IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 884 del 1987
 proposto da Marino Domenica, rappresentata e difesa  dall'avv.  Carlo
 Rienzi,  con  domicilio  eletto in Roma, al viale delle Milizie n. 9,
 contro il Ministero della pubblica istruzione  ed  il  Provveditorato
 agli studi di Reggio Calabria, rappresentati e difesi dall'avvocatura
 generale  dello  Stato,  con  domicilio  eletto  in Roma alla via dei
 Portoghesi n. 12, e nei confronti di Morena Flavia,  rappresentata  e
 difesa dall'avv. Michele Salazar, con domicilio eletto in Roma presso
 lo  studio  dell'avv. Filippo Neri, alla via dei Gracchi, n. 130, per
 l'annullamento   della   sentenza   n.  669  del  15  settembre  1986
 pronunciata dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale,  sezione
 sesta;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  del Ministero della
 pubblica istruzione e di Morena Flavia;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore il cons. Corrado Allegretta;
    Uditi  all'udienza  pubblica  del 4 giugno 1993 l'avv. Lepore, per
 delega dell'avv. Rienzi, l'avv.  Salazar  e  l'avvocato  dello  Stato
 Cingolo;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
                               F A T T O
    Domenica  Marino  propone  opposizione di terzo, a norma dell'art.
 404, primo comma, cod. proc. civ. contro la decisione n. 669  del  15
 settembre 1986, con la quale e' stato respinto l'appello proposto dal
 Ministero della pubblica istruzione avverso la sentenza n. 223 del 22
 novembre  1984 del tribunale amministrativo regionale della Calabria,
 sezione di Reggio Calabria, che in accoglimento del ricorso  proposto
 da  Flavia  Morena,  aveva  annullato  il decreto n. 86221 in data 27
 giugno 1983 col quale il provveditore agli studi di  Reggio  Calabria
 l'aveva  esclusa  dal concorso magistrale di cui all'o.m. 3 settembre
 1982.
    L'amministrazione  in  ottemperanza  al  suddetto  giudicato,   ha
 nominato  in ruolo la Morena, che aveva sostenuto e superato le prove
 concorsuali, previo annullamento della nomina conferita alla  Marino,
 ultima nella graduatoria di merito del concorso.
    Costei  si duole, con il ricorso in esame, che: 1) sia il giudizio
 di primo grado che quello di secondo grado si siano svolti  senza  la
 sua   partecipazione,   sebbene   direttamente   interessata,   quale
 concorrente inclusa nella graduatoria di merito tra i  vincitori;  2)
 la  sentenza  del  tribunale  avrebbe  dovuto  essere  annullata  per
 inammissibilita' del ricorso, avendo la Morena impugnato tardivamente
 l'o.m. ed il bando del concorso; 3)  accertata  tale  tardivita',  il
 Consiglio  di  Stato  avrebbe dovuto annullare la sentenza impugnata,
 considerata l'infondatezza del ricorso.
    In conclusione, l'opponente chiede l'annullamento  della  suddetta
 decisione n. 669/1984 con ogni conseguenziale pronuncia.
    Si  e'  costituita  in  giudizio  Flavia  Morena  per resistere al
 ricorso, del quale ha  eccepito,  in  rito,  l'inammissibilita',  non
 essendo  le  sentenze  del  giudice  amministrativo  suscettibili  di
 opposizione di terzo, e, nel merito, l'infondatezza.
    Anche l'amministrazione della pubblica istruzione si e' costituita
 in giudizio, chiedendo che il ricorso sia respinto.
    All'udienza del 4 giugno 1993, sentiti i difensori delle parti, la
 causa e' stata trattenuta in decisione.
                             D I R I T T O
    1. - E' preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilita' del
 ricorso.
    La resistente infatti sostiene che, secondo  giurisprudenza  ormai
 pacifica,  contro  le  sentenze  del  giudice  amministrativo  non e'
 consentito il rimedio dell'opposizione di  terzo  a  norma  dell'art.
 404, primo comma, del cod. proc. civ.
    La  ricorrente,  dal  suo  canto,  replica che nel caso di specie,
 essendole stato impedito di agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei
 propri  interessi  messi in dubbio dal ricorso proposto dalla Morena,
 vi sia stata una chiara violazione dell'art.  24  della  Costituzione
 che  garantisce  a  tutti la possibilita' di agire in giudizio per la
 tutela dei propri diritti o interessi  legittimi;  non  puo'  esservi
 quindi  alcuni  dubbio,  a suo avviso, che tale garanzia debba essere
 apprestata anche nel giudizio amministrativo  al  "terzo"  che  dalla
 sentenza riceva un pregiudizio.
    Le  norme  del  r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, pertanto, dovrebbero
 interpretarsi nel senso piu' conforme alla Costituzione e  cioe'  nel
 senso di ritenere applicabile anche al processo amministrativo l'art.
 404,  primo  comma,  del  cod.  proc.  civ.  che tale forma di tutela
 assicura; dovendosi ritenere, in caso contrario, il r.d. n. 1054  del
 1924  e  l'art.  404  del  c.p.c.  costituzionalmente illegittimi per
 violazione dei principi contenuti negli  artt.  3,  24  e  113  della
 Costituzione.
    2.  -  L'inammissibilita'  dell'opposizione  di terzo nel giudizio
 amministrativo trova, in  primo  luogo,  un  riscontro  di  carattere
 formale   ed  estrinseco  nelle  stesse  norme  positive,  le  quali,
 nell'enunciare i rimedi esperibili avverso le sentenze dei  tribunali
 amministrativi  regionali  e le decisioni del Consiglio di Stato, non
 contengono alcuna specifica menzione in ordine  al  citato  mezzo  di
 impugnazione.
    A  norma  dell'art.  28  della  legge  6  dicembre  1971, n. 1034,
 infatti, contro le sentenze dei  tribunali  amministrativi  regionali
 sono ammessi il ricorso per revocazione nei casi previsti dagli artt.
 395  e  396  del cod. proc. civ. e l'appello; contro le decisioni del
 Consiglio di Stato in secondo grado, il successivo art.  36  consente
 il  ricorso per revocazione a norma dell'art. 396 del cod. proc. civ.
 ed il ricorso alla Corte  di  cassazione  per  motivi  inerenti  alla
 giurisdizione.
    La  giurisprudenza  del Consiglio di Stato, per altro, si era gia'
 da  tempo  orientata  nel  senso  dell'inammissibilita'  del  rimedio
 dell'opposizione  ordinaria  di  terzo,  a norma dell'art. 404, primo
 comma, del cod. proc.  civ.  nel  processo  amministrativo  (Ap.,  24
 maggio 1961, n. 12; id., 25 gennaio 1965, n. 4; V, 25 settembre 1963,
 n.  802;  IV,  19 gennaio 1966, n. 23; VI, 20 ottobre 1981, n. 502 ed
 altre, fino a  V,  25  marzo  1991,  n.  361),  arguendo  dall'omessa
 previsione  di  tale  tipo di gravame ch'esso, evidentemente, non sia
 stato voluto in considerazione della struttura e della  funzione  del
 processo amministrativo, profondamente diverse da quello civile.
    Le  norme del codice di procedura civile, inoltre, possono trovare
 applicazione  al  diverso  ordinamento  processuale  della  giustizia
 amministrativa  soltanto  ove  siano  compatibili  con i principi che
 questo informano e con quelli generali di diritto processuale.
    Tra questi,  osta  a  qualsiasi  operazione  ermeneutica  volta  a
 colmare la lacuna riscontrata, il principio della tipicita' dei mezzi
 d'impugnazione;  onde  non  appare  legittimo neppure procedere, come
 propone la ricorrente, ad un'interpretazione delle norme  vigenti  in
 modo  conforme  alla  Costituzione,  risolvendosi  anch'essa  in  una
 forzatura delle disposizioni di legge che del  rimedio  in  questione
 non fanno cenno alcuno.
    L'eccezione  d'inammissibilita' esaminata, sarebbe dunque, fondata
 cosicche'   assume   rilevanza   la   questione   di   illegittimita'
 costituzionale  sollevata  in  proposito  dalla  ricorrente,  sebbene
 prospettata in maniera generica e  con  errata  individuazione  delle
 disposizioni di legge che si ritengono viziate.
    Il  riferimento  al  r.d.  26 giugno 1924, n. 1054, che approva il
 testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, e' infatti del  tutto
 generico  e, comunque, errato, dato che le sue disposizioni (artt. 46
 e 48) che consentono contro  le  decisioni  del  Consiglio  di  Stato
 soltanto  il  ricorso  per revocazione e quello per cassazione devono
 ritenersi ormai sostituite dall'art. 36 della legge 6 dicembre  1971,
 n.  1034.  Ne'  avrebbe  senso riferire la questione all'art. 404 del
 cod.  proc.  civ.,  riguardando  questo  la   disciplina   di   altro
 ordinamento processuale.
    Nel caso in esame, invece, considerato che la opposizione proposta
 si   rivolge   contro  una  decisione  del  Consiglio  di  Stato,  la
 disposizione interessata deve essere individuata nel  gia'  riportato
 art.  36 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui non
 prevede in favore del  terzo  l'esperibilita',  contro  la  decisione
 pronunziata  in  secondo  grado  dal  Consiglio di Stato, di un mezzo
 d'impugnazione,  equivalente  a  quello   previsto   e   disciplinato
 dall'art. 404, primo comma, del cod. proc. civ.
    Tale  lacuna,  non diversamente colmabile, appare in contrasto con
 il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini (art.
 3 della  Costituzione),  nella  particolare  espressione  della  pari
 possibilita'  di  tutela giurisdizionale (art. 24 della Costituzione)
 nei confronti degli atti della  pubblica  amministrazione  (art.  113
 della Costituzione).
    Tanto, sia quando la lesione provocata dalla decisione riguardi un
 diritto  soggettivo,  sia  nell'ipotesi che si tratti di un interesse
 legittimo.
    Sotto il profilo considerato, in vero,  la  situazione  del  terzo
 titolare di interesse legittimo non e' meno meritevole di tutela, che
 e' garantita dagli artt. 24 e 113 della Costituzione sullo stesso pi-
 ano del diritto soggettivo, sebbene in forma e con risultati diversi.
    La  questione  cosi'  delineata  e'  sicuramente rilevante ai fini
 della decisione del ricorso proposto e, prima  ancora  circa  la  sua
 ammissibilita'.
    Essa  poi  non  e'  non manifestamente infondata, ritiene di dover
 sollevare d'ufficio, nei termini che precedono.