LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  n.  1520/93  r.g.
 promossa  da  Nata  Ida  Angela, elettivamente domiciliata in Torino,
 corso di Francia, 58, presso gli  avv.ti  Enrico  Fioretta  e  Chiara
 Gariglio,  che  la rappresentano come da procura di atti, ricorrente,
 contro l'I.N.P.S., Istituto nazionale della  previdenza  sociale,  in
 persona   del   legale   rappresentante   pro-tempore,  elettivamente
 domiciliata in Torino, via Roma, 222, presso l'Ufficio legale -  avv.
 P. Prato, che lo rappresenta come da procura in atti, resistente.
    Con  ricorso,  depositato  il  29  ottobre  1993,  Nata Ida Angela
 proponeva reclamo avverso la sentenza 11 gennaio 1993, con  la  quale
 il tribunale di Torino respingeva la sua istanza, diretta ad ottenere
 la  pensione  di  reversibilita'.  Lamentava  la  reclamante  che  il
 tribunale non aveva dato il  giusto  rilievo  alla  circostanza  che,
 nonostante la sentenza di divorzio 21 giugno 1989 resa tra i coniugi,
 non avesse attribuito al coniuge superstite l'assegno di cui all'art.
 5  legge  n. 398/1970, di fatto la stessa godesse di un contributo al
 mantenimento  in  forza  di  scrittura  privata  23  dicembre   1988,
 registrata  a  Torino  ufficio  atti  privati  il  14  febbraio 1990.
 Ribadiva che, con cio', doveva ritenersi soddisfatto il requisito  di
 cui  all'art.  9  legge  n.  898/1970, ai fini dell'ottenimento della
 pensione di reversibilita', atteso che l'espressione "sempre  che  il
 coniuge  rispetto  al  quale  sia  stato  pronunciato il divorzio sia
 titolare di un assegno ai sensi dell'art.  5"  (art.  9  della  legge
 citata),  deve  interpretarsi  in coerenza con quanto affermato dalla
 giurisprudenza, nel senso della titolarita'  in  astratto  e  non  in
 concreto del diritto all'assegno. Replicava l'I.N.P.S. che non poteva
 ritenersi  equivalente  la titolarita' di un diritto alla prestazione
 di un assegno, pattuito convenzionalmente  tra  le  parti,  a  quella
 attribuita  giudizialmente  ai sensi del citato art. 5 della legge n.
 898 del 1970.
    Cio' premesso, si pone questione di costituzionalita' dell'art. 9,
 secondo  comma,  della  legge  1  dicembre  1970,  n. 898, cosi' come
 risulta dal testo novellato prima dall'art. 2 legge 1 agosto 1978, n.
 436 e poi dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74,  nella  parte
 in  cui  condiziona  il  diritto alla pensione di reversibilita' alla
 titolarita' di assegno, attribuita giudizialmente e  non  anche  alla
 titolarita'  di  assegno, attribuita convenzionalmente, come nel caso
 di specie.
    La questione appare rilevante, perche' questa Corte deve stabilire
 se attribuire o meno la  pensione  di  reversibilita'  alla  titolare
 dell'assegno,   pattuito  tra  i  coniugi  prima  della  sentenza  di
 divorzio.
    Inoltre, la questione non e' manifestamente infondata, atteso  che
 la  mancata  previsione  dell'assegno convenzionale, come presupposto
 per l'attribuzione della pensione di reversibilita', si pone in netto
 contrasto con i principi enunciati nell'art. 3 della Costituzione.
    Infatti l'omissione del legislatore contrasta con il principio  di
 ragionevolezza,  giacche'  non  sussiste  un  ragionevole  motivo  di
 esclusione del  diritto  alla  pensione  di  reversibilita',  perche'
 l'assegno  non  e'  stato  attribuito giudizialmente, atteso che tale
 attribuzione puo' rivelarsi  meramente  casuale,  quando  i  coniugi,
 durante   il  processo  di  divorzio  raggiungono  un  accordo  sulla
 corresponsione  e  l'entita'  dell'assegno  e,  di  comune   accordo,
 limitano la pronunzia del giudice alla questione del divorzio, avendo
 gia' disciplinato convenzionalmente le questioni patrimoniali.