nn. 8, 17; 9, 10; 10, 14; 11, 15), e soprattutto hanno stabilito che la riduzione dei ruoli organici delle amministrazioni statali fosse essa pure contemporanea a tali determinazioni. La riorganizzazione degli uffici statali, insomma, non si riteneva possibile prima della definizione dell'operazione di trasferimento. La legge 22 luglio 1975, n. 382, poi, ha previsto che il trasferimento del necessario personale alle regioni e l'assegnazione all'amministrazione statale di quello restante dovesse avvenire "contestualmente" (art. 1, primo comma, lett. b)), e il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ha disposto di conseguenza (art. 112). Orbene, nel caso in esame, non e' la scissione fra il trasferimento delle funzioni ed il trasferimento del personale alle regioni (non verificatasi nelle precedenti esperienze del 1972 e del 1977), che interessa. Tale scissione, prodotta dalla stessa legge n. 491/1993, e' in se' comprensibile, perche' profonda e' la diversita' fra l'odierna amministrazione regionale e quella dei primi anni del regionalismo. Cio' che non e' accettabile invece, e' il rovesciamento del logico, naturale rapporto fra trasferimento delle funzioni, trasferimento del personale e riorganizzazione degli uffici statali, che e' determinato dal regolamento impugnato. Non e' dato comprendere, infatti, come sia possibile provvedere al riordino degli uffici statali senza aver prima o almeno contestualmente determinato la distribuzione dell'organico del personale conseguente al trasferimento delle funzioni alle regioni. La conoscenza della pianta organica e la distribuzione delle funzioni tra i vari uffici debbono andare invero di pari passo. La connessione intima fra il trasferimento delle funzioni, la riorganizzazione degli uffici e la distribuzione dell'organico del personale viene esattamente riconosciuta dalla stessa legge n. 491/1993, che, all'art. 6, terzo comma, lett. a), detta specifiche disposizioni per il personale che risulta in eccedenza proprio a seguito di tutte e tre queste operazioni. L'art. 10, sesto comma, dispone poi che "fino all'emanazione dei regolamenti di cui all'art. 6, primo comma, il personale comunque assegnato alle direzioni generali ed agli uffici del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle foreste nonche' quello comunque assegnato alla direzione generale della pesca marittima del Ministero della marina mercantile, alla data di entrata in vigore della presente legge, svolgente le funzioni di cui all'art. 2, continua ad esercitare le funzioni attribuite alla predetta data, conservando il trattamento economico inerente alla qualifica". Cio' significa che la distribuzione dell'organico del personale deve essere (almeno³ contestuale alla riorganizzazione degli uffici statali, se si vuole che questa non sconti la piu' assoluta incertezza sui mezzi (umani) necessari per il suo funzionamento. Tutto questo era stato perfettamente chiaro gia' alla legge n. 382/1975, che infatti aveva collegato il riordino (la soppressione) degli uffici statali alla previa definizione del trasferimento e del personale (art. 6, primo comma, lettere a) e d)). L'irrazionalita' del regolamento qui impugnato e la sua illegittimita' per violazione della legge n. 491/1993 determinano una grave lesione della sfera di competenza costituzionalmente garantita alla regione Lombardia. Poiche', infatti, l'art. 6, primo comma, lett. a), della legge n. 491 dispone che l'organico del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle foreste viene distribuito fra le regioni e il nuovo Ministero "in relazione alle funzioni assegnate a tali amministrazioni", e' evidente che determinare le funzioni ministeriali non gia' contestualmente all'operazione di distribuzione dell'organico del personale ma prima di questa opera la lesione dell'interesse della regione a farsi destinare una quota di personale che davvero tenga conto delle esigenze della sua amministrazione, e non sia invece la meccanica risultante di una decisione (relativa all'organizzazione degli uffici statali) sulla quale non ha potuto avere alcuna incidenza. Lo stesso art. 6, primo comma, lett. a), del resto, prevede che la distribuzione dell'organico del personale debba avvenire "previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome". Intesa che ha un senso, solo se non e' interamente condizionata da un presupposto (l'organizzazione degli uffici statali) che totalmente le sfugga. Il che, considerando che la Conferenza "e' la sede privilegiata del confronto della negoziazione politica fra lo Stato e le regioni" (come ricorda espressamente codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n. 116/1994), e' sommamente grave. Che tali siano le illegittime conseguenze della scelta operata con il regolamento impugnato e' chiarito dall'art. 1, primo comma, dello stesso. Vi si prevede, infatti, che la riorganizzazione degli uffici statali determinata dalle successive disposizioni si effettui "fatte salve .. le funzioni da attribuire alle regioni ed alle province autonome e la distribuzione dell'organico del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle foreste", cio' che equivale a riconoscere l'intima connessione fra trasferimento delle funzioni e distribuzioni dell'organico del personale, e l'illegittimita' di una anticipata riorganizzazione degli uffici statali che non solo ne prescinda ma vi incida, determinando un grave pregiudizio per le regioni in ordine alle quote di personale da ottenere in trasferimento per far fronte alle nuove competenze. 2. Violazione da parte del d.P.R. 15 marzo 1994 nel suo complesso, ed in particolare degli artt. 1, 4, 5, 6, 7 e 8, degli artt. 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. Il d.P.R. n. 197/1994, dunque, ha determinato un illogico rapporto fra scelte relative alla distribuzione dell'organico del personale e scelte relative alla riorganizzazione degli uffici statali, facendo si' che le prime, anziche' procedere o quanto meno essere contestuali alle seconde, siano a queste posposte e subordinate. Cio' determina la violazione dell'art. 97 della Costituzione. Come codesta ecc.ma Corte costituzionale ha recentemente ribadito, il principio del buon andamento della pubblica amministrazione impone che l'organizzazione ed il funzionamento degli uffici "si debba ispirare a un criterio di congruenza e di non arbitrarieta' rispetto al fine che si vuole perseguire" (sent. n. 376/1993). Orbene, se il fine che l'atto impugnato persegue - e deve perseguire - e' il riordino delle funzioni statali in materia di agricoltura secondo principi di efficienza, prontezza, efficacia dell'azione amministrativa, non e' dubbio che il mezzo prescelto risulti inidoneo allo scopo. Una riorganizzazione degli uffici statali che prescinde del tutto dalla ricognizione delle forze disponibili si ispira evidentemente a valutazioni del tutto astratte, e non considera la esigenza di armonizzazione con le funzioni di competenza regionale, che pure e' particolarmente necessaria, specie a seguito della riforma di cui alla legge n. 491/1993. E' pertanto evidente che la violazione del principio del buon andamento determina la compromissione degli interessi della ricorrente, incidendo sulla sfera di competenza che alla stessa e' costituzionalmente garantita (da ultimo, sul collegamento fra art. 97 della Costituzione, e disposizioni costituzionali di garanzia delle autonomie regionali, sent. n. 359/1993; piu' in generale, sui parametri invocabili in sede di giudizi costituzionali sui rapporti Stato-regioni, sent. n. 308/1993). Incisione che e' indiretta in riferimento alla incongrua riorganizzazione degli uffici statali (chiamati ad una attivita' collaborativa con quella delle regioni) e diretta in riferimento al vulnus che - come si e' visto - viene arrecato all'interesse regionale ad ottenere il trasferimento di tutto il personale necessario per l'esercizio delle funzioni trasferite, senza che sulle scelte distributive gravino ipoteche imputabili ad altrui, incontrollabili, scelte. 3. Violazione, da parte degli artt. 4, 5, 6, e 8 del d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197, degli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 2, terzo comma, della legge 4 dicembre 1993, n. 491. L'aver riorganizzato gli uffici statali senza una adeguata considerazione delle esigenze connesse alla garanzia delle competenze regionali ha determinato una molteplicita' di violazioni puntuali delle attribuzioni della regione ricorrente, come definite dalle disposizioni costituzionali, dai precedenti trasferimenti di funzioni e dalla legge n. 491/1993. L'art. 4, primo comma, lett. d), dispone che il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali possa adottare "misure di accompagnamento della politica agricola comunitaria". Tale previsione - oltre che mediatamente gli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione - viola direttamente l'art. 2, terzo comma, lett. c) della legge n. 491/1993, che consente al Ministero solo la predisposizione di atti e lo svolgimento di attivita' generali e necessarie per l'attuazione delle determinazioni e dei provvedimenti comunitari. Qui, invero, si parla di misure di accompagnamento, con cio' evocando da un lato provvedimenti destinati ad essere singolari, puntuali (tanto suggerisce il termine "misure"), dall'altro provvedimenti meramente accessori, non strettamente "necessari" alla attuazione delle scelte comunitarie (come sottintende il riferimento all'"accompagnamento" di queste). L'art. 5, primo comma, lett. d), prevede che il Ministero possa adottare "interventi nazionali sulle strutture di trasformazione ed interventi relativi alle iniziative di cooperazione di valenza nazionale". Tale operazione viola - oltre che mediatamente gli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione - direttamente l'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge n. 491/1993, che consente al Ministero di definire le politiche nazionali, non gia' di adottare puntuali interventi nella materia della agricoltura, che ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della stessa legge n. 491/1993 e' ormai interamente di competenza regionale, salve le residue competenze statali, definite dal successivo art. 2. L'art. 5, primo comma, lett. l), prevedendo anch'esso puntuali "interventi" nel settore del miglioramento genetico del bestiame, e' affetto dagli stessi vizi della disposizione ora ricordata. L'art. 6, primo comma, lett. c), prevede esso pure "interventi" in materia di politica forestale e montana. Si deve notare che qui il regolamento riconosce espressamente che fra la determinazione di una "politica" e l'adozione di singoli "interventi" intercorre una differenza radicale. Per sua stessa ammissione, dunque, il regolamento e' andato (qui e negli altri consimili casi) ben al di la' dei limiti imposti dall'art. 2, terzo comma, lett. d) della legge n. 491. L'art. 6, primo comma, lett. l), consente al Ministero l'adozione di "interventi" strutturali nei settori dell'irrigazione, della bonifica e della sistemazione del territorio. Per le ragioni gia' esposte, deve ritenersi violativo degli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione, e direttamente dell'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge n. 491/1993. L'art. 8, primo comma, lett. d), conferisce al Ministero il potere di svolgere funzioni in ordine alla "promozione commerciale" dei prodotti agricoli ed agroindustriali. Tale funzione esorbita dai limiti che l'art. 2 della legge n. 491/1993 fissa in ordine alle competenze ministeriali. In particolare, la disposizione qui contestata appare instaurare un collegamento fra l'attivita' di "informazione" che l'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge n. 491 conferisce tuttora al Ministero) e quella di promozione commerciale, che e' invece del tutto assente nella lettera della legge. Come si vede, il regolamento qui impugnato contraddice per molteplici profili la scelta di fondo che la legge n. 491/1993, all'art. 1, secondo comma, ha voluto adottare, trasferendo alle regioni tutte le competenze in materia di agricoltura e foreste, salve quelle nominativamente identificate dalle successive disposizioni. Cio' e' conseguenza anche dell'irragionevole ed illegittima decisione di attuare in modo solo parziale l'art. 6, primo comma, lett. a), della legge n. 491. In sintesi, la legge n. 491/1993, in piena ottemperanza dell'espressione della volonta' popolare del referendum del 18 aprile 1993, aveva proseguito sulla strada gia' percorsa con i trasferimenti di competenze effettuati con il d.P.R. n. 11/1972 e con il d.P.R. n. 616/1977 (artt. 66-77). Il regolamento qui impugnato, viceversa, rovescia la logica della legge n. 491 e dei precedenti trasferimenti, facendo - per cosi' dire - rientrare dalla finestra competenze statali uscite dalla porta a seguito degli interventi normativi precitati. Il d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 deve pertanto ritenersi illegittimo nel suo complesso e comunque, in subordine, viziato nelle disposizioni precedentemente menzionate.