ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  301,  secondo
 comma,  del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa
 il 6 agosto 1993 dal Tribunale di  Alessandria  nel  procedimento  di
 riesame  relativo  a  Dua  Bruno,  iscritta  al  n.  660 del registro
 ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 27 aprile 1994 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nell'ambito di un giudizio di appello ex art. 310 del  codice
 di  procedura  penale avverso una ordinanza di rinnovazione di misura
 cautelare personale (arresti domiciliari) emessa dal giudice  per  le
 indagini  preliminari per esigenze probatorie, a norma dell'art. 301,
 comma  2,  dello  stesso  codice,  il  Tribunale  di  Alessandria  ha
 sollevato, con ordinanza del 6 agosto 1993, questione di legittimita'
 costituzionale  di quest'ultima norma, nella parte in cui non prevede
 l'obbligo della  previa  audizione  della  difesa  dell'indagato,  in
 riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.
    La  rilevanza  della  questione  sollevata  discende  - precisa il
 Tribunale - dalla formulazione di uno  specifico  motivo  di  appello
 incentrato  proprio  sul  punto  in  questione, e cioe' sulla dedotta
 nullita'  dell'ordinanza  di   rinnovazione,   per   violazione   del
 contraddittorio.
    Il   giudice  a  quo  osserva  che  sia  la  lettera  della  norma
 denunciata, sia il "diritto vivente" formatosi su di essa,  escludono
 l'accennato  obbligo  di preventiva audizione della difesa; di qui la
 necessita'  della  proposizione  della  questione   di   legittimita'
 costituzionale.
    Il    rimettente   ritiene   che   la   mancata   previsione   del
 contraddittorio nell'ipotesi di rinnovazione della  cautela  disposta
 per  esigenze  probatorie,  diversamente  da  quanto stabilito per la
 proroga dei termini di custodia cautelare (art. 305 c.p.p.) e  per  i
 limiti  temporali  delle  indagini  preliminari  (art.  406, comma 3,
 c.p.p.), costituisca una lesione degli artt. 3 e 24,  secondo  comma,
 della Costituzione.
    La  diversificazione  delle  "chances processuali" tra il pubblico
 ministero, che  puo'  prospettare  al  giudice  le  argomentazioni  a
 sostegno della richiesta di rinnovazione, e la difesa, che invece non
 puo'  controdedurre,  e',  ad  avviso  del  giudice  a  quo, priva di
 ragionevole giustificazione, all'interno di  un  sistema  processuale
 imperniato  sul  principio  di  parita'  tra accusa e difesa (art. 2,
 direttiva 3) della legge-delega n. 81 del 1987); ne' il provvedimento
 in discorso puo' essere catalogato tra gli atti  c.d.  "a  sorpresa",
 come   l'adozione   di   misure   coercitive,  le  perquisizioni,  le
 intercettazioni.
    Nell'ordinanza  di  rinvio  si  osserva  che  questi  rilievi  non
 potrebbero  essere  risolti  ne'  in  base all'argomento, valorizzato
 dalla giurisprudenza, della possibilita'  di  esercizio  dei  diritti
 difensivi attraverso il controllo sulla motivazione del provvedimento
 di  rinnovazione,  a  mezzo  delle impugnazioni consentite (appello e
 ricorso per cassazione); ne'  in  base  al  piu'  generale  argomento
 (sent.  n.  345  del  1988  di  questa  Corte)  della possibilita' di
 delimitazioni  del  diritto  di  difesa  in   quanto   necessarie   a
 contemperare la garanzia difensiva con altri principi e valori.
    In  contrario,  infatti,  il Tribunale osserva che l'art. 24 della
 Costituzione  garantisce  la  difesa  in  ogni  stato  e  grado   del
 procedimento,  e  dunque  anche  nella fase in parola, onde influire,
 attraverso  la  dialettica  delle   parti,   sulla   formazione   del
 convincimento del giudice ed anticipare un provvedimento sfavorevole.
 D'altra   parte,   il   giudice   sottolinea   la  notazione  di  non
 ragionevolezza della  mancata  previsione  del  contraddittorio,  non
 ravvisando   idonea   ragione   in   funzione   di   altri  interessi
 costituzionalmente protetti immanenti al processo.
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato.
    L'Avvocatura sottolinea che la soluzione della questione ruota, in
 ultima  analisi,  intorno  all'interrogativo  se   l'istituto   della
 rinnovazione  della  misura  (art. 301 c.p.p.) e quello della proroga
 del termine della custodia cautelare (art. 305 c.p.p.) siano analoghi
 o meno; la conclusione e', al riguardo, negativa.
    Quanto   alla   rinnovazione,    l'interveniente    osserva    che
 opportunamente   il   legislatore   ha  introdotto  l'istituto  quale
 temperamento al  rigido  operare  della  caducazione  automatica  del
 titolo,  giacche'  non  sempre  la  valutazione prognostica sul tempo
 necessario all'attivita' di raccolta del materiale di  indagine  puo'
 essere  esatta,  ed  e'  percio'  necessario  accordare  al  pubblico
 ministero la facolta' di  richiedere  una  rinnovazione  del  termine
 della misura, i cui presupposti e le cui motivazioni restano tuttavia
 quelli alla base dell'originario provvedimento cautelare.
    Del  tutto  diverso e' il caso della proroga ex art. 305, comma 2,
 assunta a tertium comparationis, misura che ha riguardo non solo alle
 esigenze probatorie, ma a tutte le esigenze cautelari catalogate  dal
 legislatore  nell'art.  274 del codice di rito, lett. a), b) e c): il
 giudice richiesto della proroga dovra' riconsiderare tutti i  profili
 delle esigenze cautelari, effettuando una valutazione complessiva del
 quadro  probatorio  assai  piu'  ampia  di quella ex art. 301, che e'
 invece circoscritta alla mera  constatazione  dell'insufficienza  del
 termine accordato e alla persistenza delle esigenze di indagine.
    Se  e'  dunque conforme alla diversa natura dei due istituti della
 rinnovazione e della  proroga  la  previsione  dell'intervento  della
 difesa  tecnica solo nel secondo caso, e non nel primo, la diversita'
 di disciplina trova giustificazione nella diversita'  degli  istituti
 in  raffronto; l'Avvocatura conclude pertanto chiedendo una pronuncia
 di non fondatezza della questione.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Oggetto  dell'incidente di costituzionalita' e' l'art. 301,
 comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui,  ai  fini
 dell'adozione   del   provvedimento   di  rinnovazione  della  misura
 cautelare personale disposta per  esigenze  probatorie,  non  prevede
 l'obbligo  della  previa  audizione  della  difesa  dell'indagato. Ad
 avviso del giudice a quo la mancata  previsione  del  contraddittorio
 nella  ipotesi  disciplinata  dalla  norma impugnata, diversamente da
 quanto stabilito dall'art. 305, comma  2,  del  codice  di  procedura
 penale  per l'ipotesi della proroga dei termini di custodia cautelare
 e dall'art. 406, comma 3, del  codice  stesso,  per  la  proroga  dei
 limiti  temporali delle indagini preliminari, contrasta con gli artt.
 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.
    2. - La questione, prospettata in riferimento  all'art.  24  della
 Costituzione, e' fondata.
    Diversamente  da quanto sostiene l'Avvocatura generale dello Stato
 non e' decisivo, ai fini della risoluzione della questione, stabilire
 se l'istituto della rinnovazione delle misure cautelari  disciplinato
 dall'art.  301,  comma  2,  del codice di procedura penale sia o meno
 analogo all'istituto della proroga dei termini di custodia  cautelare
 disciplinato dall'art. 305 del codice stesso.
    Anche se l'ordinanza di rimessione richiama la disciplina prevista
 dall'art. 305 citato, relativamente al provvedimento di proroga della
 custodia  cautelare, il richiamo e' ininfluente rispetto alla censura
 prospettata in riferimento all'art. 24  della  Costituzione,  perche'
 con  essa si denuncia la violazione di per se' del diritto di difesa.
 Come la Corte ha sempre affermato (da ultimo, sent. n. 98 del  1994),
 tale   diritto  potrebbe  essere  limitato  solo  in  presenza  della
 necessita'  di  evitare   l'assoluta   compromissione   di   esigenze
 prioritarie   nella  economia  del  processo,  che  per  loro  natura
 potrebbero risultare vanificate  dal  contraddittorio  anticipato  (e
 salvo  sempre  il  successivo  recupero  della dialettica processuale
 attraverso gli strumenti di controllo di volta in volta previsti). E'
 questo il caso dei provvedimenti c.d. "a sorpresa", come  l'adozione,
 per  la  prima  volta,  di misure cautelari personali, cui l'indagato
 potrebbe sottrarsi, qualora ne venisse  preavvertito  allo  scopo  di
 consentire  l'esercizio  del  suo  diritto  di  difesa  prima  ancora
 dell'adozione di detti provvedimenti. Ma quando l'indagato  sia  gia'
 assoggettato   ad   una  misura  cautelare,  come  appunto  nel  caso
 disciplinato dall'art. 301 citato che riguarda  la  rinnovazione  del
 relativo  provvedimento,  non sussistono ragioni valide per escludere
 l'esercizio del diritto di difesa mediante l'audizione del  difensore
 da  parte  del  giudice  che  deve  adottare il provvedimento. E cio'
 indipendentemente dallo stabilire se quello della rinnovazione sia  o
 meno  un istituto diverso dalla proroga, nel quale il contraddittorio
 e' invece previsto dal citato art. 305. Se pure la rinnovazione possa
 dirsi  -  in  base  all'interpretazione   della   giurisprudenza   di
 legittimita'  -  un  provvedimento  diverso  dalla  proroga, non solo
 perche' sussiste questa diversita' puo'  negarsi  la  violazione  del
 diritto  di  difesa operata dalla norma impugnata; anche con riguardo
 all'interesse al buon esito del processo, sotteso  alla  reiterazione
 della  cautela  per finalita' probatorie (sent. n. 147 del 1994), non
 sussistono  infatti  ragioni   valide   a   giustificare   la   detta
 limitazione,  tenuto  altresi'  conto  della  possibilita' di plurime
 adozioni del  provvedimento  di  rinnovazione,  sino  al  limite  del
 termine  di  durata  massima  della  singola  misura,  come stabilito
 nell'ultima parte della disposizione impugnata.
    Le  medesime  considerazioni  valgono  in  rapporto  all'ulteriore
 richiamo, contenuto nell'ordinanza di rinvio, all'art. 406 del codice
 di  procedura  penale;  un  richiamo,  del resto, effettuato piu' per
 sottolineare  la  violazione  del  diritto  di  difesa  nella   norma
 sottoposta  a  scrutinio  che  non  per  istituire  un vero e proprio
 termine   di   raffronto,   nella   consapevolezza,   quindi,   della
 disomogeneita' dell'istituto della proroga del termine delle indagini
 preliminari  rispetto  a  quello  della  rinnovazione  di  una misura
 cautelare personale.
    3. - Resta assorbita la censura formulata in riferimento  all'art.
 3 della Costituzione.