IL PRETORE
    Ha pronunciato e pubblicato, alla pubblica udienza  del  31  marzo
 1994, mediante lettura, la seguente ordinanza;
    Letti  gli atti del procedimento penale iscrito ai nn. 876/92 r.g.
 mod. 22 e 153/93 r.g. mod. 23, instaurato  nei  confronti  di  Orsini
 Gabriella, nata il 13 ottobre 1962 ad Ascoli Piceno, ivi residente in
 via  Faiano  n.  126,  libera,  presente, Gibellieri Enio, nato il 13
 luglio 1932 ad Ascoli Piceno, ivi residente in via 3 Ottobre  n.  47,
 libero, assente, Orsini Gianfranco, nato il 24 ottobre 1961 ad Ascoli
 Piceno, ivi residente in via Faiano n. 126, libero, assente;
                      OSSERVA IN FATTO E DIRITTO
    Orsini  Gabriella,  Gibellieri  Enio  ed Orsini Gianfranco, meglio
 qualificati in epigrafe, venivano tratti dinanzi a questo giudicante,
 acche' si potesse vagliare la loro penale responsabilita'  in  ordine
 al   reato   di   installazione   ovvero  esercizio  di  impianti  di
 radiodiffusione televisiva  in  assenza  dell'apposito  provvedimento
 concessorio,  di cui al terzo comma dell'art. 195 del d.P.R. 29 marzo
 1973, n. 156, siccome novellato dall'art. 30,  settimo  comma,  della
 legge  6 agosto 1990, n. 223. La contestazione riguarda l'illegittimo
 esercizio di impianti di radiodiffusione televisiva in Pioraco ed  in
 Fiuminata,  da  parte  dell'emittente locale "T.V.A. Telecentro", del
 cui  consiglio  di  amministrazione  i  tre  imputati  sono   membri,
 rivestendo  le  cariche  di  presidente, la Orsini Gabriella, di vice
 presidente,  il  Gibellieri  Enio,   e   di   consigliere,   l'Orsini
 Gianfranco.
    Regolarmente  citati  per  l'udienza  del  21  maggio  1993, prima
 dibattimentale, gli imputati si presentavano personalmente. In  esito
 all'esposizione  introduttiva, si provvedeva all'ammissione dei mezzi
 di prova richiesti;  esaurita  l'struttoria  dibattimentale,  che  si
 compendiava  nell'esame dei testi indotti dal p.m. e nell'esame della
 sola  imputata  Orsini  Gabriella,   che   si   consentiva,   nonche'
 nell'acquisizione  delle  spontanee  dichiarazioni,  alla stregua del
 disposto dell'art. 494 del c.p.p., dell'imputato Orsini Gianfranco  e
 delle  produzioni documentali delle parti, queste ultime concludevano
 come da separato verbale.
    L'esperita istruttoria dibattimentale ha consentito  di  accertare
 che,  anteriormente  alla  data  di  entrata  in vigore della legge 6
 agosto 1990, n. 223 (cd. legge Mammi'),  recante  la  disciplina  del
 sistema  radiotelevisivo  pubblico  e  privato,  l'emittente  privata
 "T.V.A. telecentro", avente diffusione locale, aveva provveduto,  per
 il  tramite  del  proprio  personale  tecnico, ad installare, in zona
 Piano del Sasso  di  Fiuminata  ed  in  zona  Rocchetta  di  Pioraco,
 apparrecchiature  che  consentissero, in qualche modo, l'irradiazione
 dei programmi trasmessi anche nelle zone surrichiamate ed  in  quelle
 limitrofe.  In  tal senso fanno fede le dichiarazioni dei testi Giuli
 Girolamo, Grelloni Angelo (per vero, tale teste in maniera  piuttosto
 perplessa),  Ottaviucci  Riccardo,  Carminucci  Silvestro,  Piccinini
 Luigi, Pieranunzi Piervincenzo, Simoni Sandro, Regimenti  Pietro  (v.
 in  atti).  La  circostanza  trova conferma nelle stesse relazioni di
 servizio  dei  tecnici  del  Circolo   costruzioni   telegrafiche   e
 telefoniche  di  Ancona,  i  quali,  nel  1992,  furono incaricati di
 esperire sopralluoghi, tra l'altro, anche in Fiuminata ed in Pioraco,
 onde verificare la funzionalita',  in  zona,  delle  varie  emissioni
 televisive  (v.  atti,  relazioni  redatte entrambe in data 13 giugno
 1992, recanti i nn. 22/92CZ e 223/92/CZ, del Gruppo tecnico mobile  -
 controllo emissioni radioelettriche - di Ancona, laddove e' detto che
 gli  impianti  della  "T.V.A.  Telecentro"  in  localita' Fiuminata e
 Pioraco erano stati attivati, per la prima volta,  circa  un  anno  e
 mezzo  o  due  prima  della  redazione del rapporto). La circostanza,
 d'altro canto, deve ritenersi pacifica,  in  quanto  non  contestata,
 alla  stregua  delle  risultanze  istruttorie, dalla pubblica accusa.
 Cio' che appare in termini sfumati e tali da  suscitare  i  contrasti
 interpretativi  tra  la pubblica accusa e la difesa degli imputati e'
 il periodo di operativita'  degli  impianti  predetti.  L'ustruttoria
 dibattimentale  ha  consentito  di  apprezzare la circostanza che, in
 epoca immediatamente successiva all'installazione,  quindi,  come  si
 ricordera', prima del 23 agosto 1990, data di entrata in vigore della
 legge  Mammi',  l'emittente  "T.V.A.  Telcentro"  irradio' programmi,
 nelle zone di Fiuminata e Pioraco, soltanto per pochi  giorni  ed  in
 maniera   definita   "pessima"  (v.  atti,  dichiarazioni  dei  testi
 Carminucci  e  Piccinini,  particolarmente  attendibili   in   quanto
 dipendenti  della  stessa  emittente  televisiva in questione). Che',
 anzi, a ben vedere, anche tale circostanza fattuale appare del  tutto
 incontestata tra le parti.
    La  divergenza  si  verifica  in relazione alla questione inerente
 alla sufficienza di tale dato fattuale a far ritenere integrata,  per
 le   zone   di   Fiuminata  e  Pioraco,  la  fattispecie  prevista  e
 disciplinata dal primo comma dell'art. 32 della legge 6 agosto  1990,
 n.  223.  In  sostanza,  secondo  la  tesi della pubblica accusa, gli
 odierni imputati dovrebbero rispondere del reato  loro  ascritto,  in
 quanto,  alla  data  di  entrata  in  vigore  della legge Mammi', gli
 stessi, quali membri del consiglio di  amministrazione  della  S.r.l.
 "T.V.A.  Telecentro",  avrebbero  semplicemente  installato,  ma  non
 esercitato, nelle  zone  di  Fiuminata  e  di  Pioraco,  impianti  di
 radiodiffusione  televisiva,  sicche', in ordine ai prefati impianti,
 non troverebbe applicazione la "sanatoria" di cui  al  ridetto  comma
 dell'art.  32  della legge n. 223/1990, che', anzi, il loro esercizio
 ricadrebbe nell'ambito di operativita' del  precetto  penale  di  cui
 all'art.  195,  terzo comma, d.P.R. n. 156/1973. Viceversa, la difesa
 degli odierni prevenuti sostiene che, alla stregua  delle  risultanze
 processuali,  ben si possa affermare che gli imputati abbiano, sin da
 epoca anteriore alla data di entrata in vigore  della  legge  Mammi',
 esercitato,  anche  in  Pioraco  e  Fiuminata,  mediante gli impianti
 suddetti, sicche' agli  stessi  dovrebbe  applicarsi  la  "sanatoria"
 sopra   richiamata,   con   conseguente  elisione  del  carattere  di
 illiceita' penale della fattispecie  contestata.  Per  vero,  in  via
 principale,  la difesa degli imputati sostiene che gli stessi debbano
 andare odiernamente assolti, in quanto,  alla  stregua  del  disposto
 dell'art.  1,  lett.  g),  della  legge  28 dicembre 1993, n. 561, la
 fattispecie loro contestata risulterebbe  depenalizzata.  Invero,  il
 chiaro  tenore  testuale  della  norma  appena  richiamata,  la quale
 sottrae alla sfera di operativita' del  diritto  penale  soltanto  le
 fattispecie  disciplinate  dal  secondo comma dell'art. 195 d.P.R. 29
 marzo 1973,  n.  156,  limitatamente  agli  impianti  radioelettrici,
 soggetti  ad  autorizzazione,  rende evidente che la depenalizzazione
 non concerne gli impianti di  radiodiffusione  televisiva,  in  primo
 luogo  perche'  l'esercizio  ovvero  l'installazione  degli stessi in
 assenza  del  richiesto  provvedimento  della  competente   autorita'
 amministrativa  e'  disciplinata  dal  terzo  comma dell'art. 195 del
 codice postale,  in  secondo  luogo  (ed  il  rilievo  assume  valore
 pregnante) perche' l'installazione e l'esercizio dei prefati impianti
 di  radiodiffusione  televisiva  sono  soggetti  a  concessione e non
 semplicemente ad autorizzazione.
    Cio' detto, non resta che indagare quale tra  le  due  tesi  sopra
 esposte appaia dotata di maggior fondamento. Sostiene il p.m. che, in
 relazione  agli  impianti  di  Pioraco  e  di  Fiuminata non si possa
 parlare di "esercizio" degli stessi, in epoca antecedente all'entrata
 in vigore della legge Mammi', perche'  come  si  e'  gia'  affermato,
 prima  del  23 agosto 1990 gli impianti trasmisero soltanto per pochi
 giorni ed in maniera pessima, per poi essere posti in  condizione  di
 migliore  funzionalita' soltanto nell'anno 1992. A tale data, dunque,
 nell'assunto  della  pubblica   accusa,   dovrebbe   farsi   risalire
 l'esercizio  degli  impianti  di  radiodiffusione  di  Pioraco  e  di
 Fiuminata, poiche' il concetto  di  "esercizio"  di  un  impianto  di
 radiodiffusione  televisiva  comporterebbe  non  tanto  e soltanto la
 piena funzionalita' dell'impianto, ma anche e soprattutto l'effettivo
 funzionamento  dello   stesso,   con   l'irradiazione,   in   maniera
 continuativa, di programmi "vedibili" senza grossi inconvenienti.
    Donde  la punibilita' della condotta posta in essere dagli odierni
 imputati,  in  quanto  gli  impianti  di  Fiuminara  e  Pioraco,  non
 "eserciti"  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge Mammi', non
 avrebbero  potuto  trasmettere   successivamente,   in   assenza   di
 concessione,   perche'  sottratti  alla  "sanatoria"  amministrativa.
 Viceversa, la difesa sostiene che per esercizio  di  un  impianti  di
 radiodiffusione  televisiva  debba  intendersi  l'astratta  idoneita'
 all'effettuazione  di  trasmissioni,  id  est  il   mantenimento,   a
 disposizione  del  gestore,  dell'impianto  previamente installato in
 condizioni di idoneita' e di funzionalita',  concetto,  quest'ultimo,
 che  prescinde  dall'effettiva utilizzazione dell'impianto e, quindi,
 dal funzionamento del medesimo. Nell'argomentare in siffatta maniera,
 la difesa degli imputati si riporta a giurisprudenza di legittimita',
 inerente al concetto di esercizio,  delineato  nell'ambito  dell'art.
 195  del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (v. Cass., sez. I penale, 14-24
 ottobre 1986, n. 1728, pres. Carnevale, rel. Dinacci, Berlusconi,  in
 C.E.D. Cassazione, n. riv. 172527, Cass., sez. III penale 16 dicembre
 1983-8  marzo  1984,  n.  2160,  pres.  Radaelli,  rel.  Martuscelli,
 Cappelletti,  in   C.E.D.   Cassazione,   n.   riv.   163035).   Tale
 argomentazione  e'  contestata  dal  p.m.,  il  quale sostiene che il
 concetto  di  "esercizio"  di  impianto di radiodiffusione televisiva
 siffattamente delineato  trova  applicazione  soltanto  allorche'  si
 debba  intrerpretare  il disposto dell'art. 195 codice postale e non,
 viceversa, allorche' si sia chiamati a dare concretezza giuridica  al
 dettato  del  primo  comma dell'art. 32 della legge 6 agosto 1990, n.
 223, in relazione al quale il concetto di  "esercizio"  dell'impianto
 andrebbe  delineato  come  funzionamento  effettivo  e concreto dello
 stesso, in maniera continuativa, con le conseguenze sopra riferite  a
 fini penalistici. Orbene, non puo' negarsi che la tesi del p.m. trova
 un  valido sostegno nel criterio di interpretazione sistematico ed in
 quello teleologico: e' fuor di dubbio che lo scopo  della  richiamata
 normativa  fosse  quello  di  cristallizzare  la  situazione di fatto
 esistente, in campo di emissioni televisive pubbliche e private, alla
 data di entrata in vigore della legge Mammi', per  poi  provvedere  a
 "sanare"   amministrativamente  la  sitauzione  esistente.  Pertanto,
 proprio per evitare he, ad esempio, nel periodo di vacatio  legis  si
 verificassero   episodi  di  selvaggia  autoattribuzione  dell'etere,
 mediante la semplice installazione di  apparecchiature  in  localita'
 precedentemente  non  coperte  da  emittenti  televisive  private (si
 rammenti che la situazione di fatto, riguardante  la  diffusione  dei
 vari  bacini  di  utenza delle emittenti private, che la legge Mammi'
 aveva  l'intendimento  di  sanare,  avrebbe,   poi,   costituito   il
 fondamento  per l'attribuzione statutale delle frequenze e dei bacini
 stessi), il legislatore ha preveduto, al secondo comma  dell'art.  32
 della  legge 6 agosto 1990, n. 223, il divieto di modificazione della
 funzionalita'  tecnico-operativa   degli   impianti   di   diffusione
 televisiva durante il periodo intercorrente tra la data di entrata in
 vigore  della  legge  Mammi'  e  la  data  della  concessione,  della
 reiezione della domanda di concessione ovvero la data di scadenza del
 termine ultimo  previsto  dal  primo  comma  dell'art.  32  medesimo,
 successivamente  prorogato. Da cio' e' dato desumere che, ai fini che
 ne occupano, id est, allo scopo  di  individuare  il  significato  da
 attribuire  al concetto di "esercizio" di impianti di radiodiffusione
 televisiva, previsto dal primo  comma  dell'art.  32  della  legge  6
 agosto  1990, n. 223, deve farsi riferimento al concetto di effettivo
 funzionamento  degli  impianti   stessi,   sicche'   e'   ragionevole
 concludere  che  il  legislatore  del  1990 abbia inteso provvedere a
 sanare soltanto la situazione di quelle emittenti private,  prive  di
 autorizzazione,  che provvedevano, all'epoca, ad irradiare in maniera
 continuativa ed effettiva i loro programmi (ovviamente  in  relazione
 alle   zone   coperte   dalla   diffusione).  Cio'  stante,  dovrebbe
 concludersi che la disciplina di cui  al  primo  comma  dell'art.  32
 della  legge  n.  223/1990  non  debba  applicarsi  agli  impianti di
 Fiuminata e di Pioraco dell'emittente "T.V.A.  Telcentro",  che  alla
 data  del  23 agosto 1990 non trasmettevano in maniera regolare nelle
 zone predettte. Conseguentemente, gli impianti stessi non  dovrebbero
 aver goduto della "sanatoria" di cui al prefato primo comma dell'art.
 32  della  legge  n.  223/1990  e  successivi atti di esercizio degli
 stessi dovrebbero ricadere nella sfera di operativita' dell'art.  195
 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156.
    Peraltro,  la prefata interpretazione del disposto del primo comma
 dell'art. 32 della legge 6 agosto 1990, n. 223, unica possibile  alla
 stregua  del  dato  testuale  e  del criterio sistematico, confligge,
 secondo  l'opinione  di  questo  giudicante,  con  il  principio   di
 eguaglianza,  sancito  dal primo comma dell'art. 3 della Costituzione
 della Repubblica. Si consideri, a tal proposito,  che,  non  trovando
 applicazione,  nella fattispecie concreta soggetta all'odierno vaglio
 di questo pretore, il disposto del primo  comma  dell'art.  32  della
 legge  6 agosto 1990, n. 223, l'esercizio degli impianti di Fiuminata
 e Pioraco, in epoca posteriore  all'entrata  in  vigore  della  legge
 Mammi'  -  che'  un  eventuale  esercizio in epoca anteriore sarebbe,
 comunque, scriminato dalla normativa richiamata - ricade  nell'ambito
 di  operativita'  dell'art.  195  del  d.P.R.  29 marzo 1973, n. 156.
 Orbene, la norma incriminatrice,  allorche'  punisce  l'esercizio  di
 impianti  di  radiodiffusione  televisiva  in assenza di concessione,
 delinea una tipica fattispecie criminosa progressiva. A tal riguardo,
 si ponga mente alla circostanza  che,  onde  esercitare  un  impianto
 televisivo,  e' necessario dapprima installare lo stesso e provvedere
 all'allacciamento di tutti  i  collegamenti  necessari.  Tale  ultima
 attivita',  se  effettuata  in assenza di concessione, costituisce di
 per se' sola reato, come desumersi dal tenore testuale dell'art.  195
 codice  postale,  il quale sanziona anche l'installazione di impianti
 di radiodiffusione televisiva  in  assenza  di  concessione.  Dunque,
 l'esercizio    degli   impianti,   presuppone,   come   propedeutica,
 l'attivita'  di  installazione   e   costituisce,   in   assenza   di
 concessione,  una tipica ipotesi di progressione criminosa, in cui si
 verifica la sussistenza di una situazione illecita, caratterizzata da
 una  pluralita'  di  azioni  ciascuna  delle  quali,   disgiuntamente
 considerata,  costituisce  reato.  Orbene,  l'art.  32  della legge 6
 agosto 1990, n. 223, provvede a "sanare", in  via  amministrativa  e,
 conseguenzialmente,   anche  penale,  a  determinate  condizioni,  la
 situazione dell'emittente televisiva privata che  eserciti,  id  est,
 per  quel che sopra si e' esposto, gestisca in maniera continuativa e
 funzionante, impianti di radiodiffusione televisiva. Si provvede,  in
 tal  modo,  a  scriminare  il  soggetto  che, alla data di entrata in
 vigore della legge Mammi',  aveva  compiuto,  nella  sua  intierezza,
 l'iter della progressione criminosa, passando attraverso i vari stadi
 per  giungere  sino  alla  fase  finale del funzionamento concreto ed
 effettivo  dell'impianto  televisivo.   Viceversa,   non   rimarrebbe
 egualmente  "scriminata" o "sanata", che dir si voglia, la situazione
 del soggetto che alla data dell'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 223/1990  si fosse limitato, in assenza di qualsivoglia provvedimento
 lato sensu autorizzatorio, a predisporre le  apparecchiature  atte  a
 consentire,  in  un  secondo  momento,  la messa in onda di programmi
 televisivi, con  cio'  realizzando  soltanto  la  prima  parte  della
 progressione  criminosa,  la quale, peraltro, costituisce gia' detto,
 di per se'  reato.  Orbene,  sembra  a  questo  giudicante  che  tale
 disciplina  crei una disparita' trattamentale in insanabile contrasto
 con il disposto dell'art. 3, primo  comma,  della  Costituzione,  non
 ravvisandosi  alcuna  ragionevolezza  nel riservare un trattamento di
 maggior favore nei confronti di un soggetto, il quale abbia posto  in
 essere  una  condotta astrattamente piu' grave di quella di colui che
 si  sia   limitato   alla   mera   installazione,   in   assenza   di
 autorizzazione, di impianto di radiodiffusione televisiva.
    L'impossibilita'  di  estendere a questi soggetti la disciplina di
 "sanatoria" amministrativa  e  penale,  in  relazione  agli  impianti
 stessi installati, ma non ancora "esercitati" alla data di entrata in
 vigore  della  legge  Mammi',  produce  una  lesione del principio di
 eguaglianza  di  tutti  i cittadini dinanzi alla legge, senza che sia
 dato ravvisare alcun motivo ragionevole,  sotteso  all'ingiustificata
 disparita'   trattamentale.   Pertanto,  nella  fattispecie  concreta
 soggetta all'odierno vaglio di questo giudicante, e' dato  deliberare
 la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale del disposto del primo comma dell'art. 32 della  legge
 6  agosto  1990, n. 223, nella parte in cui esclude dalla "sanatoria"
 amministrativa  e,  conseguentemente,  penale,  la  situazione  delle
 emittenti  private,  che,  alla data di entrata in vigore della legge
 predetta,   avessero    semplicemente    installato    impianti    di
 radiodiffusione  televisiva,  mantenendo  gli stessi in condizione di
 idoneita' ad una qualsivoglia funzionamento,  senza,  peraltro,  aver
 provveduto  a  rendere  gli stessi funzionanti, oltre che funzionali,
 entro e non oltre la data suddetta.
    Cio' detto in relazione  alla  non  manifesta  infondatezza  della
 dedotta  questione,  non  ci  si  soffermera'  piu'  del  dovuto  per
 sottolineare la rilevanza della stessa nell'ambito  del  procedimento
 penale soggetto all'odierno vaglio di questo giudicante: si consideri
 soltanto,  a  tal  proposito,  che  laddove  la normativa in disanima
 dovesse essere ritenuta effettivamente confliggente con  il  disposto
 costituzionale  segnalato,  questo  pretore  avrebbe,  ai  sensi  del
 dettato  dell'art.  129  del  c.p.p.,   l'obbligo   di   un'immediata
 declaratoria  di  non  punibilita'  degli  imputati per non essere il
 fatto preveduto come reato.
    Gli ulteriori profili di incostituzionalita',  sottolineati  dalla
 difesa  degli  imputati,  appaiono,  invero,  alla  stregua di quanto
 precede, irrilevanti: nulla muterebbe, infatti, ove la disciplina del
 sistema radiotelevisivo pubblico e privato prefigurasse,  allo  scopo
 di  consentire  al privato l'irradiazione di programmi televisivi, un
 regime  di  autorizzazione,  anziche'  di  concessione:   l'emittente
 "T.V.A.  Telcentro", infatti, era sprovvista, alla data di entrata in
 vigore della legge Mammi', di autorizzazione (v., in atti,  la  copia
 fotostatica  della  domanda  ex  art.  32  della  legge  n. 223/1990,
 sottoscritta in data 20 ottobre 1990 dell'imputata Orsini  Gabriella,
 che  costituisce  dichiarazione  fidefacente),  ne',  in  ordine agli
 impianti di Fiuminata e di  Pioraco,  in  relazione  a  quanto  sopra
 esposto,   avrebbe   potuto   essere   autorizzata,   ex  lege,  alla
 prosecuzione di un esercizio di fatto degli stessi, inesistente  alla
 stregua dei dati interpretativi sopra evidenziati. Pertanto, sembrano
 prive  di  rilevanza, nella fattispecie, le eccezioni di legittimita'
 costituzionale degli artt. 2, 3, 15, 16 e 19  della  legge  6  agosto
 1990, n. 223, in relazione agli artt. 15, 21 e 41 della Costituzione,
 nella   parte   in   cui   subordinano  l'esercizio  di  impianti  di
 radiodiffusione televisiva da parte di privati al conseguimento di un
 titolo  concessorio  e  non  meramente  autorizzatorio,  nonche'   in
 relazione   all'art.   3  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
 differenzia  il  regime  giuridico  degli  impianti   di   diffusione
 radiotelevisiva   rispetto   a   quello  dei  ripetitori  di  segnali
 provenienti dall'estero.