ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge regionale del
 Lazio   riapprovata   il  23  settembre  1993,  avente  per  oggetto:
 "Definizione delle situazioni determinate  dalla  legge  regionale  1
 giugno   1982,  n.  24,  riguardante  l'inquadramento  del  personale
 dell'ERSAL", promosso con ricorso del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri, notificato il 25 ottobre 1993, depositato in cancelleria il
 2 novembre successivo ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 1993;
    Udito nell'udienza pubblica del 12 aprile 1994 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Udito l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il ricorrente;
                           Ritenuto in fatto
    1.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, questione di  legittimita'
 costituzionale   della   legge  regionale  del  Lazio  approvata  dal
 Consiglio regionale nella seduta del 23 ottobre 1992 e riapprovata il
 23 settembre 1993, recante "Definizione delle situazioni  determinate
 dalla   legge   regionale   1   giugno   1982,   n.  24,  riguardante
 l'inquadramento del personale dell'ERSAL".
    2. - Le censure proposte investono,  anzitutto,  l'art.  1,  punto
 due, della delibera legislativa in questione, che prevede, nei limiti
 dei  posti  vacanti, l'inquadramento, "nella qualifica immediatamente
 superiore a quella rivestita", dei dipendenti non dirigenti dell'Ente
 regionale di sviluppo agricolo nel  Lazio  che  abbiano  "diretto  di
 fatto  per  almeno tre anni", tra il 1 gennaio 1983 ed il 16 febbraio
 1988, "strutture a livello di ufficio formalmente esistenti alla data
 del 1 gennaio 1983".
    Secondo il ricorrente la norma contrasterebbe con gli artt.  97  e
 117  della  Costituzione  e  con  le  norme  interposte relative alla
 disciplina dei rapporti di lavoro con  le  pubbliche  amministrazioni
 (anche regionali).
    Precisato  che la separazione delle materie devolute alla legge da
 quelle devolute agli accordi e' volta a prevenire  il  concorrere  di
 fonti  regolatrici  diverse,  si  deduce  la  violazione dei principi
 fondamentali della materia  stabiliti  dall'art.  2  della  legge  23
 ottobre  1992,  n.  421 e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
 29, ed in particolare dei  principi  del  "contenimento  e  controllo
 della  spesa  globale"  (art.  2  citato, lettera h), di eliminazione
 degli  automatismi  (art.  2  citato,  lettera   o),   di   "organica
 regolamentazione  delle  modalita'  di accesso" sia all'impiego sia a
 ciascuna qualifica (art. 2  citato,  lettera  t).  Osservato  che  la
 delibera  legislativa  impugnata non accenna, neppure implicitamente,
 all'attribuzione temporanea di funzioni superiori, si rileva che  non
 viene  richiesta  una preposizione ancora attuale, ad una struttura a
 livello di ufficio, ne' addotta una  esigenza  funzionale  dell'Ente,
 si'  da  configurare  il  passaggio  di  qualifica  come  un  effetto
 automatico, come una sorta di "premio" postumo. Si rammenta,  infine,
 che,  ai  sensi del disposto dell'art. 57, secondo comma, del decreto
 legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 si  prevede,  in  conformita'  con
 l'art.  2,  lettera  n),  della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per il
 caso  di  attribuzione  temporanea  di  mansioni  superiori,  che "il
 dipendente   ha   diritto   (soltanto)   al   trattamento   economico
 corrispondente  all'attivita'  svolta  per il periodo di espletamento
 delle medesime".
    3. - Il gravame investe poi  l'art.  1,  punto  tre,  della  legge
 impugnata,  secondo  il  quale  i  posti  disponibili  nella  seconda
 qualifica dirigenziale sono ricoperti mediante concorso: a) "interno"
 e "riservato al personale dell'ERSAL inquadrato nella prima qualifica
 dirigenziale con almeno cinque anni di anzianita'  nella  qualifica";
 b) da effettuarsi ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 6 luglio
 1987, n. 39, ossia con le modalita' e con la commissione giudicatrice
 (a  composizione  prevalentemente non tecnica) previste da detto art.
 2.
    Ad avviso del ricorrente  la  disposizione  sarebbe  contrastante,
 oltre  che con il principio di eguaglianza (con riguardo al connotato
 di cui al punto a), anche con gli artt. 97 e 117 della Costituzione e
 con le norme interposte recanti principi fondamentali  della  materia
 in  tema  di  accesso  a  qualifiche  dirigenziali superiori a quella
 iniziale. Con riferimento poi  al  fatto  che  nella  relazione  alla
 proposta di legge si accenna al precedente dato dalla legge regionale
 2  aprile  1991,  n.    13,  si  osserva  che questa ha un "ambito di
 applicazione meno ristretto" di quello  della  norma  denunciata.  In
 ogni  caso,  si  esprime  contrarieta'  alla tendenza del legislatore
 regionale a rendere permanenti, attraverso il  rincorrersi  di  norme
 asseritamente  perequative,  benefici originariamente introdotti come
 transitori.
    4. - Ci si duole  infine  del  fatto  che  l'art.  2  della  legge
 regionale impugnata preveda un onere di quattrocento milioni "annui",
 senza  specificare se tale previsione riguardi solo il 1993, od anche
 il  1994  ed  il  1995,  lamentando  nel  contempo  che  la  delibera
 legislativa  non  sia  accompagnata  dalla relazione tecnica, volta a
 precisare  il  conteggio  occorrente  per  la   effettiva   copertura
 finanziaria delle leggi di spesa, anche regionali.
    5. - La Regione Lazio non si e' costituita in giudizio.
    Nell'imminenza  dell'udienza  l'Avvocatura generale dello Stato ha
 depositato una memoria illustrativa.
    Quanto all'art. 1, punto due,  della  impugnata  legge  regionale,
 l'Avvocatura  ribadisce  che  esso  contrasta  con gli artt. 97 e 117
 della Costituzione, con i criteri fissati nella legge di  delegazione
 23  ottobre  1992,  n.  421  e  con  diverse disposizioni del decreto
 legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, rese piu' rigorose e puntuali dai
 sopravvenuti decreti legislativi  18  novembre  1993,  n.  470  e  23
 dicembre 1993, n. 546.
    Rilevato che l'assestamento della normativa di principio recata da
 tale  corpus  consente  una  piu' puntuale individuazione delle norme
 interposte, si ricorda  che  il  principio  della  separazione  delle
 materie   devolute   alla  legge  da  quelle  devolute  ai  contratti
 collettivi, fissato dalla  legge  n.  421  del  1992,  e'  stato  poi
 recepito dall'art. 45, primo comma, del decreto legislativo n. 29 del
 1993,  peraltro  integrato dal successivo art. 72, primo comma, primo
 periodo.
    Osservato che la norma denunciata prevede  un  caso  di  mobilita'
 verticale non contemplata dagli accordi sindacali, si deduce, piu' in
 particolare,  che  i  criteri  della  legge  di  delega  hanno  avuto
 attuazione attraverso il congiunto operare:
      della   necessita'   della   previa   definizione  delle  piante
 organiche;
      della previsione dell'obbligo di procedere alla  rilevazione  di
 carenze  ed  esuberi,  con  conseguente  disciplina  della  mobilita'
 orizzontale;
      delle  disposizioni   in   tema   di   assunzione   a   ciascuna
 professionalita'  e  quindi  a  ciascuna qualifica (art. 8 e art. 36,
 primo e secondo comma, del  predetto  decreto  legislativo),  essendo
 ribadito  il  principio  secondo  cui  "il  passaggio  da qualifica a
 qualifica e' assunzione, con esclusione di automatismi o  riserve  di
 posti".
    Per  quanto  concerne  l'art. 1, punto tre, della legge impugnata,
 l'Avvocatura nel ribadire l'illegittimita' della norma,  si  sofferma
 soprattutto sul fatto che essa prevede modalita' di concorso anomale,
 istituendo    una    commissione    esaminatrice    a    composizione
 prevalentamente  non  tecnica,  in  contrasto  con  l'art.  97  della
 Costituzione   e   con  gli  insegnamenti  della  Corte  in  tema  di
 commissioni giudicatrici. Insegnamenti recepiti dall'art. 8,  lettera
 d), del decreto legislativo n. 29 del 1993.
    Quanto  infine  all'art.  2  della  medesima legge regionale - che
 contiene la previsione di spesa - la memoria richiama in  particolare
 l'art.  11-ter,  secondo e terzo comma, della legge 5 agosto 1978, n.
 468, come aggiunto dall'art. 7 della legge 23 agosto 1988, n.  362  -
 disposizione  emanata in attuazione dell'art. 81, quarto comma, della
 Costituzione - per dedurne che si tratta di  norme  interposte  e  di
 principi  applicabili  anche alle regioni, la' dove viene prevista la
 c.d. relazione tecnica sugli oneri e sulla relativa quantificazione.
                        Considerato in diritto
    1.  -  L'oggetto  del  presente  giudizio  di   costituzionalita',
 introdotto  dal  ricorso  del  Presidente  del Consiglio dei ministri
 indicato in epigrafe,  e'  dato  dalla  legge  della  Regione  Lazio,
 approvata  dal Consiglio regionale nella seduta del 23 ottobre 1992 e
 riapprovata  il  23  settembre  1993,  recante   "Definizione   delle
 situazioni  determinate  dalla  legge regionale 1 giugno 1982, n. 24,
 riguardante l'inquadramento del personale dell'ERSAL".
    La Corte e' chiamata a decidere:
       a) se l'art. 1,  punto  due,  della  legge  predetta  il  quale
 prevede   nei   limiti  dei  posti  vacanti,  l'inquadramento  "nella
 qualifica immediatamente superiore a quella rivestita" dei dipendenti
 non dirigenti dell'ERSAL (Ente regionale  di  sviluppo  agricolo  nel
 Lazio)  che  abbiano "diretto di fatto per almeno tre anni", tra il 1
 gennaio 1983 ed il 16 febbraio 1988, "strutture a livello di  ufficio
 formalmente  esistenti  alla  data del 1 gennaio 1983", contrasti con
 gli artt. 97 e 117 della  Costituzione  e  con  le  norme  interposte
 relative  alla  disciplina  dei  rapporti  di lavoro con le pubbliche
 amministrazioni,  ed  in  particolare:  1)  con  il  principio  della
 separazione delle materie devolute alla legge da quelle devolute agli
 accordi collettivi; 2) con il principio del "contenimento e controllo
 della  spesa  globale"  (art.  2,  lettera h), della legge 23 ottobre
 1992, n. 421); 3) con il principio di eliminazione degli  automatismi
 (art.  2  citato,  lettera  o);  4)  con  il  principio  di "organica
 regolamentazione delle modalita' di accesso" sia  all'impiego  sia  a
 ciascuna   qualifica   (art.  2  citato,  lettera  t)  in  relazione,
 segnatamente,  al  criterio  per  cui  il  passaggio  da  qualifica a
 qualifica sarebbe  "assunzione",  con  esclusione  di  automatismi  e
 riserve  di posti; 5) con il principio (fissato dall'art. 57, secondo
 comma, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in conformita'
 con l'art. 2, lettera n), legge 23 ottobre 1992, n. 421) secondo cui,
 nel  caso  di  attribuzione  temporanea  di  mansioni  superiori,  il
 dipendente    ha    diritto   soltanto   al   trattamento   economico
 corrispondente all'attivita' svolta per il  periodo  di  espletamento
 delle medesime;
       b)  se l'art. 1, punto tre, della medesima legge regionale - il
 quale  prevede  che  i  posti  disponibili  nella  seconda  qualifica
 dirigenziale siano ricoperti mediante concorso "interno" e "riservato
 al personale dell'ERSAL inquadrato nella prima qualifica dirigenziale
 con   almeno  cinque  anni  di  anzianita'  nella  qualifica",  e  da
 effettuarsi ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 6 luglio 1987,
 n. 39 - contrasti: 1) con il  principio  di  eguaglianza,  in  quanto
 riserva  i  posti  disponibili  nella  seconda qualifica dirigenziale
 esclusivamente al personale interno dell'ente inquadrato nella  prima
 qualifica  dirigenziale  con  almeno  cinque anni di anzianita' nella
 qualifica; 2) con gli artt. 97 e 117  della  Costituzione  e  con  le
 disposizioni  "interposte", anche sopravvenute al rinvio governativo,
 recanti  principi  generali  costituenti  limiti  alla   legislazione
 regionale  in  tema  di accesso a qualifiche dirigenziali superiori a
 quella iniziale; particolarmente con l'art.  97  della  Costituzione,
 per  quanto  attiene  alle modalita' del concorso e alla composizione
 della commissione giudicatrice;
       c) se l'art. 2 della medesima  legge  regionale  contrasti  con
 l'art. 81 della Costituzione in quanto non e' chiaro se la previsione
 di  un  onere  di  lire quattrocento milioni "annui" riguardi solo il
 1993, od anche il 1994 ed il  1995  ed  inoltre  manca  la  relazione
 tecnica di accompagnamento che precisi il conteggio occorrente per la
 effettiva   copertura   finanziaria   delle  leggi  di  spesa,  anche
 regionali.
    2. - La prima delle censure proposte e' fondata.
    Va rammentato che l'art. 97 della Costituzione prescrive, al primo
 comma, che i pubblici uffici siano organizzati per legge in  modo  da
 assicurare   il  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  e
 stabilisce, all'ultimo comma, che  "agli  impieghi,  nelle  pubbliche
 amministrazioni,  si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti
 dalla legge".
    Quest'ultima  disposizione  va  intesa  nel  senso  che  anche  il
 passaggio  ad  una fascia funzionale superiore, comportando l'accesso
 ad un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni piu'  elevate,
 e'  una  figura  di  reclutamento  soggetta  alla  stessa  regola del
 pubblico  concorso  (sentenza  n.  487  del  1991).  E'  vero  che  a
 quest'ultima  il  legislatore puo' derogare, in presenza di peculiari
 situazioni  giustificatrici,  adottando  criteri  diversi,  con   una
 discrezionalita'   che   trova  pur  tuttavia  il  suo  limite  nella
 necessita'  di   garantire   il   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione.  Ma  neanche  in questa diversa prospettiva la norma
 appare  idonea  a  superare  lo   scrutinio   di   costituzionalita'.
 Anzitutto,  come emerge dallo stesso primo periodo della disposizione
 denunciata, si fa riferimento  a  situazioni,  quali  quelle  oggetto
 della  precedente  legge  regionale  23 marzo 1990, n. 33, di per se'
 riferite  ad  una  eccezionalita'  di  circostanze,  onde non e' dato
 comprendere come possa procedersi  ad  una  estensione  degli  stessi
 principi ad altre diverse situazioni. La stessa disposizione risulta,
 poi, caratterizzata da un'indeterminatezza del contenuto, come rileva
 lo  stesso  ricorrente  Presidente del Consiglio, nel quale non vi e'
 cenno, neppure implicitamente, ad attribuzione temporanea di funzioni
 superiori, limitandosi la disposizione stessa a fare riferimento alla
 preposizione di fatto ad una "struttura a livello di ufficio",  senza
 richiedere tra l'altro nemmeno una preposizione ancora attuale.
   Trattasi   percio'   di   una  norma  della  quale  va  evidenziata
 l'incongruita', derivante dalla mancanza oltretutto di  una  puntuale
 determinazione  dei  presupposti soggettivi ed oggettivi che generano
 gli effetti previsti, sicche' l'unica portata precettiva che e'  dato
 cogliere  e'  quella  di  assicurare, a fronte di situazioni di fatto
 tutt'altro che puntualmente definite, l'acquisizione della  qualifica
 superiore  a  quella  posseduta,  con  un  automatismo  che  oltre  a
 collidere con l'art. 97, viola anche l'art. 117  della  Costituzione,
 ove  si  consideri  essere  estranea,  in  linea di principio e salvo
 circoscritte e ben individuate eccezioni,  al  pubblico  impiego,  la
 regola, secondo la quale lo svolgimento di fatto delle mansioni fonda
 il  diritto  all'acquisizione  della  qualifica superiore. Di cio' e'
 recente conferma l'art. 57, secondo comma, del decreto legislativo  3
 febbraio  1993, n. 29, che, recependo il principio di cui all'art. 2,
 lettera n), della legge 23 ottobre 1992, n.  421,  prevede  che,  nel
 caso  di attribuzione temporanea di mansioni superiori, il dipendente
 ha  diritto  soltanto   al   trattamento   economico   corrispondente
 all'attivita' svolta per il periodo di espletamento delle medesime.
    L'accoglimento  della censura, per le ragioni sopra esposte, esime
 dall'affrontare gli altri profili di illegittimita' dedotti.
    3. - Del pari fondata e' la censura che investe il punto  tre  del
 medesimo  art.  1,  la' dove si prevede che i posti disponibili nella
 seconda qualifica  dirigenziale  siano  ripartiti  mediante  concorso
 interno  e  riservato  al personale dell'ERSAL inquadrato nella prima
 qualifica dirigenziale con  almeno  cinque  anni  di  anzianita',  da
 effettuarsi ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 6 luglio 1987,
 n. 39.
    La  norma  e'  da  ritenersi  illegittima,  in  quanto  il modello
 concorsuale  richiede  che  la  selezione  avvenga  con  criteri   di
 pubblicita',  tali  da prevedere e consentire la partecipazione anche
 agli estranei, assicurando cosi' il reclutamento  dei  migliori.  Non
 possono,  al  tempo  stesso,  ignorarsi gli effetti distorsivi che il
 criterio dei  concorsi  interni  totalmente  riservati  al  personale
 dell'amministrazione che li bandisce e' in grado di indurre sul nuovo
 quadro  di  pubblica  amministrazione  regionale  basata,  quanto  al
 rapporto  di  pubblico   impiego,   precipuamente   sulla   qualifica
 funzionale e sui profili professionali. Tale criterio da' luogo, come
 gia' altre volte rilevato (sentenza n. 333 del 1993), a fenomeni che,
 oltre  a  reintrodurre  surrettiziamente il modello della carriera in
 una nuova disciplina che ne  presuppone  invece  il  superamento,  si
 riverberano  negativamente  anche  sul  principio  del buon andamento
 dell'amministrazione regionale (art. 97 della Costituzione), rendendo
 problematico il rapporto tra attitudini professionali  e  svolgimento
 effettivo delle mansioni.
    E'  vero  che la giurisprudenza di questa Corte ha talora ritenuto
 legittime procedure di concorso interno, ma questo e' avvenuto quando
 esse trovavano la  loro  ragion  d'essere  in  peculiari  esigenze  o
 situazioni.
    Nel  caso  di  specie,  peraltro, nessun elemento valutativo viene
 dalla Regione, nemmeno costituitasi in  giudizio,  a  giustificazione
 della  deroga  al  principio  del  concorso  pubblico.  Ne' a diverse
 conclusioni puo' indurre  il  richiamo  che,  sia  la  legge  che  la
 relazione che accompagna la riproposizione, al Consiglio, della legge
 stessa,  dopo  il  rinvio da parte del Governo, fanno alla precedente
 legge regionale 2 aprile 1991, n. 13, a sua volta modificativa  delle
 leggi  regionali  11  aprile  1985,  n.  36  e  6 luglio 1987, n. 39,
 dovendosi anche in questo  caso  considerare  la  specificita'  delle
 situazioni  oggetto della predetta legge n. 13 del 1991. E cio' anche
 a non tener conto del fatto che quest'ultima non prevede, oltretutto,
 l'attribuzione di posti con concorsi  totalmente  riservati,  sicche'
 l'ambito dei destinatari della stessa e', come osserva il ricorrente,
 "meno ristretto".
    4.  -  Anche sotto un ulteriore profilo, la norma denunciata viola
 l'art. 97 della Costituzione, la' dove si rifa',  per  la  disciplina
 del  concorso  interno  di  cui  trattasi,  all'art.  2  della  legge
 regionale 6 luglio 1987, n. 39. Secondo quest'ultima disposizione  il
 concorso,  costituito  da  un  esame  colloquio volto ad accertare le
 capacita' tecnico-professionali  ed  organizzative  dei  concorrenti,
 sugli  aspetti  e  problemi  attinenti  l'ordinamento  regionale e le
 materie di competenza regionale, si svolge innanzi ad una commissione
 giudicatrice composta:
       a) dal Presidente della Giunta  regionale  o,  su  sua  delega,
 dall'assessore al personale che la presiede;
       b)  da  tre  consiglieri  regionali designati dalla commissione
 consiliare permanente competente in materia di personale;
       c) da due esperti  scelti  tra  i  docenti  universitari  nelle
 discipline oggetto dell'esame colloquio;
       d)  da un esperto designato congiuntamente dalle organizzazioni
 sindacali dei dipendenti regionali  maggiormente  rappresentative  in
 campo regionale, di qualifica non inferiore a quella cui si riferisce
 il concorso.
    Come  affermato  in altra occasione (sentenze n. 453 del 1990 e n.
 333 del 1993) il concorso pubblico, per realizzare i suoi  obiettivi,
 deve  ispirarsi  al  rigoroso rispetto del principio di imparzialita'
 che e' destinato, pertanto, a riflettersi  anche  sulla  composizione
 delle  commissioni giudicatrici, nel senso che la presenza di tecnici
 o esperti - interni o esterni all'amministrazione, ma  in  ogni  caso
 dotati  di  adeguati  titoli  di studio e professionali rispetto alle
 materie oggetto di prova - deve essere, se non esclusiva, quanto meno
 prevalente, si' da garantire scelte finali fondate  sull'applicazione
 di  parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle
 attitudini e della preparazione dei candidati.
    5. - Non  fondata  e'  invece  la  censura  attinente  all'art.  2
 relativo alla copertura della spesa, in quanto e' vero che i principi
 sull'onere  di  copertura  sanciti  dall'art.  81  della Costituzione
 valgono  secondo  l'insegnamento  della  Corte  anche  per  le  leggi
 regionali,  ma  cio'  non comporta l'applicabilita' dell'art. 11-ter,
 secondo e terzo comma, della legge  5  agosto  1978,  n.  468  (quale
 aggiunto  dall'art.  7  della  legge  23  agosto  1988, n. 362). Tale
 disposizione,  infatti,  a  prescindere  dal  suo  carattere di norma
 interposta o meno, si  riferisce  alla  copertura  finanziaria  delle
 leggi  statali, mentre la materia delle leggi regionali forma oggetto
 della legge 19 maggio 1976, n. 335 recante "Principi  fondamentali  e
 norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilita' delle
 regioni".
    Tutto   questo  senza  disconoscere,  anche  per  le  esigenze  di
 coordinamento della finanza pubblica,  la  funzione  della  relazione
 tecnica  quale strumento per una maggiore trasparenza delle decisioni
 di spesa, la cui utilita', d'altra parte, risulta avvertita da talune
 regioni, che infatti  l'hanno  spontaneamente  prevista  con  proprie
 leggi sulle procedure di spesa.