IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 45/1990, proposto dai signori Battiati Alfredo, Battiati Impallomeni Maria, Battiati Russo Maria ved. Pastanella e Battiati Grazia in Zappala', rappresentati e difesi dall'avv. Gaetano Tafuri, presso il cui studio in Catania, via Umberto n. 269 sono elettivamente domiciliati, contro il comune di Catania, in persona del sindaco pro-tempore rappresentato e difeso dall'avv. Santo Santonocito, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell'avvocatura comunale in Catania piazza Verga n. 7, per l'annullamento: del provvedimento n. 786 del 4 ottobre 1989 del sindaco di Catania con il quale si denega concessione edilizia sul presupposto che il vincolo di inedificabilita' gravante sull'area dei ricorrenti, quantunque decaduto per decorrenza del termine di efficacia, e' stato prorogato dall'art. 6, comma settimo della l.r. 9 del 12 gennaio 1993; di tutti gli atti prodromici e relativi al procedimento; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di causa; Designato relatore per la pubblica udienza del 6 maggio 1993 il referendario dott.ssa Paola Puliatti; Uditi, l'avv. Gaetano Tafuri per i ricorrenti e l'avv. Santo Santonocito per il comune intimato; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO E DIRITTO I ricorrenti, proprietari pro-indiviso di un terreno esteso mq. 4.500 circa, sito in Catania, in data 18 marzo 1981, presentarono istanza per il rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di uno stabile di civile abitazione. Con determinazione sindacale 796 del 25 novembre 1982, pendente il giudizio promosso sul silenzio-rifiuto formatosi, venne rigettata la suddetta istanza. L'adito t.a.r., con sentenza n. 1670/1985 annullo' il provvedimento di diniego per inesistenza del vincolo e difetto di motivazione. In appello, veniva confermato l'annullamento, ma per decadenza dei vincoli. Nonostante il proposto ricorso per l'esecuzione del giudicato, il comune di Catania, con provvedimento n. 786 del 4 ottobre 1989, nuovamente disponeva il diniego di concessione, ai sensi dell'art. 4, lett. b), della legge n. 10/1977, richiamata dall'art. 1 della l.r. n. 65/1981. Con il ricorso proposto viene impugnato il provvedimento negativo deducendosi, con un primo articolato motivo, la violazione dell'art. 1 della l.r. 5 novembre 1973, n. 38, e degli artt. 1, 2 e 5 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, nonche' dell'art. 1 della legge 30 novembre 1973, n. 756; l'eccesso di potere per difetto di presupposto e vincolo; la falsa applicazione dell'art. 4, ottato comma, lett. b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come richiamato dall'art. 1 della l.r. 11 aprile 1981, n. 65 ed infine, la violazione dell'art. 2 della l.r. n. 65/1981. Sostengono i ricorrenti che, a seguito della sentenza n. 55/1968, con cui la Corte costituzionale pronuncio' l'illegittimita' degli artt. 7, nn. 2) e 3) e 40 della legge urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942, nella parte in cui non prevedono un indennizzo per i vincoli con carattere espropriativo contenuti nei piani regolatori generali, il legislatore e' intervenuto fissando il termine di durata dei vincoli, individuato, nell'ambito della regione siciliana in dieci anni, (art. 1 della l.r. 10 novembre 1973, n. 38). Non essendo intervenuto, entro il decennio dall'approvazione del p.r.g. di Catania, ne' piano particolareggiato ne' piano di lottizzazione, e tenuto conto che l'art. 6 del p.r.g. di Catania prevede espressamente che i vincoli di inedificabilita' decadono trascorsi cinque anni dall'approvazione, i ricorrenti ne deducono che i vincoli insistenti sull'area di loro proprieta' sono divenuti inefficaci dal 28 giugno 1974, o dal 1 dicembre 1978, o, al piu', dal 28 giugno 1979. L'amministrazione avrebbe percio' dovuto esaminare il progetto da loro allegato all'istanza di concessione edilizia del 18 marzo 1981 al lume degli standard urbanistici vigenti e autorizzare la costruzione. Ne' potrebbe trovare applicazione l'art. 4, u.c., della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come richiamato dall'art. 1 della l.r. 11 aprile 1981, n. 65, giacche', se l'area, gia' destinata dallo strumento urbanistico precedente all'edilizia residenziale, perde quella destinazione per effetto di un vincolo di inedificabilita', una volta decaduto questo, diviene edificabile secondo la sua naturale vocazione. In via subordinata, i ricorrenti sollevano eccezione di incostituzionalita' dell'art. 4, ottavo comma, lett. b), della legge n. 10/1977, richiamato dall'art. 1 della l.r. 11 aprile 1981, n. 65, per violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione. La norma denunciata, che prescrive l'inedificabilita' fino all'adozione di nuovi strumenti urbanistici, se dovesse ritenersi applicabile nella specie, determinerebbe sostanzialmente il perpetuarsi dei vincoli (decaduti) a tempo indeterminato. Nelle more del giudizio e' intervenuto l'art. 2 della l.r. 30 aprile 1991, n. 15, che ha prorogato sino al 31 dicembre 1992 l'efficacia dei vincoli contenuti negli strumenti urbanistici generali, ancorche' decaduti. La norma e' stata ritenuta costituzionalmente legittima con recente sentenza (n. 186 del 19-23 aprile 1993), sulla considerazione che rientra nella discrezionalita' legislativa la conferma dei vincoli derivanti dagli strumenti urbanistici decaduti ed essendo stata esercitata tale discrezionalita' in modo non irrazionale, tenuto conto delle finalita' complessivamente perseguite dalla legge (l'ordinato sviluppo del territorio come risultato di una serie di obblighi imposti ai comuni) e della limitazione temporale dell'ulteriore efficacia dei vincoli. Senonche', l'art. 6, settimo comma, della l.r. 12 gennaio 1993, n. 9, ha ulteriormente prorogato l'efficacia dei vincoli previsti dagli strumenti urbanistici generali fino all'adozione dei provvedimenti di revisione e, comunque, fino alla data del 31 dicembre 1993, indipendentemente dalla scadenza originariamente prevista dall'atto che li ha imposti. Per effetto della norma sopravvenuta, dunque, l'area di proprieta' dei ricorrenti risulta ancora sottoposta a vincolo di inedificabilita'. Diviene, pertanto, rilevante, ai fini della definizione del giudizio in corso, riconsiderare la questione della costituzionalita' della "proroga" dei vincoli urbanistici. Osserva il collegio che non appare destituito di fondamento il sospetto di incostituzionalita' della norma di cui all'art. 6, settimo comma, della l.r. n. 9/1993 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 42 della Costituzione, anche alla luce dei principi piu' volte affermati in subiecta materia dalla Corte costituzionale. La Corte ha affermato (sentenza n. 92 del 27 ottobre 1982), in linea di principio, la legittimita' della disciplina vigente che consente la prorogabilita' dei vincoli urbanistici, potendo insorgere esigenze sociali che consigliano in tal senso il legislatore, purche' la scelta sia sorretta da ragionevolezza. Con sentenza n. 186/1993, ha poi escluso l'irragionevolezza della proroga disposta con l'art. 2, primo e secondo comma, della legge 30 aprile 1991, n. 15, della regione siciliana, sia perche' trattasi di proroga limitata nel tempo, sia perche' la stessa e' correlata ad una serie di obblighi imposti ai Comuni, volti all'aggiornamento e al miglioramento della pianificazione urbanistica ed alla esecuzione di opere di urbanizzazione. Era stato gia' evidenziato nell'ordinanza di rimessione pronunciata dal T.A.R.S., sezione di Catania (n. 679 del 12 maggio 1992) come il risultato che consegue dalla disciplina di proroga dei vincoli consiste in un sacrificio imposto alla proprieta' privata particolarmente gravoso e discriminatorio, considerato che la durata "naturale" dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo in Sicilia e' doppia rispetto a quanto previsto dalla legislazione statale (dieci anni anziche' cinque) (art. 1 della l.r. 5 novembre 1973, n. 38). Il sacrificio sarebbe, inoltre, sproporzionato se confrontata la vita media di un uomo in relazione alla impossibilita' di godere del bene. Si era anche osservato che l'ulteriore aggravio derivante dal vincolo si presenta particolarmente "odioso" e privo di giustificazione perche' diretto a rimediare alla inattivita' dei comuni nell'adempimento dei loro compiti in attuazione degli strumenti urbanistici generali. Tuttavia, la Corte costituzionale aveva ritenuto sussistere il carattere "temporaneo" del vincolo e la ragionevolezza della scelta, per la preminenza, comunque, dell'interesse pubblico all'ordinato assetto del territorio, complessivamente perseguito con la legge n. 15/1991. Osserva il collegio che l'ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 1993, disposta con l'art. 6, settimo comma, della l.r. n. 9/1993, rispetto al quale si sollecita il giudizio di conformita' alla Costituzione, appare destituita di ogni ragionevole giustificazione, a detrimento del principio di uguaglianza formale sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione, nonche' del principio di certezza delle situazioni giuridiche e di tutela del diritto di proprieta'. L'ennesima proroga dei vincoli urbanistici, considerata nella connessione logica e cronologica con il precedente provvedimento legislativo di proroga (art. 2 della legge n. 15/1991), si appalesa sostanzialmente elusiva del precetto della "temporaneita'" dei vincoli medesimi. Il concetto di "temporaneita'" deve necessariamente implicare, affinche' non sia mera enunciazione verbale, che la durata del vincolo sia ragionevolmente circoscritta, tanto cioe' da non vanificare o compromettere notevolmente la possibilita' di godere del bene o dell'indennizzo, in sua sostituzione, tenuto conto della vita media di un individuo. Inoltre, il concetto di "temporaneita'" implica la "determinatezza" della durata del vincolo; ma tale determinatezza diviene quanto meno ipotetica, se non del tutto aleatoria, allorche' si faccia sistematico e ripetuto ricorso alle proroghe di efficacia, perche' non e' dato sapere con sufficiente grado di certezza (ne' con approssimazione), per quanto tempo il bene rimarra' sottratto al godimento del suo titolare. Sotto tale profilo, e' fortemente sospetta la violazione del principio di uguaglianza, ma altresi' la compromissione della stessa certezza dei rapporti giuridici, nonche' la violazione delle garanzie costituzionali del diritto di proprieta', poiche' viene sottratto senza indennizzo, il godimento delle facolta' inerenti al diritto dominicale, per tempi non ragionevolmente contenuti, ne' prevedibili. Sicche' la questione che si sottopone all'esame della Corte costituzionale non attiene tanto al profilo (gia' esaminato) della prorogabilita' dei vincoli urbanistici, quanto ai limiti del potere di proroga ed alla legittimita' del ricorso al differimento ripetuto di scadenza dei vincoli espropriativi, nonostante che non sia sorretto tale differimento da sopravvenienze sociali apprezzabili. Ci si chiede in altri termini, se il principio di ragionevolezza che giustifica un trattamento normativo differenziato delle situazioni giuridiche, si possa dire effettivamente rispettato solo che, nella ponderazione degli interessi, si attribuisca, comunque, preminenza all'interesse pubblico in gioco (nella specie quello all'ordinato sviluppo del territorio) a prescindere cioe' dalla valutazione delle ragioni che premono a favore della tutela dei contrapposti interessi privati, qualunque siano le circostanze di fatto. Ma siffatto ragionamento potrebbe condurre all'assurda conclusione di ritenere giustificati anche vincoli a tempo indeterminato, in ogni caso sorretti dalla medesima esigenza di tutela del preminente interesse pubblico al governo del territorio. Al contrario, ritiene il collegio che il limite alla discrezionalita' del legislatore nella determinazione della durata dei vincoli vada individuato nel ragionevole "contenimento" degli stessi entro un limite massimo, solo eccezionalmente superabile, per effetto di sopravvenienze sociali del tutto straordinarie e non apprezzabili ex ante, si' da escludere la legittimita' del ricorso ripetuto e ravvicinato a proroghe, rebus sic stantibus. Si consideri, inoltre, che con la sentenza n. 186/1993, la Corte costituzionale, occupandosi della legittimita' dell'articolo 2 della l.r. n. 15/1991, aveva ritenuto che le finalita' complessive perseguite dal legislatore di miglioramento dell'assetto del territorio giustificassero il ricorso alla proroga dei vincoli. La l.r. n. 9/1993 non appare, viceversa, ispirata da analoghi intendi, essendo diretta esclusivamente a fronteggiare l'emergenza determinata dall'inerzia dei comuni nell'adempimento degli obblighi sugli stessi gravanti in materia urbanistica, protrattasi ben oltre un decennio, tant'e' che cammina la sanzione dello scioglimento dei consigli comunali per l'ipotesi di inadempimento che si protragga fino al 31 dicembre 1993. E' solo in correlazione con la previsione di tale ulteriore termine a provvedere che e' stata concepita la proroga di efficacia dei vincoli urbanistici scaduti, senza che siano state adottate, nel contesto della legge, altre misure sistematiche volte a realizzare l'interesse pubblico all'ordinato sviluppo del territorio. In conclusione, sussistono le condizioni di rilevanza e non manifesta infondatezza per emettere ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale della eccezione di illegittimita' dell'art. 6, settimo comma, della l.r. 12 gennaio 1993, n. 9, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 42 della Costituzione.