ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge regionale del
 Lazio, approvata il 23 ottobre 1992  e  riapprovata  il  10  novembre
 1993,    avente   per   oggetto   "Individuazione   delle   strutture
 organizzative degli Istituti per il diritto allo studio universitario
 - II.DI.S.U. - del Lazio e determinazione dell'organico del ruolo del
 personale degli Istituti", promosso con ricorso  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, notificato il 21 dicembre 1993, depositato in
 cancelleria  il  28  successivo  ed  iscritto  al  n. 81 del registro
 ricorsi 1993;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1994 il Giudice  relatore
 Massimo Vari;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Antonio Bruno, per il ricorrente, e
 l'Avvocato Franco Gaetano Scoca per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,   il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato questione di
 legittimita' costituzionale in via principale della  legge  regionale
 del  Lazio, approvata il 23 ottobre 1992 e riapprovata il 10 novembre
 1993, recante "Individuazione  delle  strutture  organizzative  degli
 Istituti  per il diritto allo studio universitario - II.DI.S.U. - del
 Lazio e determinazione del ruolo del personale degli Istituti".
    Formano, in particolare, oggetto di censura:
       a) l'art. 8, secondo comma, che - prevedendo, ai  punti  uno  e
 due,  il  reinquadramento,  nella qualifica immediatamente superiore,
 del personale che gia' usufrui' di  benefici  di  carriera  ai  sensi
 delle precedenti legislazioni regionali o statali e, al punto tre, il
 conseguimento,  per  il  restante personale, del duplice passaggio di
 livello - comporterebbe violazione del principio di "omogeneizzazione
 delle posizioni giuridiche", di cui all'art. 4 della legge n. 93  del
 1983,  nonche' del principio di buona amministrazione di cui all'art.
 97 della Costituzione;
       b) l'art. 8, quinto e sesto comma, che - fissando la decorrenza
 degli effetti giuridici dei reinquadramenti, previsti dalla legge, al
 1 febbraio 1981 e al 1 gennaio 1983 - viene denunciato, oltre che per
 la sua incongruita', anche per  il  contrasto  con  l'art.  97  della
 Costituzione;
       c)  l'art.  8, ottavo comma, che - estendendo, al personale ivi
 indicato le disposizioni a carattere transitorio  ed  eccezionale  di
 cui alla legge regionale n. 33 del 1990 recante l'inquadramento nella
 qualifica  superiore  del  personale non dirigente gia' preposto alle
 varie strutture - contrasterebbe con  la  "disciplina  contrattuale",
 recepita  dalla  Regione, in tema di "mobilita' verticale", oltre che
 con il principio di buona amministrazione di cui  all'art.  97  della
 Costituzione;
       d)  l'art.  9, che - consentendo, a seguito dell'esperimento di
 concorsi speciali interni per la copertura dei posti ancora  vacanti,
 concluse  le  procedure dei reinquadramenti giusta il precedente art.
 8,  "la  possibilita'  dell'attribuzione  del  duplice  passaggio  di
 livello"  -  colliderebbe,  oltre  che  con  il  principio  di  buona
 amministrazione, con la disciplina contrattuale in tema di "mobilita'
 verticale".
    Secondo l'atto di impugnazione, l'illegittimita'  delle  ricordate
 disposizioni  sarebbe  ancora  piu'  evidente  alla  luce  del  nuovo
 ordinamento del pubblico impiego introdotto con la legge  23  ottobre
 1992,  n.  421  e  relativo  decreto  legislativo  n.  29  del  1993,
 modificato dal decreto legislativo n. 470 del 1993, secondo  cui  non
 sono piu' consentiti i passaggi automatici alla qualifica superiore e
 vengono  stabiliti  i  criteri  dell'organica  regolamentazione delle
 modalita' di accesso sia all'impiego sia a ciascuna qualifica.
    2. - Davanti a questa Corte si e'  costituita  la  Regione  Lazio,
 chiedendo,   nell'atto   di  costituzione,  che  le  questioni  siano
 dichiarate non fondate.
    Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Lazio  ha  depositato  una
 ulteriore memoria nella quale si sostiene che:
       a)  l'art.  8,  secondo  comma,  lungi dal provocare l'asserita
 sperequazione, tende ad eliminarla, allineando il personale delle  ex
 opere  universitarie  al personale proveniente dallo Stato e da altri
 enti, che, dopo essere stato inquadrato in base alle leggi  regionali
 nn.  2  e 3 del 1983, a decorrere dal 1 febbraio 1981, aveva avuto la
 possibilita' di chiedere un nuovo inquadramento in  base  alla  legge
 regionale n. 15 del 1988;
       b)  la  decorrenza retroattiva del reinquadramento ai soli fini
 giuridici ( ex art. 8, quinto e sesto comma) e' dovuta al  fatto  che
 un  inquadramento  perequativo  deve  retrodatare la sua efficacia in
 ordine allo stato giuridico, se non  anche  in  ordine  agli  effetti
 economici;
       c)  l'art. 8, ottavo comma, ha come presupposto e fondamento le
 analoghe ragioni di eccezionalita'  che  hanno  giustificato,  a  suo
 tempo, l'adozione della legge regionale n. 33 del 1990, atteso che la
 definizione degli organici viene disposta solo oggi, mentre per dieci
 anni  il  personale  non  dirigente  e' stato preposto alla direzione
 degli uffici; cio' non senza rammentare che al legislatore  regionale
 e' data facolta' di derogare agli accordi che contengano disposizioni
 in  materie  riservate  alla legge, ex art. 2 legge n. 93 del 1983, e
 non senza sottolineare, altresi', che  il  legislatore  si  e'  posto
 l'obiettivo di operare una perequazione vincolata alle reali funzioni
 svolte dai dipendenti;
       d)  infine,  i  concorsi speciali di cui all'art. 9 sono quelli
 gia' previsti dalla legge  regionale  n.  6  del  1985  dei  quali  i
 dipendenti  degli  II.DI.S.U.  non  avevano potuto beneficiare per la
 mancata determinazione dei ruoli, non senza rilevare,  nel  contempo,
 che l'art. 97, ultimo comma, della Costituzione, consente di derogare
 alla  regola del pubblico concorso, quando le procedure siano congrue
 e ragionevoli.
                        Considerato in diritto
    1.  -  L'oggetto  del  presente  giudizio  di   costituzionalita',
 introdotto  dal  ricorso  del  Presidente  del Consiglio dei ministri
 indicato in epigrafe,  e'  dato  dalla  legge  regionale  del  Lazio,
 riapprovata  il  10 novembre 1993, riguardante l'organizzazione degli
 Istituti per il diritto allo studio universitario (II.DI.S.U.)  e  la
 determinazione del ruolo del relativo personale.
    Le doglianze investono gli artt. 8 e 9 della legge, per i quali si
 deduce  violazione  dell'art. 97 della Costituzione e si lamenta, nel
 contempo, la contrarieta' a taluni principi fondamentali  in  materia
 di   pubblico   impiego,   prospettando   cosi'  censure  riferibili,
 plausibilmente,  alla  pretesa   violazione   dell'art.   117   della
 Costituzione, ancorche' non espressamente invocato.
    2. - Quanto all'art. 8, si sostiene che detta disposizione:
       a)  nel  prevedere,  al  secondo  comma,  punti  uno e due, "il
 reinquadramento  nella  qualifica   immediatamente   superiore"   del
 personale  appartenente  alle  qualifiche ivi specificate e, al punto
 tre, "il  conseguimento,  per  il  restante  personale,  del  duplice
 passaggio  di  livello",  si  pone  in  contrasto con il principio di
 "omogeneizzazione delle posizioni giuridiche di cui all'art. 4  della
 legge   n.   93   del  1983",  nonche'  con  il  principio  di  buona
 amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione;
       b) nello stabilire, al quinto  e  sesto  comma,  la  decorrenza
 degli effetti giuridici dei reinquadramenti al 1 febbraio 1981 e al 1
 gennaio   1983,   deve   essere  censurato,  oltre  che  per  la  sua
 incongruita',  per  il  contrasto  con  il  predetto  art.  97  della
 Costituzione;
       c)  infine,  nell'estendere, all'ottavo comma, al personale ivi
 indicato, le disposizioni a carattere eccezionale di cui  alla  legge
 regionale  n.  33  del  1990, recante l'inquadramento nella qualifica
 superiore del  personale  non  dirigente  gia'  preposto  alle  varie
 strutture, contrasta sia con l'art. 97 della Costituzione, sia con la
 disciplina  contrattuale  accolta  dalla Regione in tema di mobilita'
 verticale.
    La Corte e' chiamata, inoltre, a stabilire se l'art. 9 della legge
 impugnata urti contro il principio di buona amministrazione e  contro
 la  disciplina  contrattuale  in  materia di mobilita' verticale, la'
 dove  prevede,  a  seguito  dell'esperimento  di  concorsi   speciali
 interni,  per  la  copertura dei posti vacanti nelle qualifiche e nei
 profili dal quinto all'ottavo, "la possibilita' di  attribuzione  del
 duplice passaggio di livello".
    Ad   avviso   del  ricorrente,  il  contrasto  delle  disposizioni
 ricordate con i principi generali del pubblico impiego  sarebbe  reso
 ancor  piu'  evidente  dal  nuovo  ordinamento della materia - recato
 dalla legge 23  ottobre  1992,  n.  421  e  dal  susseguente  decreto
 legislativo n. 29 del 1993, modificato dal decreto legislativo n. 470
 del  1993  - secondo il quale, da una parte, non sono piu' consentiti
 passaggi automatici alla qualifica superiore e,  dall'altra,  vengono
 stabiliti i criteri dell'organica regolamentazione delle modalita' di
 accesso sia all'impiego sia a ciascuna qualifica.
    3.   -   Per  una  piu'  chiara  visione  del  quadro  legislativo
 nell'ambito del quale si collocano  le  questioni  portate  all'esame
 della  Corte,  giova  ricordare  che, per il personale delle ex opere
 universitarie, trasferito alle regioni per effetto dell'art.  44  del
 d.P.R.  n.  616  del  1977, fu disposto un iniziale inquadramento con
 l'art. 6, primo comma, della legge regionale  del  Lazio  17  gennaio
 1981, n. 5, la quale stabili' che, al medesimo, si applicassero dal 1
 novembre  1979,  sia pure nei termini e nei limiti dalla norma stessa
 precisati, le disposizioni sullo stato giuridico  e  sul  trattamento
 economico dei dipendenti della Regione Lazio.
    Successivamente,  la  legge  regionale n. 14 del 7 marzo 1983, nel
 dare vita agli Istituti per il  diritto  allo  studio  universitario,
 dispose  (art.  18) che essi si avvalessero, per l'espletamento delle
 loro funzioni, di personale facente parte di un apposito  ruolo,  nel
 quale (art. 48) veniva inserito il personale di ruolo delle soppresse
 opere universitarie.
    In  tale  occasione,  l'art.  49  (a  modifica  dell'art.  6 della
 precedente legge n. 5 del 1981) anticipo' che, con  successiva  legge
 regionale,  sarebbero  state  dettate  norme  intese  ad eliminare le
 eventuali situazioni di sperequazione economica in seno al  personale
 delle disciolte opere.
    Momento  di  rilievo  per la definizione dello stato giuridico del
 personale in questione e' costituito, infine, dalla  legge  regionale
 11  gennaio 1985, n. 6, che, nel collocare, all'art. 24, i dipendenti
 regionali nei tre ruoli del personale  degli  uffici,  del  personale
 della  formazione  e  del  personale  degli  II.DI.S.U., rinvio', per
 questi ultimi, la  determinazione  della  consistenza  del  ruolo  di
 appartenenza  a  successiva  legge.  Lo stesso provvedimento, facendo
 riferimento all'organico previsto dall'art. 24,  autorizzo'  intanto,
 con  l'art.  26,  la  copertura,  mediante concorsi interni, di posti
 vacanti nelle qualifiche funzionali dalla seconda all'ottava.
    4.  -  Afferma,  nella  propria  memoria  difensiva,  la   Regione
 resistente  che  la  legge  impugnata  ha  inteso  realizzare,  per i
 dipendenti delle soppresse opere universitarie,  quella  perequazione
 di  posizioni  giuridiche,  della quale si era fatta espressa riserva
 con la gia' menzionata legge n. 14 del 1983. Perequazione realizzata,
 estendendo a detto personale le disposizioni della legge regionale 25
 marzo  1988,  n.  15,  di  cui  avevano  fruito  altre  categorie  di
 dipendenti  e cioe' quelli gia' inquadrati secondo le leggi regionali
 n. 2 e n. 3 del 1983.
    Tale assunto, confortato, invero,  dai  lavori  preparatori  della
 legge  impugnata, induce a ritenere non fondata la doglianza avanzata
 nei confronti dell'art. 8, secondo comma, punti uno, due e tre  della
 legge  impugnata, in relazione sia ai principi in materia di pubblico
 impiego, sia all'art. 97 della Costituzione.
    Difatti, come piu' volte affermato dalla giurisprudenza di  questa
 Corte,  la violazione del principio di buon andamento non puo' essere
 utilmente invocata se non  quando  si  assuma  l'arbitrarieta'  o  la
 manifesta  irragionevolezza  della disciplina impugnata (sentenze nn.
 65 del 1989; 269 del 1988 e 277 del 1983), mentre lo stesso principio
 non impedisce al legislatore  di  modificare  l'assetto  di  rapporti
 definiti da precedenti leggi, quando risulti, ad un piu' approfondito
 esame  o  a seguito dell'esperienza derivata dalla loro applicazione,
 che esse non rispondano a criteri di equita'.
    Nel caso di specie, la legge  regionale  impugnata  da'  modo,  al
 personale  delle  ex  opere universitarie, di ottenere, a domanda, un
 nuovo inquadramento per far valere  titoli  e  anzianita'  che  altri
 avevano   gia'   potuto  far  valere,  evidenziando,  cosi',  intenti
 correttivi delle sperequazioni derivanti dalle diverse normative,  in
 base  alle  quali,  in  vari tempi, era stato inquadrato il personale
 comandato o comunque passato alla Regione.
    5. - Neppure fondata e' la doglianza rivolta  all'art.  8,  quinto
 comma,   che  fa  decorrere  il  nuovo  inquadramento,  agli  effetti
 giuridici, dal 1 febbraio 1981, in quanto  tale  data,  rispecchiando
 analoghi  criteri temporali desumibili dalla legge n. 15 del 1988 (v.
 art. 10 della medesima), ha il fine di  ricondurre  gli  effetti  del
 reinquadramento, sia pure sotto il solo profilo giuridico e non anche
 sotto  quello  economico, al momento in cui la sperequazione ha avuto
 inizio.
    Per le stesse ragioni non puo' essere accolta la censura  proposta
 nei  riguardi  del  sesto comma del medesimo art. 8, il quale dispone
 l'inquadramento, nella sesta qualifica funzionale di cui  alla  legge
 regionale 11 gennaio 1985, n. 6, del personale indicato al precedente
 terzo  comma  facendo  decorrere, a fini giuridici, gli effetti dal 1
 gennaio 1983. Anche detta data tiene, infatti, conto delle decorrenze
 a suo tempo previste dalla legge n. 6 del 1985 (art.  28),  ai  sensi
 della   quale   la   norma   impugnata   opera   il  reinquadramento;
 reinquadramento che, in se', non forma oggetto di doglianza da  parte
 del Governo.
    6.  -  Altro  motivo di censura investe poi - sotto il profilo del
 contrasto con la disciplina contrattuale e con il principio di  buona
 amministrazione  - l'art. 9, che consente, a seguito dell'esperimento
 di concorsi speciali  interni  per  la  copertura  dei  posti  ancora
 vacanti  nei  ruoli  II.DI.S.U., "la possibilita' di attribuzione del
 duplice passaggio di livello".
    Benche' la doglianza risulti formulata in termini  non  del  tutto
 puntuali  e  circostanziati, la Corte ha motivo di ritenere che essa,
 per il fatto di censurare "la possibilita' del duplice  passaggio  di
 livello",  intenda  aver  riguardo  a  quella  parte  della norma che
 ammette ai concorsi speciali,  per  l'accesso  alla  sesta  qualifica
 funzionale, anche il personale di quarta qualifica.
    E'  da  precisare,  in  proposito,  che  il detto art. 9, al primo
 comma, nel prevedere concorsi interni per titoli ed esami per i posti
 vacanti nelle qualifiche funzionali e nei profili  professionali  dal
 quinto all'ottavo, li riserva, in via di principio, al personale che,
 alla  data  di  entrata  in  vigore della legge, rivesta la qualifica
 immediatamente inferiore a quella  per  cui  concorre,  alla  duplice
 alternativa  condizione  che sia in possesso di una anzianita' minima
 di anni tre, nella predetta  posizione  giuridica  inferiore,  e  del
 titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno a quest'ultima,
 ovvero del titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno alla
 qualifica  cui  concorre.  Con  norma  di  carattere  derogatorio, la
 seconda parte dello stesso  primo  comma  dispone  che  "al  concorso
 speciale  per  l'accesso  alla sesta qualifica funzionale e' altresi'
 ammesso il personale di quarta qualifica".
    In proposito la  difesa  della  Regione,  indugiando  sulle  linee
 generali   della  ricordata  disciplina,  tende  ad  evidenziarne  le
 finalita' perequative,  deducendo  che  si  tratterebbe  di  concorsi
 speciali  gia'  previsti  dalla  legge  n.  6 del 1985, dei quali non
 avevano potuto fruire i dipendenti delle ex opere  universitarie,  in
 mancanza della definizione del ruolo di appartenenza.
    Tuttavia,  come  gia' detto, il punto sul quale verte la doglianza
 non risulta tanto quello dei concorsi, quanto piuttosto quello  della
 prevista  possibilita'  del  duplice  passaggio  di livello. Sicche',
 prescindendo da ogni altra valutazione della norma in se' e  restando
 nei  limiti  dell'impugnativa  - secondo quello che appare esserne il
 plausibile specifico  oggetto  -  la  Corte  non  puo'  non  rilevare
 l'incongruita'  della  disposizione che ammette anche il personale di
 quarta qualifica ai  concorsi  per  la  sesta  qualifica  funzionale.
 Poiche'  detto  personale  viene  parificato, quanto a presupposti di
 ammissione e quanto a criteri  valutativi,  al  personale  di  quinta
 qualifica,  il motivo di ricorso proposto su questo punto va accolto,
 non essendo corrispondente a principi di  buon  andamento,  sotto  il
 profilo  della  ragionevolezza, una identica considerazione, ai detti
 effetti, di esperienze maturate nell'esercizio di  attivita'  diverse
 quanto a livello e contenuti.
    7.  -  Fondata e', altresi', la doglianza concernente l'estensione
 al personale non dirigente delle disposizioni della  legge  regionale
 n.  33  del  1990, cosi' come previsto dall'ottavo comma dell'art. 8,
 secondo il quale, nei limiti dei posti vacanti, dopo  l'effettuazione
 delle  operazioni  di  cui  al  medesimo  articolo, "il personale non
 dirigente che nell'arco temporale  di  cui  all'art.  1  della  legge
 regionale 23 marzo 1990, n. 33 abbia diretto per almeno tre anni, una
 delle  strutture  organizzative denominate settore, purche' istituita
 con regolare formale provvedimento  o  abbia  formalmente  svolto  le
 funzioni  di direttore per almeno tre anni dalla data di costituzione
 dell'II.DI.S.U.   alla   data  di  entrata  in  vigore"  della  legge
 impugnata, e' inquadrato nella qualifica immediatamente  superiore  a
 quella posseduta.
    Come altre volte chiarito da questa Corte, il legislatore puo', in
 presenza   di   peculiari  situazioni  giustificatrici,  derogare  al
 principio  del  pubblico  concorso  -  previsto  dall'art.  97  della
 Costituzione, secondo una regola riferibile anche al passaggio ad una
 fascia  funzionale  superiore  -  purche'  i  diversi criteri seguiti
 soddisfino   l'esigenza   di   buon    andamento    della    pubblica
 amministrazione.  Ma  neanche  in  questa prospettiva la norma appare
 idonea a superare lo scrutinio di  costituzionalita'.  La  precedente
 legge  regionale  23 marzo 1990, n. 33, alla quale la norma impugnata
 fa rinvio, teneva conto, infatti, di esigenze peculiari che,  proprio
 per  la loro eccezionalita', non consentono di apprezzare l'argomento
 addotto, sul piano analogico, dalla difesa della Regione,  in  chiave
 di  mera  trasposizione  delle  regole della stessa precedente legge.
 Sotto questo aspetto, va osservato che la norma impugnata,  nel  dare
 rilievo  alla  preposizione  di  fatto  ad una struttura a livello di
 settore o allo svolgimento delle funzioni di direttore per  un  certo
 periodo  di  tempo,  fa  riferimento  ad  un  arco temporale - quello
 ricompreso, secondo l'art. 1 della legge 23 marzo 1990, n. 33, tra il
 1 gennaio 1983 e il 16 febbraio 1988 - che aveva  una  sua  specifica
 ratio e giustificazione in relazione a quelle particolari situazioni.
    E'  evidente,  percio', l'incongruita' della norma, la cui portata
 precettiva e' quella di assicurare  agli  interessati,  a  fronte  di
 situazioni   di   fatto   tutt'altro   che   puntualmente   definite,
 l'acquisizione della qualifica superiore a quella posseduta,  con  un
 automatismo  che, oltre a contrastare con i canoni dell'art. 97 della
 Costituzione, collide con i principi generali  del  pubblico  impiego
 richiamati  in via generale nell'impugnativa del Governo, ai quali e'
 estranea la regola secondo la quale lo  svolgimento  di  fatto  delle
 mansioni fonda il diritto all'acquisizione della qualifica superiore.
 Di  cio'  e'  recente  conferma l'art. 57, secondo comma, del decreto
 legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che, recependo  il  principio  di
 cui  all'art.  2,  lettera  n)  della  legge 23 ottobre 1992, n. 421,
 prevede  che,  nel  caso  di  attribuzione  temporanea  di   mansioni
 superiori, il dipendente ha diritto soltanto al trattamento economico
 corrispondente  all'attivita'  svolta  per il periodo di espletamento
 delle medesime.