IL PRETORE
   A scioglimento della riserva in ordine al provvedimento ex art. 700
 del c.p.c.;
                             O S S E R V A
    1.  -  I ricorrenti hanno proposto, unitamente al ricorso ex artt.
 442-444 del c.p.c., domanda ex art.  700  del  c.p.c.  con  la  quale
 chiedono  che il pretore, in via d'urgenza, provveda alla sospensione
 dell'applicazione dell'art. 11, ventiseiesimo comma, della  legge  n.
 537/1993 (finanziaria '93) sia nella parte che concerne la iscrizione
 obbligatoria dei veterinari ricorrenti all'E.N.P.A.V. sia nella parte
 che  prevede  a  loro  carico  l'obbligo del pagamento dei contributi
 previdenziali arretrati, esonerandoli conseguentemente sino all'esito
 del giudizio di  merito  dagli  obblighi  loro  imposti  ed  inibendo
 all'E.N.P.A.V.  di  procedere  alla  riscossione  coattiva mediante i
 ruoli esattoriali.
    La ragione di tale  istanza  e'  sostanzialmente  individuata  dai
 ricorrenti   nella   illegittimita'   costituzionale   dell'art.  11,
 ventiseiesimo comma, della legge n. 537/1993, il quale, offrendo  una
 interpretazione  autentica  della  norma  di  cui  all'art. 33, primo
 comma, della legge 12 aprile 1991, n. 136, nel senso che l'iscrizione
 all'E.N.P.A.V. non e' piu' obbligatoria soltanto per i veterinari che
 si iscrivano per la prima volta agli albi professionali dopo la  data
 di entrata in vigore della suddetta legge, e sancendo la nullita' dei
 provvedimenti  di  cancellazione  oltre  all'obbligo del pagamento di
 tutti i contributi pregressi, si pone in contrasto con gli  artt.  2,
 3, 38 e 7 della Carta fondamentale.
    Poiche'   i   ricorrenti   richiedono   nel   giudizio  di  merito
 l'accertamento (negativo) della  non  obbligatorieta'  per  i  medici
 veterinari  dipendenti dell'iscrizione all'E.N.P.A.V., e poiche' tale
 domanda e' da risolversi applicando la  norma  di  cui  all'art.  11,
 ventiseiesimo  comma,  ritenuta  illegittima,  ne  deriva, oltre alla
 necessita' di impugnare tale norma avanti alla Corte  costituzionale,
 la  ulteriore  necessita'  di  sospenderne gli effetti nelle more del
 giudizio di merito.
    1.1. - L'E.N.P.A.V. costituendosi in giudizio  chiede  il  rigetto
 dell'istanza  cautelare,  sul  rilievo della mancanza dei presupposti
 del fumus boni iuris e del periculum in mora.
    Sotto il primo profilo, ritiene l'ente previdenziale che l'istanza
 cautelare sia inammissibile perche' chiesta a cautela di un  diritto,
 quale  quello di optare per la cancellazione dall'E.N.P.A.V., che non
 e' attualmente riconosciuto  dall'ordinamento  giuridico,  atteso  il
 disposto del citato art. 11, ventiseiesimo comma; irrilevante sarebbe
 la  prospettata  questione  di costituzionalita' dello stesso, atteso
 che nessuna causa di merito e' stata instaurata.
    Conseguentemente non e' neppure ammissibile, secondo la difesa del
 convenuto,  un  provvedimento  d'urgenza  fondato  sulla  ipotesi  di
 incostituzionalita'   di   una   norma,   come   e'   pacifico  nella
 giurisprudenza di legittimita'.
    La questione di illegittimita' costituzionale difetterebbe poi del
 requisito della  rilevanza,  non  essendo  pendente  un  giudizio  di
 merito, e sarebbe anche manifestamente infondata, atteso che la norma
 impugnata  non  sarebbe ne' irragionevole ne' discriminatoria, avendo
 optato il legislatore per  una  interpretazione  dell'art.  32  della
 legge  n. 136/1991 perfettamente adeguata ai principi di cui all'art.
 38 della Costituzione.
    Non sussiste infine, secondo l'E.N.P.A.V. alcun pregiudizio  grave
 ed  irreparabile,  atteso  che  si  tratta  del pagamento di somma di
 denaro dell'ordine di due o  tre  milioni  per  ogni  ricorrente,  da
 pagarsi in tre rate scadenti l'una il 30 aprile 1994 e le altre il 31
 agosto e 31 dicembre 1994 per effetto del d.l. n. 134/1994.
   2. - Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 non e' ammissibile.
    I   ricorrenti   chiedono   in   via   d'urgenza  "la  sospensione
 dell'applicazione dell'art. 11, punto 26, della legge finanziaria  n.
 537/1993  nella parte che concerne sia la iscrizione obbligatoria dei
 veterinari  ricorrenti  all'E.N.P.A.V.,  sia  ed  in  particolare  il
 pagamento   da  parte  dei  medesimi  dei  contributi  per  gli  anni
 arretrati, che la norma impone di effettuare entro il 1$  marzo  1994
 (ora  in tre rate 30 aprile 1994, 31 agosto 1994 e 31 dicembre 1994),
 esonerandosi conseguentemente i predetti sino all'esito del  giudizio
 di  merito  dagli  obblighi  loro  imposti  al riguardo ed inibendosi
 all'E.N.P.A.V. di procedere alla riscossione coattiva".
    Cio' sul presupposto  della  illegittimita'  costituzionale  della
 norma  di  cui  all'art.  11,  ventiseiesimo  comma,  della  quale si
 sollecita una impugnazione avanti alla Corte.
    Il fumus boni iuris consisterebbe quindi,  secondo  i  ricorrenti,
 nella  probabile  ed  auspicata  esistenza  di  un  assetto normativo
 diverso da quello attualmente vigente, assetto che deriverebbe  dalla
 espulsione  dall'ordinamento  giuridico  della  norma, attualmente in
 vigore,  che  impedisce  loro  l'esercizio  delle  facolta'  di   non
 iscrizione all'E.N.P.A.V.
    Al  riguardo  trova fondamento l'eccezione di inammissibilita' del
 provvedimento d'urgenza spiegata dal convenuto per la mancanza  della
 norma  che  riconosce  il  diritto  rispetto al quale e' domandata la
 cautela.
    Il fumus boni iuris consiste  infatti  nell'accertamento  sommario
 che  la  situazione  di  fatto  allegata  dall'istante  rientra nella
 fattispecie normativa vigente.
    Il fumus non puo' che fondarsi su una norma vigente, e non  su  un
 probabile   assetto  normativo  diverso,  in  quanto  il  giudice  ha
 l'obbligo di applicare le leggi e non di disapplicarle.
    Di  fronte  alla   prospettata   illegittimita'   di   una   norma
 costituzionale, il giudice italiano deve percorrere una sola ed unica
 strada:  sollevare  avanti  alla Corte costituzionale la questione di
 legittimita' della norma, se ritenuta rilevante e non  manifestamente
 infondata, e sospendere conseguentemente il giudizio in corso.
    Nel nostro ordinamento costituzionale non e' prevista una facolta'
 del  giudice  di  disapplicare le norme che ritiene incostituzionali,
 proprio  perche'  il  sistema  adottato  per  la  valutazione   della
 legittimita'  delle  leggi e' affidato ad un organo esterno al potere
 giudiziario (la Corte costituzionale) il quale rappresenta  il  punto
 di equilibrio tra quest'ultimo ed il potere legislativo.
    Non e' nel potere del giudice di sospendere l'imperativita' di una
 norma vigente, qualunque sia il suo contenuto.
    Il   contrario   significherebbe  per  il  potere  giurisdizionale
 arrogarsi attribuzioni che questo non ha, spettando  solo  al  potere
 legislativo  disporre  dell'efficacia  delle  norme,  ed  alla  Corte
 costituzionale, dichiararle incostituzionali.
    Del  resto,  come  afferma  autorevole  dottrina,  al  giudice  e'
 consentito  valutare,  al solo fine strumentale della rimessione alla
 Consulta,  esclusivamente  la  "non  manifesta  infondatezza"   della
 questione  di  costituzionalita',  restando,  cosi' estranea alla sua
 funzione e quindi inibita proprio quella  valutazione  di  "probabile
 fondatezza",  in  cui  si  vorrebbe  inammissibilmente riconoscere il
 fumus per la concessione della tutela cautelare.
    Queste osservazioni  sono  state  accolte  anche  dalla  Corte  di
 cassazione  nella sentenza 12 dicembre 1991, n. 13413 (in Giust. civ.
 92, I, pag. 2757 e 1819).
    Ne consegue l'inammissibilita'  del  provvedimento  d'urgenza  che
 abbia  ad  oggetto la sospensione dell'efficacia cogente di una norma
 di legge, nella specie l'art. 11, ventiseiesimo  comma,  della  legge
 finanziaria 93 e degli obblighi da essa imposti.
    3.  -  Irrilevanti  diventano inoltre le altre obiezioni sollevate
 dall'E.N.P.A.V., quali l'assenza di un giudice di merito, nella  spe-
 cie  invece gia' instaurata contestualmente alla richiesta cautelare,
 e la mancanza di periculum in mora.