IL TRIBUNALE MILITARE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Schittulli
 Gianni,  nato  il  7  aprile 1972 a Corato (Bari), atto di nascita n.
 181/I/A, ed ivi residente in via Sant'Emilia, 126, celibe, censurato,
 apprendista segantino; soldato  nella  forza  assente  del  distretto
 militare di Bari, libero, imputato di diserzione (art. 148, n. 2, del
 c.p.m.p.) perche', soldato nella forza assente del distretto militare
 di Bari, condannato per diserzione (art. 148, n. 2, del c.p.m.p.) dal
 tribunale  militare  di  Padova  in data 16 marzo 1993 ometteva senza
 giusto motivo di presentarsi ad una qualsiasi autorita' militare dopo
 la predetta data, permanendo  in  stato  di  arbitraria  assenza  per
 cinque giorni consecutivi e tuttora.
    In esito al pubblico ed orale dibattimento.
                            FATTO E DIRITTO
    Con  sentenza  del 16 marzo 1993 (irrevocabile il 1$ ottobre 1993)
 il soldato Schittulli Gianni veniva condannato  da  questo  tribunale
 militare  per  reato  di diserzione (art. 148, n. 2, del c.p.m.p.) in
 relazione ad un'assenza che, iniziata il 15 aprile 1992,  ancora  non
 era cessata alla data del giudizio.
    Il   procuratore   militare   in  sede,  a  fronte  del  perdurare
 dell'assenza, instaurava altro procedimento per un secondo  reato  di
 assenza  dal  servizio  decorrente  dal  16  marzo  1993,  data della
 pronuncia di questo tribunale. Ma con sentenza del 29 settembre  1993
 il  g.u.p. dichiarava non luogo a procedere per quest'ulteriore reato
 ostandovi il principio del ne bis in idem a norma dell'art.  649  del
 c.p.p.
    A  seguito  di  impugnativa  del  procuratore  generale,  la corte
 militare d'appello, sezione di Verona,  in  riforma  di  quest'ultima
 decisione  ha  disposto,  tuttavia,  il  rinvio  a giudizio dinanzi a
 questo tribunale per il reato in epigrafe, in  relazione  all'assenza
 che a tutt'oggi perdura a decorrere dal detto 15 aprile 1992.
    Osserva  il  giudice  d'appello che la prosecuzione della condotta
 criminosa dopo la sentenza di primo grado costituisce ad ogni effetto
 un nuovo  ed  autonomo  reato  della  stessa  specie,  come  tale  da
 giudicare  senza  che per cio' venga violata la preclusione dell'art.
 649 del c.p.p.
    A conclusione dell'odierno dibattimento, il pubblico ministero  ha
 chiesto  sollevarsi  questione  di  legittimita'  dell'art.  649  del
 c.p.p., in relazione all'art. 3 della Costituzione. La difesa  si  e'
 associata.
    Questo  tribunale  ritiene  che  la decisione della corte militare
 d'appello sia corretta.