IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1195/1993
 proposto  da  D'Auria  Gaetano, Tretola Angelo, Werzi' Rosa, Vivenzio
 Matteo, Vettori Lina, Biagioli  Luciana,  Bellucci  Emilio,  Pandolfi
 Alberto, Francesconi Assuntina Maria, Mezzullo Maria Luisa, Laganella
 Maria  Ermelinda,  D'Andrea  Giuseppe,  Petrillo  Anna Maria, Solazzo
 Elena,  Parenti  Rita,  Cubeddu  Patrizia,  Benedetti  Paola,  Casini
 Susanna,  Pisanu  Giovanni  Antonio,  De Naro Calogero, Ciappi Paolo,
 Gazzeri Bandinelli Grazia, Fazzari Pietro, Pievaioli Maria  Cristina,
 Sterrantino  Giovanni,  Eusepi Tiziana, Vezzani Mara, Serafini Bruno,
 Pollera Marcella, Fulciniti  Laura,  Castellano  Carmelina,  Nannetti
 Giuseppe, Reni Raul, Giuliani M. Grazia, Agostinelli Vincenzo, Bianco
 Raffaele, Manescalchi Grazia, Napolitano Elvira, Angeleri Anna Maria,
 Venturini  Marco,  Calvanelli  Vairo,  Laccu  Luciano, Focardi Sonia,
 Romiti Patrizia,  Gandon  Alessandro,  Catalano  Isabella,  Gnagnetti
 Patrizia, Frenus Maria Aurora, Cappelli Giovanna, Totarelli Stefania,
 Paoletto  Luciana,  Bianchini  Fiorella,  Di  Tommaso  Lucia, Focardi
 Fernando,  Messero  Luca,  Dionisio  Luigi,  Vadi  Manuela,  Frullini
 Gabriella,  Guadagno  Patrizia,  Moni  Federico  e Crimiti Francesco,
 rappresentati e difesi dall'avv. Raffaele Iammarino, ed elettivamente
 domiciliati presso il suo studio in Firenze, piazza  Indipendenza  n.
 11,  contro  il  Ministero  di  grazia  e  giustizia,  in persona del
 Ministro pro-tempore, e  la  direzione  generale  dell'organizzazione
 giudiziaria  e  degli  affati  generali  del  Ministero  di  grazia e
 giustizia, in persona  del  direttore  pro-tempore,  rappresentati  e
 difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato, via degli Arazzieri,
 n. 4, Firenze, per l'annullamento della nota della direzione generale
 dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali del Ministero
 di  grazia  e  giustizia n. GF/te 2819 in data 1 marzo 1993 e di ogni
 altro atto presupposto, pradromico, connesso e  conseguente,  nonche'
 per   la   declaratoria   del  diritto  dei  ricorrenti  ad  ottenere
 l'adeguamento ed il pagamento dell'indennita' di cui all'art. 1 della
 legge 22 giugno 1988, n. 221, con le variazioni  percentuali  di  cui
 all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio dell'Amministrazione di
 grazia e giustizia;
    Viste le memorie prodotte dalle parti  a  sostegno  delle  proprie
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito,  alla  pubblica udienza dell'8 febbraio 1994 il consigliere
 dott. Ottorino Mazzuca;
    Uditi, altresi', l'avv. R. Iammarino per i ricorrenti e l'avvocato
 dello Stato L. Andronio per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con ricorso notificato il 1 aprile 1993,  ritualmente  depositato,
 gli  interessati,  dipendenti dell'Amministrazione giudiziaria, hanno
 chiesto l'accertamento del diritto ad ottenere  l'adeguamento  ed  il
 pagamento  dell'indennita'  di  cui  all'art. 1 della legge 22 giugno
 1988, n. 221, con le variazioni percentuali di cui all'art.  3  della
 legge   19   febbraio   1981,   n.  27,  nonche'  l'annullamento  del
 provvedimento di diniego dell'anzidetta Amministrazione, motivato con
 la circostanza che l'art. 1 della citata legge  n.  221/1988  avrebbe
 ancorato  l'importo  dell'indennita' in questione alla misura vigente
 al 1 gennaio 1988, senza riprodurre la disposizione di  cui  all'art.
 3, primo comma, seconda parte, della legge n. 27/1981 che, viceversa,
 prevede   il   triennale   adeguamento   di  diritto  contestualmente
 all'adeguamento degli stipendi.
    Nel  gravame  i  ricorrenti  hanno  dedotto  i  seguenti   motivi:
 violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della legge n. 221/1988
 e   3  della  legge  n.  27/1981;  eccesso  di  potere  per  evidente
 contraddittorieta',palese illogicita' ed ingiustizia manifesta.
    I  ricorrenti  affermano,  attesa  la  portata  letterale e logica
 dell'art. 1 della  citata  legge  n.  221/1988,  il  loro  diritto  a
 percepire  l'indennita'  ivi  prevista  maggiorata  degli  incrementi
 percentuali previsti dall'art. 3 della legge n. 27/1981.
    Letteralmente, infatti,  il  riferimento  temporale  alla  "misura
 vigente   al  1  gennaio  1988"  non  viene  a  modificare  l'essenza
 dell'istituto, ma quantifica a tale  data  l'importo  dell'indennita'
 che,  inizialmente  fissato  al  1  luglio  1980  nella  misura di L.
 4.400.000, venne notevolmente incrementato proprio nell'anno 1988.
    Per il principio  di  non  contraddizione  tale  adeguamento  deve
 essere, pertanto, operativo anche per gli anni successivi.
    La  ratio della norma in esame, poi, impone di superare l'asserito
 blocco del suo importo al 1988, in relazione  alla  svalutazione  del
 potere   d'acquisto   della   moneta,   che  porta  alla  conseguente
 inadeguatezza del compenso.
    Dai lavori preparatori risulta, infatti, che l'indennita' in esame
 compensa i  maggiori  rischi  e  responsabilita'  dell'attivita'  dei
 magistrati  e,  quindi,  attesa  la  stretta  connessione con l'opera
 svolta  dal  personale   giudiziario   nel   comune   contributo   al
 servizio-giustizia,  gli  analoghi  oneri  del  personale  addetto al
 servizio stesso.
    Del resto, l'art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425,  ha  esteso
 integralmente  l'indennita'  in  questione, tra l'altro, oltre che ai
 magistrati del Consiglio di  Stato,  della  Corte  dei  conti  e  dei
 tribunali amministrativi regionali, anche agli avvocati e Procuratori
 dello Stato, non appartenenti all'ordine giudiziario.
    In  relazione  ai  normali  canoni  ermeneutici occorreva, quindi,
 un'espressa  disposizione  normativa  non  gia'  per  attribuire   il
 richiesto adeguamento retributivo, bensi' per toglierlo.
    L'asserito  "vuoto  normativo"  del  citato  art. 1 della legge n.
 221/1988 trova, infatti, un riferimento  interpretativo  nell'art.  3
 della legge n. 27/1981 e nell'art. 2 della citata legge n. 425/1984.
    Del  resto  la  giurisprudenza  recente (t.a.r. del Lazio, sezione
 prima, n. 1001 del 27 maggio 1992 e 107 del 18 novembre 1992)  si  e'
 espressa,  sulla  stessa questione di diritto, in senso favorevole ai
 ricorrenti.
    L'amministrazione   intimata,   costituitasi   in   giudizio,   ha
 sostenuto,  nella  sua memoria difensiva, l'infondatezza del gravame,
 chiedendone pertanto il rigetto.
    In prossimita' dell'udienza, i  ricorrenti  hanno  depositato  una
 memoria  difensiva  sollevando  eccezione  di costituzionalita' della
 normativa sopravvenuta (art. 1, sessantunesimo comma, della legge  24
 dicembre  1993, n. 537) per violazione dei principi costituzionali di
 equita',  di  armonia,  di  giustizia  e  di  certezza,  nonche'   in
 particolare   dei   principi   di  eguaglianza  e  di  adeguatezza  e
 proporzionalita' della retribuzione di cui agli artt. 3  e  36  della
 Costituzione.
    All'udienza  dell'8 febbraio 1994, sulle conclusioni dei difensori
 delle parti, il ricorso e' passato in decisione.
                             D I R I T T O