ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 41- bis, secondo
 comma,  della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni
 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esercizio  delle  misure
 privative  e  limitative  della  liberta'),  promossi con le seguenti
 ordinanze:
     1)  ordinanza  emessa  il  16  marzo  1993   dal   Tribunale   di
 sorveglianza  di  Lecce  sui  reclami  riuniti proposti da Donatiello
 Giovanni ed altri, iscritta al n. 415 del registro ordinanze  1993  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 35, prima
 serie speciale, dell'anno 1993;
     2)  ordinanza  emessa  il  19  maggio  1993  dal   Tribunale   di
 sorveglianza  di  Milano  sul reclamo proposto da Mellone Ferdinando,
 iscritta al n. 437 del registro ordinanze  1993  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  35, prima serie speciale,
 dell'anno 1993;
    Visti gli atti di intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 gennaio 1994 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di  Lecce  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 41- bis, secondo
 comma,  della  legge  26  luglio   1975,   n.   354,   e   successive
 modificazioni,   "nella   parte  in  cui  non  prevede  il  controllo
 dell'autorita' giudiziaria sui provvedimenti del Ministro di grazia e
 giustizia  e  dei  suoi  delegati  che  impongono  restrizioni  della
 liberta' personale";
      che  ad  avviso  del  giudice  a quo, poiche' la norma impugnata
 comporta un provvedimento  di  sospensione  del  normale  trattamento
 penitenziario  ad  opera  della pubblica amministrazione (Ministro di
 grazia e  giustizia),  e  non  prevede  alcuna  forma  di  reclamo  o
 impugnazione  in via giurisdizionale, detta disciplina contrasterebbe
 con le garanzie sancite dagli artt. 13 e 111 della Costituzione sulla
 riserva di giurisdizione in ordine alla  restrizione  della  liberta'
 personale e sulla possibilita' di sindacato giurisdizionale sui detti
 provvedimenti;
      che  anche  il  Tribunale di sorveglianza di Milano dubita della
 legittimita' della medesima norma in riferimento agli  artt.  3,  24,
 primo  comma,  e  113,  primo  e secondo comma, della Costituzione; e
 quindi,  in  sintesi:   per   la   mancata   previsione   di   tutela
 giurisdizionale   avverso   i   provvedimenti   di   sospensione  del
 trattamento penitenziario ordinario (in riferimento all'art. 24 della
 Costituzione), per la ingiustificata  disparita'  di  trattamento  in
 raffronto  alla possibilita' del reclamo giurisdizionale riconosciuta
 avverso i provvedimenti ministeriali  che  dispongono  il  regime  di
 sorveglianza    particolare,    ai   sensi   dell'art.      14-   ter
 dell'Ordinamento penitenziario (art. 3 della  Costituzione),  e,  in-
 fine, per la mancanza di tutela giurisdizionale avverso provvedimenti
 della pubblica amministrazione (art. 113 della Costituzione);
    Considerato   che  i  provvedimenti  di  rimessione  investono  la
 medesima norma di legge, e che  pertanto  i  relativi  giudizi  vanno
 riuniti per essere decisi congiuntamente;
      che  questione  sostanzialmente  identica a quella sollevata dal
 Tribunale di sorveglianza di Milano e' gia' stata esaminata e  decisa
 con  sentenza  n.  410/1993  di  non  fondatezza  nei sensi di cui in
 motivazione;
      che  anche  per  quanto  riguarda  la  questione  sollevata  dal
 Tribunale  di  sorveglianza  di Lecce questa Corte, sia con la citata
 sentenza n. 410, sia con la precedente n. 349 del 1993, ha gia' avuto
 modo di esaminare la legittimita' della norma sotto profili  analoghi
 a  quelli  ora  sollevati  concludendo  per  la  non fondatezza della
 questione  sulla  base  di  un'interpretazione  aderente  al  dettato
 costituzionale;
      che,  in  particolare,  nella  sentenza  da ultimo citata questa
 Corte ha affermato che una corretta lettura della norma non  consente
 l'adozione  di  provvedimenti  suscettibili  di incidere sul grado di
 liberta' personale del detenuto, ma soltanto di adottare delle misure
 che gia' nella sostanza  appartengono  alla  competenza  di  ciascuna
 amministrazione  penitenziaria,  e  che,  pur  potendo  comportare un
 maggiore  o  minore  contenuto  afflittivo  per  chi   ad   esse   e'
 assoggettato,  non  esulano dall'ambito delle modalita' di esecuzione
 di un titolo di detenzione gia' adottato  con  le  previste  garanzie
 costituzionali;
      che,  inoltre,  anche  la  possibilita' di ottenere un sindacato
 giurisdizionale sulla legittimita' di detti  provvedimenti  e'  stata
 esplicitamente  affermata,  in  entrambe  le  citate  decisioni, come
 "costituzionalmente  necessaria   ai   sensi   dell'art.   24   della
 Costituzione",  con  riconoscimento  della  competenza  in  capo alla
 medesima autorita' giurisdizionale  ordinaria  cui  e'  demandato  il
 controllo  sull'applicazione  del  regime di sorveglianza particolare
 disciplinato  dagli  artt.   14-   bis   e   segg.   dell'Ordinamento
 penitenziario (v. sentenza n. 410/1993);
      che  le  suddette argomentazioni valgono pienamente ad escludere
 ogni contrasto della norma, cosi' interpretata, anche con l'art.  111
 della Costituzione invocato dal Tribunale di sorveglianza di Lecce;
      che  pertanto  entrambe  le  questioni  devono essere dichiarate
 manifestamente infondate;
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,
 n.  87  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
 davanti alla Corte costituzionale.